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    Ciclismo, Alice Toniolli: fuori pericolo di vita dopo la caduta, è in prognosi riservata

    Alice Toniolli resta “in prognosi riservata ma non è in pericolo di vita”. Lo ha spiegato all’Ansa il direttore generale dell’azienda ospedaliera di Treviso, Francesco Benazzi.  Secondo il dirigente medico, per poter sciogliere la prognosi bisognerà attendere “almeno due o tre giorni”. La ciclista si trova ricoverata all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, dopo che mercoledì 14 agosto cadendo durante una gara femminile ha violentemente sbattuto la testa contro un muretto. La ciclista 19enne, ricoverata nel reparto di terapia intensiva, si è procurata politraumi al capo, una contusione cervicale e fratture a una gamba e al costato.

    Alice Toniolli, chi è e come è caduta
    Più volte in azzurro, Alice Toniolli -classe 2005- corre per la Top Gils Fassa Bortolo. Lo scorso anno è stata campionessa europea ai campionati Europei juniores su strada. La caduta mercoledì 14 agosto, durante la gara riservata alle donne del Circuito dell’Assunta, corsa a Ceneda di Vittorio Veneto (Treviso). A circa metà gara, per cause ancora da accertare, Alice si trovava nel mezzo del gruppo, ha perso il controllo della sua bicicletta sbilanciandosi e finendo a sbattere contro un muretto. Inizialmente trasportata in elicottero a Conegliano, è stata poi trasferita all’ospedale di Treviso, come ha spiegato in un comunicato la Federazione Ciclismo. LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Alice Toniolli: prognosi riservata dopo una brutta caduta

    Alice Toniolli, 19enne corridora della Top Gils Fassa Bortolo, è rimasta gravemente ferita dopo una caduta ed è attualmente ricoverata all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso: non sarebbe in pericolo di vita. Ci vorranno giorni per un suo recupero e la prognosi è riservata. Lo riporta l’Ansa. L’atleta – più volte in azzurro e campionessa europea lo scorso anno agli Europei strada nella staffetta juniores – “da ieri (mercoledì 14 agosto, ndr) è ricoverata nel reparto di terapia intensiva nell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso dopo aver violentemente battuto la testa contro un muretto nel corso della gara femminile del ‘Circuito dell’Assunta’ disputata a Ceneda di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso”. Lo comunica la Federciclismo, sottolineando che l’atleta azzurra è rimasta coinvolta in “un brutto incidente”. Secondo quanto si è appreso dalla direzione sanitaria dell’ospedale – prosegue l’Ansa – la corridora ha riportato un politrauma al capo, alcune fratture al costato e ad una gamba, una leggera contusione cervicale.

    La dinamica della caduta
    Per cause in corso di accertamento, poco dopo metà corsa mentre si trovava in mezzo al gruppo ha perso il controllo della bici, si è sbilanciata ed è andata a sbattere contro un muretto. “Inizialmente Alice era stata trasportata in elicottero all’ospedale di Conegliano ma, a seguito dell’aggravarsi delle condizioni è stata trasferita in quello di Treviso”, ha spiegato la Federazione. LEGGI TUTTO

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    Matteo Moschetti investito da un camion in allenamento: ricoverato a Niguarda

    Matteo Moschetti è stato investito da un camion durante un allenamento a Bernate Ticino, in Lombardia. Il 27enne velocista della professional svizzera Q36.5, con 9 successi da professionista, è stato trasportato con l’elicottero all’ospedale Niguarda di Milano. Secondo le ricostruzioni della Gazzetta dello Sport Moschetti avrebbe riportato due fratture alle vertebre del collo e una alla clavicola, con tagli e danni ai nervi del viso. La dinamica dell’incidente che lo ha visto coinvolto è ancora da chiarire anche perché Moschetti non ricorderebbe nulla del sinistro. LEGGI TUTTO

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    Parigi 2024, Tadej Pogacar rinuncia all’Olimpiade: è ufficiale

    Nessun trionfo per Tadej Pogacar a Parigi, almeno quest’anno. Con la passerella del Tour arrivata a Nizza, il campione sloveno avrebbe potuto festeggiare un eventuale successo sotto la Tour Eiffel grazie all’Olimpiade. Invece, nella giornata di oggi, lunedì 22 luglio, ha ufficializzato che non parteciperà alla rassegna a cinque cerchi. A comunicarlo è stata la federazione ciclistica slovena. Dopo la storica vittoria di Giro e Tour, la stanchezza impedisce a Pogacar di difendere il bronzo conquistato tre anni fa a Tokyo dietro Carapaz e van Aert. Al suo posto Domen Novak, che gareggerà con Luka Mezgec, Matej Mohoric e Jan Tratnik. Stamattina, collegato a Sky Sport 24, il suo agente Alex Carera aveva lasciato intendere che difficilmente lo sloveno si sarebbe lanciato nella sfida olimpica. Da stabilire ora quale sarà il suo programma futuro: improbabile la partecipazione alla Vuelta, l’obiettivo potrebbe essere la conquista del Mondiale, in programma domenica 29 settembre a Zurigo.  LEGGI TUTTO

