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    Quattro infortuni per quattro campioni. 2017-2018: le stagioni “horribilis” di Nadal, Djokovic, Murray e Del Potro

    Juan Martin Del Potro

    Rodolfo Lisi, specialista in Posturologia e Cultura Sportiva, è senza dubbio uno dei maggior esperti in lesioni legate alla pratica del tennis, dal classico gomito del tennista fino ai molteplici traumi causati da un’approccio al gioco sempre più estremo. Lo testimoniano i premi e riconoscimenti ricevuti, ma soprattutto il cospicuo numero di contributi in riviste specializzate ed i ben 14 volumi che hanno ripercorso l’intera anatomia umana alla ricerca delle zone più vulnerabili per un giocatore, in cui la sue profonde conoscenze fisiologiche si sono abbinate a quelle tennistiche.
    Il suo ultimo contributo è di particolare interesse, perché l’analisi “meccanica” di quattro tipologie specifiche di infortuni viene esemplificata con i casi reali di quattro grandi campioni nell’arco delle stagioni 2017 e 2018: il ginocchio di Nadal (sindrome di Hoffa), il gomito di Djokovic (bone bruise), l’anca di Murray (conflitto femoro-acetabolare), ed il polso di Del Potro, che contribuì come è noto alla sua parabola discendente e al prematuro ritiro. Al di là dei tecnicismi e delle specificità delle singole patologie trattate risulta particolarmente stimolante, anche per i non addetti ai lavori, l’analisi a 360º delle diverse concause che possono determinare nell’insorgere di una lesione: la predisposizione genetica, la tecnica, la gestione di allenamenti e prestazioni, le superfici (e soprattutto i continui cambi cui sono costretti i giocatori in questo senso), il calendario e, non ultimi, gli impegni contrattuali e gli interessi economici, che spesso spingono a intensificare l’attività agonistica anche quando la medicina ed il buon senso consiglierebbero periodi di riposo e riabilitazione.

    Come si diceva i lavori di Lisi sono di grande interesse anche per i semplici appassionati, perché conosce e ama profondamente il tennis. In questo caso lo si vede per esempio nell’analisi dettagliata delle strategie tecnico-tattiche seguite dai giocatori per convivere, nei limiti del possibile, con le lesioni, come nel caso, solo per citare un esempio, di Del Potro. Il campione argentino si vide infatti obbligato a modificare la sua impugnatura di rovescio, adattandola però al livello e la forza degli avversari. Mentre contro i top players continuava a ricorrere ad un’impugnatura più efficace per potenza ed effetti, ma più lesiva a livello bio-meccanico (eastern per la mano destra e ibrida strong eastern per la sinistra), contro giocatori di livello più basso implementò un’impugnatura più “classica”, meno incisiva ma più sicura a livello articolare (continental per la mano destra e strong eastern per la sinistra).
    Quello di Rodolfo Lisi è in sostanza un volumetto (il diminutivo riguarda solamente le dimensioni) che può interessare non solamente gli esperti in lesioni sportive, e che rappresenta l’integrazione di competenze tecniche e tennistiche, nonché il culmine di un lungo lavoro di ricerca che ha già prodotto molteplici frutti.
    Rodolfo Lisi, Quattro infortuni per quattro campioni. 2017-2018: le stagioni “horribilis” di Nadal, Djokovic, Murray e Del Potro, La Versiliana Editrice, 2025
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    Lemon Bowl, il torneo delle prime volte

