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    Marozsan, “indigesto” ai top10…

    Fabian Marozsan (foto Getty Images)

    Il Miami Open sta avanzando tra maltempo, qualche polemica e anche molte sorprese. I tennisti USA sono stati decimati, con le uscite premature di Fritz, Paul e Tiafoe, tanto che le speranze dei supporter locali sono riposte in Ben Shelton, prossimo avversario di Lorenzo Musetti. Ma l’upset più rumoroso e clamoroso è quello di Holger Rune, protagonista in negativo di una prestazione quasi irritante, solo due game rimediati ieri contro Fabian Marozsan. Tuttavia, andando a guardare questa sorpresa più in profondità, il tennis fatto di impatti puliti e velocità d’esecuzione dell’ungherese ha contributo in modo decisivo ad affossare la pessima prestazione del talento danese, e c’è anche una statistica davvero sorprendente. Marozsan in carriera ha affrontato 4 top10 e ne ha battuti 3: Alcaraz (Roma), Ruud (Shanghai), Rune (Miami). Tre successi di assoluto prestigio, ottenuti in tre tornei Masters 1000. Vittorie troppo importanti per relegarle solo a casi fortuiti. Lui quasi ci scherza sopra, con un’attitudine leggera che lo premia ancor più. La realtà è che il magiaro è stato bravissimo a trovare il suo miglior tennis contro avversari forti non nella miglior giornata, fatto questo che denota qualità e intelligenza.
    Attualmente Marozsan è n.57 ATP, al proprio best (già toccato dopo gli AO24), ma nel Live ranking è già n.51 il prossimo turno a Miami contro Popyrin non sembra affatto chiuso. Così Fabian ha parlato alla stampa dopo il suo grande successo, mostrando consapevolezza dei propri mezzi e voglia di migliorare ancora.
    “Mi piace davvero giocare ai massimi livelli, contro i migliori. È stata una bellissima giornata oggi, ho potuto godermi ogni momento sul campo dello Stadium. Ho giocato contro uno dei primi 10 giocatori, uno che ha il potenziale per essere tra i primi tre in futuro. Ho provato a mettergli pressione e ho giocato a tennis ad alta intensità. Non ha trovato il modo di rientrare e fare qualcosa di diverso. Quando gioco cerco di non concentrarmi sull’avversario ma sul mio gioco”.
    Effettivamente Rune ha tenuto un profilo basso, con quel sorriso beffardo dopo i suoi errori che davvero non l’aiutano a migliorare… ma i colpi di Marozsan sono stati una bellezza per efficacia e pulizia d’uscita della palla dalle sue corde. Un tennis aggressivo, con tempi di gioco rapidi e per nulla banale. Tutto è andato così in fretta che Holger non ha trovato il pertugio per rientrare. Anzi, per entrare proprio nel match…
    “Quando sono uscito dallo stadio ho detto al mio allenatore: “Non posso credere a quello che è successo!” È stato proprio come… boom boom, in un’ora o qualcosa del genere (59 minuti, ndr). È una sensazione nuova per me giocare in queste condizioni”.
    L’intervistatore fa notare al magiaro che Rune è il terzo top10 battuto in 4 confronti contro i migliori dieci. “Questa è una buona statistica! Ma non so perché sono speciale in queste partite. Cerco di fare del mio meglio in campo e a volte succedono cose importanti. Mi vedo come un nuovo arrivato nell’ATP Tour, i ragazzi non mi conoscono, cerco di sfruttare questo vantaggio”.  In effetti Marozsan ha già 24 anni, è diventato professionista nel 2017 ma è stabile sull’ATP Tour solo dal 2023, quindi ancora relativamente nuovo, e lo è assai per i migliori. “Cerco di godermi ogni momento qui. Questo tipo di torneo è come un Grande Slam, hai un giorno di riposo dopo ogni round, per me è una cosa positiva. Ho molta fame, questa è la chiave. Ho fatto una buona corsa a Indian Wells, quindi sono fiducioso”.
    Un’altra vittoria contro un Top10, molto diversa da quella su Alcaraz a Roma: “Era una novità assoluta affrontare Alcaraz a Roma. Adesso sono nella top 100, ho al mio attivo le partite di Shanghai (dove Marozsan ha raggiunto i quarti di finale, ndr). Ho ben in testa questi momenti e mi aiuta ad avere fiducia in questo tipo di partite. Miami è nuovo per me ma non così nuovo come lo era Roma. Sono migliorato più di quanto mi aspettassi negli ultimi sei o sette mesi. Alcaraz è stato un punto di svolta, ma sono ancora un ragazzo sull’ATP Tour”.
    “Volevo diventare top50 nel 2024, ora ci sono davvero vicino. È tempo di alzare le ambizioni, quindi dico… voglio diventare top30. Poi, chissà…” e se ne va con un sorriso. Ragazzo semplice, molto cordiale, con un potenziale ancora inespresso. Forse per fare un altro importante salto di qualità è necessario un miglioramento sulla forza, ha una struttura esile, ma ormai la tendenza del tennis moderno è più sulla velocità ed elasticità che sulla potenza muscolare. Marozsan è un bell’acquisto per il tennis di alto livello. E visti i numeri, i top10 sono avvisati…
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    Clima? Superficie? I tennisti tra Indian Wells e Miami continuano a criticare le palle

    Il Miami Open

    L’ormai celeberrimo “Sunshine Double” porta i tennisti a una svolta repentina. Dal deserto della California al caldo umido della primavera in Florida c’è ben più di qualche ora di volo, è un vero e proprio abisso a livello di condizioni di gioco. Ci si sposta dalla sponda ovest a quella est del continente nordamericano, e i giocatori trovano due tornei e due mondi diversi. Mai come quest’anno le condizioni sono radicalmente differenti, ma il dilemma dei tennisti, sbarcati e già in campo Miami nonostante la pioggia, non è tanto sulla differenza tra l’aria secca di IW, che fa scappare la palla, o al campo davvero abrasivo rispetto all’umidità opprimenti della Florida e i suoi campi più lisci, ma quanto le palle siano differenti, creando condizioni di gioco diversissime. Si cambia regione, clima, fuso orario, superficie. Tutto. Ma il vero fattore X, quello che scontenta tutti, resta la palla da gioco. Ne hanno parlato in diversi al media statunitense Tennis Channel, riportiamo alcuni dei pareri più interessanti.
    “Ad essere onesti, è il cambio delle palle che può influenzarci più del cambio di campo stesso”, ha detto alla stampa a Miami Taylor Fritz. La scorsa settimana a Indian Wells, i giocatori hanno gareggiato utilizzando palle Penn, fatto che ha ricevuto un’accoglienza fredda da parte di giocatori come Stan Wawrinka, che ha condiviso un post sui social media mostrando quanto velocemente la superficie del campo le ha distrutte, mentre a Miami si gareggia con palle Dunlop, la palla più utilizzata sul tour. Per Fritz, le differenze tra i due sono così nette che, quando gli è stato chiesto di confrontare le condizioni con la vicina Delray Beach, dove ha vinto il settimo titolo ATP a febbraio, ha detto che era “impossibile” confrontare i due, nonostante Delray (Penn) sia a solo un’ora di macchina a nord di Miami (Dunlop). “Sono palle diverse, quindi è la differenza è come tra il giorno e la notte. È impossibile paragonare un torneo all’altro, perché se le palle sono diverse non è proprio paragonabile”.
    “Le condizioni sono molto diverse a Indian Wells rispetto a Miami”, ha detto Emma Raducanu. “È molto umido. Le palle sono molto pesanti. Sono diverse, il che non credo sia ottimo per i polsi di nessuno dei giocatori, ma soprattutto per il mio. Onestamente penso che sia davvero brutto per noi il modo in cui dobbiamo cambiare palla ogni settimana e soprattutto dopo aver subito interventi chirurgici. Conosco anche molti giocatori che hanno problemi al polso, quando si arriva a un evento con palle diverse subito lo accusiamo. Non capisco perché tutti gli altri sport siano più o meno uguali, mentre nel tennis è diverso di settimana in settimana”.
    Per Jessica Pegula la sfida è trovare il correttivo: “Le condizioni sono come il giorno e notte, e dover ora usare una palla completamente diversa quando sei già costretta a cambiare la tensione e tutte queste cose in più… Non è l’ideale”, ha detto alla stampa la testa di serie numero 5 a Miami. “Ho sperimentato circa 20 tensioni delle corde durante gli allenamenti. Proviamo tutti la stessa cosa, è sconcertante come di punto in bianco ci tocca ripartire da capo e ritrovare le misure”.
    Daniil Medvedev ha  sottolineato il costo mentale che tanti cambiamenti possono avere sui giocatori: “Ogni piccolo dettaglio può avere un grande impatto, a volte sul tuo corpo, a volte sulla tua mente o sul tuo tennis. Inizi a farti domande: queste palle, questo campo… È vero che dobbiamo essere pronti ad adattarci, ma non potete capire quanto il cambiamento sia grande riguardo alle palle”.
    Con i singoli tornei che negoziano i propri accordi con i produttori di palle e gli sponsor delle attrezzature, l’unico modo per cambiare questo status quo che nessuno gradisce è una decisione che parta dall’alto. Andrea Gaudenzi ha affermato qualche settimana fa che l’ATP è consapevole del problema e che conta “quanto prima” di poter intervenire, con uno studio in corso della palla per così dire “ideale”. Resta da vedere quanto tempo ci vorrà, e cosa accadrà agli accordi commerciali già in essere, che ovviamente ogni produttore cercherà di difendere…
    “Preferirei semplicemente avere una palla coerente… perché non puoi mantenere tutti i campi uguali, è impossibile“, afferma Pegula. “Se potessimo almeno mantenere la stessa palla ogni settimana, allora potremmo almeno gestire quella variabile. Ci sono altre variabili che cambiano che possiamo semplicemente lasciare andare o che sappiamo essere impossibile da controllare, come il tempo. Ma quando si cambia costantemente con tutte, diventa davvero difficile. A logica, la palla dovrebbe essere l’elemento più facile da gestire…”.
    Una considerazione corretta quella di Pegula. La palla passa all’ATP e WTA. In tutti i sensi.
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    Lew Sherr, CEO della USTA, descrive il progetto del Premier Tour: “Il tennis oggi sottoperforma commercialmente, è un problema la sua sostenibilità”

    Lew Sherr, CEO della USTA

    Dopo svariate illazioni e indiscrezioni, finalmente si tolgono i veli al progetto del Premier Tour, ipotesi di nuova struttura dell’annata tennistica guidata dai 4 tornei dello Slam. A parlare con dovizia di particolari è Lew Sherr, CEO della federazione americana (USTA) in una lunga intervista rilasciata a Sport Illustrated. Il concetto di base è banale, potremmo affermare “coerente”: gli Slam guidano l’annata, insieme a 10 tornei top, come lo sono oggi i Masters 1000, tutti da svolgersi su due settimane tra uomini e donne con 96 giocatori. Poi un Master di fine anno, sempre combined nella stessa sede e almeno due mesi di sosta prima della nuova annata. In mezzo anche una competizione a squadre e almeno una, o due, settimane di riposo prima e dopo un major. Il ranking darebbe accesso a questi tornei top ai migliori 100, e quelli tra il 100 e 300 giocherebbero un tour per guadagnare posizioni e strappare un posto nei maggiori eventi. Questi e molti altri temi sono trattati nell’intervista, della quale riportiamo alcuni passaggi significativi, come i motivi hanno spinto gli Slam a muoversi per rivoluzionare la stagione tennistica.
    “Tutto parte dalla constatazione che il tennis è uno sport attraente, ma sottoperforma commercialmente, il che sta creando sfide per la sostenibilità dei tornei e quindi degli atleti. Non penso che sia una novità per nessuno nel settore. Torniamo al 2021. I sette stakeholder del tennis hanno incaricato il Boston Consulting Group di capire quali fossero i problemi nello sport e quali potrebbero essere le opportunità. E tutta quella ricerca, che ha coinvolto anche 5.000 appassionati di tennis in tutto il mondo, ha sottolineato il fatto che il tennis, sebbene ampiamente popolare, coinvolge il 70% degli appassionati solo attraverso i quattro major. E il feedback ha anche indicato che gli eventi durante la stagione mancano di coerenza. I fan hanno difficoltà a seguire la narrazione. Diluiamo il nostro prodotto. Competiamo con il nostro prodotto. Ci sono momenti con troppi eventi sparsi qua e la per il mondo, i fan faticano a sapere dove guardare. Perché Sinner gioca a Rotterdam e Alcaraz è da qualche parte in Sud America? Il modo migliore per presentare lo sport ai fan è un formato in cui i migliori giocatori giocano in una sorta di stagione d’élite. Allo stesso tempo, dobbiamo tenere conto della salute dei giocatori, del riposo, dei picchi di prestazione”.
    “Dal punto di vista dei tornei, ci sono troppi eventi che non sono considerati utili allo stesso sport, e poiché sono diluiti, sono in competizione tra loro. Cerchiamo quindi di affrontare gli ostacoli strutturali del sistema e di proporre una soluzione più espansiva e più olistica che affronti tutto questo. … Dieci tornei su circa 140 determinano l’80% di tutta l’economia. Quattro di questi sono gli Slam più altri sei. Quindi è tutto incredibilmente concentrato”.
    “Stimiamo che il valore del tour oggi sia di 1 miliardo di dollari. La nostra opinione è che il miliardo venga ridistribuito di seguito per garantire che i giocatori guadagnino in modo sostenibile e soddisfacente. Dobbiamo separarci da ciò che esiste oggi. L’analogia con ciò che l’ATP ha sviluppato con i sauditi, immagino sia un po’ una questione di mele e arance. Queste non sono opportunità che si escludono a vicenda”.
    “Stiamo prescrivendo settimane specifiche in cui non si gioca, ma sappiamo che la concorrenza è importante. E se sei un giocatore di livello inferiore, potresti non giocare abbastanza partite: se perdi presto in un modello come questo, potrebbero non esserci abbastanza partite per raggiungere il massimo delle tue prestazioni, quindi abbiamo identificato una serie di settimane nel corso dell’anno in cui potresti scendere ad un tour di livello inferiore per giocare più partite”. In pratica il famoso tour di quelli fuori dai famosi “96” che teoricamente giocano i nuovi eventi premium.
    “Gli ostacoli per arrivare a questo nuovo modello? Si tratta di una massiccia rivisitazione del modo in cui viene presentato lo sport e il cambiamento è difficile. E vogliamo farlo bene e ci stiamo prendendo il nostro tempo e stiamo lavorando con le parti interessate per assicurarci di riflettere su tutte queste domande che voi e gli altri fate, perché  è importante. Alla fine richiederà un cambiamento dall’interno e questo è davvero difficile. Quando? Mettere una data è difficile… ipotizzare il primo gennaio 2026 può essere una ipotesi ma di non facile realizzazione. Non stiamo cercando scorciatoie, è un processo difficile che coinvolge molte parti in causa e prima di arrivare alla svolta dobbiamo valutare ogni aspetto e perdere le decisioni giuste”, conclude il CEO della USTA.
    Un progetto quindi che andrebbe stravolgere totalmente l’annata tennistica, divenendo in pratica un unico tour premium maschile e femminile, con un livello inferiore, una sorta di tour Challenger “rafforzato” per salire in classifica e poter giocare nei principali tornei. Vedremo se questo progetto avrà successo, o si continuerà con la maggior integrazione tra ATP e WTA come proposto dai sauditi. Vedremo cosa accadrà. Di sicuro nelle stanze dei bottoni si lavora, già da tempo, a un tennis molto diverso da come lo stiamo vivendo.
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    Archeo Tennis: 19 marzo 1989, Mecir trionfa a Indian Wells, ultimo successo sul tour maggiore di una racchetta di legno

    Miloslav Mecir

    Leggi Miloslav Mecir e pensi immediatamente a due cose: all’iconico soprannome di “Gattone”, per le sue movenze felpate che lo facevano apparire persino lento, e l’altrettanto iconica racchetta Snauwaert Ultimate, un telaio leggendario fatto di legno finemente lavorato a mano con un’anima di grafite per darle più consistenza ma un tocco d’antan. Perché rispolveriamo il ricordo del grande campione cecoslovacco, certamente uno dei tennisti più forti e amati a non essere riuscito a vincere un titolo dello Slam? Perché esattamente 35 anni, il 19 marzo 1989, Mecir vinse il torneo di Indian Wells, battendo in una bella finale in cinque set Yannick Noah. Non è stata solo l’ultima coppa del vincitore alzata da Miloslav, ma anche l’ultimo torneo del tour maggiore vinto da un tennista con una racchetta di legno, o diciamo prevalentemente di legno. Quel grande successo di Mecir chiuse di fatto l’epopea dei telai non hi-tech, diventati dominanti già nei primi anni ’80. Il ceco restò l’unico paladino di quel tipo ormai vetusto di racchetta perché il suo fisico non era dei più forti per reggere la rigidità dei materiali tecnologici, che sottoponevano braccio e spalla a sollecitazioni superiori, ma anche perché la sua tecnica di gioco sopraffina e sensibilità della sua mano gli permettevano di reggere le devastanti accelerazioni di Lendl, Becker e tutti gli altri campioni. Sicuramente nella sua scelta radicale c’era la paura di perdere i migliori riferimenti del suo tennis, tutt’altro che potente ma estremamente preciso negli impatti e nello sfruttare la velocità della palla dell’avversario, e magari anche un pizzico di sciccosa ritrosia nel non accodarsi alla modernità dilagante. Nell’ultimo periodo della carriera la sua mitica Snauwaert era pitturata per sembrare un telaio moderno, ma in realtà mai abbandonò l’iconica Ultimate.
    Nato nel ’64 e diventato Pro nell’82, Mecir affascinò da subito il panorama internazionale grazie a colpi sopraffini per tecnica e pulizia d’impatto, anche se carenti di quell’intensità e potenza che proprio i nuovi telai tecnologici, sempre più diffusi e poi divenuti ben presto dominanti, regalarono alla disciplina. Miloslav non si accodò alla rivoluzione che portò nel tennis velocità e angoli prima impossibili, continuando a giocare con quegli schemi antichi che aveva imparato nel suo paese da ragazzo, appoggiandosi alle palle dei rivali con maestria e giocando un tennis a tutto campo molto tattico, buono per tutte le superfici e molto intelligente. Rallentava e poi accelerava, passanti precisi e correva anche a rete, facendo tutto con una compostezza che appariva lenta, da “gattone” appunto. Mecir conquistò il suo primo titolo a Rotterdam nel 1985, battendo in finale Jakob Hlasek. Nel 1986, “Milo” ottenne il suo primo notevole risultato in un torneo del Grande Slam, arrivando in finale agli US Open, battuto da Ivan Lendl (6-4, 6-2, 6-0). Nel 1987 conquista il primo titolo importante della sua carriera, trionfando al Lipton Championship di Key Biscayne (sconfisse Lendl 7-5, 6-2, 7-5 in finale) prima di raggiungere la semifinale al Roland-Garros, dove Lendl si vendicò con un secco 6-3, 6-3, 7-6.
    Nel 1988 fu il suo anno migliore. Nei quarti di finale di Wimbledon, Mecir fu l’unico giocatore capace di battere Mats Wilander in un torneo del Grande Slam (6-3, 6-1, 6-3). Quello straordinario successo non gli consentì di arrivare in finale ai Championships, dove non capitalizzò due set di vantaggio contro Edberg (poi vincitore del torneo, nell’anno del “Grande Slam svedese”). A settembre il ceco visse una delle più grandi soddisfazioni in carriera, conquistando la medaglia d’oro olimpica a Seul in quella che fu la prima edizione del ritorno dello sport della racchetta nella rassegna a cinque cerchi. Il momento d’oro di Mecir continuò anche all’avvio del 1989, dove raggiunse la seconda finale del Grande Slam agli Australian Open, battuto ancora da Lendl in tre set, 6-2, 6-2, 6-2 il punteggio.
    Mecir si presentò a Indian Wells 1989 come uno dei possibili favoriti, ancor più per l’assenza del campione in carica, n.1 al mondo e sua “bestia nera” Ivan Lendl. Becker, prima testa di serie del torneo, fu sconfitto negli ottavi a sorpresa da Jay Berger, aprendo le porte a un nuovo campione.Mecir giocò un grande torneo, battendo un giovanissimo Pete Sampras, la quinta testa di serie Jakob Hlasek negli ottavi e la terza testa di serie, Andre Agassi, nei quarti di finale (7-5, 6-4), e Jimmy Connors in semifinale.
    In finale Miloslav trova un Noah in grande forma, capace di metterlo in grave difficoltà con la battuta, i suoi continui attacchi a rete e quel rovescio in back che saltava pochissimo, difficile da gestire col passante. Infatti nei primi due set della finale – allora si giocava al meglio dei 5 – il ceco fu surclassato dal francese, straripante al servizio (ben 14 Ace!) per il 6-3, 6-2. Mecir, sull’orlo del baratro, trova più continuità in risposta e riesce ad inchiodare maggiormente il rivale nello scambio, attaccando per non essere attaccato. La tattica funziona, il tennis di “gattone” prende vigore, mentre Noah è in difficoltà a rincorrere e cala vistosamente alla battuta. Il match si ribalta, Mecir domina il terzo set per 6-1 e vola al comando, ribaltando la partita e chiudendo anche quarto e quinto set, col il 6-3 che decide la partita.
    Quel grande successo fu l’ultimo per Mecir. Problemi alla schiena sempre più profondi guastarono le sue prestazioni, forzandolo a continui stop e rientri, portandolo all’amara decisione di appendere la racchetta al chiodo a soli 26 nel 1990. La sconfitta al secondo turno di Wimbledon, ancora per mano di Edberg, fu il ultimo ballo da Pro. Chiude con 11 titoli vinti complessivamente e un best ranking di n.4 al mondo.
    Chissà cosa sarebbe potuto diventare Mecir se avesse adottato un telaio più moderno. Magari sarebbe riuscito ad adattare quei colpi pulitissimi ad altre velocità e vincere molto di più, magari anche quello Slam a cui è solo arrivato vicino. Non lo sapremo mai. A noi resta la magia di un personaggio talmente fuori moda da diventare una leggenda amata e stimata da tutti i veri appassionati.
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    Bentornato, Matteo

    Matteo Berrettini (foto di Gabriele Seghizzi)

    Il rientro da favola con vittoria finale non c’è stato, ma poco importa. Matteo Berrettini c’è. È lì in campo a Phoenix, a rincorrere ogni palla, andando oltre la fatica di un torneo molto duro, complicato anche dal doppio turno per la maledetta pioggia. Questo è quel che importa, la presenza e la consistenza morale di un Berrettini mai domo, umile e grintoso. Questa è la vittoria più importante dopo vagonate di fiele accumulate in mesi brutti, bruttissimi, passati tra dubbi e fatica per l’ennesimo rientro dall’ennesimo infortunio.
    Certo, alzare la coppa del Challenger dell’Arizona sarebbe stata l’apoteosi, inclusi un bel carico di punti nel ranking che in questo momento farebbero estremamente comodo. Del resto il nostro Matteo ci ha abituato fin troppo bene, da vera araba fenice pronta a spiccare il volo maestosa dalle sue stesse ceneri. Vedendolo sprintare e colpire la palla in settimana come non ripensare al suo rientro magico sull’erba di Stoccarda di un paio d’anni fa, dove tornò dopo qualche mese di stop e BOOM, stritolò ogni avversario andando clamorosamente a vincere quell’ATP 250, e bissando poi la settimana seguente anche nel fascinoso club della regina. Stavolta no, il finale da film hollywoodiano non c’è stato, ma pazienza. E c’è stata pure un pizzico di mala sorte in finale, perché se quel nastro beffardo sulla palla break del 5 pari del secondo non si fosse messo di traverso, magari Berrettini avrebbe trascinato la partita al terzo set, e chissà…
    Non è questo il momento di andare in profondità nell’analizzare il tennis mostrato da Berrettini nella settimana. Non giocava da fine agosto 2023, era scontato che molte cose non funzionassero come nei giorni migliori. È presto anche per apprezzare novità e correttivi introdotti in questo periodo off, trascorso tra molta palestra e campo di allenamento. Lui stesso in passato ha raccontato di aver sfruttato le troppe pause dovute ai suoi mille infortuni in modo attivo e intelligente, affinando nuove soluzioni e colpi che, con il ritmo incessante dei tornei, non sarebbe riuscito a provare e poi portare in partita. Abbiamo ancora negli occhi quel clamoroso passantino di rovescio a una mano di contro balzo grazie a cui ha annullato una palla break a Borges… Beh, sarà difficile che quella possa essere una novità… È stata l’adrenalina del momento a fargli giocare un colpo estemporaneo, bizzarro per i suoi canoni e bellissimo, una sorpresa per l’avversario e tutti noi. Nella settimana di Phoenix è piaciuto il back di rovescio, già bello profondo e consistente, eccellente soluzione per riguadagnare campo quando è sbattuto a sinistra; meno la continuità del servizio (ma ottime le seconde cariche di spin) e la spinta col diritto. Proprio la sua bordata a tutta col diritto sembra la fase tecnica in cui è più indietro, rare le accelerazioni che hanno tramortito i rivali, come ai bei tempi. Arriveranno.
    Arriveranno sì, ne siamo certi, se la salute atletica lo sosterrà, forse già a Miami insieme a qualche altra novità da osservare. Berrettini ha perso la finale del Challenger dell’Arizona ma ha vinto su tutta la linea per l’attitudine, la grinta, l’applicazione. Non ha mollato una palla. Ha sputato sangue in campo per reggere e restare aggrappato al punto in ogni partita. C’è riuscito a tratti, ha commesso molti errori e a livello di fluidità di movimento ancora siamo lontani dal top. La vera vittoria è rivederlo sprintare, colpire la palla con potenza e quindi rivolgersi al suo angolo o verso il cielo dopo aver strappato un punto di lotta con quello sguardo infuocato che ha fatto sognare tutti, dal Challenger di Barletta sino al Centre Court di Wimbledon, dove osano le aquile.
    Matteo è tornato dopo oltre sei mesi di assenza con il fuoco dentro e una voglia di rivalsa fortissima. Ha voglia di riprendersi tutto, per l’ennesima volta. Possiamo criticarlo per mille cose, ma è incredibile la forza che dimostra nel tornare dopo l’ennesimo infortunio. È incredibile come il mondo continui a scivolargli via sotto i colpi bassi della malasorte e lui riesca ad incassare e rialzarsi, senza perdere motivazione e non crollare sotto il peso di una sfiducia che a tutti noi farebbe dire “ma chi me lo fa fare…”. Lui no, è diverso. Ce l’ha dimostrato ancora, e lo ringrazio per il suo esempio di sport e di vita.
    La vita a volte ci propone difficoltà. Si aprono fasi difficili, dobbiamo essere bravi a resistere e trovare le soluzioni per superarle, chiudendo un cerchio. Lo scorso anno Berrettini proprio a Phoenix in una bruttissima partita contro Shevchenko urlò “Sono inguardabile, toglietemi dal campo”, disgustato. Ieri notte Matteo è uscito dal campo con il modesto trofeo del finalista, ma può essere assai soddisfatto di se stesso. L’augurio è che quel cerchio negativo si sia chiuso, per sempre. Bentornato Matteo.
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    Sinner vola nel primo set dopo la pioggia su Indian Wells, ma Alcaraz trova la contromossa, rimonta e vince. Si ferma a 19 la striscia di vittorie di Jannik

    Jannik Sinner (foto Getty Images)

    L’imbattibilità è una chimera consentita solo agli Dei, la sconfitta, prima o poi, doveva arrivare. Il Sinner straripante di questo benedetto 2024 è fermato per la prima volta in stagione nella semifinale del Masters 1000 di Indian Wells da un Carlos Alcaraz bravissimo ad alzare il livello e trovare contro mosse efficaci dopo aver perso nettamente un primo set interrotto dopo tre game per la pioggia. Alcaraz trionfa per 1-6 6-3 6-2 al termine di 2 ore e 5 minuti di gioco complessi, diseguali e purtroppo alla fine negativi per l’azzurro, che interrompe la sua clamorosa imbattibilità dopo 19 match consecutivi e 16 nel 2024. Non c’è da fare drammi: la sconfitta è un momento naturale nello sport e ancor più nel tennis, dove gli incontri in ogni annata sono molti e di rivali agguerriti è pieno l’orizzonte. Alcaraz non è n.2 al mondo per caso, ha vinto 2 Slam a 20 anni e sta costruendo proprio insieme a Sinner una delle rivalità più belle della storia moderna della disciplina.
    Anche nella partita appena conclusa in California ci sono stati momenti esaltanti di gioco, con scambi mozzafiato e punti bellissimi, giocati con ardore e tanto rispetto, anche sorrisi tra i due amici-rivali, consapevoli del bello spettacolo prodotto in campo, con sano agonismo. Tuttavia è singolare come questa sconfitta sia arrivata, come il match è girato totalmente nel secondo set. Jannik ha dominato con un tennis stellare l’avvio dell’incontro, stritolando lo spagnolo con un ritmo, potenza e precisione negli affondi micidiale, quella che l’ha reso praticamente imbattibile finora nel 2024. Durissimo in difesa, capace di rimettere palle tutt’altro che banali anche sugli affondi di Alcaraz, e via terribilmente profondo e potente nella spinta. Uno spettacolo meraviglioso, efficace e vincente. Sembrava il Sinner inarrestabile ammirato da settimane. Travolgente e capace di martellare il rivale non solo con i colpi ma anche mentalmente.
    Lo scenario è totalmente cambiato all’avvio del secondo set. JC Ferrero cerca di scuotere un Carlos evidentemente incapace di reagire tecnicamente allo strapotere di Sinner, veloce nei piedi e nei colpi. Ci riesce, forzando il suo pupillo a due mosse: un primo diritto di scambio più lavorato e insistere con un altro colpo in contro piede più rapido e stretto, aggiungendo anche la smorzata pur di non lasciare il pallino del gioco all’azzurro. Questa doppia mossa, abbinata ad un piccolo calo al servizio di Jannik, ha provocato un terremoto a catena. Alcaraz ha ritrovato sicurezza e smalto col diritto, su di una diagonale nella quale pagava terribilmente contro Sinner, e questo gli ha consentito anche di riprendere campo e rubarne un buon metro a Sinner. Jannik ha accusato il colpo. Ha perso sicurezza col diritto lungo linea, soluzione che gli aveva fin lì consentito di comandare e verticalizzare con successo, e nella diagonale di diritto cross ha iniziato a commettere molti errori. Anche palle mal centrate. Si è evidentemente irrigidito per aver perso il controllo del tempo di gioco, con Carlos molto bravo anche a rischiare tante palle corte. Ha spezzato il ritmo di Jannik, ha preso il comando delle operazioni e con maggior fiducia ha condotto il set.
    Purtroppo all’avvio del terzo parziale, nel terzo game, di nuovo un game con poche prime palle di Sinner e tre errori col diritto – uno sfortunato – che gli costano ai vantaggi il break, e pure una botta al polso nel tuffo disperato in recupero. Non si è capito quanto davvero abbia accusato la botta all’articolazione, di sicuro l’ha accusata moralmente perché il diritto da lì in avanti l’ha abbandonato con una quantità di errori simile a quella commessa nella somma di tutto il resto del torneo… Saranno ben 27 col solo diritto al termine del 6-2 che chiude il match, e 38 complessivi.
    Purtroppo Sinner s’è inchinato alla grande reazione emotiva e tecnica di Alcaraz, l’ha fatto perdendo l’inerzia di un match in cui era dominante, e l’ha fatto con troppi errori e senza riuscire a trovare una via per alzare il livello, riprendersi il campo e quel tempo di gioco che comandava. Sinner era andato velocissimo nel comandare nel primo set; la partita è scivolata via altrettanto veloce e carica di adrenalina anche negli altri due, ma stavolta senza che l’azzurro sia riuscito a trovare il pertugio per infilarsi e tornare a comandare. Demeriti di Sinner, i troppi errori e non aver trovato una chiave per tenere fermo Carlos; ma anche tanti meriti dello spagnolo, tornato quel tennista davvero rapido, potente ed efficace, con soluzioni ardite e bellissime. Lo si era visto contro Zverev, era salito di livello. La sua reazione dopo le “sberle” del primo set potrebbero aver fatto svoltare la sua stagione. In caso di sconfitta sarebbe stato superato al n.2 da Jannik; la vittoria gli consente di restare davanti e difendere il titolo, oltre che pareggiare sul 4 pari gli scontri diritti con l’azzurro.
    Siamo sicuri che Sinner analizzerà bene la sconfitta, per capire il motivo del calo al servizio, e l’imprecisione col diritto, come abbia perso sicurezza negli impatti e non sia riuscito a trovare una contro mossa per arginare la rimonta del rivale. Quella palla veloce e precisa usciva “male”, più sporca dalle sue corde da destra, errori che l’hanno un po’ bloccato. Quando giochi a quella velocità e con quella progressione, anche un filo di tensione in più la paghi perché il margine è minimo. Sinner ha giocato per mesi talmente bene da far sembrare il suo tennis facilissimo, oltre che bellissimo. In realtà, la sua magnificenza si basa di un insieme di dettagli che devono lavorare tutti all’unisono, e la straordinarietà è riuscirci. Non è sempre facile, quel che ha fatto in queste settimane vincenti è stato eccezionale. Grazie Jannik, e anche a Carlos, perché i due giovani stanno portando lo spettacolo a un livello superiore. Alla prossima sfida, arriverà presto.
    Marco Mazzoni

    La cronaca
    Jannik alza la prima palla del match, ha vito il sorteggio e decide di servire. Segno immediato di voler condurre la partita. Sinner vince il primo lungo scambio nel secondo punto, comanda e forza l’errore del rivale. Quanto corre la palla… impressionante. Chiude a 30 il game l’azzurro con il primo Ace del match, bordata esterna imprendibile. Sguardo torvo di JC Ferrero sull’errore di diritto del suo assistito, palla mal centrata, ma si riscatta con un rovescio d’attacco formidabile. Altrettanto fantastico l’attacco di Sinner col diritto, si prende subito il primo piccolo spazio sul campo. È una partita nel quale ogni dettaglio può fare la differenza, come il doppio fallo di Alcaraz che porta il game ai vantaggi, poi chiude con un buon servizio, 1 pari. Jannik vince secondo turno di battuta a zero, 8 prime in campo su 10 finora. Arriva sul campo qualche goccia di pioggia, ospite ben poco desiderato… I due protagonisti vengono rimandati dagli spogliatoio, i due escono chiacchierando amabilmente insieme. Non ci voleva, era partito molto bene Sinner. I due tornano in campo, eseguono il riscaldamento, ma di nuovo gocciola… Un pomeriggio anomalo nel deserto californiano.
    Si riprende alle 00.56, dopo oltre tre ore di stop per la pioggia. I due non sembrano essersi “freddati”… il terzo punto è una schermaglia terribile, la vince Sinner, più duro. 15-30. Un errore di rovescio costa ad Alcaraz il 15-40. Doppio fallo! La risposta precedente, davvero aggressiva, di Sinner mette quintali di pressione allo spagnolo, concede il BREAK per il 3-1 Sinner. Eccezionale il ritmo imposto da Jannik, con il rovescio lungo linea (addirittura in salto!) a spaccare le gambe al rivale. Ma anche l’accelerazione col diritto di Carlos è fulminante. Livello di gioco altissimo. Una difesa eccezionale di Alcaraz sorprende l’azzurro, che sbaglia nei pressi del net. 30-40, palla del contro break. Annulla Sinner con un diritto profondissimo. Allucinante la difesa di Sinner sull’assalto di Alcaraz, entrambi rigiocano la palla ottimamente su colpi profondissimi dell’altro, è un tennis flipper infernale, ma è con un tocco – passante di rovescio che l’azzurro vola 4-1. È totalmente intrattabile Sinner quando accelera col diritto lungo linea, la palla gli esce dalle corde talmente potente e profonda da costringere Alcaraz ad un allungo estremo. Jannik è ON FIRE, risposta cross di rovescio, passo avanti e schiaffo vincente col diritto. BOOM. 15-40, due chance del doppio break. Si butta a rete Carlos, ma è difficile la volée e Jan, beh, ci arriva col Martini in mano e chiude. 5-1 col doppio BREAK, parziale di 13 punti a 5 da quando il gioco è ripreso. Lo sta demolendo, anche mentalmente. Arriva un doppio fallo per il pusterese, rarissimo errore in una ripresa del gioco stellare. Si rifà subito con un servizio ottimo al T, gli vale il 40-15 e doppio Set Point. Esagera col diritto stavolta Jannik, 40-30; vola via il diritto di Carlos nello scambio, appena si allunga non regge. 6-1 in 36 minuti, anzi in 17 + 19 minuti. Nei 19 minuti della seconda parte, Sinner dominante, tutto gli è riuscito con una velocità tale da tramortire lo spagnolo. Alcaraz in netta difficoltà (4 giochi a zero), non sfonda da dietro sulle difese ottime dell’italiano, non riesce a contenere le sfuriate a tutta del rivale.
    Secondo set, Alcaraz alla battuta. Sospira JC Ferrero dopo l’errore in spinta di Carlos che gli costa il 15-30. Gli urla “anìmate”, ossia accenditi, esprimi forza. Non è convincente come Alcaraz conduce lo scambio, non trova il modo di sfondare, se rallenta Jannik gli “monta in testa” con un anticipo e potenza mostruosi. Dalla panchina consigliano ad Alcaraz di rallentare e poi accelerare di nuovo, per togliere un po’ di ritmo all’azzurro. Deve cambiare qualcosa per interrompere il dominio di Jannik, ma appena Sinner ha una palla da spingere col diritto, basta sia di poco meno profonda trova una sbracciata eccellente, e la battuta lo sostiene (finora 72% di prime in campo). 1 pari. Prova a lavorare di più la palla col diritto cross, e cerca l’angolo stretto; cresce al servizio, altro aspetto necessario per anestetizzare la risposta dell’italiano. Nel quarto game Jannik ha un primo momento di calo dopo il ritmo assurdo dell’avvio: poche prime di servizio, un diritto in rete, scivola 15-40. Gioca bene Carlos, cambia ritmo ottimamente col diritto e chiude di volo, BREAK Alcaraz, 3-1 e servizio. Arriva lo scambio del torneo, una schermaglia clamorosa sotto rete, la vince Sinner con un tocco impossibile, che provoca un gran sorriso in entrambi, consapevoli dello spettacolo. Ha perso un po’ di campo Sinner, basta mezzo metro, e lo scenario cambia perché Carlos ora sbaglia di meno e comanda di più. 4-1 Alcaraz, molto salito nel set (parziale di 12 punti a 4). Ritrova la massima qualità Jannik nel sesto game, due rovesci eccezionali, quindi bravo a correre avanti a riprendere le smorzate del rivale. 2-4. La palla corta dell’iberico è una costante, non vuole lasciare il controllo al rivale. In questa fase entrambi giocano bene, il livello è molto alto. Sul 30 pari la risposta di diritto di Jannik è una manata cross che lascia di sasso Carlos, palla del contro break sul 30-40! Ahi, risponde bene, ma esagera col lungo linea di rovescio, non era facile… Con servizio e diritto Alcaraz si porta 5-2. Troppi gli errori in scambio di Sinner nel secondo set, la palla gli scappa di poco ma scappa, ma si porta 3-5. Serve per chiudere il parziale Carlos. Una gran risposta vale a Jannik il 15-30, ma serve con accuratezza Alcaraz, 30 pari. È bravissimo Sinner a costruire uno scambio forsennato ma con rischio calcolato, gli vale il 30-40, palla break! Se la gioca da campione Alcaraz, rischia e trova un rovescio lungo linea bellissimo e vincente. Con una palla corta ben giocata Carlos chiude 6-3 al primo set point. Molto salito il livello dell’iberico, più falloso Sinner e soprattutto ha perso il totale controllo del tempo di gioco. Si va al terzo.
    Sinner scatta alla battuta, ma l’ondata di Alcaraz non si arresta. Nel terzo game Jannik centra male la palla col diritto e non gli entra il servizio, errori che paga a caro prezzo. Ai vantaggi non sfrutta la palla del 2-1, del concede una palla break, e il break arriva al termine di uno scambio rocambolesco, chiuso con una parata di volo di Carlos un tuffo disperato di Jannik, che non serve a niente e anzi gli costa una piccola botta al polso e al gomito. Lo spagnolo tiene saldamente il controllo del gioco, varia tanto con smorzata e diritti molto aggressivi. Lo scambio più duro del set lo vince Jannik, clamoroso un rovescio lungo linea vincente al 24esimo colpo, ma il diritto a tutta dell’azzurro, colpo che nel primo set e in tutto il torneo aveva brillato e spaccato gli avversari, ora è poco preciso. 3-1 Alcaraz, comanda e sposta l’azzurro. Ha perso sicurezza Jannik, quel break subito con alcuni suoi errori di troppo l’hanno irrigidito, e si scuote anche il polso al termine del punto, forse dolorante per la botta subita con la caduta. Brutto momento per Sinner, il peggiore di tutto il suo 2024. Già 11 errori dopo cinque game, suona l’allarme rosso sullo 0-30. È molto profondo lo spagnolo nello scambio, è in difficoltà Sinner a contenere e nemmeno con la battuta riesce a fare la differenza. Concede due palle del doppio break sul 15-40. Annulla bene la prima chance, gran rovescio in avanzamento; il diritto lo tradisce ancora sulla seconda, una palla non difficile per lui da metà cambio, troppa rotazione la palla scappa via in corridoio. Male, è un DOPPIO BREAK per Alcaraz, che sicuro scappa via 4-1 e poi 5-1 con un turno di battuta a zero. Sinner cerca di restare aggrappato alla partita, cerca di ritrovare velocità e sbagliare di meno scegliendo il centro del campo, ma quanto è rapido Carlos ad entrare col diritto. Fantastica l’accelerazione sul 15-0, pallata micidiale, in grande fiducia. Come si è ribaltata la fiducia tra i due. L’azzurro si porta 2-5, ma l’impresa è ormai impossibile. Serve con precisione Alcaraz, anche in risposta Sinner non fa più male come prima. 30-0 e 40-0 con un back difensivo di Sinner largo. Tre Match Point Alcaraz! Salva il primo con una risposta aggressiva l’azzurro, poi anche il secondo con uno smash a chiudere un attacco decisivo. 40-30. Chiude al terzo “Carlito”, tornato a battere il rivale e soprattutto ne interrompe la striscia di imbattibilità nel 2024, durata 16 partite. Incredibile come si sia invertita l’inerzia del match dopo un primo set dominato dall’azzurro. È umano perdere un match contro un avversario fantastico come Alcaraz. Alla stretta di mano Carlos chiede a Jannik se abbia avuto problemi al polso, la risposta è no. Carlos più difendere il titolo 2023 a Indian Wells e resta n.2 del mondo. Bravo Alcaraz, ma applausi anche a Sinner, nonostante il calo evidente ed i troppi errori col diritto, ben 27 a fine partita per tennistv. Troppi.

    [3] Jannik Sinner vs [2] Carlos Alcaraz ATP Indian Wells Jannik Sinner [3]632 Carlos Alcaraz [2]166 Vincitore: Alcaraz ServizioSvolgimentoSet 3C. Alcaraz 15-0 30-0 40-0 40-15 40-302-5 → 2-6J. Sinner 15-0 15-15 30-15 30-30 40-301-5 → 2-5C. Alcaraz 15-0 30-0 40-01-4 → 1-5J. Sinner 0-15 0-30 15-30 15-40 30-401-3 → 1-4C. Alcaraz 15-0 30-0 30-15 40-151-2 → 1-3J. Sinner 0-15 15-15 30-15 30-30 40-30 40-40 40-A 40-40 40-A1-1 → 1-2C. Alcaraz 15-0 30-0 40-01-0 → 1-1J. Sinner 0-15 df 15-15 30-15 40-15 40-30 40-40 A-400-0 → 1-0ServizioSvolgimentoSet 2C. Alcaraz 0-15 15-15 15-30 30-30 30-40 40-40 A-403-5 → 3-6J. Sinner 15-0 30-0 30-15 40-15 40-302-5 → 3-5C. Alcaraz 15-0 30-0 30-15 30-30 30-40 40-40 A-402-4 → 2-5J. Sinner 15-0 30-0 40-01-4 → 2-4C. Alcaraz 0-15 15-15 30-15 30-30 40-301-3 → 1-4J. Sinner 0-15 15-15 15-30 15-401-2 → 1-3C. Alcaraz 15-0 30-0 30-15 40-151-1 → 1-2J. Sinner 15-0 15-15 30-15 40-150-1 → 1-1C. Alcaraz 15-0 15-15 30-15 30-30 40-30 40-40 A-400-0 → 0-1ServizioSvolgimentoSet 1J. Sinner 15-0 30-0 30-15 df 40-15 40-305-1 → 6-1C. Alcaraz 15-0 15-15 15-30 15-404-1 → 5-1J. Sinner 0-15 15-15 30-15 30-30 30-40 40-40 A-403-1 → 4-1C. Alcaraz 0-15 15-15 15-30 15-40 df2-1 → 3-1J. Sinner 15-0 30-0 40-01-1 → 2-1C. Alcaraz 15-0 15-15 30-15 30-30 40-30 40-40 df A-401-0 → 1-1J. Sinner 15-0 30-0 30-15 40-15 40-30 ace0-0 → 1-0 LEGGI TUTTO

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    Medvedev: “Oggi Sinner sente di poter fare qualsiasi cosa, ma arriva un momento in cui tutto questo finisce”

    Daniil Medvedev (foto Getty Images)

    Quando si gioca sul cemento all’aperto, Daniil Medvedev c’è. I numeri parlano chiaro: il russo sul veloce all’aperto è uno dei tennisti più forti, probabilmente il più continuo in assoluto negli ultimi anni come media risultati. Si è qualificato per i quarti di Indian Wells con una solida vittoria contro Dimitrov, e ora l’aspetta il terzo confronto diretto con Holger Rune, sarà una partita interessante e molto aperta. Il moscovita dopo il successo ha rilasciato alcune dichiarazioni molto interessanti. Non ha mai vinto il torneo californiano, lo scorso anno è arrivato in finale, ma fu maltrattato da un Alcaraz stellare e terminò la sua eccellente striscia di vittorie consecutive iniziate nei tornei indoor in Europa. Proprio sulle sue sensazioni e su quelle del giocatore imbattibile di quest’anno, il nostro Jannik Sinner, si è soffermato Daniil.
    “La partita di oggi contro Dimitrov è stata fantastica, quando c’è vento la sabbia entra nel campo” racconta Medvedev. “Il primo giorno di allenamento il campo era super veloce. Ho detto alla mia squadra: accidenti, quest’ano si deve andare di corsa. Poi è diventato lento, lento, lento. La partita contro Korda è stata incredibile, nove break. Oggi, appena ho iniziato il riscaldamento ho visto che il campo era veloce e questo ha giocato a mio favore. Ho giocato molto bene, ero in grado di servire bene, il mio servizio faceva male. Vedremo come andrà a fine torneo. Adoro questo posto, ma a volte giocare è molto complicato”.
    “Qua non ho mai vinto, è vero, ma non ci penso. Voglio vincere ogni Master 1000 a cui gioco, non mi interessa se è la prima volta o meno. L’anno scorso ci sono andato molto vicino, anche se in finale ero molto lontano dal battere Alcaraz, ma arrivarci significa essere il più vicino possibile a vincere il trofeo. Ora ho una nuova opportunità e ci proverò”.
    Ecco l’interessante pensiero del russo su come ha gestito la delusione per la seconda rimonta subita nella finale degli Australian Open (2022 da Nadal, quest’anno da Sinner), e sul momento magico che sta vivendo Jannik. Sensazioni che lui stesso conosce bene, quella di vivere una striscia che ti fa sentire imbattibile: “Il dopo Melbourne? Ho avuto bisogno di una settimana per riprendermi. Niente di più, e forse qualcosa di meno. Subito dopo la finale pensavo di aver giocato una grande partita. Sono partito alla grande, giocando molto bene a livello tattico. Secondo me non ho ceduto sotto pressione, non mi sembra che nel terzo set ho iniziato a pensare troppo se avrei vinto o meno, non ho tremato nei colpi. Penso di aver continuato a giocare nel modo giusto. Ho continuato a fare quello che dovevo fare, non dovevo cambiare nulla. Sinner ha cambiato alcune cose e ha iniziato a giocare meglio. Ecco perché ha vinto La mia opinione sulla finale non è cambiata”.
    “Sinner non ha ancora perso nell’anno. Io stesso ho avuto due grandi strisce di successi nella mia carriera, una di 21 vittorie e l’altra di 20. Onestamente non avrei mai pensato di poter fare una cosa del genere. Quando sei sulla cresta dell’onda è fantastico. Ad esempio, il tiebreak che Jannik ha giocato ieri sera (contro Shelton, ndr): lui sentiva che il suo servizio sarebbe atterrato sulla linea, che le risposte sarebbero entrate, quando vivi un momento così hai chiaro cosa farai e senti che ci riuscirai. È una sensazione fantastica e sono convinto che sia quello che lui sta provando in questo momento. Però arriva un momento in cui tutto ciò finisce. Deve esserne consapevole. Penso che Novak abbia il record, mi sembra di 46 vittorie o qualcosa del genere… sembrava imbattibile ma alla qualcuno lo ha fermato. Non ricordo chi fosse”. Fu Roger Federer, a Roland Garros in semifinale, a interrompere la striscia di vittorie consecutive del serbo nel 2011, per l’esattezza 41 nella stagione e 43 sommando le ultime due in Davis dell’anno precedente. Sinner è attualmente a 15 nel 2024 e 18 con la Davis Cup 2023.
    Medvedev tuttavia non pensa che gli avversari di Sinner entrino in campo già sconfitti…. “Non credo sia una cosa di cui si tenga conto nello spogliatoio prima di affrontare Jannik. Esci in campo e quello che vuoi è vincere. Ovviamente più vittorie ottieni, si vinci titoli e Slam hai più fiducia hai in te stesso e puoi farcela. Questo è quanto. La fiducia ti aiuta, ma c’è qualcuno che alla fine ti fermerà. Forse non è qui, forse sarà più avanti. Se lo affronterò in finale, farò del mio meglio per batterlo” conclude Daniil.
    Quando il moscovita ha voglia di parlare, ha la capacità non comune di argomentare pensieri molto interessanti, senza trincerarsi sul politicamente corretto e senza la paura di analizzare temi delicati o descrivere pregi e difetti dei suoi avversari. Sinner è in questo momento il tennista più in forma, ma attenzione al russo se ci sarà la rivincita in finale.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Lehecka, prossimo avversario di Sinner: “Berdych (coach) mi stimola a lavorare al massimo con le gambe”

    Jiri Lehecka (foto TennisTv)

    Prima Rublev, poi Tsitsipas. Jiri Lehecka si è guadagnato con un tennis fantastico un super quarto di finale contro Jannik Sinner al Masters 1000 di Indian Wells. Il miglior tennis della sua carriera? Il ceco afferma di sentirsi in ottima forma, ma che il suo gioco è in piena evoluzione grazie al lavoro intenso svolto con Tomas Berdych, ex n.4 ATP e oggi a fianco del 22enne connazionale. Quel che contraddistingue Lehecka è la grande intensità nello scambio e pulizia all’impatto della palla, da classico prodotto della scuola ceca, la migliore al mondo per impostazione tecnica. Avrà di fronte un avversario davvero impegnativo, e non solo perché Jannik sta vivendo un periodo eccezionale. Lehecka infatti sarà costretto a sfidare Sinner con un tennis discretamente simile a quello dell’azzurro per schemi ma con minor potenza e continuità, e sfidare una sorta di “te stesso” più forte in tutto è probabilmente l’avversario peggiore in assoluto. Dovrà servire come un treno e magari scendere a rete il più possibile, sfidando tuttavia i passanti di Jannik che stanotte hanno tramortito un buonissimo Shelton. Sinner parte nettamente favorito, ma sarà interessante vedere come giocherà il ceco.
    Lehecka ha parlato alla stampa in California prima di conoscere l’esito della sfida serale tra Sinner e Shelton. Si è soffermato soprattutto su come lavora con Berdych e sulla propria mentalità, ancora da “apprendista”. Parole interessanti, che riportiamo.
    “Per me venire qui l’anno scorso è stato come un sogno. Era la prima volta che giovano a Indian Wells, la prima volta che vedevo questo scenario così particolare e così tanti fan” racconta Jiri. “Ero molto felice di aver vissuto tante nuove esperienze, ma alla fine della scorsa stagione sentivamo che i risultati in questi grandi tornei non erano quelli che volevamo e che avevo qualche possibilità di andare oltre nei tornei, giocare meglio e battere alcuni giocatori più forti, ma non ci sono riuscito. Abbiamo cercato di analizzare gli errori che avevamo commesso e ci siamo concentrati sull’eliminarli. Certo, per me è stato molto più facile tornare qui una seconda volta, sapevo cosa aspettarmi”.
    Lehecka si fida ciecamente dei consigli di Bercych. “Tomas è una persona fantastica, da coach è lo stesso che era da giocatore, è molto professionale e molto dedito al lavoro. Sta facendo con me tutto quello che voleva fosse fatto dal suo team quando era un giocatore, sa cosa vuole il giocatore, sa cosa sente e questo è importante quando cerca di intervenire e aiutarmi in alcune cose in particolare. E anche è molto sereno in campo, si lavora tanto ma con leggerezza, non prende le cose troppo sul serio. Sa che il momento importante è durante la partita. Tra tutti i consigli che mi ha dato il più importante riguarda il lavorare di più con le gambe, spostare il gioco in avanti in modo aggressivo. Ci abbiamo lavorato molto, soprattutto a inizio settimana, all’inizio del torneo, quando avevamo un po’ di tempo per prepararci. Mi ha anche descritto il cambio delle condizioni tra giorno e notte, cambiano in modo incredibile ed è necessario gestirle. La sua esperienza mi sta aiutando davvero”.
    In effetti uno dei più di forza di Berdych era la stabilità degli appoggi, una forza nelle gambe non comune che gli permetteva di arrivare bene sulla palla e restare centrale, in equilibrio, per colpire la palla con forza e precisione. A livello di “colpitore” puro, Berdych è stato probabilmente il migliore della sua generazione.
    Lehecka è sicuro che vivere esperienze di alto livello, come quelle di questo torneo, lo migliorerà ulteriormente: “A volte mi sembra di aver già vissuto questo momento, quindi so come reagire adesso. Ma ci sono ancora molti fasi in un match in cui penso ‘cos’è questo, come mi sento, cosa dovrei fare, come dovrei reagire, che tipo di scatti dovrei fare o cosa non dovrei fare’. E questo è uno dei motivi per cui avere Tomas qui con me è molto bello perché ha molta più esperienza di me. Avere il sostegno di un ex campione come lui che già vissuto tutto questo può solo aiutarmi a diventare un tennista più completo e consapevole”.
    La partita contro Sinner è una novità (nessun precedente), sarà certamente un’altra pagina importante del suo apprendistato. Lehacka ha spesso mostrato un tennis davvero incisivo a livello di colpi ma poco continuo e carente in personalità, senza quella spinta a trovare la giocata top nel momento decisivo e reggere le fasi caldi del match. Dal Sinner di questo 2024, ha moltissimo da imparare…
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO