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    Sinner punta alla vittoria nel Masters 1000 successivo al primo trionfo Slam. Sarebbe il quinto a riuscirci

    Jannik Sinner (foto Getty Images)

    Mancano pochi giorni al ritorno in campo di Jannik Sinner al Masters 1000 di Indian Wells. L’azzurro dopo la vittoria a Rotterdam, secondo titolo di un 2024 per lui ancora immacolato, si è preso alcuni giorni di riposo e allenamento nella sua Monte Carlo, allenandosi anche insieme a Matteo Berrettini sui campi del Country Club. C’è grande attesa per ammirare il tennis consistente e sempre più vincente dell’azzurro nel torneo 1000 diventato il più ambito nella stagione, un evento che grazie agli enormi investimenti di “Mr. Oracle” si è assai avvicinato per qualità a uno Slam. Lo scorso anno Sinner in California si fermato in semifinale, sconfitto in due set da Carlos Alcaraz. Quest’anno molti lo vedono vincitore, ma la competizione sarà altissima. Dopo l’assenza dovuta ai problemi per la mancata vaccinazione anti-covid, anche Novak Djokovic sarà della partita, e dopo lo smacco subito da Jannik a Melbourne tutti si aspettano un serbo super motivato a riaffermare la propria leadership.
    Attualmente Sinner vanta un record nel 2024 di 12 vittorie e nessuna sconfitta. Se l’azzurro riuscirà nell’impresa di vincere a Indian Wells, diventerà il quinto giocatore a trionfare nel Masters 1000 successivo al primo trionfo in uno Slam. La categoria 1000 (ex Super 9 e poi Masters Series) è stata lanciata dall’ATP nel 1990. Da allora, sono soltanto 4 i giocatori capaci di imporsi in un evento di questa categoria dopo aver alzato il primo titolo Major in carriera.
    Nel 1992, Andre Agassi sorprese il mondo del tennis trionfando sull’erba di Wimbledon, un torneo che aveva inizialmente snobbato perché contrario alle stringenti regole dell’AELTC (dress code, ecc) ma anche perché il suo gioco non era esattamente ideale per le condizioni dell’erba “vera”, quella scivolosa e rapidissima. Andre dopo un esordio sorprendente a Londra nel ’91, visse due settimane magiche a Wimbledon ’92 battendo in una finale leggendaria Goran Ivanisevic. Forte di questo successo, il Kid di Las Vegas sbarcò a Toronto per l’Open del Canada, dove disputò un grande torneo battendo in finale Ivan Lendl in tre set. Fu il suo primo titolo del torneo, ne vincerà poi altri due.
    Nel 1995, Thomas Muster alzò il suo unico Slam a Roland Garros, coronando una carriera fantastica sulla terra battuta. Vinse in tre set la finale di Parigi su Michael Chang, e quindi dopo un’estate ricca di successi sul suo “rosso”, sbarcò in autunno ad Essen, indoor in Germania, sbaragliando la concorrenza (tra cui Sampras in semifinale!), e battendo nel match per il titolo Malivai Washington in quattro set. Uno dei successi più prestigiosi in carriera per l’austriaco, che al coperto non era esattamente nel suo territorio di caccia preferito.
    Nel 2005 il mondo della racchetta fu travolto dalla potenza di Rafael Nadal, che vinse il suo primissimo Roland Garros sbarazzandosi di Mariano Puerta in finale. Sbarcato in Nord America, lo spagnolo impose le sue terribili rotazioni su tutti i rivali, trionfando nell’Open del Canada a Montreal in finale su Andre Agassi. Fu il suo primo titolo vinto sul cemento, poi trionferà nel maggior evento canadese per altre quattro volte in carriera.
    Nel 2008 l’anno inizia con una finale Slam sorprendente: non Federer, dominatore dell’epoca, né Nadal. La finale degli Australian Open la giocano due giovani, il sorprendente Tsonga e il serbo Novak Djokovic, che conclude un torneo fantastico battendo in francese in quattro set e alzando il primo Norman Brookes Trophy, ne seguiranno altri 10 per lui! A inizio marzo, Novak vince anche a Indian Wells, superando in tre set Mary Fish in finale, primo dei suoi 5 titoli in California.
    Riuscirà Sinner a ripetere la doppietta Australian Open – Indian Wells del Djokovic 2008? Impresa possibile, ma tutt’altro che facile.
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    ATP annuncia una partnership con il fondo saudita PIF

    Il CEO Calvelli con Kevin Foster di PIF (foto ATPtour.com)

