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    Milano, esperti di truffe vendevano patenti false: scovati su Telegram

    Stranieri che ignoravano l’iter italiano per ottenere la patente, italiani a cui la licenza era stata ritirata. Erano loro le vittime principali di questa banda di truffatori che nel milanese vendeva la documentazione necessaria alla guida tramite Telegram, facendosi prima pagare per poi sparire nel nulla. La Polozia sta tutt’ora portando avanti le indagini per intercettare i maliventi.
    Sulle Dolomiti c’è un autovelox che incassa cifre da record con le multe 
    Truffatori esperti del web
    Un piano studiato ad hoc e messo in atto su Telegram, l’app di messaggistica istantanea dove ormai si consumano più truffe, dalle vendite di green pass falsi per chi mesi fa non voleva vaccinarsi, a bot che ti svuotano il conto corrente. Il business delle patenti false era portata avanti da criminali che erano riusciti a creare canali cloni del Portale dell’Automobilista, ora resi non operativi dal nucleo crimini informatici e telematici della polizia locale di Milano. Le indagini erano partite quando gli stessi agenti avevano notato inserzioni online in cui si pubblicizzavano metodi semplici ed economici per ottenere la licenza di guida senza sostenere alcun esame. Una volta convinte le persone che, per varie ragioni necessitavano della patente, i truffatori si facevano accreditare una parte della somma richiesta, mandando in anteprima su Whatsapp la foto dei documenti e rendendosi poi irreperibili.  
    Derubata la Honda 250 di Jeremias Rodriguez alla pista di Ottobiano  LEGGI TUTTO

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    La clamorosa truffa: “Vuoi l'auto? Se metti l'adesivo, te la paghiamo noi”

    Si stenta a credere, ma non meno di 400, quasi 500 persone hanno creduto di poter acquistare un’auto da 25mila euro circa praticamente quasi a costo zero. Tutto a causa di una truffa ben architettata, che ha coinvolto centinaia di cittadini che all’improvviso si sono ritrovate a dover pagare le rate di vetture che non potevano permettersi, e che il prossimo 6 luglio parteciperanno alla prima udienza del processo contro la società Vantage Group, artefice della truffa denominata My Car No Cost.
    “Se metti l’adesivo, le rate dell’auto le paghiamo noi”
    Il concetto era semplice. La Vantage Group di Massimiliano Casazza e Adelaide De Civita, la coppia che ha architettato il sistema, aveva proposto la finanziaria My Car No Cost. Il contratto prevedeva che l’utente acquistasse da subito l’auto dei suoi sogni, ma sulla fiancata doveva essere esposto un messaggio pubblicitario legato proprio alla società. Per aderire, l’acquirente doveva pagare da subito alla società una cifra di 6-7mila euro, non inclusa nel pagamento dell’auto. La società stessa, poi, si sarebbe impegnata a pagare 60 rate mensili da cifre che andavano dai 300 ai 440 euro. In pratica, il consumatore acquistava un’auto da almeno 25mila euro con sole 6-7mila euro: a pagare tutte le rate ci pensava la società.
    Giro d’affari da 15 milioni di euro
    Una sorta di rimborso. Ma la Vantage Group rimborsava soltanto le prime rate. Poi, scompariva. E l’acquirente si ritrovava così a dover pagare tutte quelle rate per delle auto che, nella maggior parte dei casi, non si potevano permettere. Questo raggiro è avvenuto tra il 2016 e il 2018, e il dato che fa riflettere è che ci siano cascate quasi 500 persone. Tutte queste, adesso, parteciperanno al processo. L’Antitrust, infatti, ha condannato la Vantage Group di Casazza e De Civita per pratica commerciale scorretta. Il nucleo di polizia economico-finanziaria di Roma della Guardia di Finanza ha ricostruito un giro d’affari di ben 15 milioni di euro.
    Auto per furti e rapine: trovati 160 modelli intestati a due donne senza reddito LEGGI TUTTO

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    Torino, vende auto usata schilometrata e chiude l'autosalone: denunciato

    Una delle truffe più comuni al momento di acquistare un’auto usata: quella di avere a che fare con una vettura a cui sono stati tolti molti chilometri rispetto a quelli dichiarati. Solo che in questo caso l’autore della truffa è stato denunciato: ma l’autosalone in cui lavorava era già chiuso.
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    Compra l’auto usata e scopre che…
    Una 39enne di Arborio (provincia di Vercelli) aveva acquistato un’auto usata presso un rivenditore della provincia di Torino. Dopo l’acquisto, sono cominciati i primi problemi meccanici. La donna ha riportato l’auto al rivenditore, che l’ha successivamente riconsegnata dopo aver effettuato un intervento. Ma la donna ha avuto a che fare poi con nuovi problemi, che l’hanno costretta a chiedere il parere di un meccanico di fiducia. Quest’ultimo, dopo un’attenta analisi, ha così rivelato che la macchina era stata schilometrata: aveva quindi molti più km di quelli dichiarati dal rivenditore.
    Rivenditore denunciato, ma… “scomparso”
    La donna ha così denunciato il titolare dell’autosalone, con i Carabinieri che sono subito riusciti a risalire alla sua identità. Ma nel frattempo l’uomo aveva già chiuso l’autosalone.
    Auto usate, in un anno quanti prezzi aumentati: ecco le più “care” LEGGI TUTTO

