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    F1, Ferrari: Mick Schumacher e Antonio Giovinazzi piloti di riserva per il 2022

    ROMA – Saranno Antonio Giovinazzi e Mick Schumacher i piloti di riserva di Ferrari per la stagione 2022 in Formula 1. L’annuncio è arrivato durante una conferenza stampa del team principal Mattia Binotto. Il pugliese ex Alfa Romeo, che nel prossimo anno correrà in FormulaE. Per 12 Gp sarà lui la prima riserva, mentre nei restati 11 sarà a disposizione Schumacher, presente in ogni caso in Formula 1 con la Haas, con cui si appresta a iniziare la seconda stagione dopo quella d’esordio.
    Le parole di Binotto
    In conferenza stampa, Binotto ha anche parlato in vista del Mondiale 2022, dove la Ferrari punta a fare importanti progressi: “Sarebbe arrogante e presuntuoso dire che batteremo Red Bull e Mercedes. Non è un obbligo farlo, ma il 2022 è una opportunità sulla quale lavoriamo da tempo e con più competenze di prima. Una stagione come quella che si è appena conclusa non sarebbe accettabile”. LEGGI TUTTO

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    F1, Mick Schumacher: “Ho la sensazione di poter diventare campione un giorno”

    ROMA – Quando ci troviamo quasi al termine della sua prima stagione in Formula 1, Mick Schumacher dimostra di avere grandi obiettivi. L’anno da rookie sulla Haas non è andato nel migliore dei modi, complice anche una monoposto inferiore alle altre, ma il futuro può riservargli grandi gioie: “Era tutto molto chiaro per me già da quando ho iniziato a guidare. La strada per la Formula 1 è dura, comporta un sacco di lavoro. Ma guidiamo tutti con l’obiettivo di essere campioni. Anche io sogno di diventarlo, altrimenti non sarei nello sport giusto. Ho già la sensazione che un giorno potrei diventare campione del mondo. Se non la avessi, non sarei qui“, le sue parole. 
    Il lavoro di papà Michael
    Quanto fatto da papà Michael è difficilmente eguagliabile da chiunque: “Ho molto rispetto per ciò che papà ha raggiunto – prosegue come riportato da NextGen-Auto -. Quando arrivi in Formula 1, non lavori meno rispetto a prima, non ti devi sentire arrivato. Anzi, devi sudare il doppio. Il fatto che mio padre abbia lavorato in questo modo per così tanti anni e con così tanto successo mi rende orgoglioso e mi incoraggia“. LEGGI TUTTO

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    F1, Mick Schumacher: “Sogno di diventare campione del mondo”

    ROMA – Mick Schumacher punta in alto quando ci troviamo quasi al termine della sua prima stagione in Formula 1. L’anno da rookie sulla Haas non è andato nel migliore dei modi, complice anche una monoposto inferiore alle altre, ma il futuro può riservargli grandi gioie: “Era tutto molto chiaro per me già da quando ho iniziato a guidare. La strada per la Formula 1 è dura, comporta un sacco di lavoro. Ma guidiamo tutti con l’obiettivo di essere campioni. Anche io sogno di diventarlo, altrimenti non sarei nello sport giusto. Ho già la sensazione che un giorno potrei diventare campione del mondo. Se non la avessi, non sarei qui“.
    Il rispetto verso il padre
    Quanto fatto da papà Michael è difficilmente eguagliabile da chiunque: “Ho molto rispetto per ciò che papà ha raggiunto – prosegue come riportato da NextGen-Auto -. Quando arrivi in Formula 1, non lavori meno rispetto a prima, non ti devi sentire arrivato. Anzi, devi sudare il doppio. Il fatto che mio padre abbia lavorato in questo modo per così tanti anni e con così tanto successo mi rende orgoglioso e mi incoraggia“. LEGGI TUTTO

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    F1, Jean Todt su Schumacher: “Non è il più grande della storia”

    ROMA – Jean Todt, intervistato ai microfoni di Canal+, ha sorpreso tutti nel giudizio su Michael Schumacher, suo ex pilota quando era direttore generale della Ferrari. Il presidente della Fia non trova possibile definire il migliore di tutti i tempi in Formula 1, nemmeno ragionando in termini di titoli e risultati: “Non ho mai considerato Schumacher il più grande pilota della storia perché penso sia molto difficile da stabilire. Penso che ci siano campioni eccezionali in epoche diverse. Per esempio Fangio era il migliore del suo tempo, così come Jim Clark. Oggi possiamo dire che Hamilton è il numero uno in questo periodo. Spesso per dieci anni c’è stato un pilota che ha primeggiato. Si può provare a quantificarlo usando i Mondiali vinti, ma ci sono tante condizioni diverse. Per esempio, ai tempi di Fangio c’erano meno GP, si poteva usare l’auto del compagno di squadra, il punteggio era diverso. Non si può fare un vero confronto”.
    Su Verstappen e Hamilton
    Todt, ai microfoni di “Race Fans”, ha invece parlato di Max Verstappen, attuale leader della classifica piloti: “Mi ricorda Kimi Raikkonen. È molto diretto e talentuoso. Entrambi hanno pochi interessi e si concentrano su di quelli. Mi sembrano indifferenti al resto”. Poi qualche battuta su Lewis Hamilton: “Ammiro la sua longevità, anche se è più facile gestirsi quando si ha la miglior macchina. Sorpasso a Michael? Buon per Lewis, anche se al momento ci sono ancora due sette volte iridati”. LEGGI TUTTO

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    F1, Jean Todt: “Schumacher non è il pilota più grande della storia”

    ROMA – “Non ho mai considerato Schumacher il più grande pilota della storia perché penso sia molto difficile da stabilire. Penso che ci siano campioni eccezionali in epoche diverse. Per esempio Fangio era il migliore del suo tempo, così come Jim Clark. Oggi possiamo dire che Hamilton è il numero uno in questo periodo. Spesso per dieci anni c’è stato un pilota che ha primeggiato”. Jean Todt, in un’intervista a Canal+, ha sorpreso tutti nel giudizio su Michael Schumacher, suo ex pilota quando era direttore generale della Ferrari. Il presidente della Fia non trova possibile definire il migliore di tutti i tempi in Formula 1, nemmeno ragionando in termini di titoli e risultati: “Si può provare a quantificarlo usando i Mondiali vinti, ma ci sono tante condizioni diverse. Per esempio, ai tempi di Fangio c’erano meno GP, si poteva usare l’auto del compagno di squadra, il punteggio era diverso. Non si può fare un vero confronto”.
    “Verstappen come Raikkonen”
    Todt, ai microfoni di “Race Fans”, ha invece parlato di Max Verstappen, attuale leader della classifica piloti: “Mi ricorda Kimi Raikkonen. È molto diretto e talentuoso. Entrambi hanno pochi interessi e si concentrano su di quelli. Mi sembrano indifferenti al resto”. Poi qualche battuta su Lewis Hamilton: “Ammiro la sua longevità, anche se è più facile gestirsi quando si ha la miglior macchina. Sorpasso a Michael? Buon per Lewis, anche se al momento ci sono ancora due sette volte iridati”. LEGGI TUTTO

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    Schumacher e Vettel parteciperanno in coppia alla Race of Champions 2022

    ROMA – L’appuntamento della Race of Champions torna dal vivo. In Svezia il 5 e 6 febbraio 2022, precisamente a Pitea, si torna in pista dopo l’edizione virtuale del 2020 e la cancellazione del 2021. L’evento vedrà in gara per la Germania la coppia formata da Sebastian Vettel e Mick Schumacher. Il pilota dell’Aston Martin è da anni uno dei grandi protagonisti della kermesse nella quale ha trionfato ben sette volte, le prime sei, dal 2007 al 2012, proprio con il papà di Mick, Michael Schumacher, con l’ultimo successo che risale al 2017 quando vinse con Pascal Wehrlein.
    Gli altri protagonisti in gara
    Accanto al duo Vettel-Schumacher, alla loro seconda apparizione all’evento dopo quella di Messico 2019, stanno iniziando ad arrivare le prime ufficialità da tutto il mondo per un parterre che sarà di assoluto livello. Tra i nomi più prestigiosi spiccano le presenze del due volte campione del mondo F1 Mika Hakkinen, del nove volte campione iridato di rally Sebastian Loeb, il pluri-vincitore di Le Mans Tom Kristensen e il pilota della Mercedes Valtteri Bottas. LEGGI TUTTO

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    Race of Champions 2022: Schumacher e Vettel ancora insieme

    ROMA – La Race of Champions torna a disputarsi dal vivo a Pitea, nel nord della Svezia dopo l’edizione virtuale del 2020 e la cancellazione del 2021. L’evento in programma tra il 5 e il 6 febbraio 2022 vedrà in gara per la Germania la coppia formata da Sebastian Vettel e Mick Schumacher. Il pilota dell’Aston Martin è da anni uno dei grandi protagonisti della kermesse nella quale ha trionfato ben sette volte, le prime sei, dal 2007 al 2012, proprio con il papà di Mick, Michael Schumacher, con l’ultimo successo che risale al 2017 quando vinse con Pascal Wehrlein.
    Gli altri piloti in gara
    Intanto da tutto il mondo stanno arrivando le prime ufficialità per la gara svedese. Oltre al duo Vettel-Schumacher, alla loro seconda apparizione all’evento dopo quella di Messico 2019, si sta delineando un parterre di assoluto livello. Tra i nomi più prestigiosi spiccano le presenze del due volte campione del mondo F1 Mika Hakkinen, del nove volte campione iridato di rally Sebastian Loeb, il pluri-vincitore di Le Mans Tom Kristensen e il pilota della Mercedes Valtteri Bottas. LEGGI TUTTO

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    Montezemolo: “Schumacher un vero uomo squadra. La Superlega? Si va in quella direzione”

    «Mi piace sempre guardare avanti…». L’uomo che s’è inventato un treno dal nulla e ne ha visti di pazzi sfrecciare, ama i grandi spazi e l’idea che la vita non si debba fermare più di tanto nelle stazioni polverose e anche un po’ spettrali dei ricordi, anche se lui ne ha una marea di cose da ricordare. Magnifiche e tristi, nella stessa enorme pentola. Nel suo ufficio romano, una strada esclusiva nel cuore dei Parioli, tiene alle spalle il poster a tutta parete del deserto dell’Arizona, da Paris Texas, il film di Wim Wenders. Una fonte d’ispirazione oltre che un toccasana per claustrofobici iperattivi della sua fatta. Manca solo la chitarra evocativa di Ry Cooder, ma il tema è quello. La fuga in avanti come conquista ma anche dissolvenza, esplorazione e perdizione. Viene al mondo, Luca di Montezemolo, quando gli italiani gemono per Fausto Coppi e le italiane sospirano sulle pagine di “Bolero”. Aristocratico d’estrazione e passionale di natura, l’enfant non sarà più così prodigioso, ma resta, a 74 anni, più che mai acceso dentro, più enfant che mai, grazie anche alla compagnia del suo migliore amico, Lupo, 11 anni, il più giovane dei cinque figli. Sfrenato almeno quanto il padre, anche se il piccolo, per ora, preferisce le quattro zampe dei cavalli alle quattro ruote dei bolidi. S i è svegliato di ottimo umore l’uomo che, giusto trent’anni fa, diventava il capo assoluto di una Ferrari ai minimi e rachitici storici della sua gloria. Ha voglia di svago, di parlare della Rossa, ma anche di pallone, di ciclismo, di donne, di tutto. Dei tanti fantasmi che sgomitano nella testa e nelle foto alle pareti del suo ufficio. L’Avvocato su tutti, di cui era il prediletto, Enzo Ferrari, Lauda, Schumacher. Struggente e celebre la foto di lui, Michael e Todt in parrucca rossa e sigari che festeggiano da fuori di testa la vittoria del 2000, e poi Cassius Clay, Ratzinger, Ciampi, Napolitano, John Kennedy, Gino Paoli, Lucio Dalla. R acconta Montezemolo. Gli occhi che si bagnano quando rievoca l’addio a Maranello davanti a tutta la sua gente. Scaramantico vero, ogni tanto gli scattano le corna, come il braccio meccanico del dottor Stranamore. Ci vediamo con il sole e ci salutiamo, due ore dopo, sotto un acquazzone tropicale. Nel frattempo, ha recitato a memoria la formazione del Bologna tricolore di Bernardini e cantato le canzoni di Gino Paoli. Piovono memorie sparse. L’unica volta che salì sul podio, quella volta a Shanghai, la prima in Cina, e si ritrovò sotto la doccia con Barrichello. Del presidente Ciampi al volante della Ferrari, tre all’ora, sotto gli occhi della moglie Franca, che quasi sviene dallo spavento. E quella volta che Schroeder, allora cancelliere, gli disse: « Strana questa Ferrari, vince con tecnologia italiana e umanità tedesca » .

    « Come dormo? Benissimo. Le dico di più, se dormo meno di sette ore sto male…Mi è capitato due o tre volte in cui sono stato le ore di notte a guardare il soffitto » .

    Parliamone.

    «Quando arrivai da presidente alla Ferrari, il 15 novembre del ‘91. Uno dei momenti più difficili della mia vita » .

    Ansia da prestazione?

    « Da liquidazione, più che altro. Non dico che arrivai al punto di pensare di dover fare il liquidatore della Ferrari, ma certo non immaginavo di trovare un’azienda in quelle condizioni. Il New York Times pubblicò un articolo sulla Ferrari entrata in cassa integrazione. L’ultimo mondiale vinto era del ’79 e non si vendevano le macchine. Le vetture di serie erano rimaste indietro a livello di innovazione » .

    Le altre notti insonni?

    « Quando mi fu chiesto di fare il presidente della Fiat. Il giorno prima ero stato eletto presidente della Confindustria. Altra situazione drammatica. Me la ricordo come fosse oggi. La Fiat era nelle mani delle banche. Prima la morte di Gianni poi, 16 mesi dopo, quella di Umberto. La famiglia Agnelli mi chiese in modo pressante di accettare: “Non puoi dirci di no” » .

    […]

    118 GP vinti, 14 titoli mondiali tra piloti e costruttori, cui aggiungere i 5 da direttore sportivo. 11 titoli consecutivi dal ’99 al 2004. I momenti difficili?

    « Tanti. Trovai un’azienda in cui, ogni due minuti, mi si diceva: “Se fai questo, Enzo Ferrari si rivolterà nella tomba”. Non era vero, lui guardava sempre avanti. Le difficoltà con gli amministratori delegati della Fiat. Ci tenevo a dare alla Ferrari un’autonomia. L’Avvocato mi sosteneva in questo » .

    Come si costruisce una squadra vincente di Formula Uno?

    « Un’ alchimia complicata. Molto più che costruire una squadra di calcio. Prendi la Roma in difficoltà di oggi, aggiungi un centrocampista forte, un centrale affidabile e risolvi. Prendi la Lazio. Inconcepibile tenere fuori un talento come Luis Alberto. Sarri trova il modo di farlo giocare e ritrova la squadra » .

    Sempre simpatizzante laziale?

    « L a prima partita della mia vita allo stadio fu un Lazio-Bologna all’Olimpico. Mi ci portò Steno con i due figli, Carlo ed Enrico Vanzina, miei amici. Aggiunga che alla scuola dove andavo, la Boccioni, erano tutti romanisti. Bastian contrario? Un po’ sì. Conobbi poi Ziaco, il medico della Lazio, quando mi feci male giocando a calcio. Tornai da lui quando Ronnie Peterson, a Zandvoort, uscendo dai box m’investì rompendomi spalla, gomito, tibia e perone. Conobbi Maestrelli, i figli, i giocatori di quella Lazio. Mi piaceva l’ambiente. Ma, tenga conto che oggi ho tutta la famiglia di romanisti, nipoti e figli, dal più grande che vive a Londra al più piccolo, Lupo di 11 anni »

    […]

    La scelta di Schumacher?

    « Lo feci contattare da Niki Lauda per il primo affondo. Arrivò da noi al momento giusto. Tre anni prima non avrebbe fatto la differenza, non avevamo la macchina né l’organizzazione ».

    Il rapporto con Michael?

    « Forte, ma meno stretto di quello con Niki. Veniva a casa mia d’estate con il figlioletto Miki, quello che ora fa il pilota, e lo copriva amorevolmente con la zanzariera. Era sempre avanti Michael. Fu lui a farmi scoprire Dubai venti anni fa. Faceva lì la preparazione d’inverno. Fuori dalle gare, Schumi non un uomo così forte, aveva bisogno di sostegno psicologico. L’incidente con Villeneuve lo fece soffrire molto. Lo rendeva unico la grandissima attenzione ai dettagli, come Niki Lauda. Era un vero uomo squadra. Vincesse o perdesse era sempre un “noi”, mai un “io”. Ricordo quando Massa ebbe quel bruttissimo incidente che per un millimetro non perse l’occhio. Noi ci trovammo in agosto senza piloti. Lo convocai d’urgenza » .

    […]

    La Juventus di Andrea Agnelli. Undici anni controversi.

    « Contano i risultati, c’è poco da dire o da contestare. Nove scudetti parlano chiaro. La Superlega? Un tema che prima o poi dovrà essere affrontato nelle forme giuste. Il trend va in quella direzione. Allora, furono decisamente sbagliati i modi e il timing » .

    I suoi calciatori mitici.

    « Maradona su tutti. Mi chiamava spesso per le Ferrari. Quella volta che a Torino gli facevano i cori: “Ciuccia la banana”. Disse all’Avvocato prima della partita: “Se non smettono, gli faccio due gol”. Ne fece uno. Quello su punizione. Un gol impossibile, contrario alla legge della fisica… Quand’ero bambino Omar Sivori. Come tifoso, Bulgarelli. Poi c’era questo ungherese, Detari, genio e sregolatezza, un Cassano ante litteram. E Platini. Intelligentissimo. Agnelli lo beccò nello spogliatoio che fumava di nascosto in un angolo. “Avvocato, l’importante è che non fumi Furino”. Era una primadonna, ma i compagni l’amavano tutti »

    Tutta l’intervista esclusiva sull’edizione del Corriere dello Sport – Stadio LEGGI TUTTO