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    Medvedev, il tattico: “Ho bisogno di un tennis difensivo, ma non solo, l’importante è saper cambiare” (di Marco Mazzoni)

    Daniil Medvedev, vincitore del Masters 2020

    Daniil Medvedev è uno dei tennisti più attesi del 2021. Il russo ha chiuso il travagliato 2020 col “botto”, vittoria a Bercy e soprattutto alle ATP Finals, dove ha sbaragliato la concorrenza vincendo tutti gli incontri e sconfiggendo nel torneo Djokovic, Nadal e Thiem, i primi tre al mondo. Una dimostrazione di forza che gli è servita moltissimo a ritrovare fiducia dopo una stagione non così buona. Infatti fino agli ultimi due tornei dell’anno (Bercy e Masters) Daniil non era riuscito nemmeno a raggiungere una finale. Agli Australian Open era stato battuto negli ottavi da Wawrinka, quindi pochissima strada negli indoor europei. Nell’estate americana, quella della ripartenza, la semifinale a New York, sconfitto in tre set da Thiem, senza mai dare l’impressione di poter ribaltare l’incontro. Poi due uscite immediate sulla terra in Europa (incluso Roland Garros) e quindi secondo turno a San Pietroburgo, nella sua Russia e in condizioni indoor, dove il suo tennis si esalta.
    Spesso nervoso, poco efficace con la prima, Daniil non dava l’impressione di riuscire ad alzare il livello nei momenti di difficoltà, proprio dove invece aveva impressionato nel 2019. Lo conferma lo stesso giocatore in una intervista rilasciata al sito dell’ATP, in cui ha parlato della svolta a fine 2020. Ne riportiamo alcuni passaggi tra i più interessanti, insieme ad alcune considerazioni.
    “Sicuramente ho avuto dei problemi, specialmente quando non stavo giocando bene”, ha confessato Medvedev. “A volte finisco per perdere la pazienza. Non avevo raggiunto una finale nell’anno… e questo sotto tensione ti viene in mente e non aiuta”.
    “Il tennis non è uno sport facile. È difficile spiegare alcune cose che accadono … Quando sei a terra, devi trovare il modo migliore per alzarti velocemente. C’erano aspettative, io volevo solo dimostrare che sono capace di giocare un buon tennis e battere i ragazzi più bravi”.
    Ricorda con grande soddisfazione la vittoria contro Nadal alle Finals. Un match che aveva praticamente perso, con Rafa a servire per il match nel secondo set. “Quando Rafa stava servendo per la partita, una parte della mia mente stava già pensando …Va bene, tra pochi minuti uscirò da questo campo. È un vero peccato, ero in ottima forma. Mi sentivo come se non stessi giocando peggio di lui. Ho subito un break  nel secondo set, quindi sapevo che quel game era la mia ultima possibilità, ho dovuto dare tutto. Sapevo che avrebbe sentito la pressione come qualsiasi altro giocatore che sta servendo per la partita, e ne ho approfittato riuscendo a trovare delle ottime risposte. Mi sono ritrovato 5 pari, ed ora sì che la pressione era tutta su di lui, perché aveva sprecato la possibilità di chiudere la partita. Da lì in poi ho giocato sempre meglio. Questo è solo un piccolo esempio di cose che ti vengono in mente, che ti fanno concentrare sull’obiettivo e possono girare una partita praticamente persa”.

    Il non festeggiare platealmente dopo una vittoria, anche se importante, è stata una scelta ben precisa: “L’anno scorso ho deciso che sarebbe stato il mio marchio di fabbrica. A molte persone piace, ad altre no, ma è così che preferisco. Quando vinci grandi tornei o anche una bella partita contro grandi avversari e non festeggi, hai effettivamente l’opportunità di guardarti intorno e sentire tutta l’energia che sta circolando. Come artista, come giocatore di tennis, puoi sentire tutto se ci pensi, ed è bellissimo gustarsi tutto questo“.
    L’ultimo focus è relativo al suo tennis. Daniil è un tennista “tattico” nel mero senso del termine: la sua tecnica di gioco – assai personale – è del tutto funzionale al suo piano tattico. Non ci sono molti altri tennisti (anzi, non se ne vedeva da anni!) capaci di “sgonfiare” la palla con ritmi così bassi, comandare lo scambio verso angoli, rotazioni e velocità a lui congeniali e quindi strappare all’improvviso con un’accelerazione fulminante, di diritto o di rovescio, totalmente improvvisa e difficile da leggere. Abbinando quest’abilità difensiva e di contrattacco al suo servizio poderoso e alla qualità notevole anche in risposta, ecco un tennista a dir poco ostico da battere. Per tutti. Uno che non riesci sfondare, che ti fa perdere ritmo (tattica ideale contro la maggior parte degli avversari), che ti fa impazzire perché non capisci che diavolo sta per fare. Un giocatore a suo modo affascinante, perché diverso e capace di regalare grande spettacolo. Eppure alcuni gli rimproverano di essere un difensore… Interessante la sua risposta: “Il mio gioco? Se devo stare sulla difensiva, rimarrò sulla difensiva. Ma di solito contro i primi 10 giocatori restare solo in difesa non funzionerà, quindi devo cambiare tattica. Ovviamente quando mi sento bene, mi piace colpire la palla forte, soprattutto con il diritto. Ma nemmeno tirare solo forte funziona. Alle Finals ho ottenuto più punti vincenti di ogni avversario in tutte le partite che ho giocato, e che ho vinto, il che è fantastico. È la dimostrazione che il mio gioco funziona. Sono felice che le piccole cose su cui abbiamo lavorato con il mio allenatore abbiano funzionato in un contesto così importante”.
    Medvedev è indubbiamente un tennista che divide. Puoi amarne il gioco tattico, vario e bizzarro, oppure odiarne quel gesto scomposto che fa inorridire i “puristi”, come il suo sguardo spesso sprezzante. Di sicuro Daniil non lascia indifferenti. Ogni suo match contro un top player è un bel contrasto di stile perché nessuno gioca come lui. Ricordo il mio primo contatto dal vivo: Milano, NextGen Finals 2017. Mentre tutti erano (giustamente) ammaliati dalla spettacolare irruenza tecnica di Shapovalov, dalla consistenza di Chung e dalla furia di Rublev in accelerazione, personalmente rimasi stupefatto dal potenziale di Medvedev, passato quasi inosservato ai più. Daniil ancora non sapeva stare in campo, caotico in tutti i sensi, ma riusciva a passare con totale nonchalance da palle “spaccate” per violenza pura a scambi lenti, lavorati, “rognosissimi” grazie ad un tocco sopraffino. La palla gli usciva dalle corde in modo spettacolare, non ne leggevi la direzione. Se mette ordine nel suo gioco e nella sua testa, sarà il più forte di tutti questi giovani, pensai. Il campo sta dimostrando proprio questo: Daniil è riuscito a dare un senso al proprio talento costruendosi un gioco unico e vincente.
    Vedremo se agli Australian Open sarà da corsa per il titolo. Nelle sue quattro partecipazioni non ha mai superato gli ottavi.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Nei Masters 1000 sul duro Hawk-Eye Live sostituirà i giudici di linea. E su terra?

    Il sistema Hawk Eye

    L’indiscrezione arriva da Simon Cambers, collega inglese collaboratore per molte testate internazionali. Secondo Cambers, l’ATP ha deciso di introdurre il sistema Hawk-Eye Live in tutti i Masters 1000 sui campi veloci al posto dei giudici di linea, per venire incontro ai protocolli anti-covid e ridurre il numero di persone presenti ai tornei.
    Il sistema è stato già ampiamente testato lo scorso anno: Hawk-Eye Live è stato utilizzato al posto dei giudici di linea per la prima volta sul tour ATP al Western and Southern Open (tenutosi a Flushing Meadows), quindi anche nello Slam della “grande mela” su 15 dei 17 campi in uso, con i giudici di linea presenti solo su Arthur Ashe e Louis Armstrong.
    Il passaggio, a suo modo storico, è dibattuto da molto tempo. C’è chi ancora non si fida molto del sistema, che è assai accurato ma non sicuro al 100%. Resta una “simulazione” elettronica, non c’è una evidenza empirica – come invece il rivale FoxTenn che funziona su telecamere ad altissima velocità che inquadrano senza ombra di dubbio il punto reale di impatto della palla sul terreno di gioco. Rari ma si sono verificati degli errori, con proteste veementi da parte dei giocatori defraudati.
    I tennisti sembrano accettare il cambiamento. Kevin Anderson (che in primavera sarà eletto Presidente del Player Council appena rinnovato) così si è espresso sull’argomento: “Ne abbiamo parlato (al Player Council), non sapevo ancora che fosse una decisione ufficiale su tutta la linea. Certamente sembra che le cose stiano andando in quella direzione. Il sistema funziona davvero, davvero bene. Penso che elimini completamente qualsiasi congettura. Questo tipo di automazione sta prendendo piede in tutto il mondo dello sport, in così tanti settori diversi. La decisione ha un senso, soprattutto in questo periodo. Dico che probabilmente il Covid sta accelerando il processo, perché riduce decisamente l’interazione umana, ma prima o poi si sarebbe arrivati a questo”.

    Lo scorso ottobre anche il n.1 Djokovic si era espresso a favore dell’introduzione di “occhio di falco” su ogni riga del campo: “Con tutto il mio rispetto per la tradizione e la cultura che abbiamo in questo sport, quando si tratta di persone presenti in campo durante una partita inclusi i giudici di linea, non vedo davvero un motivo per cui ogni singolo torneo in questa era tecnologicamente avanzata non debba usufruire del sistema che abbiamo avuto durante i tornei di Cincinnati e US Open. La tecnologia è così precisa, non c’è assolutamente alcun motivo per cui dover mantenere i giudici di linea in campo. È la mia opinione.” Alcuni ironizzarono sul fattaccio di New York, con Novak che colpì accidentalmente una giudice di linea, finendo squalificato… ma in realtà, il serbo si era espresso a favore del sistema già dopo i primi test – molto positivi – delle NextGen ATP Finals di Milano.
    Anche Daniil Medvedev si era espresso in modo convinto a favore del cambiamento: “Le abbiamo scoperte a Milano, il sistema è veloce, non commette errori, mi è piaciuto molto. In ogni altro sport ci sono innovazioni, il tennis non deve restare indietro. Un sistema come Hawk-Eye senza giudici rende le chiamate più giuste”.
    Si parla già del possibile avvento del sistema anche negli ATP 500 (all’inizio non tutti) e forse anche a Wimbledon, torneo da sempre molto attaccato alle tradizioni, ma in altri aspetti invece innovatore.
    E la terra battuta? Qua si entra in un ginepraio, tra i “modernisti” che chiedono a gran voce uniformità e la possibilità di richiedere una verifica, nonostante sul rosso resti il segno reale dell’impatto, e chi invece difende la tradizione, aggrappandosi sulla possibilità di verificare il vero segno della palla, rendendo inutile il sistema elettronico. L’ATP sta vagliando il da farsi, annunciando di aver introdotto per il 2021 un test di controllo elettronico delle chiamate (non Hawk-Eye) in sei tornei su terra battuta, due per ogni categoria. Non è stato tuttavia specificato in quali tornei i test saranno effettuati. Essendo solo 3 i 1000 su terra rossa, è molto probabile che questi test siano effettuati anche ai nostri Internazionali BNL d’Italia.
    Tra i giocatori che spingono per il sistema elettronico anche su terra, troviamo Dominic Thiem: “Sosterrei al 100% Hawk-Eye sulla terra battuta, penso che sarebbe giusto per tutti se Hawk-Eye fosse operativo anche sul rosso”. Roland Garros resta l’unico dei quattro Slam a non utilizzare un sistema di revisione elettronica, ma nell’edizione 2020 molti giocatori di alto livello hanno affermato con decisione che è arrivata ora di usarlo. Per quanto i francesi resteranno arroccati sulla tradizione? Ultima domanda: quanto il tennis perderebbe dal punto di vista umano cancellando la figura del giudice di linea? C’è anche un piccolo aspetto pratico: molti Giudici di sedia iniziano il proprio percorso verso la direzione di un match dal giudicare una linea del campo.

    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Medvedev racconta le difficoltà nel diventare Pro su “Behind the Racquet”

    Con il tennis Pro fermo, il russo Daniil Medvedev approfitta per raccontare alcuni passaggi della sua storia sulla bella pagina Instagram “Behind the Racquet”. Il progetto, ideato dal tennista USA Noah Rubin, ha raccolto molti consensi, con tanti tennisti e tenniste che hanno pubblicato una foto del proprio volto “dietro la racchetta” parlando nel post delle […] LEGGI TUTTO

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    Medvedev: “Mi piace dormire 12 ore al giorno. Il mio tennis noioso? No, è tattico”

    Il russo Daniil Medvedev ha rilasciato una lunga intervista al magazine tedesco “Tennis Magazin”, in cui parla della sua vita, abitudini e carriera. Alcuni spunti sono interessanti, rilevano il suo carattere, assai determinato, e gli obiettivi di una carriera decollata la scorsa estate, quando fu quasi imbattibile sul cemento nord americano. “Sono una persona piuttosto […] LEGGI TUTTO