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    Torino, la truffa della Lamborghini finisce male per un furbetto che non voleva pagarla

    Compra una Lamborghini da 260mila euro in leasing, ma si rifiuta di pagare le rate e poi tenta di rivenderla. Si può riassumere così la vicenda, iniziata a ottobre 2019, che ha come protagonista un 50enne torinese. La latitanza del commerciante dopo l’acquisto spinge l’agenzia creditrice a rivolgersi a una società di recupero crediti e beni di Genova, costretta a contattare l’uomo per risolvere la faccenda. Due le proposte: un piano di rientro o la restituzione dell’auto. Ecco com’è andata a finire.

    In vendita con documenti contraffatti

    Essendo passati diversi mesi (siamo in piena pandemia), il commerciante decide di avvalersi del Decreto del 2020 che prevedeva la sospensione dei canoni leasing per moratoria dovuta agli effetti negativi del Covid. Ma la società di recupero crediti, scaduta la sospensione, capisce che l’uomo non ha alcuna intenzione né di pagare le quote né di restituire la vettura. Non resta che rivolgersi alle forze dell’ordine: i poliziotti del commissariato di Nervi denunciano quindi l’uomo per appropriazione indebita, chiedendo il sequestro del mezzo. Finalmente la Lamborghini, che nel frattempo era sparita, viene rintracciata dagli agenti in un autosalone tra Antibes e Nizza, in Costa Azzurra. E qui la sorpresa: l’auto era stata messa in vendita con tutti i documenti contraffatti. È stata quindi posta sotto sequestro e poi riconsegnata ai poliziotti del commissariato Nervi che hanno provveduto a riportarla alla società di leasing. L’uomo, invece, è stato denunciato.

    Novara, dichiaravano reddito zero ma giravano in Ferrari: sgominata banda di truffatori LEGGI TUTTO

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    Novara, dichiaravano reddito zero ma giravano in Ferrari: sgominata banda di truffatori

    Con una Opel Astra con targhe clonate in modo da eludere controlli compivano truffe a tema Covid agli anziani. Poi però andavano in giro su una Ferrari F430 Scuderia, senza aver mai dichiarato un reddito compatibile al mantenimento di una supercar come quella della Casa di Maranello. Quella vettura è stata oggi sequestrata dai Carabinieri del Nucleo investigativo di Novara.
    Compra online la patente falsa: multa salata e auto sequestrata
    Una supercar da 200.000 euro di valore
    La F430 Scuderia è una variante in 1.200 esemplari del modello di Maranello commercializzato dal 2004 al 2009. Sviluppata in collaborazione con Michael Schumacher, è più leggera di 100 kg rispetto alla F430 standard, la potenza sale a 510 cv e il valore è intorno ai 200.000 euro circa.
    Trasferimento fraudolento di valori
    Il modello protagonista della vicenda era stato acquistato all’estero, con tutta la documentazione trovata dai Carabinieri tra il materiale sequestrato in un’abitazione di Ghislarengo, comune in provincia di Vercelli, luogo di ritrovo della banda di truffatori. L’auto era intestata a un prestanome, dato che i truffatori avevano dichiarato reddito zero: ecco perché le forze dell’ordine ipotizzano anche il reato di trasferimento fraudolento di valori.
    Ferrari finisce contro la vetrina di un centro commerciale: che botto! LEGGI TUTTO

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    Tassista “furbetto”: tariffa folle da 9mila euro per poco più di un chilometro

    Dopo aver letto questa notizia staremo tutti un po’ più attenti a ciò che paghiamo e ciò che firmiamo. Un’imprudente signora di San Francisco ha viaggiato in taxi per circa 11 minuti, percorrendo un tratto di 1,5 chilometri. Al termine della corsa a bordo del “Yellow Cab” ha involontariamente pagato ben 9.875 dollari (circa 8.705 euro) accorgendosi della folle somma solo dopo aver ricevuto il saldo del suo conto bancario.
    In taxi massimo in 2, controllo green pass in stazione
    Un POS problematico
    Margarita Bekker, protagonista della vicenda, aveva viaggiato per soli undici minuti a bordo del taxi, e giunta all’arrivo aveva scelto di pagare con la carta di credito. Non è chiaro se sia stato un difetto del POS, una furbata dell’autista o un errore di digitazione della cifra, ma sul conto della donna erano stati prelevati quasi 10mila dollari: invece l’effettiva tariffa era di 9,87. Ignara dell’enorme somma appena pagata, Margarita ha trascorso tranquillamente le sue giornate fino all’arrivo del suo estratto conto. Tra le spese pagate c’era quella relativa al servizio taxi, e il prezzo non era certo quello che credeva di aver pagato.
    Disguido a lieto fine
    La donna ha immediatamente contattato la Bank of America per presentare un reclamo per frode. A seguito delle indagini gli agenti hanno contattato il tassista, il quale si è giustificato dicendo che la transazione era legittima e certificata da una ricevuta firmata da Margarita. Dopo continui rimbalzi di colpa, il tassista ha ammesso che l’addebito era errato ed è stato licenziato una settimana dopo. Dopo tre mesi, la povera signora Bekker ha ricevuto il rimborso di quella folle spesa per un viaggio in taxi sicuramente indimenticabile.
    Tesla Model 3, a Nuoro l’unico taxi è la super berlina elettrica LEGGI TUTTO

