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    Tsitipas rilancia: “Non ho fatto la preparazione che volevo ma la riabilitazione ha dato i suoi frutti. 2024? Olimpiadi e Slam”

    Tsitsipas con Badosa nel corso dell’esibizione di pochi giorni fa

    Stefanos Tsitsipas è fiducioso di invertire la rotta e riprendere la sua carriera puntando a grandi obiettivi nel 2024, superate le ultime scorie dell’infortunio alla schiena che ha guastato la seconda parte della stagione da poco conclusa. È finito davvero male il 2023 del greco, costretto al ritiro dalla sua seconda partita alle ATP Finals a Torino a causa del dolore impossibile da sopportare (uscendo pure malamente dal campo, dopo appena una manciata di game…). Parlando al quotidiano “National” a margine della World Tennis League (ricca esibizione) Tsitsipas ha affermato di sentirsi in “condizioni migliori” rispetto alle scorse settimane e che la sua schiena è “quasi guarita”. Il 25enne non ha disputato nessun set in singolare durante l’esibizione di Abu Dhabi, e invece ha continuato a giocare in doppio e doppio misto. Il suo 2024 scatterà alla United Cup di Sydney, dove guiderà la Grecia insieme alla connazionale Maria Sakkari, con esordio previsto il 2 gennaio contro il Cile.
    “Non sono riuscito a svolgere la preparazione di cui avevo effettivamente bisogno, nel senso di tutte le settimane che avevo programmato” afferma Tsitsipas nell’intervista, “tuttavia ho trascorso del tempo di qualità con la mia famiglia e ho passato alcune settimane cercando di trovare una soluzione ai problemi fisici, e penso che abbia dato i suoi frutti. Sono stato per molti giorni di seguito in riabilitazione, impegnandomi al processo di guarigione”.
    Stefanos dovrà difendere tra poche settimane la cambiale più pesante, quella che sostiene il suo ranking, la finale dell’Australian Open 2023. Era la seconda apparizione del greco in una finale del Grande Slam, entrambe le volte sconfitto da Novak Djokovic. Nonostante la pressione che certamente avrà – rischia un tracollo in classifica – Stefanos si dice fiducioso: “Posso sicuramente trarre fiducia dall’aver disputato la finale in Australia 11 mesi fa. Tuttavia, non ricordo e non penso troppo a quello che è successo. Il mio piano è quello di riavviarmi e di impegnarmi per qualcosa di assolutamente nuovo in questa stagione con una qualità di tennis diversa”.
    I suoi obiettivi sono ambiziosi: “Voglio ovviamente riportare una medaglia Olimpica nel mio paese, questo è un mio obiettivo. Inoltre voglio vincere un titolo del Grande Slam. Sicuramente per poter fare queste cose ho bisogno di essere in buona salute perché c’è stato un momento in questa stagione in cui alcune circostanze non mi hanno permesso di rendere al 100%. Cose che sono accadute dopo gli Australian Open e verso la fine della stagione. Spero solo di non essere così limitato e di esplorare ulteriormente il mio tennis nel 2024”.
    Problemi fisici, cambiamenti nel suo staff tecnico – il tira e molla con Philippoussis, fino a tornare col padre – e una concorrenza sempre più agguerrita e di qualità, con Carlos Alcaraz, Daniil Medvedev e Jannik Sinner a battagliare contro il più forte, Djokovic. Tsitsipas, che pochi mesi fa aveva addirittura la chance teorica di diventare n.1 del mondo, ora si ritrova fuori dai primi cinque. Lui cerca di restare positivo, crede nelle proprie capacità: “Abbiamo tennisti di grande qualità, che possono spingersi a vicenda fino al limite. Penso che sia arrivato il momento in cui il tennis è al suo apice. Sono fortunato ad essere in quest’epoca perché è un’era in costante sviluppo e si raggiungono nuove vette. Il mio obiettivo è migliorare le mie qualità e il mio tennis, per poter competere contro questi giocatori. Sono i tennisti più forti e più duraturi che il nostro sport abbia visto da molto tempo”, conclude il greco.
    Il 2024 sarà una stagione molto importante per Tsitsipas. Il suo fisico ha sofferto, il suo tennis si è come spento per vigore ed efficacia, con i rivali invece cresciuti a dismisura e pronti a pungerlo nei suoi punti deboli. Stefanos ha certamente ancora molto da dare, ma se il suo corpo ha ritrovato la massima efficienza adesso è tempo di dimostrarlo in campo, ritrovando il miglior servizio, la spinta col diritto e quell’intensità che gli aveva permesso di issarsi molto vicino alla vetta. L’Australian Open, torneo dove gioca quasi “in casa” visto il calore degli immigrati dalla Grecia e del quale ha sempre amato le condizioni, sarà un primo test molto importante per capire se la rotta della sua carriera si è davvero invertita. O meno…
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    Dante Bottini: “Allenare i giovani oggi è difficile, ascoltano meno e quasi non pensano in campo. L’assenza di Federer sul tour è palpabile”

