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    L’ascesa di Michelsen: “Agli Australian Open ho capito di essere abbastanza bravo per diventare un buon Pro”

    Alex Michelsen (foto Delray Beach Open)

    Occhio Tommy Paul, il prossimo avversario a Delray Beach fa sul serio… Alex Michelsen nel primo turno del 250 statunitense si è sbarazzato con autorità di Thanasi Kokkinakis, lasciando la miseria di tre games al potente tennista australiano, annichilito dalla solidità al servizio, rovesci offensivi e tempi di gioco molto rapidi del 19enne californiano. “Sono stato davvero solido per tutta la partita” racconta Alex dopo la straripante vittoria. “Non ho praticamente fatto errori gratuiti! Il mio servizio è migliorato sempre di più man mano che la partita andava avanti e sono molto soddisfatto della prestazione”. Il tennis di Michelsen è letteralmente esploso in pochi mesi, un balzo tecnico che l’ha fatto decollare anche in classifica. “Non riesco ancora a credere di essere passato da 190 a 75 in pochi. mesi. È pazzesco. Cerco solo di scendere in campo e dare il meglio che posso, e vedo che le cose stanno andando per il verso giusto. Questo è quello che mi dicono i miei allenatori, questo è quello che mi dicono i miei genitori”.
    Alex deve tutto alla sua famiglia. La madre Sondra, ex allenatrice, ha giocato presso la San Diego State University, dove ha vinto il prestigioso Arthur Ashe Award per la sportività nel 1989. Proprio sua madre è la persona che lo ha ispirato di più: “Mi ha insegnato a giocare e ho colpito palle con lei quasi ogni giorno fino all’età di 15 o 16 anni. Il mio primo ricordo sul tennis è stato quando avevo quattro anni: ha iniziato a piovere e stavo piangendo, perché non potevo uscire in giardino a giocare contro il muro!”
    Il muro che Alex ha abbattuto è quello della top100: agli Australian Open 2024 è arrivato al terzo turno mostrando qualità molto interessanti. Quando il suo servizio prende ritmo è un colpo davvero incisivo poiché abbina velocità a precisione, con un movimento assai difficile da leggere per chi risponde. Ha ancora enormi margini di miglioramento negli spostamenti, nella precisione col diritto e nelle scelte di gioco, ma quando anticipa col rovescio può colpire una monetina nell’angolo opposto del campo… “Il rovescio è il colpo che preferisco, l’ho sempre avevo molto fluido, naturale”. Potente ma meno stabile il diritto, ancora c’è da lavorare in risposta e nei tempi degli attacchi. Ma il potenziale complessivo è molto, molto interessante.

    Emphatic Delray Debut 💫
    Alex Michelsen dispatches Kokkinakis 6-1 6-2 to set up a R2 encounter against compatriot Tommy Paul!@delraybeachopen pic.twitter.com/CNuwk5przl
    — Tennis TV (@TennisTV) February 14, 2024

    Da giovane ha coltivato la sua passione per il tennis con discreta leggerezza, grazie ad una famiglia sportiva che l’ha accompagnato e cresciuto senza fretta, senza pressioni. Un momento nel quale ha sentito che il tennis poteva essere davvero importante è stato a Wimbledon junior 2022, quando ha vinto il torneo di doppio insieme al connazionale Sebastian Gorzny: “Tenere in mano un trofeo di Wimbledon, anche se da junior, è stato fantastico. Non avrei mai pensato che sarebbe successo”. La scorsa estate altro passo decisivo, quando ha scelto di lasciare l’Università della Georgia per passare Pro. In pochi mesi tutto è successo, e agli Australian Open la sua testa ha fatto “clic”, ha capito che il suo livello di gioco è abbastanza buono da potergli permettere una carriera professionistica di ottimo livello.
    Dopo la passerella alle NextGen Finals 2023, Michelsen ha iniziato la stagione passando le qualificazioni a Brisbane e Auckland, e sebbene sia stato sconfitto al primo turno di entrambi di tornei, l’aver ottenuto l’accesso al main draw con un tennis molto efficace gli ha dato grande fiducia. Sbarcato a Melbourne grazie ad una wildcard, non ha deluso le aspettative, arrivando al terzo turno. “Gioco tornei da molto tempo, ma in Australia ho sentito qualcosa di diverso. Mi sono detto.. wow, sono un professionista, e sono piuttosto bravo… Posso farcela anch’io“.
    Fino allo scorso anno Alex era all’università, non del tutto convinto di voler provare la difficile strada del tennis Pro. “Non ero convinto di diventare un professionista fino a circa un anno fa. Poi, quando sono diventato 270 nel mondo, ho pensato: ok, voglio provarci. Mi sono convinto di mettercela tutta, anche se non ero ancora al livello giusto. So dov’ero un anno fa, e ancor più dove mi trovavo due anni fa. È pazzesco quanta strada ho fatto e in tempi molto rapidi”.
    Rapida la sua ascesa, rapido il suo tennis. La sfida al prossimo turno di Delray Beach sarà un bel test per Alex, visto che Tommy Paul è giocatore consistente, con un tennis in progressione molto importante e una risposta di qualità che può anestetizzare i migliori servizi. Il tennis USA si conferma effervescente e con molti ragazzi di qualità. Michelsen sembra avere le qualità di diventare una delle punte di diamante del movimento a stelle e strisce.
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    Alcaraz a 360°: “Essere creativo in campo fa parte di me. A casa non è cambiato nulla, e non cambierà”