    Lemon Bowl – Storie di vita e di tennis

    Recensione al volume di Alessandro Nizegorodcew, Matteo Mosciatti e Lorenzo Ercoli, Lemon Bowl – Storie di vita e di tennis, 150 pp., Sportface Srls 2023 [prefazione di Matteo Berrettini]
    di Paolo Silvestri
    Le vacanze di Natale del 1985 sono ricordate a Roma per una grande nevicata, ma anche per la celebrazione della prima edizione del Lemon Bowl, torneo internazionale giovanile che voleva essere, a cominciare dal cambio di agrume nel nome, la risposta europea al famoso Orange Bowl americano. L’idea originaria, poi rivelatasi azzeccatissima, fu di Gianni Salviati, (poi purtroppo scomparso poco dopo, passando il testimone a Paolo Verna) e lo scenario il circolo La Pisana, ma nel corso degli anni ci sono naturalmente stati avvicendamenti nella complessa gestione, nelle sedi (ora si svolge al Salaria Sport Village), nonché cambiamenti nelle categorie d’età dei giocatori, comprese fra gli under 8 agli under 18, maschili e femminili. La prima edizione registrò, nonostante la novità e la copiosa nevicata, il considerevole numero di 456 iscritti, che si è andato incrementando con gli anni fino a superare i 2000.
    Alessandro Nizegorodcew, Matteo Mosciatti e Lorenzo Ercoli, rispettivamente direttore e collaboratori di Sportface, ci raccontano nel loro recente volume i quarant’anni di storia del Lemon Bowl, e lo fanno con assoluta cognizione di causa perché conoscono come pochi altri questa straordinaria festa del tennis giovanile internazionale (che coincide tradizionalmente anche con un’altra festa, quella delle vacanze di Natale), e da diversi punti di vista: oltre che come scafati giornalisti sportivi specializzati in tennis, anche come giocatori nel caso di Matteo -che ha partecipato in diverse edizioni- e anche in quello di Alessandro, di cui però va ricordata soprattutto la sua ormai ventennale presenza come addetto stampa. Hanno avuto la bella idea di ricostruire la storia del torneo attraverso le testimonianze dirette di giocatori, genitori, tecnici, agenti, insomma dalla viva voce di molti dei protagonisti che vi hanno partecipato. Emergono, unanimemente, ricordi positivi, in cui l’agonismo, certamente presente, si stempera in uno spirito sano di convivenza a amicizia. È, come bene lo definiscono gli autori, il torneo “delle prime volte”, perché per molti ragazzini e ragazzine si è trattato e si tratta di una sorta di prova generale, una piccola incursione nel tennis “professionistico”, in uno scenario internazionale, assaporando quella che sarà, forse, la vita che vivranno.

    Forse, per l’appunto. Perché, ripassando palmarès e presenze, in tutti questi anni troviamo senz’altro moltissimi nomi illustri, divenuti poi professionisti con i fiocchi, da Myskina a Tursunov, da Musetti a Berrettini, da Ljubicic a Ancic, da Tipsarevic a Sonego, da Cocciaretto a Trevisan, dal compianto Federico Luzzi fino a tutti i nostri connazionali protagonisti del tennis passato e presente. Ma, accanto a loro, anche stelle che brillarono nel firmamento giovanile e poi, per i più svariati motivi, hanno poi dato il meglio di sè al di fuori del tennis giocato, a cominciare da Gianluigi Quinzi, schiacciasassi a livello infantile che, dopo un’incursione più che degna nel tennis professionistico, ha deciso di passare dall’altra parte della barricata e convertirsi in coach, così come hanno fatto, per esempio, Manuel Jorquera o Marco Mosciatti. Ma ci sono anche i casi interessanti di chi ha trovato la sua strada al di là del mondo del tennis, a cominciare da Stella Menna, ora nota foodblogger.
    Il libro di Alessandro, Matteo e Lorenzo è proprio questo: una raccolta di storie, che vale davvero la pena di conoscere, per il loro interesse tennistico, ma prima di tutto umano. Alcune di esse sono anche piuttosto dure, perché narrano percorsi complicati a diversi livelli, ma la sensazione che si ha è che nella stragrande maggioranza dei casi esiste un lieto fine, anche se non sempre coincide con quello sperato. Non ci sono, per citare De Andrè, “storie sbagliate”, ma percorsi personali, in cui una la carta vincente è stata proprio l’aver vissuto intensamente il tennis agonistico in età giovanile, abituandosi a disciplina, lavoro, convivenza, tolleranza e soprattutto gestione di quei due grandi impostori che sono la vittoria e la sconfitta, compagni di ognuno di noi, sia nello sport che nella vita. LEGGI TUTTO