    Dante Bottini (foto Instagram)

    Allenare l’ultima generazione di giovani non è compito facile, perché il tennis ormai è diventato una gara a chi a tira più forte quindi si pensa poco, e pure negli allenamenti le nuove leve hanno difficoltà a prestare attenzione e ascoltare. Questo afferma il noto coach argentino Dante Bottini, 44enne formatosi alla corte di Nick Bollettieri dopo un passato modesto da giocatore, noto per aver esser stato l’allenatore storico di Kei Nishikori e quindi di Dimitrov, Jarry e del giovane cinese Juncheng Shang, rapporto quest’ultimo interrotto dopo l’ultimo US Open. Bottini è stato intervistato in Argentina dal bravo collega Sebastian Torok per La Nacion. Ha rilasciato una lunga intervista, nella quale ripercorre le tappe della sua vita sul tour, raccontando i cambiamenti vissuti negli ultimi anni e rimpiangendo l’assenza di Roger Federer sul tour e negli spogliatoi per il suo carisma e quel plus unico che dava ad ogni torneo, e che a suo dire oggi manca terribilmente.
    Bottini ricorda i suoi inizi con Bollettieri: “Ho iniziato nel 2008, proprio dalla base, con piccoli gruppi, dove non vedevo nemmeno Nick perché era con i migliori dell’accademia. Qualche mese dopo mi hanno dato gruppi di ragazze dai 9 agli 11 anni al mattino e dai 15 ai 16 anni al pomeriggio, e poi ho cominciato a provarci di più. Abbiamo avuto incontri che sono durati molte ore. Ho imparato molto. Nick era un fenomeno, vero appassionato di tennis, espansivo, estremamente esigente e ottimista. Aveva un’altissima autostima e la trasmetteva a tutti, tirava sempre dritto verso il futuro, cercando il meglio. Per tutto il tempo condivideva le storie della sua vita e motivava tutti. Avevamo incontri più volte alla settimana, in cui parlavamo di tutto quello che si faceva in accademia e lui raccontava tanti aneddoti. È stato anche piuttosto divertente lavorare con lui. Abitavo dietro l’angolo dell’accademia, alle 5 del mattino già insegnavo o ero in palestra. Lui andava forte e non si fermava mai, era il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene, così fino a oltre 80 anni”. 
    Questa foto del tennis attuale tracciata dal coach albiceleste, con una discreta critica a come si è evoluto lo sport rispetto ai suoi primi anni di vita sul tour: “C’è un cambiamento totale, con Federer fuori, Nadal quasi, vedo Djokovic ancora per un paio d’anni. Ma la nuova generazione è qui, con Alcaraz, Sinner, Rune. Anche con Medvedev, Zverev e Tsitsipas. Il tennis? Oltre ad essere molto fisico, ritengo che il tennis di oggi abbia molta potenza e sia molto mentale. I nuovi giocatori difficilmente pensano a una tattica, tutto viene giocato molto velocemente, molto forte. Se prima c’era poco tempo per pensare… adesso ce n’è ancora di meno. Il secondo servizio viene servito a volte a 200 km/h, cosa impensabile fino a qualche anno fa. La potenza domina. E bene o male? Non lo so. Credo sia più difficile mettere insieme una strategia per l’allenatore, perché al tuo giocatore puoi dirgli qualcosa, ma poi cambia tutto in pochi secondi. Il giocatore ti dice: ‘Ma mi hai detto che sulla seconda di servizio mi avrebbe fatto un kick sul rovescio e invece ha tirato una bomba a 200 al T!’ Per l’allenatore oggi è molto più difficile. C’è meno attenzione. Il giocatore non ascolta molto, quindi questo rende il processo, giorno dopo giorno, più difficile. Il giocatore è quello che ti ingaggia e l’allenatore deve essere paziente e pensare: ‘Bene, lascerò andare questo, ma poi lo riprenderò poi’. Il giocatore attuale ha un deficit di attenzione. Prima ti ascoltavano di più e ti guardavano negli occhi; oggi camminano a testa bassa. Gli dici: ‘Ehi, sto parlando con te’. ‘Sì, ti ascolto’, risponde ed è lì con il telefono e forse ti ascolta ma chissà cosa gli resta in testa di quel che gli dici. È strano, la società sta cambiando tanto. E poi tutto nel tennis è un po’ estremizzato, velocità, fisico”.
    Un’esasperazione che porta anche tennisti di 20 anni a subire già infortuni importanti: Alcaraz, Sinner… “E Korda, Rune… Tutti hanno avuto dolore e problemi, anche se sono da poco tempo sul tour. Si gioca con una potenza tale che le richieste che i giocatori fanno al proprio fisico stanno aumentando. E il corpo non può farcela. Non si parla quasi di quest’aspetto ma invece dovrebbe essere centrale discuterne. C’è un altro problema che i giocatori invece sollevano: cambiare troppe palle. Non puoi giocare tre o più tornei di fila con palline diverse! Le marche di palle hanno modelli molto diversi e quando si gioca provoca cambiamenti nella modalità di impatto. Poi sono in generale troppo pesanti, ti fanno fare scambi più lunghi, il corpo alla fine somma tutti gli sforzi e lo senti nella spalla, nel polso, nelle gambe“.
    Per Bottini l’assenza di Federer dal tour pesante, quel che ha portato lo svizzero nel gioco resta inarrivabile: “Ho condiviso molti momenti con Rafa, Novak, splendidi atleti, ma l’assenza di Roger si fa sentire. Manca tanto. Era un giocatore diverso, con il suo arrivo al massimo livello tutto è cambiato. Non so come spiegarlo, ma i tornei erano diversi quando c’era Roger, chiunque abbia vissuto il tour con lui e dopo di lui te lo può confermare. Il tennis continua, ma quando Roger entrava nello spogliatoio era una presenza… la gente restava senza parole, lo guardava. Quel ragazzo aveva una presenza diversa. Emanava rispetto, non solo giocando a tennis, ma la cosa più importante è che era un ragazzo normale, divertente, con il senso dell’umorismo. Un fenomeno. E trasmetteva rispetto e tranquillità a tutti. Se ti allenavi con lui per la prima volta, prima e dopo ti faceva mille domande per sapere chi sei, da dove vieni, era curioso. Più volte abbiamo parlato dell’Argentina. Mi ha chiesto della religione ed era interessato a come giocano e si allenano gli argentini sulla terra battuta. Ricordo che nel lontano 1997, da junior, abbiamo condiviso un torneo, l’U18 di Prato. Io avevo 17 anni e lui 15. Gli ho mostrato il tabellone del torneo e gli ho detto che se avessi vinto lo avrei affrontato, ma ho perso. A distanza di anni si ricordò tutto quello e mi disse: ‘Ho vinto quel torneo e da lì è iniziata la mia scalata, peccato che non abbiamo giocato contro’. Pochi avrebbero ricordato e detto tutto questo”.
    Tra i giovani, è incuriosito dal potenziale di Shelton: “Ho avuto l’opportunità di affrontarlo quando allenavo Shang. Lo abbiamo battuto ad Atlanta e Washington. È pura potenza! Ha un servizio pazzesco, ma poi sembra che non pensi molto quando gioca. Colpire la palla sempre più forte, sempre più forte… questo il suo stile. Ma fa bene al tennis. Mi piace il suo atteggiamento, grida ma non per rabbia, ride, è positivo, tutti atteggiamenti che provengono dal periodo trascorso al college, dove suo padre (Bryan) era uno dei migliori allenatori. Può portare qualcosa di diverso sul tour”.
    Bottini tra i molti tennisti allenati, è rimasto molto affezionato a Dimitrov, per il suo bel tennis ma anche per il lato umano del bulgaro: “È un giocatore eccezionale, uno dei più talentuosi del circuito. Anche fisicamente è straordinario, si cura moltissimo, è una bestia. Nel tennis è uno dei grandi talenti, tira colpi che quasi nessuno fa. Il rovescio in slice è pazzesco, anche quello a una mano. È un giocatore che è un piacere guardare, uno di quelli per cui paghi un biglietto d’ingresso. Quando entra in un periodo negativo ti viene voglia di andartene perché difficilmente reagisce, questa è la sua grande debolezza. Soffre quando non sta bene emotivamente e lo trasferisce sul campo. Invece quando è felice, può fare di tutto e regalarti il ​​miglior spettacolo”.
    Un’ultima nota su come un coach deve approcciarsi a giocatori di nazioni e culture diverse. Lui ha allenato giapponesi, latini, cinesi, europei… La chiave per Dante è osservare e studiare: “Cerco di osservare molto, di rispettare i loro tempi. Devi abituarti a loro, avvicinarti. Vuoi insegnare dalla tua cultura, ma devi imparare anche dalla loro, affinché tutto sia il più piacevole e funzioni. L’obiettivo è avere la pazienza necessaria per ottenere la migliore esperienza possibile per il giocatore. Non è facile, è una bella sfida, ma mi piace davvero quello che faccio”.
    Intervista davvero interessante, nella quale Bottini anche sottolinea come il treno del tennis cinese sia partito e crede che in futuro possano nascere altri talenti ancor più interessanti.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    L’ATP 500 di Acapulco si disputerà regolarmente nel 2024

    Una foto dopo il passaggio dell’uragano Otis sullo stadio di Acapulco

    “Oggi più che mai questo torneo si gioca perché si gioca. Insieme faremo sì che Acapulco torni a brillare”. Con questo slogan motivazionale e di speranza, gli organizzatori dell’Abierto Mexicano de Tenis di Acapulco hanno annunciato che l’ormai classico appuntamento di categoria ATP 500 si disputerà regolarmente nel 2024 (24 febbraio – 2 marzo), nonostante la città e anche la struttura che ospita l’evento sia stata severamente colpita lo scorso ottobre dal violentissimo urgano Otis, abbattutosi sulle coste messicane del Pacifico e in particolare su questa perla del turismo internazionale. Purtroppo a due mesi dal tragico evento la situazione in città è tutt’altro che tornata alla normalità: di fondi dal governo centrale ne sono arrivati pochi, la ricostruzione sta andando a rilento, le difficoltà quotidiane per la popolazione restano molte.
    Tuttavia il torneo è sostenuto da uno degli uomini più ricchi del mondo, il magnate messicano delle telecomunicazioni Carlos Silm con la suaTelCel, title sponsor dell’evento, che si è impegnato personalmente per aiutare la ricostruzione non solo delle strutture del torneo – ospitate all’interno del lussuoso hotel Princess, sulla Playa Diamante della località – ma anche di altre aree della città pesantemente danneggiate dall’uragano.
    Nella nota del torneo affidata ai social si legge infatti: “L’Abierto Mexicano de Tenis non si gioca solo ad Acapulco ma per Acapulco, generando un impatto positivo sull’economia locale e sulla comunità, fornendo vitalità a settori come il turismo, i trasporti, la gastronomia e l’ospitalità, compresa la creazione di posti di lavoro nella regione. Con questa celebrazione riaffermiamo al mondo che Acapulco è in piedi. Oggi, il torneo non solo celebra il tennis, ma rappresenta anche l’unità e il rinnovamento necessari per costruire un’Acapulco ancora più grande. Con l’aiuto di tutti i messicani, faremo risplendere Acapulco. Benvenuti all’Open di tennis messicano! Sempre con te Acapulco!”.

    Alcuni campioni della racchetta, tra cui Dimitrov, Tsitsipas e Zverev, hanno lanciato nelle scorse settimane anche una raccolta fondi per aiutare il torneo e soprattutto la popolazione colpita dal disastro.
    L’Abierto de Tenis vanta una lunga storia. Dopo le prime edizioni organizzate a Città del Messico (1993 – 2000), il torneo si è spostato ad Acapulco, letteralmente su una delle spiagge più belle della città in una struttura alberghiera a 5 stelle. Si è giocato su terra battuta fino al 2013, quando fu deciso di passare al sintetico outdoor vista la vicinanza con il Masters 1000 di Indian Wells.
    Verso le fine degli anni 2000, in Messico cercarono di dare una “spallata” all’allora Masters Series di Indian Wells, che versava in difficoltà economiche per la fine di importanti contratti di sponsorizzazione. Si era praticamente arrivati all’accordo per strappare lo status di MS all’evento californiano, ma quando lo champagne era già pronto per essere stappato, l’allora direttore di Indian Wells Charlie Pasarell trovò una nuova copertura finanziaria, salvando il torneo. Dopo qualche anno arrivò il magnate di Oracle Larry Ellison, prima come sponsor e poi come acquirente della data. Grande appassionato di tennis, Ellison investì pesantemente nell’evento facendolo diventare uno degli appuntamenti più importanti, ricchi e meglio organizzati nella stagione tennistica. Acapulco si è attestato come ATP 500 di ottima qualità, molto seguito dagli appassionati locali e da tanti viaggiatori (soprattutto statunitensi) che approfittano dell’evento per unire tennis a vacanza. Dal 2022 è stato inaugurato il nuovo stadio, Arena GNP Seguros.
    Tra i vincitori ad Acapulco figurano campioni come Nadal, Moya, Kuerten, Ferrer, Thiem, Kyrgios e Zverev. Il campione in carica è Alex de Minaur.
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    Novità nel calendario ATP 2024: torna Gijon, Astana si sposta ad Almaty