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    Tadej Pogacar, il Tour de France dopo il Giro: un mondo dipinto di rosa e giallo

    E’ difficile trovare altri aggettivi e definizioni per raccontare Tadej Pogacar. Lo sloveno ha trionfato al Tour, il suo terzo in carriera, realizzando la doppietta con il Giro che mancava dal 1998 con Marco Pantani. Un modo di correre e di vincere unico nella storia del ciclismo. Difficili (e forse inutili) i paragoni con il passato: ammiramo “Pogi”, in attesa che compia altre imprese memorabili
    L’ALBO D’ORO DEL TOUR – LE PAGELLE DEL TOUR DE FRANCE

    La sua maglia è stata rosa ed ora è tutta gialla, il suo nome è Tadej Pogacar. Inchini in rosa al Giro, inchini in giallo al Tour. Sale dove in molti non osano, aumenta il ritmo dove in tanti mollano, scatta dove nessuno ci prova. Concede poco o nulla, detta legge in ogni frangente con una formazione (la UAE Emirates) modello corazzata. Un tempo esisteva il “treno rosso” della Saeco che lanciava il siluro Mario Cipollini in volate mozzafiato o il nero treno del team Sky per Wiggins e Froome, ora sono maglie bianche e caschetto giallo che controllano e comandano in ogni condizione. Strepitoso quello che riesce a fare “ciuffettino”, ha una facilità di pedalata impressionante su qualunque terreno o dislivello. Viaggia più veloce di qualche chilometro in più rispetto a tutti, il tachimetro per le altrui gambe è bloccato mentre il suo è libero di crescere. La fatica la fa il pubblico sulle strade che prova a corrergli vicino o quello a casa che suda in poltrona per il caldo cittadino, lui no. Pogi nella sua eleganza è quasi annoiato da tanta attenzione. Difficile fare paragoni con il passato, molto difficile e complicato, sono tempi diversi e tutto è cambiato, inutile fare l’elenco sarebbe troppo lungo e fastidioso. Le statistiche e i record ovviamente servono e sono quel paragone che fa tornare alla memoria i grandi del passato. Certamente servono a poco visto che il Signor Pogi vince quando e come vuole. 

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    Un magnifico interprete che ci piace ammirare
    Cannibalesco ed irreverente con gli altri? Forse, ma la gara è gara e ogni traguardo vuol dire alzare l’asticella dei guadagnai per sé stesso e la squadra. Fuoriclasse assoluto, campione indiscusso con un’età per entrare nella vera leggenda di questo sport. Vincere come ha vinto lui è riuscito realmente a pochi ma trionfare con questa semplicità in qualunque condizione è solo sua. Scatto mostruoso, ritmo pedalata minuto micidiale, tattica precisa, gestione da vero comandante, testa concentrata sull’obiettivo che quando raggiunto lascia scappare l’accenno di un sorriso accattivante. Poi è scena: gli inchini, i gesti con le dita ma è anche gentilezza nel dare una pacca all’avversario battuto e annichilito, omaggiare i compagni di squadra…un leader o giovane Signore della pedivella. È di sicuro un magnifico interprete che piace vedere e, per noi, è suggestivo scoprire se esistono limiti al suo incedere. Vive con forti avversari su ogni terreno o percorso, non dimentichiamolo mai come pure questi rivali hanno formazioni assai potenti. 

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    Principesco affresco da completare con altri colori…
    Quello che stupisce è la facilità di interpretare il giusto momento della gara e immediatamente realizzare il colpo, una specie di Lupin/ Houdini: scaltrezza e maestria nella fuga. Bravo Pogi, se esistono detrattori del tuo modo di correre, non ti curar di loro ma guarda e passa, se esiste chi mette in dubbio la tua leggerezza in salita, ricorda loro che team e persona vengono controllate ogni giorno. Il tuo mondo è stato dipinto di rosa e di giallo, sono pennellate di un principesco affresco che deve essere ancora completato da altri mille colori che facilmente troverai nella tavolozza delle continue e irrinunciabili sfide. Con tutto il rispetto possibile. 

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    il profilo
    Fenomeno Tadej: il bis Giro-Tour e le curiosità

    Dopo aver vinto e dominato il Giro, Tadej Pogacar ha stravinto anche il Tour de France 2024, realizzando una doppietta che mancava dal 1998, quando a realizzarla fu Marco Pantani. Scopriamo la storia dello sloveno che è ormai nel mito del ciclismo. E già qualcuno si domanda: è il più forte di sempre?
    TOUR DE FRANCE, L’ALBO DORO – LE PAGELLE DEL TOUR 2024
     

    DA KLANEC AL MONDO

    Già il nome del villaggio in cui è nato Pogacar è tutto un programma: Klanec, un villaggio vicino a Komenda che in sloveno significa “pendenza”. Una specie di segno del destino per Tadej, nato il 21 settembre 1998

    PRIMA IL CALCIO, POI IL CICLISMO

    Un predestinato che, però, ha scoperto la bicicletta solo a 9 anni. Il primo amore di Pogacar, infatti, è per il calcio, praticato nella scuola calcio locale. Poi, però, nel 2007 inizia a praticare il ciclismo insieme al fratello maggiore Tilen, due anni più grande di Tadej, al club ciclistico Rog di Lubiana. 

    I PRIMI PASSI CON ANDREJ HAUPTMAN

    Tadej viene scoperto e cresciuto da un ex professionista sloveno, Andrej Hauptman, medaglia di bronzo ai Mondiali di Lisbona nel 2001 e quarto a Zolder l’anno successivo. Hauptman lo nota nel 2011 a una corsa, lo vede staccato rispetto a un gruppo di adolescenti più grandi di lui e chiede agli organizzatori della corsa di dargli una mano, ma scopre che non è il piccolo Tadej in difficoltà, sono gli altri che stanno per essere doppiati da lui.

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    Pogacar, è stato un Tour de France sto-ri-co: difficile non abusare del termine

    Sto-ri-co. Difficile non abusare del termine, dopo tre settimane di toboga emozionale, per il Tour numero 111 dei record. Il primo partito dall’Italia e con addirittura tre tappe (e un po’) da noi, fra Toscana, Emilia-Romagna e Piemonte. Il terzo di Tadej Pogacar, dopo due secondi posti (dietro Jonas Vingegaard), che in giallo ha dominato come e più di quanto fatto il mese prima in rosa. Sei tappe al Giro e altrettante al Tour (le ultime tre consecutive, non accadeva dal Bartali-bis, nel ’48), superate le 3+8 di Eddy Merckx ’70. Prima doppietta 26 anni dopo l’ultima, quella di Marco Pantani ’98; l’ottava con i grandissimi Fausto Coppi ’49 e ‘52, Bernard Hinault ’82 e ’85 e il back-to-back di Miguel Indurain ’92 e ’93, Jacques Anquetil ‘64, le tre di Merckx ’70, ’72 e ’74, Stephen Roche ’87, che come il Cannibale nel ’74 si mise in testa la Triplice Corona: Giro-Tour-Mondiale nella stessa stagione. Guarda caso, il prossimo obiettivo già messo mentalmente a fuoco dal nuovo Re Sole sin nelle interviste a caldo: il durissimo mondiale di Zurigo del 29 settembre. Il 25enne sloveno ha stravinto pure la crono di Nizza, unico a chiudere i 33,7 km sotto i 40 minuti (39’ 28”) e sopra i 43 km orari, anzi quasi 44 (43,929). Dietro e con lui stesso podio all’arrivo e nella generale: secondo a 1’04” Vingegaard, vincitore delle ultime due edizioni, staccato di 6’17 in classifica; terzo a 1’14” il campione del mondo di specialità Remco Evenepoel, al debutto e prima maglia bianca belga di miglior giovane, a 9’18”. 

    Il tour dei primati e delle lacrime

    È stato – anche – il Tour dei primati (le 35 vittorie di Mark Cavendish, anche qui superato Merckx); delle prime volte e degli omaggi alla carriera: l’unica maglia gialla nell’ultima boucle di Romain Bardet, che si ritirerà al termine del Delfinato 2025; e quella di un ecuadoriano, Richard Carapaz, per lui anche quella a pois di re della montagna, la tappa di SuperDévoluy e il premio di più combattivo; la prima maglia verde africana dell’eritreo Biniam Girmay e le sue tre vittorie, tante quante il suo rivale e predecessore Jasper Philipsen, re della Sanremo, nel duello fra i velocisti più forti al mondo. E delle lacrime: di gioia per i fugaioli di giornata come Anthony Turgis, che corre (e ha vinto a Troyes) anche per i due meno fortunati fratelli; Victor Campenaerts, neopapà che la frazione di Barcellonnette l’aveva puntata sin da dicembre; e lo stesso Evenepoel, che dopo aver vinto la Vuelta ha dimostrato a scettici e “infedeli” di poter ambire, un giorno, al gradino più alto anche al Tour; di umanissima sopraffazione, invece, quelle di Vingegaard; sopravvissuto nella terribile caduta il 4 aprile al Giro dei Paesi Baschi, è andato oltre se stesso: una vittoria al fotofinish sul rivalissimo Tadej a Le Lioran e al terzo podio filato nella corsa più importante al mondo. LEGGI TUTTO