    Carlos Alcaraz a Buenos Aires

    Rilassato, sorridente, ma anche terribilmente voglioso di tornare ad alzare un trofeo dopo quello più bello che ci sia, la coppa Wimbledon baciata lo scorso luglio. Così Carlos Alcaraz si è presentato alla stampa di Buenos Aires, super star del torneo 250 nel quale è campione in carica. È stato il suo primo torneo vinto nel 2023, primo di sei allori. Sono ben sette i mesi di “digiuno” di vittorie, non poco per un fenomeno generazionale come lui, uno che a suon di successi ha riscritto pagine importanti del libro d’oro della disciplina. Eppure da quello straordinario trionfo sui prati londinesi, qualcosa in lui si è guastato. Alcaraz più volte in campo è parso nervoso, spaesato, incapace di trovare una via d’uscita per ribaltare situazioni negative ed avversari che hanno trovato la chiave per metterlo in seria difficoltà. Un talento incredibile, forse esploso talmente giovane ad un livello così alto da aver paradossalmente frenato l’ultimo step di crescita. Quando i rivali ti hanno studiato ben bene, devi esser tu a rilanciare e trovare qualcosa di nuovo e diverso. Mai come negli ultimi mesi Carlos ha sperimentato la frustrazione delle cose che non vanno, di colpi un po’ meno intensi, di contro mosse efficaci di Sinner, Medvedev, Zverev e via dicendo che lo hanno messo spalle al muro.
    Forse ha solo pagato una seconda parte di 2023 poco brillante sul piano atletico; probabilmente sta crescendo sul piano umano e quella spensieratezza dei primi tempi è un po’ appannata. La sensazione è che ancora non sia capace di vincere “sporco”, senza stravincere, aggrappandosi a colpi meno spettacolari ma più razionali. Di tutto questo Alcaraz ha parlato in una bella intervista rilasciata all’ottimo collega di Baires Sebastian Torok per La Nacion, della quale riportiamo alcune delle parti più interessanti. Carlos dice di non esser cambiato affatto nel privato, che la sua casa è identica a quando era solo un ragazzino di belle speranze, e che niente è meglio dell’andare nei dintorni di casa sua a comprare del cibo da asporto da mangiare con qualche amico di sempre scherzando in allegria, incurante del fatto che nel salone di casa oggi troneggia la coppa dei Championships e che il suo conto in banca non è esattamente quello di 4-5 anni fa…
    L’intervista inizia subito mettendo il dito, anzi la penna, nella piaga: i tanti alti e bassi degli ultimi mesi. Così risponde Alcaraz: “Penso che psicologicamente sono… forte, sono maturo. Ovviamente ho 20 anni, ma oggi mi considero una persona mentalmente forte che affronta molto bene le situazioni che mi si sono presentate finora. Sì, ci sono alti e bassi, ci sono momenti in cui ti senti meglio, ci sono momenti in cui ti senti peggio e devi sapere come gestirli. Fa parte della vita, non solo dello sport, ma della vita in generale, quindi cerchiamo di uscire da queste crisi il più rapidamente possibile e continuare sulla nostra strada, perché abbiamo molto chiaro quale sia l’obiettivo. L’obiettivo è continuare a dare il massimo e continuare a fare la storia”.
    “Ho realizzato moltissime cose, è incredibile quello che già sono riuscito a fare venendo da El Palmar… E non parlo solo delle vittorie, ma anche il poter viaggiare in tutto il mondo, conoscere gente straordinaria. È necessario mettere tutto questo in modo razionale in una vita il più normale possibile. Il mio porto franco? Essere a casa mia. Quando torno a casa è tutto come sempre… La mia stanza è la stessa di sempre, come tutto il resto della casa, tutto uguale. Quando vado con gli amici faccio praticamente le stesse cose di sempre, vado a prendere del cibo, stiamo insieme. Faccio semplicemente quel che fa una persona normale. Non mi dispiace farlo, è quel che amo fare e come amo essere. E poi l’asado che fa mia mamma è imbattibile!”.

    ¿Qué significa “IRSE EN BICI”? 🚲🎾
    Le consultamos a Carlos Alcaraz 🇪🇸 sobre este término tan característico del tenis y esto fue lo que nos respondió 😬
    Si te llamás Antonio López y vivís en Murcia te estamos buscando 😂 pic.twitter.com/yWjZx2m1Cx
    — IEB+ Argentina Open (@ArgentinaOpen) February 12, 2024
    (Carlos ricorda l’unica volta che è stato battuto 6-0 6-0, dall’amico di Murcia Antonio Lopez!)
    Si entra nel tecnico. Stupiscono, a volte stordiscono i colpi di Charly, quasi impossibili; ma vincere solo con quelli sta diventando complicato… Pensa di cambiare un po’ il suo modo stare in campo? “Mi viene naturale essere così. In alcuni punti cerco la giocata, altre ci penso. Quando fai uno di quei bellissimi punti è pazzesco. Un punto incredibile ti dà energia. Il tuo umore aumenta, la tua energia aumenta, è quel che ti spinge verso l’alto. E ovviamente anche il pubblico apprezza, si diverte a vedere questo tipo di vincenti. Questo è ciò che attrae anche le persone che vanno a vedere il tennis”. Quindi, al momento nessun piano di spostarsi verso un tennis più percentuale.
    Djokovic e Sinner sembrano in questo momento averlo sorpassato: “Oggi Nole e Jannik sono gli avversari da battere, per me e per tutti. Tutte le partite sono difficili, tutti i rivali possono rendere difficili le partite. Zverev, ad esempio, contro di lui sono sotto negli scontri diretti (5-3), è un rivale che ho moltissimo in mente, ma è vero che Djokovic e Sinner sono al top in questo momento. Tutti li vediamo al top”.
    Arabia Saudita nel tennis, ecco il pensiero dello spagnolo in proposito. “È positivo per il tennis che ci siano più sedi, che ci siano sempre più paesi in cui possiamo giocare. L’Arabia Saudita si sta evolvendo molto rapidamente sotto ogni aspetto, come Paese e nel mondo dello sport. Stanno scommettendo sul calcio, sulla boxe, adesso tantissimo sul tennis. Non so fino a che punto arriveranno nel mondo del tennis”.
    Per la sua giovane età ha già sofferto diversi infortuni, come evitarne di nuovi? “A livello di routine non sono cambiato molto, ne ho migliorate alcune. Fuori dal campo invece sto migliorando, è qualcosa di molto importante che poi influenza la tua vita tennistica quotidiana. Quando si tratta di infortuni, l’alimentazione, il riposo, ecc. sono aspetti molto importanti. È qualcosa che forse prima… vista la mia età, mi mancava un po’, non facevo tutto correttamente e poco a poco sto migliorando. Penso che con queste piccole cose e una maggiore organizzazione fuori dal campo, gli infortuni saranno sicuramente evitati. È una cosa che tengo a mente per quest’anno.”
    L’obiettivo è uno solo: vincere. “Sono un ragazzo che sorride, che si diverte, ma che sogna in grande. Sono molto ambizioso. Guardo e punto sempre al meglio del mondo, al meglio della storia, e questo è ciò che mi motiva ogni giorno“.
    Il primo step è quindi tornare a vincere, sette mesi dopo Wimbledon. L’ATP 250 di Buenos Aires lo vede nettamente favorito, ma se Carlos sogna di vincere, tutti i suoi avversari in tabellone sognano di sgambettarlo. Il mondo del tennis negli ultimi mesi ha vissuto sul dualismo Djokovic – Sinner. Non facciamo l’errore di considerare Alcaraz fuori dai giochi…
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    Bublik apre le porte ai sauditi: “I tennisti meritano cambiamenti, essere pagati di più e giocare di meno”

    Alexander Bublik (foto Getty Images)