    Palacio de Deportes la Gijon

    Il calendario ATP 2024 ha subito alcune interessanti modifiche nella parte autunnale, post US Open. Attraverso il sito ufficiale, l’ATP ha comunicato che il prossimo anno tornerà il torneo 250 di Gijon, in Spagna. Si disputerà nella settimana 45, in contemporanea a quello di Metz, in Francia, dal 3 al 9 novembre, appena prima delle ATP Finals di Torino.
    Disputato solo nel 2022, l’evento nelle Asturie ebbe un ottimo riscontro da parte di pubblico e giocatori (fu vinto da Andrey Rublev), ma gli organizzatori non riuscirono a tenere la data anche per il 2023, nonostante un solido business plan potenzialmente quinquennale. Quest’anno, dopo lo scoppio della guerra in Medio Oriente, gli spagnoli hanno provato a prendere last-minute la data di Tel Aviv, ma alla fine il torneo si è spostato a Sofia, in Bulgaria. Adesso arriva la fumata bianca e il ritorno dell’evento indoor spagnolo, sostenuto dalla federazione iberica e dalla società Watergen. La sede sarà la stessa del 2022, il bel Palacio de Deportes la Gijon.
    Con l’inserimento di Gijon, si sposta alla settimana 42 (14-20 ottobre) il torneo 250 di Stoccolma. Nella stessa settimana l’ATP 250 precedentemente organizzato ad Astana si trasferirà ad Almaty, precisamente all’Almaty Arena, il più grande impianto sportivo del Kazakistan. La città è stata la capitale del paese per quasi 70 anni ed è il centro finanziario, scientifico, culturale, economico, storico e industriale del paese asiatico.
    Si è parlato molto nel 2023 della possibilità di vedere di nuovo un evento autunnale in Italia, magari a Firenze dopo l’ottimo successo del torneo 2022, con la vittoria di Auger-Aliassime e la semifinale di Lorenzo Musetti (che poi vinse a Napoli, torneo questo che ebbe invece vari problemi organizzativi). Con le novità appena apportate al calendario, sembra tramontare quest’ipotesi che certamente avrebbe arricchito l’offerta di tennis in Italia e sarebbe stata assai gradita agli appassionati.
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    Sinner solo dietro a Djokovic nella classifica 2023 ATP “Under Pressure”

    Jannik Sinner (foto Getty Images)

    “PressurePushing down on mePushing down on you, no man ask forUnder pressureThat burns a building downSplits a family in twoPuts people on streets”
    Già, la pressione. David Bowie e i Queen dedicarono una hit negli anni ’80 a chi vive “under pressure”, alle difficoltà che incontriamo ogni giorno e proviamo a superare. È quel che aspetta i tennisti in campo. Ogni punto è una sfida, da giocare e vincere mentalmente e fisicamente contro l’avversario. Chi riesce a gestire la pressione, domarla e trovare i migliori colpi nei momenti chiave, vince le partite e alza i trofei. Non è un caso che nella statistica ATP “Under Pressure” spicca il migliore al mondo nella stagione, Novak Djokovic, seguito dal nostro Jannik Sinner, protagonista di un 2023 stellare, soprattutto negli ultimi mesi. Il serbo comanda in questa particolare e importantissima classifica di prestazione con 258,6 punti, seguito dall’azzurro con 244,1 punti. Terzo, a sorpresa, l’austriaco Sebastian Ofner (243,6), seguito da Carlos Alcaraz (242,1) e Daniil Medvedev (238,3) a completare la top 5.
    Come si calcola questo dato? È la somma della percentuale di palle break convertite e salvate, più la percentuale di tiebreak vinti e la percentuale di set decisivi vinti, ossia di quattro fasi decisive delle partite, esattamente i momenti di massima pressione. È pertanto un dato assai indicativo della qualità di prestazione nei momenti in cui è necessario dare il meglio per vincere.
    Andando a vedere i quattro elementi su cui è calcolato il dato, Djokovic è praticamente pari a Sinner per percentuale di palle break convertite (solo 0,1 di differenza a favore dal serbo, 42,4 a 42,3); Sinner ha un dato migliore per palle break salvate, 69,3% contro 67% di Novak; per tiebreak vinti, Djokovic è nettamente avanti, 77,8% contro il 58,6% di Sinner. Meglio Jannik invece per set decisivi vinti, 73,9% contro 71,4%. Da notare come sia Sinner che Djokovic siano davanti ad Alcaraz in ognuna delle singole percentuali, e praticamente anche davanti a Medvedev. Il russo supera Novak ed è appena dietro a Jannik per percentuale di set decisivi vinti (73,7%).
    Andando a vedere i migliori delle ultime 52 settimane nelle singole componenti, Sinner è leader assoluto per percentuale di palle break salvate, col 69,3%, alla pari con lo sfortunatissimo Thanasi Kokkinakis, di nuovo KO ad un ginocchio, ne avrà per molti mesi. Un dato questo fondamentale nella prestazione in campo, indice di come gestisce bene la pressione del momento più delicato visto che subire un break spesso equivale a perdere un set. Rileviamo con grande piacere Matteo Arnaldi al terzo posto assoluto, con un eccellente 68,7%, che conferma come il ligure sia tennista freddo e mentalmente pronto a giocare benissimo sotto pressione.
    Il migliore per palle break convertite nelle ultime 52 settimane è Adrian Mannarino con il 47,3%, seguito da Medvedev (46,3%). Al settimo posto troviamo col 43% Lorenzo Musetti, un dato che conferma come il carrarino abbia qualità per giocarsi punti importanti.
    Per i tiebreak vinti, Djokovic domina con uno stellare 77,8%, nettamente davanti al secondo nella specialità, Alex Molcan (72,7%). Anche in questo settore molto bene Arnaldi, quarto col 71,4%. Per percentuale di set decisivi vinti, il leader nelle ultime 52 settimane è Sasha Zverev, al comando con un eccellente 77,3%, davanti a Sinner col 73,9%.
    Stabiliti i migliori, …chi sono i peggiori? L’ATP riporta i dati statistici per i primi 78 giocatori in questa classifica. Complessivamente il peggior Under Pressure rating è quello di Max Purcell, con 138,2 punti. Il peggiore del lotto per palle break convertite è Auger-Aliassime, solo il 32,3% di successo, mentre per palle break salvate in fondo al ranking c’è Yoshihito Nishioka con il 52,8%. Incredibile il dato negativo di Max Purcell per percentuale di tiebreak vinti, solo il 9,1%! Davanti a lui in penultima posizione Albert Ramos, con il 21,4%, davvero terribile il dato dell’australiano. Molto male Arthur Rinderknech per percentuale di set decisivi vinti, solo il 16,7%.
    Un’ultima curiosità. Nel 2022 com’era andata? Il miglior rating “Under Pressure” era di Alexander Zverev (che però giocò solo metà stagione, fino al bruttissimo infortunio a Parigi) con 252,1 punti, davanti a Djokovic con 245,6. Sinner era ottavo con 238,6 punti, altro dato che conferma quanto sia cresciuto Jannik rispetto allo scorso anno. 
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    WTA Finals 2024 in Arabia? Pareri contrastanti tra Jabeur e Navratilova

    WTA Finals, la foto di rito dell’anno prossimo sarà in Arabia?

    31 milioni di dollari. A questa somma ingentissima secondo la BBC ammonta la perdita sofferta dalla WTA con le ultime due edizioni delle Finals femminili, due eventi organizzati tardi, male, che hanno scontentato tutti. Secondo varie indiscrezioni, questa situazione paradossale è venuta perché il tour rosa era pronto a far sbarcare l’evento in Arabia Saudita, ma alla fine sia nel 2022 che nel 2023 non si è arrivati alla fumata bianca per la forte resistenza di molte giocatrici e anche di alcuni partner, che non vorrebbero legare il proprio nome ad un paese nel quale i diritti civili per donne sono ancora terribilmente indietro rispetto al mondo occidentale.
    Intanto in Arabia Saudita si è da poco conclusa la prima edizione delle NextGen Finals, con un bilancio agrodolce. Discreti risultati sportivi, con match di un certo interesse, ma spalti vuoti e ritorno mediatico modesto. Certo, l’evento U21 ATP non è minimamente vicino alle vere Finals, ma se ricordiamo l’impatto del torneo (soprattutto le prime 4 edizioni) svolte a Milano, la differenza è lampante. Tuttavia nel mondo dello sport il peso del denaro è sempre più preponderante, quindi è molto probabile che alla fine i sauditi vincano le ultime resistenze e riescano a portare prima le Finals WTA, magari già dal 2024, quindi quelle ATP, dal 2028 o eventualmente al termine di un secondo quinquennio a Torino.

    Il presidente della Saudi Arabian Tennis Association, Arij Almutabagani, ha commentato alla tv nazionale britannica: “Ci piacerebbe che l’evento NextGen durasse per molti anni, e siamo interessati alle Finals WTA”. Per quanto riguarda il tema dell’oppressione delle donne, Almutabagani ha sottolineato che il suo paese non è così lontano da quel che si assisteva in passato anche in Europa. “Siamo in quinta marcia al momento, in realtà tutto si sta muovendo molto rapidamente. Abbiamo solo bisogno del tempo per la transizione.”
    Queste parole non sono abbastanza per convincere Martina Navratilova sulla convenienza del far disputare dai sauditi le WTA Finals: “Ci sono ancora troppe leggi che dicono che le donne in Arabia Saudita non hanno gli stessi diritti degli uomini”, ha detto la 67enne. “Da quello che ho letto, le cose sono sicuramente migliorate, ma c’è ancora molta strada da fare. Mi piacerebbe vedere qualche cambiamento più significativo prima di dire che per noi donne va bene. Adesso dire di sì sarebbe come vendere la tua anima solo perché è finanziariamente attraente. No, non posso sostenerlo adesso“.
    La WTA al momento nicchia, non si esprime, ma nell’ambiente c’è la sensazione che il 2024 potrebbe essere l’anno dell’OK alle Finals a Jeddah. La discutibile conclusione dell’embargo ai tornei in Cina lo sta a dimostrare: prima Steve Simon e la WTA hanno tenuto una linea intransigente sul caso Peng, per quindi tirarsi indietro e riportare di nuovo il tour in Cina nonostante la situazione della ex tennista cinese non sia stato affatto chiarita. Il peso dei mancati introiti per l’assenza dei tornei nel gigante asiatico è stato più forte di ogni ideale, reale o presunto…
    È interessante e curiosa la posizione di Ons Jabeur, tennista appartenente al mondo arabo e sostenitrice dei diritti delle donne: “Credo nell’Arabia Saudita: sta facendo un ottimo lavoro dando alle donne più diritti”, ha detto la tunisina. “È ora di cambiare le cose. Ora o mai più. Spero che investano davvero nella WTA”. In pratica per Ons portare le Finals in Arabia sarebbe un segnale reale di apertura e voglia di cambiamento. Ma nel caso si arrivi all’accordo, le cose nel paese cambierebbero davvero? Quanto un evento sportivo così rilevante di uno sport individuale che è il manifesto della donna indipendente, che vive, gira il mondo e guadagna, potrebbe spingere i diritti civili?
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    Medjedovic, non solo servizio: “Sono migliorato soprattutto dal punto di vista fisico”

    Hamad Medjedovic (foto RSI)

    C’è grande interesse in Serbia (e non solo) per il giovane Hamad Medjedovic, recente vincitore delle NextGen ATP Finals in Arabia con un percorso netto. Il 20enne di Novi Pazar, attualmente n.113 del ranking ATP e non lontano dal suo best di 102 toccato lo scorso ottobre, ha impressionato nella kermesse under 21 dell’ATP per attitudine,  colpi e un servizio davvero notevole. Un tennis che lo pone come grande speranza del “post-Djokovic” nel paese balcanico.
    Il talentoso Medjedovic è sotto i fari dei riflettori fin da giovane età. Il suo primo maestro Edis Fetic si accorse ben presto di avere tra le mani un potenziale ottimo giocatore, il tempo sulla palla, la sua abilità nel gioco e nell’apprendimento erano superiori alla media. Per questo sottopose a soli 9 anni il suo giovanissimo talento agli occhi di Bogdan Obradovic, coach e soprattutto capitano della squadra serba di Coppa Davis vincente nel 2010. Obradovic rimase colpito dal bambino, tanto che da lì a poco tutto cambiò nella vita del piccolo Hamad. Accompagnato dal padre Eldin, Medjedovic si spostò a Belgrado per affinare gioco e fisico all’accademia di Obradovic. Qua attirò l’attenzione di Novak Djokovic: il n.1 decise subito che questo ragazzino meritava il massimo supporto per sostenerne il talento, tanto da decidere di aiutarlo finanziariamente e anche come mentore, con varie sessioni di allenamento insieme quando si trovava a Belgrado. Spesso Hamad si è allenato al Novak Tennis Center (ora è stato chiuso), esperienze fondamentali che l’hanno fatto crescere, fino all’approdo con il suo attuale coach Viktor Troicki, ex numero 12 al mondo.
    Il 2023 è stata un’annata di crescita per Medjedovic: ha vinto tre Challenger, ha passato le qualificazioni al Roland Garros e a Wimbledon e ha raggiunto due semifinali a livello ATP, a Gstaad e Astana. In un’intervista a Tennis Majors, Medjedovic ha tracciato la rotta che l’ha portato ad un passo dalla top 100. “Il mio più grande miglioramento quest’anno è stato dal punto di vista fisico. Passare dai Futures a Challenger e ATP richiede tutt’altra forza e resistenza, le partite sono lunghe, dure, ogni avversario è di qualità”.
    In molti match Hamad ha mostrato qualità tecniche notevoli, meno in stabilità e continuità di prestazione. Proprio su questi aspetti si sta concentrando nell’ultimo periodo, consapevole che sia il passo successivo che deve compiere: “Abbiamo lavorato esattamente su questo in ogni allenamento” confessa il serbo. “Viktor mi segue passo passo, è costantemente al mio fianco, mi ammonisce affermando che non posso permettermi di commettere errori su colpi facili. Per questo lavoriamo tanto sulle ripetizioni. C’è grande comunicazione con Viktor, ha pazienza con me”.

    Fighting 🔥 with 🔥#NextGenATPFinals pic.twitter.com/U50fAncr2w
    — Tennis TV (@TennisTV) December 2, 2023