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    MV Agusta Brutale 1000, il furto da 43mila euro è in realtà una truffa

    I dettagli fanno la differenza quando c’è di mezzo un reato. Grazie ai dettagli, infatti, è stato scoperto un centauro sessantenne del torinese accusato di truffa dopo aver denunciato il furto della sua MV Agusta Brutale 1000.
    43mila euro di valore
    Il motociclista, appassionato collezionista, aveva sporto denuncia per il furto della sua moto in edizione limitata e numerata il 25 maggio 2020, così l’assicurazione gli aveva liquidato 43.000 euro. La polizia, intanto, ha avviato un’indagine a riguardo e pian piano ha scoperto dettagli particolari. Tre mesi dopo la denuncia, un turista francese ha pubblicato su Facebook delle foto di una moto molto simile a quella rubata: il casco personalizzato nell’immagine, quindi pezzo unico, era identico a quello del centauro che aveva subito il furto, il quale nel frattempo pubblicava altre foto su una moto diversa ma con lo stesso casco. La carenata era sempre una MV Agusta, ma con targa diversa ad identificare una cilindrata inferiore: una Brutale 910.
    Moto sequestrata
    Il Pm ha chiesto informazioni a MV Agusta, scoprendo che sulla Brutale 1000 rubata era installato un gps legato al telaio. Rintracciando il segnale del gps, gli agenti hanno trovato la moto sparita, che in realtà era sempre rimasta nel garage del suo proprietario: il numero di telaio era stato abraso, ma il mezzo è stato sequestrato dalla polizia che ora indaga anche sugli altri modelli nel garage del collezionista truffaldino.
    Terence Hill: dà gas con la sua BMW e ringrazia Haaland e il Dortmund LEGGI TUTTO

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    La frode dei monopattini: in vendita sul web, ma sono ciclomotori

    Il successo che i monopattini elettrici hanno raggiunto in questo ultimo anno è senza precedenti. Ma ogni fenomeno porta con sé aspetti negativi (regole poco chiare e sicurezza in primis) e positivi (sostenibilità e zero impatto ambientale). Ma quando qualcosa è così ricercato, c’è chi tenta in tutti i modi di attuare truffe per trarne guadagno ed è così che la Procura di Milano ha scoperto una presunta frode su alcune piattaforme web. Ha aperto, quindi, un’inchiesta su presunti mezzi illegali, ovvero non in regola con le normative vigenti, che vengono messi in vendita in rete e spacciati per monopattini elettrici.
    La denuncia dell’Onlit: sono i monopattini i più pericolosi sulle strade
    Otto pagine web bloccate
    Indagando, la Procura ha scoperto che piattaforme come Amazon, eBay e Alibaba pubblicizzavano e mettevano in vendita monopattini illegali. Una trappola in cui sono caduti numerosi utenti che hanno acquistato i mezzi pensando di comprare un monopattino elettrico “standard”. Secondo le indagini della Procura di Milano, questi veicoli possono essere paragonati a veri e propri ciclomotori e necessitano, dunque, di casco, patente e assicurazione. Il gip Guido Salvini ha posto sotto sequestro preventivo 8 pagine web: la vendita di questi mezzi è stata bloccata e il procedimento è a carico di ignoti. I veicoli in questione hanno una potenza superiore ai 500 W oppure una velocità che va oltre il limite massimo di 25 km/h o ancora sono dotati di sellino: si tratta, in sostanza, di tutte caratteristiche vietate dalle leggi italiane sui monopattini. “Per rimanere equiparati ai velocipedi e non diventare ciclomotori, non devono essere dotati di posti a sedere, è proibito il trasporto di altre persone oltre al conducente” si legge nel decreto di sequestro. È bene quindi fare attenzione quando si acquista: chi viene beccato a bordo di un mezzo non regolare rischia una sanzione amministrativa da 100 a 400 euro e la confisca del veicolo.
    Nuove regole per i monopattini: no minori, obbligo di casco e stop dopo il tramonto LEGGI TUTTO