    Le settimane passano, i tornei avanzano, ma il tema del possibile ingresso dei ricchissimi fondi sauditi nel tennis con un’eventuale rivoluzione della stagione resta sempre caldissimo. Allo scorso Australian Open vari colleghi sul posto hanno cercato di aprire qualche varco tra i pensieri di giocatori sul tema, ma le risposte sono state quasi sempre assai moderate, forse anche per il contesto, uno dei 4 tornei più importanti dell’anno. A fine torneo, il CEO di tennis Australia Craig Tiley ha rivelato di aver trascorso gran parte dei momenti pausa delle due settimane di Melbourne a mettere insieme idee e piani concreti per respingere la crescente minaccia rappresentata dall’Arabia Saudita per la leg australiana, il tutto in un calendario già fin troppo affollato. Una di queste proposte per raggiungere l’obiettivo è la tanto vociferata formazione di una super lega che opererebbe indipendentemente dai tour ATP e WTA e includerebbe i quattro tornei del Grande Slam e i nove tornei Masters 1000. Un piano ambizioso ma realizzabile viste le risorse pressoché sterminate dei fondi sauditi, e che fa letteralmente luccicare gli occhi ai giocatori. Se mai questa rivoluzione diventasse realtà, è sicuro che i tennisti potrebbero giocare di meno, con un calendario forse più “razionale”, e soprattutto guadagnerebbero mediamente molto, molto di più.
    Pochi tennisti di sono espressi con dettaglio sulla questione. Il sentore generale è la necessità di mantenere i pilastri della stagione e non cancellare la tradizione, ma il desiderio assoluto è giocare di meno, con un’annata meno stressante per il fisico e portare a casa assegni più pesanti e sicuri. In questo filone s’inquadrano le dichiarazioni stavolta davvero schiette di Alexander Bublik, rilasciate ad Oslo nella tappa del tour di esibizione UTS. Secondo il kazako, nessuno lo dice ma tutti stravedono per questa possibile super lega ipotizzata da Tiley, perché consentirebbe ai giocatori di avere una vita più tranquilla e guadagni maggiori.
    “Sono favorevole ai cambiamenti e voglio che i cambiamenti arrivino perché giochiamo gli stessi tornei, con lo stesso prize money negli ultimi 15 anni” afferma Bublik, come ha raccolto il media francese Tennis Major, sul tema della possibile Super Lega. “Stanno aumentando i prize money del 2% e pensano che dobbiamo accettarlo ed esserne pure felici. Penso che i cambiamenti siano cruciali. Ne abbiamo bisogno, i giocatori ne hanno bisogno”.
    Soldi ma non solo. Bublik ha parlato della necessità di modifiche significative al calendario, tutti sono esausti per la durata della stagione tennistica. Cambiamenti che porterebbero ad una vera rivoluzione della struttura dell’annata di gioco. “I giocatori meritano i cambiamenti, e i giocatori meritano di essere trattati bene, pagati bene, giocare meno e godersi di più l’atmosfera perché così è davvero troppo impegnativo, giochiamo per 11 mesi consecutivi. Alla fine dell’anno hai a malapena un mese libero e poi ricominci. Quindi penso che i giocatori meritino una vita migliore”. Un grande assist ai fondi sauditi e alla ipotesi Super Lega.
    Bublik ha avuto il coraggio di dire senza mezza termini quello che moltissimi giocatori probabilmente pensano senza uscire allo scoperto. L’ATP si è mossa da tempo il piano One Vision, aumentando la percentuale di guadagno ai giocatori, creando dei fondi di garanzia e altre mosse “pro-tennisti”. Ma forse questo non basta. Le richieste dei giocatori continuano pressanti, e forse proprio per questo i fondi sauditi hanno capito che è il momento per cavalcare l’onda e provare ad entrare con forza. La sensazione è che quello che oggi raccontiamo dell’annata tennistica possa cambiare in modo radicale, e potrebbe accadere anche abbastanza velocemente. I tennisti sono ovviamente i veri protagonisti. Il rischio imprenditoriale è dei tornei, della gestione ATP e degli Slam, ma la volontà e le crescenti richieste dai giocatori potrebbero spingere alla rivoluzione, visto che i denari sul tavolo oggi “ci sono”…
    Da un lato è vero che nessun altro sport al mondo così impegnativo come sul piano fisico – e con l’aggravante dei viaggi continui tra un continente all’altro – ha una stagione lunga quanto quella tennistica. Si è sempre giocato molto, anche in passato, ma le condizioni erano diverse e il fisico degli atleti era sottoposto a stress minori. La durezza della competizione, partite sempre più lunghe, quel che il tennis di vertice richiede al corpo dei tennisti è davvero al limite, lo si vede anche dai tantissimi infortuni pure in atleti molto giovani, una tendenza crescente e allarmante. In questo la richiesta dei tennisti è centrata, fondata e deve essere ascoltata. O si cambia qualcosa nel gioco, per renderlo meno duro per il corpo dei tennisti, o accorciare la stagione è una svolta da non rimandare. Dall’altro lato tuttavia fioccano esibizioni a destra e a manca. C’è la novità della super esibizione in Arabia Saudita (sempre lì, tanto per cambiare…), e anche questa UTS, dalla quale Bublik parla. Già, il kazako chiede di giocare di meno, però dopo aver vinto a Montpellier vola ad Oslo per un’esibizione invece di riposarsi e prepararsi al torneo di Rotterdam. Qualcosa, non quadra anche dal loro lato…
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    Rune, Becker e… la fretta, a generare caos

    Rune in allenamento a Torino con Becker (foto M.Mazzoni)

    “La fretta è una cattiva consigliera”. La saggezza popolare quasi mai mente. Affrettare i tempi, non essere in grado di pazientare per compiere i passi giusti, difficilmente ti permette di arrivare lontano, o rende il viaggio scomodo, periglioso. Il turbinio di fatti, parole e cambiamenti nella vita sportiva di Holger Rune delle ultime settimane sembrano aver una linea comune nella sua fretta di arrivare in cima, dove sono sbarcati Alcaraz e Sinner, dove anche il danese vuole assolutamente arrivare. In fretta. Avvolgiamo il nastro dei ricordi di qualche mese, cercando di capirci qualcosa.
    Torino, ATP Finals. Chi scrive ha avuto la fortuna di assistere a bordo campo ad alcuni allenamenti di Holger, con il suo team al completo e mamma al seguito. Ne avevo già scritto nel corso del (bellissimo) torneo, ma il focus del racconto era sul gioco, su quel che Boris stava cercando di comunicare al suo giovane pupillo nelle prime settimane di lavoro insieme. C’era enorme curiosità per vederli all’opera, perché il tedesco è personaggio complesso ma mente fina nel vedere e analizzare il gioco, mentre Holger ha innata quella baldanza un po’ spaccona del “ora ti faccio vedere io”, con una mamma un tantino invadente sempre presente. Un triangolo scaleno, a dir poco esplosivo… E infatti, è esploso. Perché? 
    Quel che ricordo distintamente delle ore di training è la cura di Becker nel dettaglio. Alla fine di ogni sessione di palleggio, il campione di Wimbledon era prodigo di parole per Holger, sulla chiusura del colpo con la mano sinistra sul rovescio, sull’equilibrio al momento dell’impatto della risposta, su come caricare la racchetta al servizio. E via dicendo. Parole precise, dettagli che fanno da differenza. Rune ascoltava, forse. Non un cenno d’intensa, quasi mai un’occhiata sullo sguardo di Boris. Una comunicazione importante, ma a senso unico. Senza uno scambio. Solo scambiando pareri e sensazioni si cresce, il confronto è sempre necessario. Attenzione: magari Holger era poi un fiume in piena fuori dal campo, questo lo scrivente non può saperlo… ma era abbastanza netta la sensazione di un giovane pronto a spaccare la palla ad ogni colpo, meno ad ascoltare. Ancor più stridente il quadretto quando il danese si sedeva in panchina a bere e rifiatare. Con mamma, in rigoroso danese non comprensibile ai forestieri, dialoghi continui, con gesti di colpi e movimenti. Boris restava nei pressi della rete, a testa china sulle corde della sua racchetta. Evidentemente pensieroso. A vederlo così, pure un po’ zoppicante per i postumi delle sue caviglie martoriate da troppi scatti gladiatori da giocatore, sembrava triste. Quasi un ospite non desiderato. Affermazione un po’ forte, ma c’era la sensazione che questo triangolo non avrebbe funzionato.
    Facile pensare che sia stata mamma Aneke a spingere la rottura. Trapela dalla Danimarca che invece è tutta farina di Becker e soprattutto di Holger, tanto che mamma ha pure fatto un passo indietro, affidando la cura del figlio al colosso del management IMG, da pochi giorni responsabile dei contratti, scelte e mille cose del giovane top10, comunicazione inclusa. Holger ha scelto di svoltare, che il rapporto con Boris non funzionava, come quello a dir poco effimero con Luthi, durato il tempo di un brunch domenicale.
    Holger in una dichiarazione sui social scrive: “Dopo la fine del rapporto con Christensen, che durava da circa 15 anni, ho provato diverse soluzioni. In questo periodo ho capito cose mi serve per stare bene e per crescere tennisticamente come voglio. Per coltivare le mie ambizioni ho bisogno di avere al mio fianco professionisti che condividano la mia stessa visione. Persone di cui io mi possa fidare ciecamente, che siano sempre a mia disposizione. Questo è quel di cui ho bisogno affinché mi senta sicuro. Detto, tutto questo, ringrazio di cuore Lars, Severin e Boris: vi voglio bene”.
    Una dichiarazione d’intenti forte: si fa come dico io. Voglio qualcuno al fianco che mi aiuti, ma io ho il comando delle operazioni. In questo si spiega facilmente perché Boris ha mollato: pretendeva di metterci del suo, di spiegare a questo talento acerbo come sgrezzarsi, come tagliare zavorre per decollare. Come cambiare. Sicuramente Rune non condivideva il punto di vista di Becker, e addio è stato. Poco importa che il tedesco abbia fatto il primo passo, come il tutto si è rotto non lo sapremo mai. Quel che conta è che Rune ha scelto di correre con la sua visione, con la propria testa. E ha voglia di recuperare il tempo perduto rispetto ad Alcaraz prima e Sinner poi, rivali che oggi vede da lontano e che vuol disperatamente raggiungere.
    Il suo 2023 è stato ricco di alti e bassi, guastato da problemi alla schiena arrivati sulla terra battuta e che l’hanno penalizzato fino all’autunno. Difficile raccogliere ottimi risultati con un tennis muscolare come il suo senza essere a posto fisicamente. Ma lui ha forte, fortissimo in testa il suo autunno 2022. Quello dell’esplosione, quando ha randellato a destra e a manca spiazzando ogni rivale. Compiendo un record storico a Bercy, quando ha battuto 5 top10 in un torneo, roba pazzesca. Quel torneo, quel suo tennis, è la sua pietra angolare, è dove vuole essere. Non accetta di non esser più quello, che altri hanno fatto meglio e l’hanno superato. Lo si vede da tante piccole cose, come il disgraziato post social nel quale metteva con un cerchio rosso il campo periferico a US Open, rispetto alle grandi arene assegnate a Jannik e Carlos. Beh, in quel campo “dimenticato da Dio”, poi Holger c’ha lasciato le penne, quindi gli organizzatori del torneo non c’avevano visto poi così male…
    Questo piccolo episodio è uno dei vari nel quale il danese ha mostrato insofferenza per risultati non in linea con le sue aspettative. Questo il vero nocciolo del problema: forse è necessario che qualcuno, mamma (ma si è tirata indietro?), il nuovo coach, il nuovo management, faccia capire a Holger che ha tutto il potenziale per arrivarci lassù, magari scalzare pure Jannik e Carlos, ma che serve il tempo per curare al 100% il fisico, migliorare vari aspetti del suo gioco, ancora troppo altalenante e carente in alcune fasi, e la sua mentalità, ancora troppo rabbiosa e poco stabile. Forse proprio l’esempio di Sinner dovrebbe illuminarlo. Jannik è arrivato doveva voleva arrivare, a vincere tornei top e battere uno dopo l’altro tutti i top. Ma… ha faticato, ha capito dove non andava bene, si è preso il tempo per sbagliare e migliorare. Con questa fretta di farcela, Rune può solo incancrenire frustrazioni e problemi che, per un carattere un po’ “fumino” come il suo, rischiano al contrario di rallentare ancor più la sua scalata. Del resto, un ancestrale detto nei nativi americani recita “Chi corre sempre, saprà sempre meno cose di colui che resta calmo e riflette”. Già, la saggezza popolare…
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    ATP 250 Marsiglia: Musetti esce di scena, secca sconfitta contro Machac