    Dopo tante voci e indiscrezioni, arriva la fumata bianca: i ricchissimi fondi sauditi entrano nel mondo del tennis Pro. Ma al momento, nessuna rivoluzione e circuito alternativo a quello ATP guidato dagli Slam, come si è parlato molto in queste ultime settimane, ma una partnership pluriennale proprio con il tour maschile. L’annuncio è arrivato con un comunicato pubblicato sul sito istituzionale ATP, che ufficializza un accordo con il Public Investment Fund (PIF), fondo d’investimento saudita, per una nuova partnership strategica pluriennale. “Un significativo impegno condiviso per migliorare il tennis globale per giocatori, tifosi, organizzatori di tornei e parti interessate a tutti i livelli di questo sport”.
    “L’importante partnership vedrà PIF diventare il naming partner ufficiale del ranking ATP, celebrando i percorsi e i progressi dei giocatori durante la stagione e sostenendo l’eccellenza mentre il numero 1 del mondo ATP di fine anno, presentato da PIF, viene incoronato alle Nitto ATP Finals. a Torino, Italia”, continua il comunicato.
    “PIF collaborerà con gli eventi dell’ATP Tour a Indian Wells, Miami, Madrid, Pechino e le Nitto ATP Finals, oltre alle Next Gen ATP Finals, ospitate a Jeddah fino al 2027. Dopo il lancio del programma Baseline dell’ATP all’inizio di quest’anno, PIF ha ulteriormente impegnato a sviluppare e sbloccare nuove opportunità per i giovani giocatori e iniziative sul percorso dei giocatori, fornendo un impulso significativo alla prossima generazione di stelle del gioco”.
    L’ATP così annuncia di aver trovato un partner forte (e assai stabile sul piano economico) in PIF per continuare a migliorare ogni aspetto della disciplina, “per elevare il futuro a lungo termine del tennis. PIF contribuirà attivamente al piano strategico OneVision di ATP, che si concentra sulla promozione dell’unità, sul miglioramento delle esperienze dei fan e sullo sfruttamento delle opportunità di crescita scalabili in tutto lo sport”.
    Massimo Calvelli, CEO di ATP, ha dichiarato: “La nostra partnership strategica con PIF segna un momento importante per il tennis. È un impegno condiviso per promuovere il futuro di questo sport. Con la dedizione di PIF alla prossima generazione – promuovendo l’innovazione e creando opportunità per tutti – il il palcoscenico è pronto per un nuovo periodo di progresso e trasformazione”.
    Mohamed AlSayyad, Head of Corporate Brand di PIF, ha dichiarato: “Mentre PIF espande il suo portafoglio di sponsorizzazioni innovative, il nostro impegno a “Investire in meglio” rimane incrollabile. Attraverso la nostra collaborazione con ATP, PIF sarà un catalizzatore per la crescita del tennis globale, sviluppare talenti, promuovere l’inclusione e promuovere l’innovazione sostenibile. Questa partnership strategica è in linea con la nostra visione più ampia di migliorare la qualità della vita dei tennisti e guidare la trasformazione dello sport sia in Arabia Saudita che nel mondo.”
    Secondo quanto riporta il comunicato, negli ultimi 4 anni il numero dei tesserati tennis in Arabia Saudita è aumentato del 46%, e l’idea del PIF è far crescere lo sport nel suo paese, facendolo diventare una delle discipline leader per i giovani sauditi.
    Quest’annuncio conferma l’ingresso dei ricchi fondi sauditi nel tennis, ma al momento in supporto ai piani di Gaudenzi e dell’ATP, non in modo alternativo. Vedremo i prossimi passi del governo del tour maschile, e quanto questi saranno influenzati da questo nuovo e potente partner. Per esempio, le Finals a Jeddah già dal 2026, o poco dopo? O intanto solo il nuovo Masters 1000 pre Australian Open di cui si parla da tempo?
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    Toni Nadal: “Rafa deve giocare assolutamente a Indian Wells. Sinner? Contro di lui è dura per tutti”

    Toni Nadal

    Toni Nadal è stato interpellato dal quotidiano iberico AS su vari temi d’attualità, dal prossimo rientro del nipote a Indian Wells, a un parere su Sinner e sul momento del tennis spagnolo. Secondo lo “zio” più famoso del tennis, Rafa necessita assolutamente di giocare se vuol tenere viva la speranza di essere protagonista a Parigi, sia in versione Roland Garros che giochi olimpici.
    “Rafa vittorioso a Parigi? Preferisco dire che per me vincerà. Poi vedremo. So che è difficile, ma cerco sempre di essere positivo e spero che mio nipote possa giocare un ruolo importante sia ai Giochi che al Roland Garros. Sta recuperando passo dopo passo, con entusiasmo nonostante la difficile ricaduta in Australia. Evidentemente le sue prime partite indicavano che stava giocando più o meno bene, e poi ha avuto questo piccolo fastidio. È stato un peccato, davvero. Ma le cose vanno accettate così come vengono”.
    “Se possibile che non sia l’ultimo anno? Impossibile dirlo ora. Questo dipenderà da come andrà l’anno, da come si sente fisicamente”
    Ecco le parole di Toni sulla necessità di competere: “Indian Wells lo deve giocare, sperando che vada tutto bene. Adesso ha bisogno di competere. Non ha scelta. Non lo fa da troppo tempo. E ovviamente, se non competi, non puoi essere preparato“. Una considerazione assolutamente corretta, visto il tennis di Rafa, che necessita di tanta intensità e di colpire tantissime palle per arrivare a puntino.
    Jannik Sinner, neo campione Slam, è ormai uno dei grandi competitor con Djokovic e Alcaraz: “Credo di si, è già uno in più per il vertice. In Sinner, d’ora in poi, Alcaraz avrà un rivale davvero tosto. Lo era già prima, ma dopo aver vinto in Australia ha ancora più fiducia. Penso che vedremo grandi confronti tra i due già quest’anno e saranno belle partite“.
    Un pensiero anche su Alcaraz, che ha avuto problemi con Zverev in Australia: “Carlos è molto giovane. Penso ancora che sia il migliore. A Melbourne ha ceduto in una partita contro Zverev, è un match si può perdere. Ma dobbiamo continuare a fidarci di lui. Continuerà a portare tante gioie al tennis spagnolo”.
    Ultima nota proprio sul momento non eccezionale del tennis spagnolo, dopo lustri di dominio: “In primo luogo, siamo nel mezzo di un cambio generazionale. La Spagna ha un po’ perso quel traino in cui a un grande giocatore ne succedeva un altro, così che il livello restava alto e c’erano molti giocatori nella top-100. Ora questo effetto è diminuito. Perché? Il tennis è cambiato. È uno sport dove è richiesta grande potenza. La maggior parte dei giocatori sono molto alti. Ciò rende tutto più difficile e fa sì che la Spagna non abbia tanti giocatori come prima”.
    Curiosa la considerazione sull’altezza media dei tennisti come fattore diventato quasi indispensabile per arrivare al vertice o comunque eccellere. Il realtà, Alcaraz delle nuove leve è probabilmente il meno alto, ma ha altre qualità. Un pensiero interessante, che può far riflettere.
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    Alami (direttore ATP Doha): “Nel 2025 saremo un 500, ma puntiamo al 1000. Ci hanno offerto le Finals, abbiamo rifiutato”

    Karim Alami, 2 titoli ATP da giocatore

    Karim Alami, vecchia gloria del tennis marocchino, è da qualche anno direttore del torneo 250 di Doha, terminato lo scorso weekend con il successo di Khachanov, anche se la vera “stella” del torneo è stato il giovane ceco Jakub Mensik, finalista e diventato giovanissimo top100 (classe 2005). Intervistato da Stefano Semeraro per Tennis Italiano, Alami ha parlato di vari temi connessi al suo torneo, e anche sul tennis nell’area del Golfo. Si dice felice dei nuovi possibili investimenti nella disciplina, e rivela anche un retroscena interessante: quando era in scadenza la licenza di Londra per le Finals, fu offerto a Doha di ospitare il torneo, ma decisero di rifiutare.
    “Nel 2025 passeremo ad ATP 500 e miglioreremo tutte le strutture” afferma Alami, “non tanto i campi, ne abbiamo a sufficienza, ma cose come i servizi, l’assistenza sanitaria, gli spazi per i giocatori che ormai viaggiano con gruppi di 5 o 6 persone al seguito. Tuttavia abbiamo volontà e mezzi per salire ulteriormente di categoria, quella degli ATP Masters 1000”.
    Scontata la domanda sulla possibile super-lega, guidata dagli Slam con gli altri (o nuovi e/o diversi M1000), così Karim: “È giusto adattarsi ai tempi, francamente non so se serva o meno. Noi puntiamo a mantenere la nostra dato di febbraio in un calendario che è comunque già molto fitto. Credo sia una cosa positiva che l’Arabia Saudita si stia muovendo, perché può aiutare a creare uno swing arabo più importante e solido. Noi siamo aperti a tutte le collaborazioni, lo sport per il Qatar è un investimento a tutto tondo e a lungo termine“.
    Proprio queste ultime frasi di Alami sono la chiave per la risposta seguente, la rivelazione che dal Qatar nel recente passato hanno deciso di declinare l’intrigante offerta di ospitare le Finals ATP quando il contratto di Londra era in scadenza, e quindi nemmeno è loro interesse di provare a prendere i diritti del torneo quando Torino arriverà a scadenza: “Le Finals ci sono già state offerte anni fa, ma abbiamo rifiutato. Per noi non ha senso costruire strutture e tradizione per un evento che dopo pochi anni sarà destinato a spostarsi altrove“. Una risposta sorprendente, visto quanto siano ambite le Finals, ma che da un punto di vista imprenditoriale e di lungo raggio ha un senso.
    Grandissimi impianti, tennisti trattati come superstar… ma di tennisti locali, non ce ne sono. “Costruire un campione locale sarebbe importantissimo per sviluppare il tennis. Io sono marocchino e ho visto un’aria nuova, di grande entusiasmo, dopo che il nostro paese è arrivato alla semifinale del mondiale di calcio. Per quanto riguarda il nostro sport e il Qatar, non credo che serva importare il modello delle grandi accademie, come quella di Bollettieri. I grandi tennisti oggi in Europa o in Asia vengono da piccoli centri, coach capaci. Ma serve tempo, in fondo il tennis qua è arrivato solo da trenta anni”.
    Sinner in futuro a Doha? Alami ci spera. “Siamo in contatto con lui, come con tutti i migliori. So che a Jannik piacerebbe giocare qua, ma per ragioni di calendario non è facile incastrare tutto, per ora ha preferito riposarsi o giocare altrove, ma speriamo di averlo qua da noi in futuro” conclude Karim.
    Parole complessivamente di un certo interesse, pacate ma che esprimono concetti chiari e larghe visioni. Doha è stato il primo paese dell’area ad ospitare un torneo importante, e ormai questo si è molto radicato. Inizialmente si disputava prima degli Australian Open, poi si è assodato in febbraio. Certamente l’eventuale ingresso dei sauditi, con o senza super-lega, potrebbe solamente incrementare il tennis nel Golfo, e rendere più solida e appetibile per i giocatori una permanenza di alcune settimane. Come sempre, il nodo resta lo stesso: il calendario. Lungo, intasato, senza un senso logico davvero definito. Ma per cambiare di cose, servirebbe un piccola rivoluzione, difficile da attuare.
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    Murray: “Il calendario è un problema, ma i giocatori sono ipocriti, si lamentano e poi volano per le esibizioni”

    Andy Murray

    Quando vogliamo ascoltare una voce fuori dal coro, senza peli sulla lingua e molto spesso assai saggia, c’è un’unica direzione da prendere: south London, dove vive Sir. Andy Murray. Molte volte nel corso della sua lunga carriera lo scozzese ha offerto opinioni taglienti, spesso cariche di ironia in post social diventati leggendari, esprimendo le proprie opinioni o rispondendo ad altri colleghi sui temi più vari. “Muzza” anche stavolta ha sparato a zero sui colleghi, a suo dire ipocriti nel criticare duramente la stagione tennistica e il lungo calendario, ma poi prontissimi ad accettare i dollari di ricche esibizioni e volare anche molto lontano per staccare assegni pesanti. Questa l’estrema sintesi del suo pensiero, raccolto dal quotidiano The National. Riportiamo le parti più significative del pensiero di Andy, frasi davvero dirette che certamente non passeranno inosservate.
    “Cosa cambierei nel tennis se mai fossi una sorta di commissioner? Il calendario stagionale, senza indugio. Se potessi fare quello che voglio, e non ci fossero contratti in vigore che mi impediscano di spostare le cose, ci sono ovvie cose che farei. Accorciare la durata dell’anno, per avere una off-season più lunga”. Oltre a questo, in una dichiarazione di un paio di giorni fa, Andy aveva affermato che il Sud America si meriterebbe un evento 1000.
    Continua nel suo pensiero Murray, criticando così i colleghi: “Non so, potrebbero servire delle restrizioni sulle esibizioni. Penso solo che a volte i giocatori siano un po’ ipocriti rispetto allo schedule annuale del tennis, è un parlare continuo sul calendario troppo lungo, ma poi volano in tutto il mondo nella off-season e non solo per fare esibizioni, e questa è una loro scelta. Ma sembra semplicemente ipocrita perché non è obbligatorio giocare esibizioni. E nemmeno devono giocare tutti i tornei dell’ATP Tour. Possono per esempio decidere di non venire qui a Dubai (dove è stata realizzata l’intervista, ndr) o di non dover giocare a Indian Wells. Sì, ciò potrebbe danneggiare la loro classifica, ma possono scegliere di perdere alcuni eventi. Quindi sì, Mi piacerebbe vedere una off-season più lunga”.
    “Non vorrei vietare in assoluto le esibizioni. Vorrei solo chiedere ai giocatori di essere un po’ più selettivi nel modo in cui parlano del tour, del programma e di tutto quando sono a giocare. E ora vedo che ne stanno inserendo altre nel corso della stagione di esibizioni…”.
    I giocatori in effetti tendono a giocare spesso esibizioni nella parte finale dell’anno, ma questi eventi alternativi ora stanno spuntando anche nel corso della stagione. L’Ultimate Tennis Showdown per esempio si è svolto a febbraio, Rafael Nadal e Carlos Alcaraz si sfideranno in The Netflix Slam all’inizio di marzo a Las Vegas, mentre il Six Kings Slam, con un vero parterre de roi almeno annunciato (Nadal, Alcaraz, Novak Djokovic, Medvedev, Sinner e Rune) è in programma in Arabia Saudita ad ottobre, prima della trasferta in Cina e delle Finals, quindi in un momento cruciale per definire le posizione per Torino e il ranking di fine anno.
    Murray non si è fermato qua. Ha continuato nella sua critica dello status quo, puntando il dito contro i migliori giocatori, quelli che già hanno guadagni altissimi, mentre un’iniezione di denaro nel tour sarebbe importante per coloro che non arrivano minimamente a certi compensi. “Sono i migliori giocatori del mondo che possono giocare in esibizione, dove guadagnano un sacco di soldi, ma il resto dei giocatori non hanno questa opportunità e l’attenzione dovrebbe invece spostarsi su di loro. I giocatori che sono al vertice guadagnano un sacco di soldi con prize money, sponsorizzazioni commerciali, gettoni di presenza e tutto, e poi anche le esibizioni. Sono i giocatori di livello leggermente inferiore che ovviamente non hanno queste opportunità. Loro vogliono più tornei, perché è l’unica via per loro di guadagnare più soldi. Deve esserci un po’ di equilibrio” conclude Murray.
    Chissà se qualcuno dei suoi colleghi risponderà a queste parole e critiche. Andy ha parlato chiaro, e forte.
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    Nishikori ci riprova con Johansson

    Kei Nishikori nel suo ultimo torneo ad Atlanta 2023

    “Ciao a tutti! Sono entusiasta di annunciare che Thomas Johansson si unisce al #TeamKei per la stagione 2024. Abbiamo già trascorso delle belle settimane insieme in Florida e sono felice che si unisca alla squadra”.
    Con questo messaggio social, il nipponico Kei Nishikori annuncia il nuovo coach per la stagione da poco iniziata, nella quale spera di rilanciarsi e tornare a giocare stabilmente dopo una serie infinita di problemi fisici.

    Hi everyone! Excited to announce that @tompatennis is joining #TeamKei for the 2024 season. We already had some good weeks together in Florida and I am happy he is joining the team.
    — Kei Nishikori (@keinishikori) February 24, 2024

    Nishikori, ex. n.4 al mondo, oggi 34enne e crollato al n.347 del ranking, è fermo dal torneo di Atlanta dello scorso luglio, dove si arrese nei quarti di finale a Fritz. In tutta la scorsa annata l’allievo di Bollettieri e Dante Bottini ha giocato solo 4 tornei, il 250 della Georgia e in precedenza 3 Challenger, raccogliendo un successo a Palmas del Mar (Portorico).
    Johansson, vincitore a sorpresa degli Australian Open 2002 contro lo strafavorito Marat Safin, ha contribuito in modo significativo rilanciare la carriera di Sorana Cirstea lo scorso anno. Così la rumena aveva parlato dell’apporto nel suo gioco del coach svedese: “Thomas mi ha reso un po’ più consapevole di tutto. Mi ha insegnato un po’ di QI nel tennis. Quando giocava lui, penso che sia stato uno dei migliori a leggere il gioco. Quindi ha condiviso questa sua forza un po’ con me”. In effetti c’è una certa affinità tra il tennis geometrico in progressione di Kei e quello che portò Thomas a vincere gli Australian Open, non grande potenza ma grande controllo dei colpi e velocità in campo, con una visione molto lucida del gioco.
    Nishikori in carriera ha vinto 12 tornei, impressionando per la sua velocità in campo e pulizia d’impatto in anticipo, incarnando in pieno i dogmi del tennis di Bollettieri. Ha disputato la finale a US Open 2014 come miglior risultato in uno Slam (sconfitto da Cilic) e i successi più importanti li ha riportati a Tokyo, Barcellona e Washington. Arrivò ad un passo dal battere a Nadal al 1000 di Madrid, ma un infortunio a pochi game da chiudere il match rimise in corsa lo spagnolo, che finì per rimontare e vincere. Proprio i tanti problemi fisici hanno caratterizzato e interrotto ripetutamente la carriera del giapponese, un braccio tennistico di prim’ordine quasi “intrappolato” in una struttura troppo fragile per stare al passo con gli stress della competizione al massimo livello. Nonostante uno stop lunghissimo (è stato totalmente fermo dall’ottobre 2021 al giugno 2023), ha ancora voglia di riprovarci. In bocca al lupo Kei!
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    Ferrero parla di Alcaraz: “Deve migliorare a livello tattico. Non ha fretta di avere una relazione sentimentale, prima o poi arriverà”

    Juan Carlos Ferrero

    Juan Carlos Ferrero, coach di Carlos Alcaraz, afferma di essere estremamente soddisfatto del percorso svolto insieme al suo giovane assistito, con risultati straordinari ottenuti anche prima di quel che poteva immaginare. Non è particolarmente preoccupato per il periodo così così di Carlos, anche se sottolinea la necessità di migliorare dal punto di vista tattico, mentre respinge al mittente le dure critiche che Andy Roddick ha indirizzato al servizio del più giovane n.1 della storia. Questo il sunto di un’intervista che “mosquito” ha concesso al collega Sebastian Fest su Clay alcuni giorni fa. Riportiamo i passaggi più significativi del pensiero del coach, che raccontano molto del suo approccio al lavoro con Alcaraz.
    “È molto giovane, penso che abbia bisogno di continuare a maturare per prendere buone decisioni in campo” afferma Ferrero. “Ha bisogno di crescere a livello tattico, saper leggere un po’ meglio le partite, tutte cose che vengono con l’esperienza, anche conoscere bene i giocatori, sapere su che piede zoppicano o quali sono le loro virtù. Anche sapersi arricchire dai rivali più diretti, di quelli che stanno lassù, come Jannik, Medvedev, Novak, Tsitsipas, Zverev… Prendere le esperienze contro tutti loro per continuare ad alzare il livello, imparare ad allenarti ogni giorno con lucidità e idee per migliorare. Un po’ di tutto, alla fine non si può fermare la progressione di un giocatore di 20 anni. Non importa quanto sia alto in classifica o i risultati, alla sua età può migliorare in tutto”.
    Ecco la critica alle parole di Roddick, che stigmatizzava la debolezza della battuta di Carlos: “Il servizio è qualcosa che Carlos sta già migliorando. Quando aveva 15, 16 anni non serviva bene, abbiamo fatto un cambiamento biomeccanico nel suo servizio. È una delle cose più difficili da migliorare per un ragazzo che non è battitore non naturale. Un giocatore come Roddick, che aveva nel servizio il suo colpo più naturale, può essere molto facile migliorare perché è la sua migliore risorsa. È come se avessi detto a Carlos di migliorare il suo diritto. È semplice farlo, perché è il suo colpo più naturale e quindi è anche più facile affinarlo. Il servizio invece non lo è, quindi è qualcosa che deve essere rifinito poco a poco e così stiamo procedendo. Il servizio di Carlos ha velocità, direzione, stiamo lavorando per ottenere maggiore coerenza con la prima di servizio, ma ci riuscirà poco a poco. Dobbiamo continuare a migliorare. È facile criticarlo quando è la tua migliore virtù e vedi tutto così semplice. L’opinione è rispettabile, ma non la condivido del tutto perché Carlos ha migliorato molto il proprio servizio. Tre anni fa avresti detto ‘Ma come diavolo serve”‘. È qualcosa che migliora poco a poco, non è così facile avere un servizio con molta velocità e molta direzione”.
    Molti commentatori rimproverano ad Alcaraz di esagerare con colpi al limite, cercando troppo lo show e poco la sostanza. Questa la risposta di Ferrero: “Fa parte del suo gioco, gioca in modo naturale con molta intensità, esplosività. E questo rende spettacolari molti dei suoi punti. Non è vero che cerca di fare ogni cosa super spettacolare, ma è anche vero che gli piace far divertire la gente, e a volte si butta in un “hot shot”, ma la consistenza, il giocare tatticamente non lo sono. A causa del suo modo di giocare, succede spesso”.
    Molto per JC dipende dal carattere di Carlos: “È un ragazzo molto estroverso a livello caratteriale, ha molto carisma, lo seguono tantissime persone. E ancora oggi continua a sorprendermi quasi ogni giorno con qualche colpo. L’altro giorno gli ho chiesto di provare una risposta bloccata in smorzata in allenamento, come faceva spesso Federer. Lo ha fatto al primo colpo e gli è venuto alla perfezione, non c’era modo rigiocare la sua palla. Queste sono cose che puoi chiedere alle persone che hanno davvero quelle qualità naturali, che creano situazioni dal nulla. Carlos continua a sorprendermi, è il suo modo naturale di giocare”.
    In Spagna vari commentatori scrivono che in allenamento Alcaraz fa delle giocate impossibili, cose mai viste in campo. Ferrero sorride… “Gli piace inventare colpi, provare cose un po’ strane, e gli riescono. A lui viene naturale fare cose per molti sarebbero difficili anche solo da immaginare”.
    In una recente intervista, Carlos ha affermato che dalla scorsa off-season ha cambiato diverse sue abitudini fuori dal campo per essere più professionale. Un tema molto caro ad un allenatore… “È fondamentale capire il senso della professionalità, quando lavorare davvero, quando riposarsi, quando concentrarsi. Ciò, per i giovani di oggi, è davvero complicato, perché spesso hanno difficoltà a vivere la realtà di ciò che li circonda. Vanno di settimana in settimana, sono trattati molto bene ovunque e non vedono la realtà. Sotto questo aspetto penso che stia migliorando molto, penso che la struttura della squadra che ha intorno lo aiuti a rimanere con i piedi per terra. Non voglio dire con questo che ad un certo punto si sia montato la testa, questo no, perché ha un carattere molto umile. Sta imparando a gestire bene tutti i tipi di situazione per continuare a migliorare mentalmente, a livello tennistico, arrivando in tempo per allenarsi e allenarsi in modo chiaro. Se è puntuale? Assolutamente sì”.
    Fortissimo, vincente, famoso, chissà quante ragazze gli ronzano intorno… Ferrero sull’argomento taglia corto: “Beh, ogni tanto se ne parla nelle conversazioni, ovviamente deve sapere che nella situazione in cui si trova, se è positivo per il suo tennis. In questo momento è tranquillo, è giovane, non ha fretta di avere una relazione. Quando arriverà, arriverà, come è successo a tutti noi ad un certo punto”.
    Interessante la NON risposta di Ferrero su cosa studia di Sinner… “Penso che Djokovic si alleni per continuare a vincere titoli, per continuare a battere record. Lo vedi nella sua professionalità giorno dopo giorno, genera in me il massimo rispetto, adoro guardarlo giocare, allenarsi, come tocca la palla, come si muove, l’attenzione che presta in tutto. In molti modi predo Novak come esempio per Carlos, così come è stato Rafa o lo è anche Sinner. Mi piace dargli esempi di giocatori che vedo fare le cose molto bene in modo che impari un po’ da tutti. Cosa mi colpisce di Sinner per Carlos? No no, niente…. (sorride)“.
    Un po’ seccata la risposta di Ferrero sul tanto discusso tema dell’ingresso dei ricchi sauditi nel tennis: “Non ho un’opinione. Sono entrati nel mondo dello sport con molti soldi, aprendo molte possibilità in molti sport. Sembra che vogliano creare qualcosa di diverso nel tennis. Ci sono molte persone che pensano che sia un Paese che da molto tempo non si comporta bene con le donne e che reprime molto le libertà. Sembra che sia così, ma spero che in futuro possano creare qualcosa nello sport in modo che la situazione possa essere molto più aperta e tutti possano essere più felici. Alla fine è un supporto per uno sport, come il calcio o il golf. Lo sport è sport, penso che sia positivo. Tutto ciò che riguarda il resto della polemica… tutte le argomentazioni sono rispettabili”.
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    Mensik batte Rublev a Doha, è in semifinale e nuovo top 100, il più giovane

    Jakub Mensik

    Impressionante, davvero impressionante Jakub Mensik. Andrey Rublev non è esattamente la solidità fatta persona… ma il modo in cui il 18enne ceco si è sbarazzato del n.5 del mondo nei quarti di finale dell’ATP 250 di Doha è stato piuttosto impressionante. Il 6-4 7-6 conclusivo che vale al classe 2005 la prima semifinale sul tour maggiore ben racconta la storia di un match tirato, giocato con grande spinta da parte di entrambi, e risolto sui punti decisivi. Qua ha brillato Mensik, pure sotto 3-5 nel tiebreak del secondo set. Ne è venuto fuori con un tennis di una potenza, consistenza e spinta formidabili, facendo tutte scelte giuste e senza dare assolutamente la sensazione di forzare al massimo, di essere vicino al suo limite. Questo ha davvero impressionato di Jabuk, la sensazione di forza abbinata a controllo, con la freddezza del tennista “vero” nel giocare i punti importanti. Non è un caso l’aver chiuso la partita salvando tutte le 6 palle break concesse, con 10 Ace e nessun doppio fallo, il tutto contro un Rublev tutt’altro che dimesso.
    Questo risultato vale a Mensik l’ingresso in top 100 del ranking ATP della prossima settimana, dove sarà il più giovane in assoluto, e segna un dato statistico di un certo rilievo. Infatti era dal successo di Alcaraz su Tsitsipas allo US Open 2021 che un tennista così giovane non batteva un top5 ATP. Il ceco ha raggiunto la semifinale di un torneo ATP alla sua terza presenza in assoluto. Si giocherà l’accesso alla finale contro il vincente dell’ultimo quarto di Doha, ha Humbert e Monfils.

    A new teen on the scene 👏
    18 yr old and world no.116 Jakub Mensik defeats Rublev 6-4 7-6 to secure top 100 debut and reach Doha semi-finals!#QatarExxonMobilOpen pic.twitter.com/jkUp4NlFqy
    — Tennis TV (@TennisTV) February 22, 2024

    L’ottimo risultato di Mensik è particolarmente significativo poiché viene dopo la tremenda maratona vinta contro Murray negli ottavi, e pure un primo turno tutt’altro che facile contro il tosto iberico Davidovich Fokina. Ha passato la cosiddetta “prova del 9”, segnale chiaro dalla forza fisica e mentale di questo ragazzo. Dotato di un fisico notevole, nel suo tennis ritroviamo molti dei canoni della straordinaria scuola tennistica ceca per pulizia d’impatto (servizio e rovescio), armonia del gesto e qualità di avvicinamento alla palla con i piedi. Per la stazza si muove piuttosto bene, è davvero rapido nel ritrovare equilibrio dopo aver colpito in corsa e rientrare nel centro del campo. Il suo rovescio è una bellezza, la palla gli esce pulita dalle corde e molto veloce, precisa, in tutte le direzioni. Il diritto è davvero pesante, anche se meno stabile, mentre col servizio è già molto incisivo con la prima palla, quando prende ritmo può diventare un incubo per gli avversari; meno ficcante la seconda ma vista l’età, è normale che sia così.
    “Mi ispiro a Novak Djokovic, se non fossi per lui non sarei qua” ha confessato Jakub recentemente ai microfoni ATP. “Avevo 4 anni, di fronte a casa c’erano due campi da tennis all’aperto, ho chiesto ai miei genitori di giocare e così tutto è iniziato. Il servizio penso sia il mio miglior colpo. Fuori dal tennis, adoro la pizza, la musica di Eminem, sono un ragazzo tranquillo. Un sogno? Vincere i tornei dello Slam”. Intervistato a caldo in campo, fantastica la sua risposta alla seguente domanda. “C’è una nuova regola ATP Next Gen che dice che i giocatori di età pari o inferiore a 20 anni classificati tra i primi 250 hanno l’opportunità di entrare nel tabellone principale di un ATP 250. Hai scelto Doha. Perché?” Jakub: “Ehm. Perché ho ricevuto un iPhone gratis!”.
    Oltre alla spontaneità, che non guasta mai, Mensik sembra possedere tutto quel che serve per spiccare il volo nel tennis che conta, e forse anche piuttosto in fretta. Continueremo a seguire i progressi del ceco, sottolineando come la nuovissima generazione che si sta affacciando sul tour sembra di ottima, eccellente qualità…
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO