Sandro Donati attacca: “Il sistema antidoping è opaco e la WADA è in estrema difficoltà”
Sandro Donati
Sandro Donati, noto allenatore di atletica leggera e paladino della lotta al doping, attacca senza mezzi termini la WADA sul caso Sinner. Intervistato dal Corriere Trentino, Donati ha parlato a 360°, forte della propria esperienza e del doloroso ricordo da caso Schwazer. Per chi non conoscesse la vicenda, il marciatore altoatesino prese ad allenarsi con Donati in vista delle Olimpiadi di Rio 2016 dopo aver scontato una squalifica per EPO, con piena confessione della propria colpa. Con Donati, Schwazer voleva dimostrare al mondo dello sport e a se stesso che sarebbe stato in grado di eccellere anche senza “aiuti”, preparando in modo irreprensibile i giochi brasiliani e nel frattempo attaccando (insieme al suo allenatore) senza mezzi termini il sistema dei controlli. Proprio un controllo a sorpresa nel gennaio del 2016 lo vide di nuovo positivo a “testosterone sintetico”, ma la faccenda è ricchissima di errori procedurali e ombre: la positività gli fu comunicata solo a poche settimane dai giochi, la catena di controllo delle provette fu più volte compromessa al laboratorio di Colonia in Germania e un’indagine dei RIS di Parma provò che la sua provetta “incriminata” presentava valori non realistici, quindi manomessa (“La concentrazione di DNA è anomala e non corrisponde ad una fisiologia umana”).
Donati inizia l’intervista stigmatizzando l’attacco scomposto della Bild a Sinner appena prima della finale di Melbourne, e quindi passa lui al contrattacco: “Ho sentito l’intervista al suo avversario Zverev: è stato assolutamente corretto e fiducioso in Sinner, non ha mai espresso dubbi” afferma il tecnico. “La stampa tedesca invece avanza illazioni di pessimo gusto; quando sono implicati casi di loro connazionali non usano assolutamente questi metri di giudizio e quando è stato il caso di Schwazer, non hanno minimamente messo in discussione cosa aveva combinato il laboratorio di Colonia. Questi tedeschi che siamo abituati a considerare irreprensibili non lo sono affatto: stanno usando due pesi e due misure. Fare questo alla vigilia della finale dell’Open d’Australia, poi, è talmente plateale nell’intento: solo loro lo hanno attaccato, nessun altro a livello di stampa internazionale”.
Donati si addentra nei fatti della vicenda che ha coinvolto Sinner: “Quel quantitativo, quella concentrazione di Clostebol per la quale è stato sollevato tutto questo polverone, è irrilevante. Loro stessi si rendono conto che questa fattispecie di negligenza (l’aver assunto la pomata, ndr) va ben al di là del concetto di doping. La interpretano come vogliono e alla fine la fanno diventare proposta di squalifica. È una cosa che non sta né in cielo né in terra, tanto è vero che stanno rimettendo mano alla regolamentazione“.
Incredibile quanto rivela Donati: “Un direttore di laboratorio mi ha raccontato sette anni fa, in maniera precisa, che questa pomata è estremamente trasmissibile, al punto che basta dare la mano a uno che l’ha spalmata e chi ha ricevuto la stretta di mano risulta positivo. Nel caso di Sinner è stato il massaggiatore, ma chiunque, anche uno sconosciuto dalle tribune alla fine di una partita, può contaminarti”.
“La WADA si trova in estrema difficoltà” continua Donati. “Se chiudono il fascicolo così, tutti quelli colpiti da questa normativa assurda possono ricorrere e trascinarli in tribunale. Se invece lo condannano, sarà lui a difendersi. Perché che fai, blocchi la carriera di un atleta e i suoi guadagni con una motivazione di questo genere? Qualsiasi tribunale li massacrerebbe. Alla WADA ne combinano una dopo l’altra. Basta rileggere l’intervista di Jack Robertson, ex dirigente capo ispettore della Dea, la Drug Enforcement Administration, poi diventato capo ispettore WADA, che se n’è andato dicendo in maniera chiara che la WADA tutto faceva fuorché combattere il doping. Ha rivelato particolari impressionanti: una discobola russa segnalò che lì c’era un doping diffuso, un doping di Stato, e che lei stessa era oggetto di somministrazioni… e questi hanno girato la sua segnalazione ai russi. Capiamo che gente è questa?”.
Donati è fermamente convinto della onestà di Sinner: “Mi sembra pulitissimo, è correttissimo dentro e fuori dal campo. Quando dice “se fossi stato colpevole non sarei riuscito a vincere” ci leggo una cosa vera: è talmente sereno che non ha paura a confrontarsi con i poteri forti. Le sue prestazioni sono assolutamente regolari e ad altissimo livello. Tutta la normativa va rivista. È a tutela di chi l’ha scritta, ma i diritti dell’atleta passano in secondo piano. Il direttore WADA, Olivier Niggli, dice “dobbiamo essere attenti quando formalizziamo le accuse agli atleti, non possiamo infrangere la loro dignità”. E poi si dà la positività per una micro traccia di una sostanza incontrollabile? Le contraddizioni sono evidenti”.
Ricordando la brutta fine della vicenda Schwazer, Donati lancia una proposta di buon senso: una terza provetta delle analisi da consegnare immediatamente all’atleta in modo che questo possa difendersi in modo limpido: “Il caso Schwazer è stato emblematico, gravissimo, è stato un delitto. Ma non ha cambiato nulla, non ha lasciato tracce. Non credo sia usuale che si manipolino le provette come nel suo caso, d’altronde: immagino sia stato fatto perché interessava in quella circostanza. Bisognerebbe lasciare una terza provetta all’atleta perché possa tutelare i propri diritti. Un organismo onesto non fa resistenza a dare un terzo campione. Se non lo dà è perché vuole avere questo potere in mano, anche il potere di manipolare” conclude l’allenatore.
Marco Mazzoni LEGGI TUTTO