    Lorenzo Musetti a Marsiglia

    Lorenzo Musetti non ripete la buona prestazione dell’esordio all’ATP 250 di Marsiglia ed esce di scena al secondo turno, battuto nettamente dal ceco Tomas Machac (23enne, n.66 ATP). Lo score conclusivo, 6-3 6-2 in poco meno di un’ora e mezza di gioco, è specchio piuttosto fedele di una partita comandata dal ceco, bravo a tenere in mano i ritmi di gioco sia nei suoi game di servizio (sostenuto da una battuta discretamente efficace) che in risposta. Proprio la risposta di Machac ha creato enormi problemi all’azzurro: il ceco ha trovato con continuità palle profonde, spesso nei piedi del toscano, incapace di rigiocarle con efficacia e così costretto a perdere campo e rincorrere. Il modesto 39% di punti vinti con la seconda di servizio rivela quando Lorenzo abbia subito in questa fase di gioco, ma in generale non è riuscito a confermare quel che aveva mostrato nell’incontro di lunedì scorso nel torneo, la vittoria su Marterer.
    Anche oggi Musetti ha cercato di stazionare piuttosto vicino alla riga di fondo, per non aprire troppo il campo al rivale, ma l’atteggiamento molto aggressivo di Tomas e la sua facilità nell’impattare in anticipo gli ha consentito di governare la maggior parte degli scambi, forzando errori da parte dell’italiano. Anche in risposta Musetti c’ha provato, quasi mai ha stazionato molto dietro, ma i colpi perlopiù bloccati sono stati facile preda del rivale, davvero rapido con i piedi nel cercare la palla e attaccare. Inoltre Musetti ha subito molto gli attacchi con il diritto cross di Machac, un colpo davvero efficace gli ha aperto il campo per il successivo affondo o chiusura di volo.
    Seguendo l’incontro, è stata netta la sensazione di un Lorenzo che è sceso in campo provando a seguire un piano di gioco piuttosto aggressivo, ma non c’è riuscito per la maggior spinta e anticipo dell’avversario, e non è stato in grado di trovare una contromossa per ribaltare la situazione. Il non sfruttare le palle del contro break nel secondo set ha di fatto chiuso la partita. Lì poteva spingere di più, invece è rimasto ad attendere e il rivale non gli ha regato niente.
    Il primo set scorre sui turni di servizio. Machac salva un terzo game combattuto, ben dieci punti ma senza concedere palle break. Sul 3-2, è Musetti in difficoltà per la prima volta nel match, con il servizio che non lo aiuta affatto. Da 40-15 il gioco si complica, perde 4 punti di fila e concede una palla break. La cancella, ma niente può sulla seconda chance per il ceco, che con un bell’attacco e chiusura di volo strappa il break all’azzurro, portandosi 4-2. Cerca un’immediata reazione Musetti, rischia in risposta e provoca due errori di Tomas, per lo 0-30. Il ceco non si scompone, spinge col diritto e porta il game ai vantaggi. È preciso col diritto Machac, soprattutto col lungo linea. Musetti cerca di stazionare piuttosto vicino alla riga di fondo, ma subisce la profondità del palleggio del rivale, che vola 5-2. Nell’ottavo gioco Lorenzo ritrova la prima palla, e la musica cambia, comanda e chiude con il diritto un paio di ottimi scambi (3-5). Machac comanda il ritmo di gioco, spinge con sicurezza e chiude al primo set point sul 40-30 con un’accelerazione di rovescio lungo linea perfetta. Ha provato in risposta l’azzurro a togliere il comando delle operazioni al ceco, ma nonostante un tocco splendido non è riuscito a romperne il gran ritmo.
    Musetti scatta alla battuta nel secondo set, è subito in difficoltà. Machac risponde bene e comanda con colpi molto profondi, spostando l’azzurro a rincorrere a destra con due diritti cross molto aggressivi. Affronta due palle break Lorenzo sul 15-40. Un errore di diritto in scambio, davvero gratuito visto che la traiettoria era centrale, costa a Musetti un doloroso break in apertura. Inaspettato, arriva un aiuto dal ceco: prima un doppio fallo, poi un diritto sparacchiato malamente lungo, errori che gli costano il 15-40. Sfrutta la seconda palla break Lorenzo, punendo un tentativo di serve and volley del rivale un po’ spericolato. 1 pari. La scarsa fiducia di Musetti in questo periodo si vede nel terzo game sul 30 pari, sbaglia un tocco a un metro dalla rete per lui banale vista la sensibilità della sua mano. Gli costa un’altra palla break. Rapido Machac a guadagnare campo col diritto e chiudere con un comodo smash, di nuovo avanti 2-1 e servizio. La bagarre continua: crolla di nuovo sotto 0-40 il ceco, ma con coraggio si butta avanti e annulla le tre palle break. Completa la rimonta con un Ace, che fa volare Tomas 3-1. Un po’ passivo Musetti nelle palle break, ben giocate dal ceco, ma un po’ timide le risposte, era il momento di spingere di più. Il momento negativo continua per l’azzurro, che subisce l’aggressività in risposta del rivale e concede un secondo break sul 15-40, per il 4-1 Machac. Cerca una reazione l’azzurro, rischia l’attacco, la risposta a tutta e il rovescio vincente lungo linea, ma sono tentativi tardivi. Con un Ace Tomas annulla una palla break all’italiano e si porta 5-1 grazie all’efficacia del servizio, e chiude senza problemi l’incontro per 6-2, con l’ennesimo diritto vincente in avanzamento. Una vittoria meritata per Machac, che continua il suo buon momento di forma, al contrario di Musetti, ancora incapace di svoltare dal suo periodo negativo.
    Marco Mazzoni

    Tomas Machac vs [6] Lorenzo Musetti ATP Marseille Tomas Machac66 Lorenzo Musetti [6]32 Vincitore: Machac ServizioSvolgimentoSet 2T. Machac 15-0 ace 30-0 40-0 ace5-2 → 6-2L. Musetti 15-0 30-0 40-0 40-155-1 → 5-2T. Machac 0-15 15-15 30-15 40-15 40-30 40-40 40-A 40-40 ace A-40 ace4-1 → 5-1L. Musetti 15-0 15-15 15-30 15-403-1 → 4-1T. Machac 0-15 0-30 0-40 15-40 30-40 40-40 A-40 40-40 A-40 ace2-1 → 3-1L. Musetti 15-0 15-15 15-30 30-30 30-401-1 → 2-1T. Machac 0-15 15-15 15-30 df 15-40 30-40 ace1-0 → 1-1L. Musetti 15-0 ace 15-15 15-30 15-400-0 → 1-0ServizioSvolgimentoSet 1T. Machac 0-15 15-15 15-30 30-30 40-305-3 → 6-3L. Musetti 15-0 30-0 30-15 40-155-2 → 5-3T. Machac 0-15 0-30 15-30 30-30 40-30 40-40 A-404-2 → 5-2L. Musetti 15-0 15-15 30-15 40-15 40-30 40-40 40-A 40-40 40-A3-2 → 4-2T. Machac 0-15 15-15 15-30 30-30 40-302-2 → 3-2L. Musetti 0-15 15-15 30-15 40-152-1 → 2-2T. Machac 15-0 15-15 30-15 40-15 40-30 40-40 A-40 40-40 A-401-1 → 2-1L. Musetti 15-0 30-0 30-15 40-15 ace1-0 → 1-1T. Machac 15-0 30-0 30-15 30-30 40-300-0 → 1-0
    Statistiche di Tomas Machac 🇨🇿:– **Serve Rating:** 281– **Aces:** 6– **Double Faults:** 1– **First Serve:** 45/66 (68%)– **First Serve Points Won:** 29/45 (64%)– **Second Serve Points Won:** 12/21 (57%)– **Break Points Saved:** 5/6 (83%)– **Service Games Played:** 9– **Return Rating:** 230– **First Serve Return Points Won:** 11/28 (39%)– **Second Serve Return Points Won:** 11/18 (61%)– **Break Points Converted:** 4/5 (80%)– **Return Games Played:** 8– **Service Points Won:** 41/66 (62%)– **Return Points Won:** 22/46 (48%)– **Total Points Won:** 63/112 (56%)
    Statistiche di Lorenzo Musetti 🇮🇹:– **Serve Rating:** 211– **Aces:** 2– **Double Faults:** 0– **First Serve:** 28/46 (61%)– **First Serve Points Won:** 17/28 (61%)– **Second Serve Points Won:** 7/18 (39%)– **Break Points Saved:** 1/5 (20%)– **Service Games Played:** 8– **Return Rating:** 106– **First Serve Return Points Won:** 16/45 (36%)– **Second Serve Return Points Won:** 9/21 (43%)– **Break Points Converted:** 1/6 (17%)– **Return Games Played:** 9– **Service Points Won:** 24/46 (52%)– **Return Points Won:** 25/66 (38%)– **Total Points Won:** 49/112 (44%) LEGGI TUTTO

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    Schwartzman: “In campo mi sento insicuro, ma riesco a godermi molte cose. Sul tour deve migliorare la vita dei giocatori”

    Diego Schwartzman (foto Getty Images)