    Troicki è rimasto soddisfatto soprattutto dalla crescita al servizio del suo pupillo. I 69 Ace tirati alle NextGen Finals sono un bottino di tutto rispetto… “Sta arrivando ad essere un tennista che può fare la differenza al servizio. Può servire vere bombe, lo sappiamo, ma la sua percentuale di prime palle calerebbe se pensasse solo a tirare a tutta. La settimana scorsa è stato fantastico in tutto e per tutto” commenta Troicki. “Ha fatto bene anche in risposta, è stato aggressivo, cercando di prendere l’iniziativa. Durante gli scambi ha mantenuto la sua posizione: ogni volta che è ben posizionato in campo, può attaccare, essere aggressivo e questo di solito si riflette positivamente sul gioco e quindi risultati”.
    In effetti quel che impressiona nel tennis di Medjedovic è la qualità nei colpi di inizio gioco, guarda caso dove nel tennis del 2023 si fa la differenza e si vincono le partite… Ma non bastano servizio e risposta se commetti troppi errori. Per questo il mantra nel lavoro del serbo è uno solo: consistenza. “Capita ancora che la percentuale della mia prima di servizio scenda molto o che commetta qualche errore stupido con il dritto regalando punti al mio avversario. Questa sarà l’enfasi del mio lavoro durante la off-season. Per quanto riguarda il mio rovescio, sento di essere migliorato molto con Viktor, era una sorta di buco nel mio gioco che stiamo eliminando” commenta Hamad.
    Djokovic resta l’idolo, il modello, un amico e mentore (oltre che principale sponsor in anni di crescita), ma oggi Medjedovic ringrazia soprattutto Troicki, vedendo che il lavoro quotidiano con il suo coach sta fruttando ottimi risultati e progressi. “Viktor è un allenatore fantastico. È sempre lì per me, dentro e fuori dal campo, parliamo molto ed è fondamentale. È molto diretto nella comunicazione, niente giri di parole, va diretto al punto e mi dice la verità in faccia, che mi piaccia o no, cosa che rispetto e apprezzo“ afferma Hamad.
    Lo sbarco in top100 sarà il primo obiettivo per il 2024, ma sembra cosa ormai certa e anche rapida. Dove possa spingersi la prossima stagione è da verificare. Sembra possedere qualità molto interessanti, soprattutto se riuscirà ad aggiungere quella “consistenza” necessaria a restare in partita contro gli avversari più duri, quando non puoi vincere solo spaccando la palla o a furia di servizi. Deve sicuramente vivere esperienze di alto livello, incluso digerire dure sconfitte per capire cosa non funziona a livello di gioco, di gestione mentale e di attitudine in campo. Passi necessari per l’esplosione definitiva al massimo livello. Medjedovic sembra aver tutto quel che serve per poter ambire ai grandi palcoscenici, da calcare da protagonista.
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    Prize Money 2023: domina Djokovic, Sinner quarto. 69 i tennisti con oltre 1 milione di dollari guadagnati in stagione

    Novak Djokovic con la coppa di Parigi (foto Getty Images)

    Tre Slam su quattro e finale a Wimbledon, ATP Finals, 56 vittorie e 7 sconfitte con 7 titoli vinti complessivamente. Il 2023 di Novak Djokovic è una delle sue migliori stagioni in carriera, che gli ha permesso di chiudere nuovamente l’annata da n.1. Risultati pazzeschi che valgono al serbo anche uno scontato primato nella classifica stagionale dei Prize Money. Novak infatti ha intascato la cifra astronomica di 15,952,044 dollari, quasi tutti in singolare (solo 15,947 dollari ottenuti con le rare apparizioni in doppio), che portano il suo totale in carriera a ben 180,643,353 dollari, che lo rendono il tennista più ricco di sempre a livello di guadagni da tornei. Nettamente staccato Nadal con i suoi 134,640,719 dollari.
    La classifica dei Prize Money nelle prime posizioni ricalca quasi fedelmente il ranking ATP: secondo Alcaraz (10,753,431$), terzo Medvedev (9,239,679$), quarto Sinner (8,349,392$), quinto Rublev. Al sesto posto c’è Zverev, che sorpassa Tsitsipas (sesto ATP ma settimo per guadagni), poi Rune, Hurkacz e Fritz, decimo.
    Lorenzo Musetti è ventesimo (1,971,124 $), Lorenzo Sonego si piazza al n.37 per Prize money (1,313,408 $), e Matteo Arnaldi 73esimo (955,735 $). Matteo Berrettini ha giocato molto poco, ma il buon Wimbledon disputato gli consente attestarsi al n.65 per guadagni nel 2023 (1,028,055 dollari complessivi).
    Sono stati 69 i tennisti con un Prize Money complessivo nel 2023 superiore al milione di dollari: l’ultimo è il tedesco Altmaier con 1,009,986 $. Appena fuori (n.70) Andy Murray, con i suoi 997,741 $. Il centesimo nella classifica dei guadagni è il russo Shevchenko con 722,812 $. Al n.200 c’è Dalibor Svrcina con 273,086 $, appena prima di Luca Nardi con 272,596 dollari.
    Sono 12 gli specialisti del doppio capaci di superare quota 1 milione di dollari nel 2023: comanda Joe Salisbury (1,255,887$) seguito da Rajeev Ram (1,254,982$), Austin Krajicek (1,245,247$), tutti a zero introiti in singolare ma ottimi guadagni con i doppi, posizionati rispettivamente al n.42, 43 e 44 della classifica generale. Tra i migliori, il giocatore che ha ottenuto il maggior Prize Money in doppio è Rublev, per lui ben 368,363 dollari. Curioso che Alcaraz e Medvedev abbiano uno zero a guadagni in doppio in stagione.
    Questa la top 20 completa dei tennisti con maggiori Prize Money nel 2023 sul tour ATP.

    Tra i “milionari” anche il cinese Zhizhen Zhang (45esimo con 1,093,371 $), diventa il primo tennista del gigante asiatico a superare questa soglia per Prize money. Il connazionale Juncheng Shang invece è quello più giovane con maggior Prize money: per il 18enne (n.185 ATP) 407,479 dollari.
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