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    DS7 Crossback E-Tense, il Suv ibrido 4×4 sfida il marmo nel test drive

    Un test lungo, persino troppo probante, che ci ha portato da Forte dei Marmi alle Cave di Carrara. Per provare in condizioni impossibili e con salite del 40 per cento le virtù della DS 7 Crossback E-Tense 4×4 Plug in Hybrid. Condizioni che il normale acquirente di un Suv come questo ben si guarderebbe di cercare. Ma è la riprova di come ormai anche auto pesanti oltre due tonnellate possano compiere cose incredibili nella massima sicurezza.
    DS 7 Crossback E-Tense propone un motore a benzina (che rispetta le normative antinquinamento Euro 6.3) da 180 cavalli con una coppia di 300 Nm, affiancato a un motore elettrico da 110 cv direttamente integrato con il cambio automatico a otto rapporti. Alla partenza entra in funzione il solo motore elettrico dando la possibilità di viaggiare in modalità zero emissioni fino alla velocità di 135 Km/h percorrendo più di 50 km.
    DS3 Crossback E-Tense, crossover con tecnologia da Formula E
    Integrale solo quando serve
    La versione più potente eroga complessivamente 300 cv, che arrivano appunto da un 4 cilindri di 1,6 litri a benzina e da due motori elettrici, che agiscono sulle ruote anteriore e su quelle posteriori, facendone di fatto una 4×4. Con il funzionamento ibrido il consumo è pari a 1,7 litri ogni 100 chilometri, che vuol dire oltre 58 km/litro. Ovvio che finito l’apporto del motore elettrico tutto torni nei valori normali. Tra le modalità di guida la Hybrid, appunto, la Sport, la Confort. Optando poi per l’inserimento 4×4 in caso di necessità.

    Tra le tante dotazioni il mantenimento della corsia, il riconoscimento dei segnali stradali, il cruise control adattivo e il segnalatore di stanchezza. La batteria si ricarica durante la guida grazie a un sistema che beneficia degli sviluppi tecnologici e dell’esperienza acquisita da DS Automobiles in Formula E. Il conducente può successivamente scegliere la modalità ibrida, che ottimizza l’utilizzo dell’energia o la  modalità sport che richiama tutta la potenza disponibile (225 cavalli e 360 Nm di coppia cumulati). La batteria da 13,2 kWh situata sotto il pianale permette di percorrere fino a 55 Km (secondo il ciclo WLTP). 
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    Porsche Taycan, una sorpresa senza fine: la nostra prova

    Una sorpresa senza fine. Al cospetto dell’innovazione, si inchina, senza prostrarsi, anche la tradizione. Perchè quando sai fare le macchine, le sai fare sempre. Che siano a motore termico o elettriche, come questa splendida Porsche Taycan, la prima a zero emissioni di Zuffenhausen, l’autentica rivale della Tesla Model S.
    Capace di sorprendere non solo noi, che l’abbiamo guidata sul pistino di prova di Embsen, un’ora da Amburgo, il circuito dove l’Automobil Club tedesco testa le vetture. Ma anche tutto il mercato europeo, visto che è il modello Porsche più venduto ad agosto, davanti a mostri sacri come 911 o Cayenne e Macan. Una vettura capace di rappresentare nei primi nove mesi dell’anno, il 5,7% delle vendite mondiali di Porsche (10.944 su 191.547 totali) e che in Italia dovrebbe chiudere il 2020 al 7% di tutte le vendite Porsche.

    Poi, sali a bordo, inizi a guidare e capisci l’entusiasmo (oltre alle possibilità) di chi se l’è portata a casa spendendo tra 158.000 e 192.000 euro, optional esclusi. Una sorpresa senza fine, appunto. Agile, scattante, reattiva, stabile, nonostante stazza e mole farebbero pensare tutto il contrario, con quegli oltre 23 quintali di peso distribuiti sui quasi 5 metri (4,96, per l’esattezza) di lunghezza. E invece no. Questa Porsche Taycan è davvero un gioiello: divertente, godibile, reattiva, leggera e maneggevole anche ad alta velocità. Un compromesso perfettamente riuscito, tra la sempreviva tradizione 911 e la modernità dei propulsori che non emettono CO2 (o ne emettono meno) ma riescono ugualmente  a garantire quella dote imprescindibile quando di metti al volante di una Porsche: il piacere di guida.
    Porsche Taycan Cross Turismo aspetterà il 2021
    Come al luna park
    Così dopo il tradizionale esame di sotto e sovrasterzo, su asfalto bagnato, abbiamo potuto spingere l’acceleratore sul pistino di handling, davvero tecnico e velocissimo. E qui è uscita tutta la qualità di Porsche Taycan, costruita con grande maestria ed equlibrio. A cominciare dal telaio, perfetto con scocca in acciaio e alluminio, per finire all’aerodinamica che tra frontale, cofano, tetto e quelle feritoie che scendono dai gruppi ottici verso il basso, raggiunge il valore record con un cx di 0,22. Aggiungeteci un baricentro più basso di quello della Carrera, grazie alle batterie (396 celle a sacchetto della LG Chem con capacità effettiva di 83,7 kWh) stese sul pavimento, e guidare questa Taycan è come andare al luna park: stabilità totale, assetto sempre lineare e trasferimenti di carico quasi non percepibili, come spostassimo una piuma e non i 23 quintali di cui sopra.
    I giri si susseguono e la Taycan fa esattamente quello che si vuole: dove la metti sta. E poco importa se guidiamo la versione basica, la Taycan S, quella con 500 kW, cioè 680 cv di potenza massima (e 800 Nm di coppia) grazie al launch control – quella in marcia si ferma a 625 cv – che ferma il cronometro a 3”2 per arrivare a 100 km/h. Del resto la Turbo e la Turbo S, che impiegano 2”8 per fare lo stesso lavoro, arrivano a 761 cv e 1.050 Nm: roba da corsa.
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    Innovazione e tradizione
    Innovazione nella tradizione, anche questa, visto che la Taycan è la prima vettura a montare un sistema elettrico a 800 Volt e non a 400, come tutte le emissioni zero. Un sistema figlio dei due motori elettrici sui due assi (234 o 254 cv davanti; 450 dietro) sincroni a eccitazione permanente con il vantaggio di racchiudere motore, cambio (a due velocità sul posteriore) e inverter in un modulo compatto con la più alta densità di potenza sul mercato.

    E dentro Taycan è all’altezza della rivoluzione copernicana di Porsche: tre display, uno come quadro strumenti, un pannello Oled da 16,8” e altri due da 10,9” uno di fronte al guidatore e l’altro sulla consolle. Senza dimenticare un quarto su richiesta per il passeggero. Poi senti rombare la 911 e ti assale un pizzico di nostalgia (canaglia), ma questa Taycan continua a stupire fino a quando purtroppo dobbiamo sistemarla nel suo box, anche questo mix perfetto di tradizione e innovazione la nuova formula Porsche.
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    Nuova Hyundai i20, l'utilitaria dall'animo sportivo

    Nuova Hyundai i20 era stata dapprima presentata in occasione dell’ultimo Salone di Ginevra. Oggi, l’utilitaria di Seul è pronta per il suo ingresso sul mercato italiano: profondamente rivista rispetto alla versione precedente, la i20 è un’auto nuova su tutti i fronti, da quello estetico a quello tecnologico. Nascosti sotto la sua spigolosa carrozzeria Hyundai ha infatti nascosto una serie particolarmente interessante di motorizzazioni mild-hybrid e una dotazione hi-tech da prima della classe, trasformando la nuova arrivata della casa coreana in quello che, utilizzando il gergo in voga tra gli amanti degli smartphone, potrebbe confermarsi uno dei best-buy del mercato auto dei prossimi anni.
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    Linee spigolose
    Abbandonate le linee tondeggianti e morbide del modello che va a sostituire, la nuova i20 è caratterizzata da una linea cesellata e ricca di spigoli: il risultato è certamente di impatto, l’auto dissimula molto meglio del modello “vecchio” le dimensioni del corpo vettura (lunga 4040 mm, appena 5 mm in più rispetto a prima) a discapito però di una certa mancanza di carattere e di una linea un po’ tormentata, specialmente nella vista laterale e in quella posteriore.

    Cosa offre l’abitacolo
    Il profondo lavoro di rinnovamento prosegue nell’abitacolo ora dominato da un nuovo cruscotto che riprende per tutta la sua larghezza il disegno delle bocchette dell’aria – scelta curiosa ma comunque azzeccata -, al centro del quale campeggia lo schermo touch screen da ben 10,25” (optional, di serie è da 8”) del sistema di infotainment e caratterizzato dalla nuova strumentazione completamente digitale, sulla quale è possibile replicare sia le indicazioni del navigatore che altre funzioni utili come lo stato dei numerosi ADAS presenti su questa auto.

    ADAS livello 2, un debutto
    I sistemi offerti da Hyundai sulla nuova i20 sono molteplici e garantiscono un livello di automazione di livello 2 grazie a soluzioni che spesso si trovano su auto di ben altra fascia di prezzo, come il cruise control adattivo e il sistema di mantenimento della corsia. L’unico scotto di tutta questa tecnologia lo si paga nella scarsa immediatezza del sistema di infotainment dell’auto, poco intuitivo e che, come spesso accade nelle auto moderne tutte digitali e touch, richiede qualche distrazione di troppo. In questo senso per fortuna sono rimasti analogici sia il tasto per regolare il volume della radio che l’impianto di climatizzazione, regolabile senza distogliere lo sguardo dalla strada. A parte una scelta dei materiali un po’ economica e alcuni dettagli non molto curati (come ad esempio gli accoppiamenti delle plastiche del volante o i fori per le viti delle razze lasciati aperti sul retro del volante), l’abitacolo della nuova Hyundai i20, particolarmente arioso e spazioso, è un posto piacevole dentro cui passare il proprio tempo.
    Ecco i motori mild-hybrid

    Le novità però non si fermano al nuovo design degli esterni e degli interni ma proseguono sotto al cofano dell’auto: accanto al noto e collaudato mille-e-due a benzina aspirato da 84 cv, sulla nuova i20 debutta la nuova unità turbobenzina a tre cilindri da 1 litro di cilindrata: questo piccolo propulsore, oltre ad essere disponibile sia con 100 cv che con 120 cv, è dotato di un sistema di tipo mild-hybrid a 48 volt, utile per mantenere entro gli stringenti limiti europei le emissioni di CO2 della vettura. Se infatti questo sistema non influisce minimamente sulle prestazioni della vettura e il suo intervento (limitato alle fasi di accelerazione e nei transitori) è assolutamente impercettibile e il motore risulta brillante pur bruciando un piccolo quantitativo di benzina in meno, generando così una minor quantità di anidride carbonica la cui produzione è direttamente proporzionale alla quantità di benzina combusta. In questo modo si ottiene anche un lieve miglioramento alla voce consumi, con un risparmio di circa il 4% rispetto alla stessa unità senza il sistema mild-hybrid. Infine per la nuova i20 saranno disponibili tre trasmissioni, una manuale a 5 rapporti per il motore da 84 cv e due a 6 rapporti, manuale o automatica a doppia frizione per il piccolo 1.0 turbo mild hybrid.
    Come si comporta su strada
    Provata a fondo lungo le strade di Francoforte, sia in versione da 100 cv che da 120 cv, in entrambi i casi con cambio automatico, la nuova i20 ha dimostrato una maturità sorprendente risultando sicura di sé sulla strada e, specialmente con il motore più potente, capace di tenere medie velocistiche veramente interessanti, con il piccolo motore sempre pronto a riprendere e a lanciare l’auto in avanti.
    Nel corso della prova abbiamo avuto modo di testare l’auto anche in percorsi turistici e siamo rimasti colpiti dal volante, molto – forse un po’ troppo – diretto e sensibile. Questa caratteristica, per quanto restituisca un feeling più sportivo e dinamico, richiede frequenticorrezioni sul volante: sicuramente si sente l’auto molto viva fra le dita ma, specialmente in percorsi cittadini o se ci si vuole rilassare, questo potrebbe risultare un po’ fastidioso. La cosa poi viene accentuata dal cambio automatico che non gioca allo stesso gioco del volante e, cercando una guida un po’ più sportiva, non collabora: in frenata in approccio di curva il sistema non scala, se non quando si ritorna sul gas in uscita, con il risultato che, mentre si cerca la spintaper uscire dalla curva, si deve aspettare che il cambio scali una (o più) marce per poi, finalmente, lanciare l’auto in avanti. Per quanto piacevole e sicura da guidare, la nuova i20 si trova un po’ a combattere con se stessa, con un volante dal piglio sportivo ed una gestione del cambio più attenta all’ambiente e al cercare di consumare il meno possibile – basta lasciare il gas mentre si va per attivare la funzione di “coasting”, con il motore che si spegne e l’auto che veleggia in folle -; cosa che, alla prova dei fatti, riduce notevolmente le velleità sportive di chi è al volante. Discorso diverso per il cambio manuale: in questo caso ci si trova per le mani un’auto che fa quel che dice il guidatore, magari meno comoda nel traffico ma sicuramente più soddisfacente nella guida “sbarazzina”.
    Dotazioni e quanto costa
    Hyundai, scopri la gamma completa
    Disponibile a partire da novembre 2020, la nuova i20 sarà disponibile in due diversi allestimenti, entrambi molto ricchi: si partirà dal connectline che propone di serie le luci diurne e di posizione a LED, sette ADAS, cerchi in lega da 16”, caricatore wireless per lo smartphone, sensori di parcheggio con telecamere al posteriore e cruscotto digitale, per arrivare all’allestimento BOSE, dotato non solo di un potente impianto stereo con subwoofer ma anche di cerchi in lega da 17”, il sistema di infotainment con schermo maggiorato a 10,25” e il sistema di luci d’ambiente. A questi due allestimenti possono infine essere aggiunti diversi pacchetti utili a rendere la nuova i20 veramente completa e accattivante. Tutto questo partirà da 16.950 € per la i20 1.2 84 cv per arrivare a 22.600€ per la 1.0 turbo mild hybrid da 100 cv in allestimento BOSE. Ancora non sono disponibili i prezzi per la versione da 120 cv. LEGGI TUTTO

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    Prova BMW R18: i nostri voti alla nuova cruiser bavarese

    Quando si sale in sella alla BMW R 18 i passeggeri dovrebbero essere avvisati: allacciate le cinture. Ecco la nostra prima impressione dopo aver provato nei dintorni di Monaco, sede del marchio, la nuova cruiser bavarese. Sesta marcia, circa 90 km/h, il motore pulsa timidamente appena sotto i 2.000 giri. Sotto, tra le cosce, la BMW R 18, una bestia di quasi 350 kg che fila come un fuso, impossibile scomporla. Una situazione di pace e serenità. Ma basta un tocco per alterare questa quiete: piccola rotazione del gas e da timido compagnone, il giunonico boxer si trasforma in un mastino affamato. 
    Il design

    Nera, bassa e lunga, la BMW R 18 è un capolavoro di manifattura. Ingegneri e designer hanno lavorato a braccetto migliaia di ore per pescare a piene mani dalla tradizione e il risultato è notevole. La R 18 cattura sguardi, è curatissima in ogni dettaglio, nulla è lasciato al caso. La chicca è l’albero della trasmissione cardanica scoperto, come le moto degli anni 30. VOTO 9
    La tecnica

    La BMW R 18 è capace di nascondere tecnologie modernissime sotto un look classico, immortale, a partire dal giunonico Big Boxer di 1.802 cc. I numeri raccontano di 91 CV, ma ben più importante è il dato relativo alla coppia massima: 158 Nm erogati a 3.000 giri, anche se tra i 2 e i 4.000 giri ce ne sono sempre oltre 150. Telaio in tubi di acciaio (somiglia a una culla sdoppiata), forcellone che ricorda la tecnologia hardtail (ossia senza ammortizzatori: in realtà la corsa della ruota è di 90 mm grazie a un monoammortizzatore sapientemente nascosto) che tanto piace agli amanti del genere, forcella con copristeli; sono tanti gli elementi che richiamano senza mezzi termini la R5 del 1936. Di serie ci sono anche tre Riding Mode(Rain, Roll e Rock), ASC (controllo di trazione) e MSR (controllo del freno motore), optional la retromarcia, l’Hill start control (partenze in salita) e il cruise control. VOTO 8
    Comfort
    A bordo si viene accolti da un ambiente opulento. La sella è ben imbottita e molto bassa da terra (69 cm), che aiuta non poco a gestire gli oltre 340 kg della BMW R 18 (con il pieno). Il manubrio permette alla schiena di stare eretta ed è molto largo, per direzionare a dovere l’imponente avantreno. Non è una moto per tutti: il peso, nelle manovre a motore spento e a bassa velocità, si sente, anche se ben centrato e abbassato. Le pedane sono centrali, ma un po’ nascoste dalle mastodontiche teste dei cilindri. VOTO 7
    Come si guida

    Il bastardo del meteo non ha dato tregua al nostro test (pioggia e 10 gradi), ma abbiamo comunque potuto apprezzare l’incredibile Big Boxer della R 18, vero protagonista. Si fa condurre al guinzaglio senza fare un plissé. Non vibra, non scalpita (solo da fermi) e non pistona, e anche sotto i 1.300 giri riprende con livore senza fare domande. Sornione (ma sempre presente) sotto i 2.000 giri, oltre tale soglia la spinta aumenta inesorabilmente, senza particolari picchi o incertezze, fino a poco prima dei 5.000 giri. Oltre è meglio non spingersi, le vibrazioni si fanno insistenti e la sua energia si affievolisce. Come tutte le maxi cruiser richiede tempo per raccordare le traiettorie, non divora i tornanti come una sportiva. L’avantreno è leggero tra le mani ma si percepisce la massa del motore, come se sotto al manubrio fosse appesa un’incudine. Ecco cosa fare: impostate la traiettoria con un po’ di anticipo, tenete il piede pronto sul freno posteriore, aspettate qualche attimo e godete della sua stabilità e potenza in uscita di curva. Guidata così, ciondolando da una curva all’altra senza forzare, ha un gusto tutto suo. VOTO 8,5
    Il prezzo

    Considerato ciò che offre, la R 18 non costa nemmeno poi tanto: si parte da 22.990 euro. La lista degli optional è praticamente infinita e permette di cucirsi addosso la moto in maniera quasi sartoriale. Ma, ovviamente, il prezzo sale…VOTO 7,5
    Le nostre conclusioni

    Con questa moto BMW non ha sbagliato una virgola. Chi è attratto da questo genere vuole emozioni, qualità costruttiva, storia, ed è disposto anche a spendere cifre importanti. E alla R 18 non manca nulla. Basterà per conquistare i cuori a stelle e strisce? A dirlo sarà il mercato. È vero, potrebbe proteggere meglio in autostrada e il cruise control potrebbe essere montato già di serie. Ma chissà che a Monaco non abbiano in mente qualcosa…VOTO FINALE 8 LEGGI TUTTO

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    Mercedes-AMG GT Black Series, Stella a tre Punte da brividi: ecco come va

    Un giorno di libertà (vigilata). Libertà dal vincolo della sostenibilità, dall’elettrico, dall’ambiente e dall’inquinamento. Perchè, una volta tanto, vale la pena tornare al passato, cioè scendere in pista, infilarsi il casco e pestare sto’ benedetto pedale del gas, leggi acceleratore, e inquinare il giusto, quello che si è sempre fatto – e in misura infinitesimale rispetto agli altri agenti inquinanti – mentre ci si diverte a correre su un tracciato come quello del Lausitzring.
    Mostro da corsa
    Dove il divertimento, tanto per cominciare, sta nella presa di confidenza con lo “Squalo con le ali” che ci accoglie all’ingresso. Quella immensa bocca, cioè griglia della Mercedes AMG GT-Black Series, la… cattiveria fatta macchina, sesta figlia legittima di una famiglia, quella Black Series, che Mercedes Amg ha iniziato a costruire dal 2006 (SLK 55, SLS, CLK 63, SL 65e C63, le altre sorelle). Un Dna senza alternative: bisogna far paura, fuori e dentro le piste. E con quella “faccia” là, il risultato è garantito. Anima sportiva, in corpo sportivo perchè è quella l’ispirazione e quella la destinazione, a meno che non vogliate presentarvi al bar con questa belva acquattata che sembra un’astronave in decollo anche quando è ferma.

    Ricca di piccoli, grandi dettagli aerodinamici, dal generoso splitter inferiore alle enormi prese d’aria sui parafango davanti, come le altre prese d’aria dietre ruote anteriori e  minigonne, fino all’”esagerato” alettone posteriore regolabile e dotato di un’ala mobile superiore in grado di inclinarsi di 20 gradi. Un pacchetto aerodinamico completatio da fondo piatto, sottoscocca rivestito ed estrattore inchiodano la vettura all’asfalto anche a 250 km/h con 400 kg di carico aerodinamico. E senza dimenticare quei due artigli sistemati alle estremità dei paraurti che uniti ad altrettanti convogliatori d’aria contribuiscono invece all’equilibrio generale, diminuendo la resistenza all’avanzamento.
    Il V8 più potente di sempre
    E poi c’è lui, sua maestà il motore, tanto possente e violento che solo quel “paracadute” aerodinamico appena descritto poteva aiutare a gestirlo insieme all’elettronica. Il cuore giusto al posto giusto: un 8 cilindri biturbo da 4 litri, capace di scatenare qualcosa come 730 cv (intorno ai 6.800 giri) e ben 800 Nm di coppia massima. Il più potente di tutti i tempi per AMG (145 cv in più rispetto al record in gamma della Casa di Affeltarbach).
    Sembra una GT3
    E qui comincia il divertimento totale, la libertà, almeno per un giorno. Perchè il surplus di potenza arriva da tanti accorgimenti, uno su tutti: l’albero motore piatto che genera un comportamento da 4 cilindri: il sound diventa roco, ruvido e la rispostà è praticamente immediata. In 3”2 si toccano i 100 km/h, con altri 6” scarsi i 200 km/h, per una punta massima di 325 km/h.
    Tutto “legato” dal cambio 7G doppia frizione speedshift dct AMG, che si fatica ad avvertire per quanto sono veloci i cambi di marcia. Sulle curve del Lausitzring, questa AMG GT Black Series è stata un po’ volutamente imbrigliata ma la sensazione di potenza infinita, eppure controllata, non ci ha lasciati nemmeno per un attimo. Sorprendendoci per la stabilità anche ad alta velocità in curva, dove la mole di questa “belva” da corsa, resta compatto e agile senza esitazione. Grazie anche all’impianto frenante carboceramico, agli ammortizzatori a ghiera con regolazione adattiva che adatta appunto le sospensioni di ogni ruota a situazioni di marcia, velocità e condizioni della strada/pista, agli pneumatici Michelin Sport Cup 2I.
    Listino esclusivo
    Il listino si avvicina ai 360.000 euro, non esattamente per neopatentati: ma chi insegue oggetti del genere sa a quello cui va incontro. Perchè dentro di roba, oltre quella già descritta, ce n’è davvero tanta. Alluminio e carbonio a profusione, Alcantara sulla plancia, sedili a guscio da corsa, il controllo di trazione su dieci livelli e il doppio schermo digitale: strumenti da 12”3; centrale da 10”25  e altri più piccoli sul tunnel per regolare dinamica di guida, sospensioni e sound del motore. Del resto, la libertà, come si dice, non ha prezzo. LEGGI TUTTO

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    McLaren 765LT, un gioiello di potenza

    Capita sempre di guardare le sigle delle McLaren e rendersi conto di quanto siano cervellotiche. Per una volta, invece, la Casa inglese ha voluto stare sul semplice: la McLaren 765LT non ha bisogno di spiegazioni, perché la sua sigla è sinonimo della sua potenza (erogata dal V8 4 litri di ultima generazione), ben 765 cavalli. Si tratta della più potente McLaren di serie omologata per le strade mai costruita. 
    La 765LT appartiene alla famiglia “long tail”, che sta per “coda lunga” (da qui l’acronimo LT nel nome), un marchio introdotto cinque anni fa da McLaren per identificare la versione più estrema e più vicino all’uso da pista dei modelli. Di fatto la 765LT è l’estremizzazione della precedente coupé 720S. È un’auto stradale, ma pensata soprattutto per divertirsi ogni tanto in pista. Ciò non significa che su strada non sia facilmente utilizzabile; è soltanto un po’ dura per via dei sedili in carbonio poco imbottiti e delle sospensioni rigide pensate per ridurre al massimo torsioni e rollìo in curva.

    Sfida alla Ferrari 488 Pista
    Simbolicamente si potrebbe definire la 765LT come la risposta McLaren alla Ferrari 488 Pista, che a sua volta è la versione estrema della 488 GTB. Stesso terreno di scontro, stesse strategie. Siccome McLaren ha una sfida competitiva aperta con la Ferrari – dai circuiti di F1 alle supercar stradali – prende sempre a riferimento come benchmark le auto del cavallino cercando di fare le proprie coupé sempre un poco più potenti e un pizzico più leggere delle Ferrari. Perciò se la Ferrari 488 Pista è nata con 720 cv, la nuova McLaren doveva averne per forza di più. Ecco perché i progettisti di Woking sono riusciti a  raggiungere il limite dei 765 cv.
    Più leggera e potente della 720S
    La 765LT è un’evoluzione estrema della 720S di tre anni fa, rispetto alla quale è più leggera (di 80 kg), più potente (di 45 cavalli) ma possiede anche un’aerodinamica migliore ed è dotata di maggiore deportanza. È interamente in carbonio: telaio e carrozzeria esterna. A questo si deve il peso record di appena 1229 kg a secco, ottenuto limando via grammi qua e là su ogni componente possibile: 18 kg risparmiati sui sedili, 22 kg sulle ruote, 10 kg eliminando l’impianto di aria condizionata (ma se la volete è un’opzione gratuita) e così via. La maggior potenza rispetto alla 720S invece non viene dalla cilindrata, che è uguale (V8 4 litri) ma da nuovi componenti come pistoni forgiati e diverse guarnizioni testata, e dalla nuova elettronica.
    Il look

    Il frontale della 765LT è abbastanza anonimo perché si confonde con le altre supercar McLaren, ma da dietro la riconoscerete facilmente per via dei quattro aggressivi terminali di scarico che fuoriescono sotto l’alettone. Un elemento di grinta inconfondibile ed esclusivo della 765LT. Tipico delle altre McLaren invece le porte che si aprono in avanti sollevandosi verso l’alto, a “farfalla”. Oltre che un vanto estetico, permettono di salire meglio a bordo.
    Abbiamo avuto la fortuna di provare la McLaren nella sua pista di casa, a Silverstone, nel tipico clima british fatto di pioggerellina fastidiosa e forte vento. Condizioni ideali per aumentare le difficoltà e per provare un bel po’ d’ansia all’idea di scaricare quasi 800 cavalli sull’asfalto bagnato con dei Pirelli PZero Trofeo di misura mastodontica sotto le ruote (305×30-20” posteriori) dalla grande tenuta ma più simili e degli slick che a gomme rain.
    Sound più cattivo

    Eppure la 765LT ha finito per stupirci per la confidenza che è riuscita a trasmetterci sull’asfalto viscido del tracciato inglese. La macchina va fortissimo. La potenza di 765 cavalli e il valore ancora più spaventoso della coppia motrice (800 Nm!) ti inchiodano al sedile quando acceleri a fondo. Tra l’altro anche il sound è cambiato: il rumore che si diffonde nell’abitacolo è molto più fragoroso e “cattivo”, non soltanto per merito dei quattro terminali di scarico ma anche del materiale con cui è realizzato l’impianto. Interamente in titanio, e non per fare più rumore ma per risparmiare quasi 4 kg di peso rispetto agli scarichi della 720.
    Accelerando da fermo, la 765LT schizza via come un missile. I numeri dichiarati fanno paura: 0-100 in 2,8 secondi (pensate che una F1 al via di un Gran Premio accelera da 0 a 100 in 2,3 secondi, mica tanto di meno…), i 200 all’ora li raggiunge in 7 secondi netti e tocca una velocità massima di 330 km/h. A Silverstone i 300 non li abbiamo visti sia perché la pista era bagnata, sia perché non esistono rettifili così lunghi per scatenare la massima velocità di un’auto stradale. Ma sul relativamente breve rettifilo dell’Hangar, quello che dalle curve Becketts va a Stowe e precede i box F1, si riusciva a inserire la settima marcia sopra i 260 km/h prima di attaccarsi ai freni e scalare in 4°marcia per affrontare la curva di Stowe. Davvero un bell’andare sul bagnato…
    Potenza spaventosa
    Nonostante le condizioni critiche e la potenza spaventosa, il bello della 765LT è che andando forte l’auto non mette apprensione ma dà fiducia. Infonde confidenza invece che paura. Perché non è nervosa né possiede reazioni insospettabili ma al contrario, reagisce a ogni comando del pilota in modo immediato e prevedibile. Certo, se schiacciate il gas un po’ troppo allegramente in uscita di curva nelle marce basse, la sentirete accennare a una derapata che però il controllo di trazione in posizione “track”, quello più estremo, riesce subito a domare senza penalizzare la trazione. Il cambio 7 marce doppia frizione a palette dietro il volante è praticamente istantaneo e la frenata dell’impianto carboceramico con dischi anteriori da ben 390 mm di diametro è eccellente. Sempre potente ma ben modulabile col pedale. Merito delle nuove pinze monofusione finora esclusiva della supercar McLaren Senna da pista e introdotte su questa 765. Sulle pinze c’è il marchio McLaren ma sono le italianissime Brembo: una garanzia.
    ERGONOMIA DA MIGLIORARE

    L’appunto maggior che possiamo fare a quest’auto è che le regolazioni della mappatura elettronica sono poco a portata di mano. Ferrari e Porsche hanno ormai spostato sul volante i manettini rotanti per scegliere la mappatura più adatta,  dove sono perfettamente a portata di dita. McLaren invece continua a tenere i pulsanti della mappatura sul tunnel centrale dove si deve distogliere lo sguardo dalla strada un attimo per selezionarli. E quando vai a 200 km/h in pista, in quei 3 o 4 decimi che impieghi a cercare il tasto e azionarlo, percorri più di 20 metri. Alla cieca.
    Insistiamo così tanto sul comportamento in circuito perché un’auto stradale di solito va rapidamente in affanno sia con le gomme che con i freni su una pista veloce da F1. Mentre la McLaren 765LT, in due lunghi stint di mezz’ora l’uno, non ha mostrato il minimo cedimento. Né di gomma, né di tenuta di strada. Se supera il banco-prova di un circuito così veloce, non andrà mai in crisi su qualsiasi strada. Per quanto impegnativa posa essere.
    Il carbonio della scocca è italiano
    La notizia che ci riempie un po’ d’orgoglio poi (che gli inglesi sono restii a far sapere) è che c’è tanto di italiano in questa McLaren. Il carbonio della scocca viene dall’Italia, alcuni componenti esterni, come lo splitter, sono fatti a Modena, i freni sono Brembo, i sedili in carbonio vengono dalla Sabelt. Persino due figure chiave dello sviluppo, come l’ingegnere responsabile della dinamica veicolo e il capo progetto del modello 765LT sono italiani. La 765LT è un giocattolo per pochi privilegiati: ne verranno costruite soltanto 765 nei prossimi due anni e la produzione 2020 (oltre 300 auto) è già tutta venduta. Perciò calciatori, finanzieri e quel ristretto gruppo di privilegiati che possono permettersi di spendere i 343.500 euro (iva compresa) del prezzo di listino per averla in garage si devono affrettare. Prima che vada sold out. LEGGI TUTTO

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    Nuova MINI Countryman restyling: primo contatto su strada

    Era tempo anche per Mini Countryman di rinnovare contenuti e contenitore. Quando il mercato chiama, la piccola grande britannica risponde. Anche perché la concorrenza non molla un metro e quindi diventa inevitabile aggiornare l’offerta. Per quanto il tocco dei designer sia tangibile, al primo sguardo non sempre i dettagli balzano all’occhio. Ciò che non muta sono le dimensioni: la Mini Countryman è sempre lunga 4297 mm e larga 1822. Una grande compatta che, rielaborando alcuni dettagli, prova a far decollare una carriera che non l’ha mai vista ai vertici della categoria. Una delle differenze più significative rispetto al passato è la conformazione dei fari posteriori, il cui “taglio” verticale da maggiore slancio alla coda, rendendo l’insieme più muscolare. Oltre al fatto che sono stati adeguati allo stile delle altre Mini, con la grafica che rimanda alla classica Union Jack britannica.

    Mini, guarda qui la gamma completa
    Come è cambiata fuori
    Gli interventi ai gruppi ottici hanno ovviamente riguardato pure la fanaleria anteriore, ora decisamente più hi-tech che in precedenza: sono disponibili come optional i proiettori a Led con funzione Matrix per gli abbaglianti. Aggiornamenti necessari per rimanere in linea con le principali competitor di segmento.

    Nuovi poi la struttura del paraurti, mentre le presa d’aria si adegua alle specifiche dell’allestimento: sulla One, la Cooper, la One D e la Cooper D, è suddivisa da tre montanti orizzontali; mentre sulla Cooper S e Cooper SD è caratterizzata da un motivo esagonale con una S rossa. Ovviamente ciò che non muta al passaggio al modello restyling è l’infinito numero di personalizzazioni disponibili, tipiche della gamma Mini. Di serie presenziano cerchi in lega da 16  (o 17) pollici, ma si può salire sino a quota 19.

    Come è cambiata dentro
    Più significativi gli interventi riservati agli interni. Non tanto per la scelta di colori o di materiali, quanto per la possibilità di dotare la Countryman del display da 5 pollici a colori in virtù del tachimetro standard. Elemento che ha debuttato sulla versione elettrica della piccola britannica, la Cooper SE. Ma nonostante possa contribuire a rendere l’insieme ancora più tecnologico e scenografico, si lamenta nuovamente la mancanza del protocollo Android Auto, che potrebbe arrivare in un secondo momento. Apple CarPlay presenzia invece come di consueto (ma al costo di 500 euro).  E le varianti Cooper S, SD ed SE hanno come allestimento standard le superfici interne piano black per l’abitacolo e le portiere.

    Motori e dotazioni
    Il grosso del lavoro di affinamento è stato riservato alle motorizzazioni, dato che ciascuna risponde alla normativa Euro 6d. L’impianto e la suddivisione di alimentazioni e cambi è rimasta pressoché invariata, ma in questa fase di lancio non tutti i propulsori “tipici” di Countryman saranno immediatamente disponibili. Al momento l’ingresso in famiglia è garantito dalla versione One D a gasolio da 116 cavalli. Lo step successivo è formato dalla Cooper a benzina da 136 cavalli e dalla Cooper D da 150. Poi si entra nella sfera delle motorizzazioni sportive: da una parte la Cooper S – disponibile come la Cooper e la Cooper D anche nel formato ALL4 a trazione integrale – da 178 cv, e dall’altro la Cooper SD da 190. I benzina sono equipaggiati di filtro antiparticolato e i Diesel di catalizzatore SCR con iniezione di liquido AdBlue. Non poteva naturalmente mancare la variante ibrida Plug-in, la Cooper SE ALL4. Vettura che già lo scorso anno aveva subito quelle modifiche di cui oggi è dotata. Infatti la potenza complessiva era scesa da 224 a 220 cv. Questo perché era stato limato qualche cavallo al tre cilindri turbo benzina e resa leggermente più potente la compatta unità elettrica. Oltre al fatto che la capacità della batteria era stata migliorata (passando da 7,6 kWh a 10 kWh), tanto che il dato dichiarato relativo all’autonomia in elettrico è fisso a quota 61 km.
    La prova su strada
    Versione protagonista del nostro test, equipaggiata di serie (e come di consueto) con un cambio steptronic a sei rapporti. Sebbene la potenza disponibile sia rilevante, non si ha mai sensazione di una spinta brusca e importante, probabilmente ovattata dal fatto che l’auto pesi oltre 1700 kg. Come già segnalato con l’arrivo della nuova edizione di Countryman, nuovamente confermato dal restyling, la “malizia” sportiva ha lasciato il posto ad una vettura tagliata su misura per il grande pubblico. Su strada non si segnalano particolari anomalie, la dinamica di guida è votata al comfort e la vettura risulta sufficientemente precisa nel passaggio da una curva e l’altra. Quello che le manca è il mordente, un po’ aggressivo, tipico dell’edizione passata. Questioni di gusti ovviamente, che non mutano il giudizio positivo di questa Mini ibrida alla spina. Vettura che non può essere ricaricata da colonnine veloci, ma che da una normale presa domestica necessità di circa 3 ore e un quarto per una carica completa. Tempo che scende intorno alle 2 ore e 30 se invece si utilizza una Wall-Box da 3,6 kW.

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    Una pecca
    Il vero limite rappresentato più in generale da questa Countryman “ristilizzata” è l’assenza di una suite di adas che riconducano quanto meno ad una guida assistita di livello 2. Giusto il cruise control adattivo è parte del corredo (a pagamento) del Suv britannico. La gamma attualmente a listino parte dai 29.500 euro della Cooper sino ai 44.600 euro della SE ALL4 plug-in Hybrid. LEGGI TUTTO

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    Opel Zafira-e Life, la monovolume full electric: il test

    Si fanno sempre più fitte, di giorno in giorno, le schiere della tecnologia “full electric” che ormai non è più considerata un “fenomeno di nicchia”. La sua crescita è merito di una maggiore fruibilità, tanto da riuscire a imporsi come valida alternativa anche nel segmento delle monovolume. La nuova Zafira-e Life, variante completamente elettrica dell’ammiraglia Zafira Life, offre fino a nove posti a bordo, ed è disponibile in tre differenti lunghezze: Small (4,60 metri), Medium (4,95 metri) e Large (5,30 metri).
    Per una Zafira-e Life M Business 50kWh, il prezzo di listino in Italia è di 49.910 euro, che diventano 31.678 grazie all’ecobonus statale e agli incentivi Opel (validi in caso di rottamazione di un veicolo inquinante). L’abbiamo testata, per un primo assaggio, dallo stabilimento Opel di Rüsselsheim, in Germania, lungo le strade nei dintorni di Wiesbaden e Francoforte. 

    Qual è il suo pubblico?
    Il target di riferimento di questa tedesca non è difficile da identificare. La “lounge su ruote” targata Opel dovrebbe essere intercettata facilmente dai radar di quella fascia di utenza, privata e non (in particolare alberghi e società che offrono servizi turistici e di navetta), in cerca di spazio e comodità, ma anche di soluzioni “green” ed eco-compatibili. Ai noti vantaggi fiscali e di circolazione nelle ZTL, la Zafira-e Life aggiunge la possibilità di entrare nei garage sotterranei (l’altezza, per la maggior parte delle versioni, non supera la fatidica soglia del metro e novanta), oltre a quella di montare un gancio di traino con una portata massima di 1.000 kg.
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    Motore elettrico
    La power unit che alimenta la monovolume (unica scelta disponibile) sviluppa una potenza massima di 100 kW (136 CV) e 260 Nm di coppia. La velocità di punta, controllata elettronicamente, è di 130 km/h. Diverse, invece, sono le scelte per quanto riguarda il pacco batterie agli ioni di litio: sotto al vano di carico possono trovare spazio 18 moduli da 50 kWh, oppure 27 moduli da 75 kWh, in base alle esigenze. La prima soluzione, secondo Opel, garantisce una percorrenza di 230 km (nel ciclo misto WLTP), la seconda di 330. Punto nodale per chi sceglie un’auto elettrica, però, oltre all’autonomia sono anche i tempi di ricarica: utilizzando una stazione da 100 kW di potenza in corrente continua (CC), sono necessari circa 30 minuti affinché la batteria da 50 kWh raggiunga l’80% dello stato di carica (45 minuti, per la batteria da 75 kWh). Non manca, a bordo, un sistema di frenata rigenerativa, che aumenta l’efficienza della durata della ricarica anche durante la guida, recuperando l’energia prodotta in frenata o in fase di decelerazione. A seconda del mercato e dell’infrastruttura, Opel Zafira-e Life è dotata di caricabatterie di bordo da 11 kW trifase (in optional) o monofase da 7,4 kW di serie. Sulla batteria viene offerta una garanzia di otto anni o 160.000 km.
    Sicurezza al primo posto
    Tra le dotazioni di bordo, spiccano l’head-up display a colori (con indicazioni sulla velocità, sulla distanza dal veicolo precedente e sulla navigazione), e sistemi di assistenza alla guida come l’avviso di collisione frontale e la telecamera posteriore. L’immagine generata da quest’ultima appare sullo specchio interno o sullo schermo touch da 7 pollici, quest’ultimo con una visibilità a 180 gradi dall’alto. Inoltre, assistente di corsia e avviso di stanchezza allertano i conducenti se hanno trascorso troppo tempo al volante e hanno bisogno di una pausa. Grazie a “OpelConnect”, il sistema di navigazione di bordo, include informazioni sul traffico in tempo reale per la situazione aggiornata delle strade.

    Come si guida la nuova Zafira-e Life
    A bordo la sensazione di comfort è quella che ci si aspetta da un’auto che fa dell’abitabilità la sua cifra stilistica: ergonomia di guida e comodità della seduta (di buona qualità la pelle utilizzata per i sedili), garantiscono lunghe percorrenze senza patemi. Razionale e ben leggibile la strumentazione, dal piacevole accento tech, che permette di monitorare tutti i parametri più importanti, compreso livello di carica delle batterie, autonomia e modalità di guida utilizzata. Quest’ultime sono 3, Normal, Eco e Power, e si selezionano attraverso un comodo comando, ben posizionato e facile da raggiungere, proprio a destra della levetta del cambio automatico (con le classiche opzioni drive, retromarcia e parcheggio). Normal regala già una progressione più che adeguata, e adatta alla maggior parte delle condizioni di utilizzo; con Power aumenta la vivacità del motore (opzione che potrebbe rivelarsi particolarmente apprezzabile soprattutto “a pieno carico”), mentre Eco, come facilmente intuibile, privilegia una conduzione a basso consumo di energia, rispetto alle prestazioni.Da un punto di vista dinamico, il collocamento delle batterie sotto al vano di carico abbassa il baricentro e rende l’auto piuttosto stabile. La posizione di guida rialzata garantisce un’elevata facilità di controllo e agevola non poco le azioni di manovra, rendendo ancor più gestibili gli ingombri del mezzo; ben assecondata da un raggio di sterzata più che adeguato. Buona l’agilità in ogni frangente. L’auto affronta bene le curve con un limitato rollio laterale e una rigorosa direzionalità, e per chi non ama la sensazione di eccessiva “scorrevolezza” (che in genere caratterizza i propulsori elettrici), selezionando il massimo recupero di energia prodotta in frenata o in fase di decelerazione, si ottiene un discreto effetto “freno motore” che aumenta il feeling di guida e la sensazione di controllo.
    Tutta la gamma Opel: il listino completo LEGGI TUTTO