Tokyo2020: Lo Bianco, “Sydney2000 la più bella, Rio non ho capito le scelte. Egonu? Il meglio deve ancora venire…”
Malinov – Lo Bianco
di Sofia Greggio
MODENA – 548 maglie azzurre, registra nella magica edizione del Mondiale femminile 2002 di Germania che portò all’Italia della pallavolo femminile il titolo di campione del mondo, due titoli continentali, due Coppe del Mondo e una Grand Champions Cup, argenti e bronzi a non finire, così come cinque partecipazioni olimpiche. Eleonora Lo Bianco torna a parlare di pallavolo alla vigilia dei. Quarti di finale delle azzurre contro la Serbia.
Cosa ricordi con più chiarezza della tua esperienza olimpica? “Sicuramente la più bella è stata l’Olimpiade di Sydney 2000: ero giovanissima e per me è stato quasi surreale. Ricordo la cerimonia d’apertura, la quotidianità nel villaggio, l’emozione di scendere in campo, quel campo… è incredibile, anche a distanza di anni quando ci ripenso. Non che Atene, Pechino, Londra e Rio siano state da meno. Anzi, per me questa è la prima volta da spettatrice ed è strano non essere là. Sono sempre stata molto affezionata alla maglia azzurra, non l’ho mai rifiutata. Neanche ora la rifiuterei” (ride).
Oro ai mondiali del 2002 ma mai una medaglia olimpica: come la vivi oggi? “Fa ancora male. Ha fatto male soprattutto a Pechino, quando meritavamo una medaglia per il gruppo che avevamo costruito e il lavoro che avevamo fatto, ma in generale è doloroso, tutte le volte che ci ripenso. È andata così. Per un’atleta la medaglia olimpica è un sogno che io purtroppo non ho esaudito. Però, chissà, magari mia figlia diventerà una grandissima sportiva e ci penserà lei”.
Eleonora Lo Bianco ai Giochi di Rio
Qual è il tuo ricordo più bello in Nazionale? “È difficile scegliere perché sono tantissimi. Forse l’oro ai mondiali, ma anche gli europei. Tanti i ricordi positivi e tanti quelli negativi, ma sono comunque tutti intensi e, al di là di qualche rimpianto, me li tengo stretti. Tokyo non è la mia Olimpiade e non è più tempo per il mio gioco, ma fa un certo effetto vedere l’Italvolley dalla televisione”.
Ultima partita alle Olimpiadi, la più importante ma praticamente mai giocata in favore di una Orro esordiente: c’è ancora dell’amarezza? “Più che amarezza c’è confusione. Non capisco ancora oggi le scelte fatte da Marco (Bonitta, allora CT azzurro ndr). C’erano tante giovani alle prime armi e delle giocatrici d’esperienza, ma non eravamo un gruppo coeso. C’era troppa confusione, non siamo mai riuscite a esprimere al meglio il nostro gioco perché non ne avevamo creato uno capace di imporsi su avversarie di quel calibro. È un peccato, ma è andata così”.
Cosa ne pensi di questa Nazionale? Possono giocarsi una medaglia, secondo te? “Assolutamente sì. Penso che sia una squadra forte e con tutte le possibilità del caso. Il fatto di dover incrociare la Serbia ai quarti di finale è irrilevante: per prendersi la medaglia che vogliono devono batterle tutte, e prima o poi sarebbe successo. Questa Italia può battere la Serbia, anche se ovviamente la Serbia è fortissima. Ma bisogna andare in campo e giocare bene, indipendentemente da chi si ha di fronte”.
Il palleggio di Leo Lo Bianco…
Vivi con affetto o “invidia” sportiva i risultati della Nazionale? “Assolutamente nessuna invidia, anzi. Le guardo e le sostengo. Ogni volta che c’è una partita decido di non guardarla perché ho troppa ansia, ma alla fine non ci riesco e accendo la televisione. Ho scritto a Miriam quando è diventata capitano per farle i complimenti e un grande in bocca al lupo. A lei e a tutte”.
Lia Malinov e Alessia Orro: cosa ne pensi delle palleggiatrici della Nazionale? “Penso che siano lì perché sono le più forti che abbiamo in Italia. Lia viene da un percorso difficile, ma è una ragazza forte e penso che abbia tutte le qualità per dimostrare sul campo quanto vale. E Alessia anche, è forte e lo dimostra in campo. Questo è un gruppo di ragazze giovani, sì, ma con un percorso alle spalle, un’identità”.
Quali sono le avversarie più temibili? “Direi USA, Brasile e Serbia. Anche se, arrivati a questo punto, non bisogna pensarci troppo. Bisogna scendere in campo e dare il massimo, non importa chi c’è di fronte”.
Paola Egonu non ancora al top. Pensi che questo sia dovuto alla pressione da parte dei media? “Sì e no. Paola è abituata alla pressione e alla visibilità dei media. Lei è un personaggio, oltre che una giocatrice: non a caso è stata scelta come portabandiera olimpica. Credo che quello che abbiamo visto fino ad ora non sia quello che vedremo da questa fase in poi. Paola è una giocatrice fortissima, penso la più forte nel suo ruolo in questo momento, che si esprime al meglio quando le partite scottano. Ho piena fiducia in lei e in tutte le altre”.
Con Barbolini vincenti alla Grand Champions Cup
Cosa ne pensi della Cina che non è riuscita ad accedere ai quarti? Quanto ha contribuito l’assenza di Zhu Ting in questo risultato? “Molto. Quando a una squadra viene a mancare il suo giocatore di punta, tutti ne risentono. Ma lo sport è così: sono state eliminate perché in questo momento non sono state in grado di esprimere al meglio le loro potenzialità, mentre le altre squadre sì. Alla fine dei conti, è in campo che si vede chi è più forte. Il resto sono chiacchiere”.
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