    Diego Schwartzman è lentamente scomparso dai radar del grande tennis. Dopo anni di eccellenti risultati con vittorie di prestigio (ricordiamo quella su Nadal a Roma, per citarne una), il 31enne argentino è entrato in una crisi profonda che l’ha fatto scivolare addirittura fuori dalla top100 ATP. Quest’anno si è visto gli Australian Open da casa, dopo aver perso da Kudla al primo turno delle qualificazioni. Davvero uno smacco per un giocatore ancora sano dal punto di vista fisico e che solo due anni fa era a ridosso della top10, dopo esserci entrato nel 2020 (best di n.8). Tutto è iniziato nell’estate del 2022, quando da n.15 in classifica inanellò una serie di brutti risultati dopo Wimbledon, terminando quell’annata davvero male, 7 sconfitte di fila dopo US Open. In un’intervista raccontava di non aver cambiato praticamente niente nel suo tennis o routine di allenamento, ma una volta in partita il suo gioco non andava, spuntato in efficacia e intensità, esattamente i suoi marchi di fabbrica.
    Quando era al top, in campo sembrava un motorino instancabile, pronto ad aggredire ogni palla con velocità di piedi micidiale. Per sconfiggerlo dovevi sudare, tanto, non regalava mai niente a nessuno. Purtroppo la tendenza non si è invertita nel 2023, anno di risultati davvero modesti, che l’hanno portato anche a separarsi dal suo coach Chela. Con l’avvio della mini stagione su terra in America Latina, Diego è stato intervistato dal collega Jose Luis Domínguez sulle colonne del quotidiano di Buenos Aires La Nacion. Una bella intervista, a cuore aperto, nella quale Schwartzman non lesina critiche a se stesso, ma nemmeno all’ATP. Per l’argentino non c’è grande interesse nel rilanciare i tornei in Sud America, il focus ormai sono i mercati più ricchi ed emergenti. In attesa di vederlo in campo al Cordoba Open, dove debutta oggi contro Roman Burruchaga, figlio del campione del mondo di calcio con l’albiceleste a Mexico 86, riportiamo alcuni passaggi del pensiero di Diego.
    “Sto vivendo un momento particolare” racconta Schwartzman. “Da un lato sto imparando a godermi tutto ciò che sono riuscito a realizzare senza averlo immaginato. In molti momenti della mia carriera mi sono convinto che avrei potuto realizzare delle cose e che avrei potuto farle molto bene, ma non ero riuscito a godermi tutto ciò. È qualcosa di molto personale, penso che accada alla maggior parte degli atleti, che nel turbinio dello sport e della vita di tutti i giorni, diventa difficile fermarsi, godersi i traguardi raggiunti e ripensare da dove si proviene. Ora sono in un momento in cui mi sto godendo molte delle cose che ho grazie al tennis, giorno dopo giorno con le persone che mi circondano. Nello sport sta accadendo il contrario: è un momento complicato, sto vincendo poche partite, sentendomi più insicuro in campo, non mi accadeva da tanti anni. Penso che siano processi normali, in un’età in cui cominci ad avere tutte quelle analisi dentro la testa e cerchi di prendere altre strade. Sono più o meno a quel punto della mia vita”.
    Più pressione oggi o quando era top10? “Né più, né meno. Entro in campo e se perdo è una pugnalata. Non la prendo diversamente né per come sono andate le cose negli anni precedenti, né per la mia età, né per quello che posso avere al di fuori del tennis. Ti direi anche che fa più male, perché l’anno scorso ho fatto molte più cose di quelle che avevo fatto per uscire da un periodo negativo ed è stato il contrario, ogni giorno mi costava un po’ di più. Ma, al tempo stesso, ho sempre ben chiaro che lo sforzo che io e la mia squadra stiamo facendo è sempre al limite, cercando il modo migliore per uscire da un brutto momento. Oggi mi fa ancora male perdere e mi godo la vittoria come prima”.
    Molto sincere le parole dell’argentino relative alla competizione, alla classifica, al livello di gioco: “La classifica non mente mai, tanto meno nel tennis per come è fatta, il che è abbastanza crudele. Non mente. Se vinci le partite, sali; se perdi, torni indietro; se ti infortuni, vai indietro. L’unico modo per salire è vincere le partite. E possono dirmi: eri 8 al mondo, eri questo, eri quello. E adesso sono sotto al n.100 perché è la classifica che mi merito. Questo mi è sempre stato molto chiaro, motivo per cui non mi ha influenzato molto”.
    Realista, ma non pessimista, Diego ha voglia di riprendersi: “Ho sempre vissuto la mia carriera come un lavoro. Se sono in un brutto momento, cosa faccio, smetto? No, non ho intenzione di smettere. L’errore che avrei potuto fare era quello di lasciare quel che avevo sempre fatto. Faccio già molto e volevo fare di più. E questo, quando entri in un periodo negativo, non ti permette di pensare o analizzare le ragioni di ogni momento. Ed era la prima volta che mi succedeva in sei o sette anni. È stata un’esperienza di apprendimento. Ho iniziato a giocare più di quanto avessi giocato, per rompere gli schemi, per uscire dallo schema che avevo. Quando ho avuto di nuovo un calendario fisso, negli ultimi tre o quattro mesi dell’anno scorso, e mi sono organizzato senza pensare se vincevo o perdevo, dove avevo le mie settimane per allenarmi bene e prepararmi, è stato allora che le cose sono andate meglio. Sono sempre stato un giocatore che non si salva grazie a un servizio, non mi salva un colpo vincente, io ho bisogno di tre o quattro cose che funzionano assieme, e di essere ben allenato e ben preparato“.
    Nella parte finale dell’intervista, Diego parla dei tornei, dei soldi e delle difficoltà di chi non è tra i top player, di quello che a suo dire potrebbero fare i tornei e l’ATP per migliorare la vita dei professionisti. Schwartzman ripete più volte che un giocatore al 100 del mondo è un grandissimo professionista, il centesimo miglior atleta di uno sport globale, e per questo si meriterebbe di più rispetto a quello che ottiene, non solo come denaro ma anche come aiuti e attenzione. “Il tennis è uno sport, in termini di regole e condizioni, in cui tutti devono avere una prospettiva diversa. Alcuni credono che ci siano meno opportunità per chi è ai primi passi sul tour ATP, per altri è un bene per promuovere solo i tornei più grandi. Ciò con cui non sono completamente d’accordo sono gli standard del tennis. C’è molto margine di miglioramento. Dove? Parlo di quello che il torneo deve dare al di là della parte economica. I tornei si concentrano sul pagamento di buoni premi in denaro, poi vediamo come risolvere tutto il resto. Ed è qui che il servizio ai giocatori potrebbe migliorare. Cosa? Intanto le strutture, come e dove allenarsi, i pasti. È secondario per un giocatore che è tra i primi 30 o 40? Sì, nessuno di loro avrà problemi a pagare un pasto in più, una stanza in più, un giorno in più. Ora, chi è un passo più indietro, chi entra per la prima volta nella Top 100, deve pensare se può viaggiare con un preparatore atletico, se viaggia con un fisioterapista, se viaggia in buona compagnia, perché il torneo non li aiuterà in nessun tipo di struttura per la sua squadra, mi sembra una follia. Chiunque sia all’80°, 90° o 150° posto e abbia l’opportunità di giocare tornei più grandi, dovrebbe avere gli strumenti per svolgere bene il proprio lavoro. E stiamo parlando di uno sport in cui sono presenti i migliori dell’élite. È qui che c’è molto margine di miglioramento. Poi entri nell’economia di ogni torneo, qualcosa che molti di noi non conoscono e ogni torneo è particolare. Ma secondo questi standard, per i giocatori di seconda o terza linea, i tornei hanno spazio per aiutarli molto di più, è lì che dovrebbero crescere”.
    “Il mondo arabo nel tennis? Guarda, questo è un altro punto. All’ATP interessa poco, o non presta attenzione, al tour sudamericano, il tour sulla terra. L’ATP non concede molte agevolazioni quando Buenos Aires cerca di diventare un torneo 500, per migliorare. È come se ci fossimo dimenticati del mondo in questo senso, ma accade perché compaiano altre regioni con tanti soldi, senza nominare nessuno in particolare. Penso che sia un bene per tutti. Non vedrò mai nulla di negativo nel generare tornei e possibilità. Successivamente ogni giocatore sceglierà cosa fare, se andarci o preferire un altro tour, se preferire la parte economica o quella competitiva. Quando ci sono più possibilità sono situazioni positive per i giocatori, a prescindere dalla regione, ma è indubbio che si faccia poco per il tour in Sud America” conclude Diego.
    Tanti temi, e parole che trasmettono dolore e passione. Quella che ha spinto un ragazzo minuto, senza soldi, senza un team forte, senza aiuti esterni, a scalare montagne per cavalcare il suo sogno, diventare un buon professionista. Vendeva collanine di plastica con la madre per racimolare qualche soldo per allenarsi. È stato gran viaggio quello di Schwartzman, gli auguriamo di godersi ancora la propria passione per il tennis. Nonostante tutto.
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    Lindsey Vonn applaude Sinner: “Mi ricorda Roger”

    Jannik insieme a Lindsay sulle nevi delle Dolomiti

    Quando condividi una grande passione è facile stringere una bella amicizia. E fra campioni ci s’intende molto, molto bene. Così è nato il curioso legame tra Jannik Sinner e la leggendaria sciatrice statunitense Lindsay Vonn. “Galeotta” fu la neve e gli splendidi panorami delle Dolomiti, le montagne che Jannik Sinner si porta sempre nel cuore e che ha lasciato con tanta nostalgia oltre 10 anni fa per inseguire il sogno di diventare un grande tennista spostandosi prima a Bordighera, poi a Monte Carlo. Ma appena la stagione glielo consente, Jannik corre nella sua Sesto Pusteria, a ritrovare panorami cari, la sua gente, quelle montagne innevate sulle quali ha mosso i primi passi come sciatore. Proprio sulle nevi di casa un paio d’anni fa Sinner ha avuto il piacere di sciare insieme a Vonn, mantenendo poi a distanza un bel rapporto con la campionessa olimpica e mondiale del Minnesota, ritiratasi dalle competizioni nel 2019 dopo aver vinto praticamene tutto quello che c’era da vincere.
    Dopo il grande successo di Sinner agli Australian Open, Lindsay ha parlato di Jannik, del loro rapporto e della grande stima che nutre per lui. Fin dalla loro conoscenza datata 2022, Vonn ha immediatamente capito che questo magro ragazzo italiano era speciale, aveva qualcosa di diverso che l’avrebbe sicuramente portato a diventare un campione. Intervistata dal sito ATP, Vonn così ha parlato di Jannik, ricordando i loro momenti insieme e spiegando cosa lo rende uno sportivo d’eccellenza, uno che le ricorda Roger Federer.
    “Ho sempre pensato che fosse un ragazzo davvero speciale e il fatto che fosse un ex sciatore ci ha portato ad avvicinarci ancor più” racconta Vonn. “È un ragazzo piuttosto timido, ma davvero umile e sempre gentilissimo. Penso che abbia una prospettiva corretta sullo sport e credo che, in una certa misura, parte di questa derivi anche dall’aver pratico lo sci. Ne abbiamo parlato parecchie volte”.
    “È semplicemente un grande atleta, molto intelligente e non mi sorprende che abbia vinto l’Australian Open. Pensavo che sarebbe riuscito a raggiungere un risultato del genere anche prima, ma è qualcuno che resterà in circolazione per molto tempo. E mi ricorda davvero Roger, a dire il vero“.
    Per l’americana quello in cui Sinner le ricorda Federer è il modo in cui affronta la pressione. “Se è sotto pressione e deve servire, ha un match point o qualcosa del genere, la prospettiva è che se sbaglia il punto, non succederà nulla. Non è come nello sci, dove se non prendi la curva a destra cadi e potresti farti molto male. Ma ha lo stesso tipo di coraggio con cui mette tutto in gioco, qualunque sia la situazione. E quella prospettiva penso sia davvero diversa da quella della maggior parte delle persone e degli atleti, lui la usa a suo vantaggio”.
    “Sulla neve se commetti un errore sei nei guai, il che è qualcosa che ho davvero amato. Amavo il rischio, amavo andare veloce, l’adrenalina e tutte quelle cose”, continua Vonn. “Ma è uno sport molto pericoloso e mi è costato caro. Ho subito più di 10 interventi chirurgici, ho sempre detto a Jannik: ‘Hai scelto lo sport giusto, pratichi uno sport molto più sicuro’. Sento che lui vive la stessa adrenalina”.
    La coppia ha sciato insieme una volta, e anche hanno anche giocato a tennis. “È stato davvero bello, anche se le mie capacità tennistiche non erano eccezionali, devo dire, a quel tempo…” commenta Lindsay

    Hosting Lindsey and skiing near my hometown is something that l’ll treasure for a long time. It’s hard to put into words how truly special it was for me to spend the day and ski with one of the greatest to ever do it ⛷️ pic.twitter.com/P9MVYwLPnp
    — Jannik Sinner (@janniksin) October 16, 2022

    Sappiamo che da ragazzino Jannik era più di un discreto sciatore, ha vinto anche delle gare giovanili. Vonn si è divertita a descriverlo sulle piste innevate, dicendo: “È davvero alto, quindi più sei alto, più è difficile sciare. Ma penso che in fondo sia simile al suo tennis. È molto fluido ed elegante ed è in grado di eseguire carvate e curve davvero belle, sembra davvero farlo senza sforzo. In realtà ero piuttosto nervosa prima di iniziare a sciare con lui perché non volevo essere la ragione di un eventuale suo incidente sulla neve! Ma dopo averlo visto, mi sono subito tranquillizzata perché è molto abile ed è uno sciatore davvero elegante”.
    Solo due anni di conoscenza diretta, ma a detta dell’americana Jannik in questo periodo è maturato moltissimo. “Nei pochi anni che lo conosco, ho sicuramente visto crescere il suo livello di fiducia. Ne ha parlato e sta diventando sempre più forte fisicamente. È un uomo davvero alto e magro, sta sicuramente cercando di diventare più forte. Ma sta semplicemente maturando, sta crescendo e solo potrà migliorare. Sono entusiasta di vederlo continuare ad avere successo nella sua carriera, è un ragazzo fantastico” conclude Lindsay.
    Molti paragonano Jannik Sinner ad Alberto Tomba per impatto e popolarità raggiunta. Chissà che una volta Jan e Albertone possano condividere qualche momento sulla neve. Nella press conference nella nuova sede della FITP Jannik ha affermato “mi piacerebbe una volta sciare con lui”.
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    La principessa saudita Reema risponde a Evert e Navratilova: “Osteggiano le WTA Finals da noi su stereotipi superati”

    Reema Bandar Al Saud (foto WEF24)

    Mentre la WTA “nicchia”, con le Finals di fine 2024 ancora senza una sede ufficiale, non si placa la polemica relativa alla possibilità – per molti osservatori assai concreta – che l’evento possa svolgersi già quest’anno in Arabia Saudita. Molte giocatrici hanno detto seccamente di non voler giocare in Arabia, viste le condizioni delle donne nel paese, e due icone del tennis rosa come Chris Evert e Martina Navratilova si sono spese in prima persona per sensibilizzare il mondo del tennis contro questa ipotesi. L’hanno fatto poche settimane fa in modo congiunto con un accorato e importante articolo pubblicato sul Washington Post, nel quale hanno dettagliato i molti temi sociali che ostano a questa possibilità, ritenuta un contro senso assoluto per i diritti delle donne. Non si è fatta attendere una risposta ufficiale a questa dura posizione: si è scomodata addirittura la Principessa saudita Reema Bandar Al Saud, attualmente ambasciatrice del suo paese alle nazioni unte, parlando di concetti errati, basati solo su stereotipi superati.
    Il gigante del medio oriente è sbarcato con forza nello sport, e da tempo ha messo gli occhi anche sul tennis, organizzando lo scorso anno per la prima volta un torneo ufficiale, le NextGen ATP Finals. Nonostante le dichiarazioni di facciata, gli spalti del torneo sono stati discretamente vuoti e l’interesse per l’evento, per prima volta spostato da Milano, assai minore rispetto al passato. Forse le Finals U21 hanno perso un po’ di smalto e appeal dopo l’effetto novità, anche per via di una formula che ormai è già vista, ma anche il cambio di sede non ha certamente giovato. I ricchissimi fondi sauditi tuttavia puntano assai più in alto, desiderando le ATP Finals una volta che sarà terminato il contratto con Torino, quindi un Masters 1000 magari di inizio stagione come tappa di avvicinamento all’Australia, ma anche le Finals femminili, evento che necessita di un grande rilancio dopo annate davvero disastrose tra Cancun e Fort Worth.
    L’ipotesi del tennis femminile di vertice in un paese nel quale le donne stentano nel godere di libertà e diritti basilari è considerato da molti un contro senso, e questo ha innescato una forte campagna contraria. In risposta a queste polemiche, la principessa Reema ha rilasciato una dichiarazione in cui difende i piani sul tennis femminile nel suo paese, implorando Evert e Navratilova di “chiarire le proprie posizioni”. Riportiamo la dichiarazione di Reema dal media The National.
    “Come donna che ha dedicato la sua vita alla causa delle donne, mi ha addolorato profondamente leggere un articolo sul Washington Post che si opponeva al fatto che l’Arabia Saudita possa ospitare finali della Women’s Tennis Association, basandosi su argomenti che sono stereotipi obsoleti e visioni occidentali della nostra cultura” scrive Reema.

    To those who seek to deny our women the same opportunities of others, what I hear clearly is that there is no seat for us at their table. But we welcome you at ours.
    A response to:https://t.co/8Bbvm4LHUG pic.twitter.com/JuIqMTTNht
    — Reema Bandar Al-Saud (@rbalsaud) January 30, 2024

    “Non riconoscere i grandi progressi che le donne hanno fatto in Arabia Saudita denigra il nostro straordinario viaggio. Come molte donne in tutto il mondo, abbiamo guardato alle leggende del tennis come pioniere e modelli di comportamento… barlumi di speranza che le donne possano davvero raggiungere tutto ciò. Ma queste campionesse hanno voltato le spalle proprio alle stesse donne che hanno ispirato e questo è deludente.”
    Nell’articolo “incriminato” di Evert e Navratilova, si scrive che le donne in Arabia Saudita “non sono viste come uguali, è un paese in cui il panorama attuale include una legge sulla tutela maschile che essenzialmente rende le donne proprietà degli uomini“. Questa la risposta della principessa Reema: “Su questo, lasciatemi semplicemente dire: chiarite i fatti. Ciò che viene spesso definito “tutela” non descrive più lo status delle donne saudite oggi. Le donne non hanno bisogno dell’approvazione di un tutore per viaggiare, lavorare o essere capofamiglia. Oggi, le donne saudite possiedono più di 300.000 imprese e circa il 25% delle start-up di piccole e medie dimensioni, il che è circa la stessa percentuale degli Stati Uniti. Le donne in Arabia Saudita ora godono della parità di retribuzione, aprendo la strada verso qualcosa che dovrebbe essere universale. Anche se c’è ancora del lavoro da fare, i recenti progressi a favore delle donne, l’impegno delle donne sul posto di lavoro e le opportunità sociali e culturali create per le donne sono davvero profondi e non dovrebbero essere trascurati”.
    Rivolgendo la sua attenzione allo sport femminile in Arabia Saudita, la principessa Reema ha dettagliato l’enorme crescita: “Oggi non abbiamo solo leghe e federazioni sportive femminili, ma abbiamo anche più di 330.000 atlete iscritte, di cui 14.000 giocano attivamente a tennis. Abbiamo migliaia di allenatrici, mentori, arbitri e medici sportivi donne. Le donne partecipano a competizioni sportive locali, regionali e internazionali. E vincono. Eppure è in questo momento in cui sentiamo voci provenienti da oltreoceano – anche da coloro che onoriamo e con cui accoglieremmo volentieri – che ci considerano tutte vittime e senza voce, i cui desideri dovrebbero essere relegati ad argomenti politici di tendenza in favore dell’esclusione. Ciò non solo mina il progresso delle donne nello sport, ma purtroppo mina anche il progresso delle donne nel loro insieme.”
    “A coloro che cercano di negare alle nostre donne le stesse opportunità di cui godono gli altri, dico che quello che sento forte e chiaro è che non c’è posto per noi alla loro tavola. Ma accoglierò voi alla mia perché il mio tavolo non è limitato da opinioni politiche, confini, razza o geografia. E spero che accettino il mio invito a sedersi al mio tavolo e incontrare le donne che forse non avevano intenzione di ispirare. In qualità di presidente del Comitato femminile olimpico e paralimpico saudita e membro della Commissione di genere, uguaglianza e inclusione del Comitato olimpico internazionale, ho la responsabilità di condividere la nostra storia con il mondo, non per ottenere l’approvazione, ma per un dialogo produttivo, per combattere per la nostra causa comune, non solo in Arabia Saudita, ma in altri luoghi dove le donne non si accontentano più di sedersi in disparte.”
    Questo il secco messaggio che la principessa saudita rivolge non solo a Martina e Chris, ma tutto il mondo della racchetta e non solo.
    La questione resta molto aperta, discretamente spinosa. Nonostante le parole di apertura della principessa, c’è scetticismo su quanto tutto ciò sia solo una “facciata” per avvicinarsi al mondo occidentale, o al contrario racconti davvero quel che accade quotidianamente nella vita delle donne nel paese arabo, con importanti passi in avanti. L’unica via per superare queste barriere culturali è la conoscenza: viaggiare, conoscere, capire e così valutare veramente quale sia la condizione di una donna “normale” in Arabia Saudita. Se le parole della principessa rispecchiano la realtà, portare nel paese esempi virtuosi di donne forti e vincenti grazie allo sport, libere di viaggiare e vivere la propria vita, potrebbe rappresentare un ulteriore stimolo al progresso sociale.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO