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    La doppia vita di Serena Zingaro: “Pallavolo e studi, non ho rinunciato a nulla”

    Di Stefano Benzi
    La Futura Volley Giovani Busto Arsizio è una di quelle realtà che, più di altre, mantiene una dimensione umana che vale la pena raccontare e conoscere. Ragazze che arrivano in corsa con tanta buona volontà e che si gettano in campo con tutto il loro entusiasmo (Elisa Vecerina ne è un esempio). Altre come Latham che potrebbero vivere di prepotenza ma non rinunciano ad affiancare le ragazze più giovani. E poi c’è il caso singolare di chi come Serena Zingaro, alla (bella) età di 26 anni, è da considerare come una veterana.
    Serena ha una storia molto particolare: inizia a giocare a pallavolo tra scuola e oratorio, dividendo i suoi impegni agonistici con la ginnastica artistica. Poi la pallavolo vince. Da ragazzina è altissima, con due braccia lunghe lunghe. Campionati Under 16, poi Under 18, poi la B2 che comincia a togliere tempo a tutto il resto. Una ragazza versatile, che sa adattarsi: inizia opposto, poi gioca centrale acquisendo una certa sicurezza. Ma Lucchini, fin dalle giovanili di Busto, la comincia a portare in ricezione, dove almeno all’inizio Serena deve gestire l’istinto e un aspetto importante: la pazienza. Nel frattempo studia e dopo nove anni alla UYBA va a fare la chioccia alla Futura Volley. Le mancano pochi esami e la tesi per laurearsi.
    Quest’anno il campo le porta i gradi di capitano e alla fine arriva anche l’agognatissima laurea. Da ragazzina sognava di fare l’osteopata, il medico. Alla fine arriva una laurea in Pedagogia con una tesi sul doppio ruolo dei giocatori professionisti che decidono anche di studiare pensando a una carriera accademica. Quando Lucchini, che la ritrova alla Futura, la chiama in campo, Serena risponde presente: il suo piccolo capolavoro nel recupero contro l’Hermaea Olbia della settima giornata. Entra in campo in un momento di grande difficoltà e stravolge il match prendendo per mano la squadra e accompagnandola alla vittoria.
    Serena, che avrebbe voluto fare il medico, forse farà l’insegnante o magari applicherà i suoi studi sul campo facendo l’allenatrice: “Ancora per la verità non lo so – dice la giocatrice, 27 anni a luglio – so che alla pallavolo ho dedicato tanto tempo e tanta passione e vorrei poter continuare a giocare fino a quando sarà possibile. Futura è un ambiente ideale sotto questo aspetto, con un bel gruppo di lavoro, che mi ha consentito non solo di giocare ad alto livello ma anche di finire i miei studi“.
    Spesso si parla di doppio ruolo per i giocatori, giocatrice e mamma, atleta e professionista, piuttosto che studente: “Non è semplice – ammette Serena – il campo richiede tanto impegno, tanta dedizione, tantissima fatica. E a volte si torna a casa davvero stanchi: e l’idea di mettersi sui libri non è semplice. La pandemia poi ha complicato tutto togliendoci tante cose importanti. La presenza del pubblico, la gioia di condividere spazi ed eventi. Sono felice di avere concretizzato un obiettivo che per me era molto importante dando comunque un contributo alla squadra. E ora sul cosa fare ‘da grande’… vedremo. Per ora mi vedo ancora una giocatrice di pallavolo. Non rinuncio a niente“.
    Serena Zingaro è un bell’esempio, silenzioso e allegro, di una piccola moltitudine di atleti che divide il suo tempo tra libri e palestra in lunghe giornate di impegni infiniti. In un paese in cui non c’è uno straccio di sostegno economico concreto – se non quello privato di alcune aziende, poche, che investono pochissimo (e solo perché lo scaricano dalle tasse) – per gli atleti che studiano. Un quadro che fa a cazzotti con quello che si vede negli Stati Uniti, dove gli atleti studiano proprio perché sono atleti, o in Germania, Svizzera, Francia, Inghilterra e Irlanda dove qualsiasi Campus è anche e soprattutto luogo di sport.
    La speranza è che tra i tanti studenti-sportivi che si stanno laureando in questa sessione, con tesi da casa in collegamento streaming, senza festa, amici e applauso di rito, ci sia qualcuno che un domani sappia cambiare davvero le cose. Nel paese che le università le ha create, sarebbe il minimo. LEGGI TUTTO

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    Bergamo, il presidente Agnelli: “Vedremo di fare pentole e coperchi, siamo pronti”

    Di Stefano Benzi
    L’Agnelli Tipiesse Bergamo pensa in grande. La prima sconfitta in campionato subita dal Gruppo Consoli Centrale del Latte Brescia domenica scorsa, non ha certo ridimensionato le ambizioni dell’Olimpia e del suo presidente Angelo Agnelli, che dimostra tutta la sua passione con idee, concretezza e soprattutto presenza. Sempre presente in partita, a Cisano Bergamasco dove l’Olimpia ha allestito il suo quartiere generale, il presidente è spessissimo a vedere gli allenamenti della prima squadra e partecipa a tutto quello che è la vita del settore giovanile del club.
    Spostarsi da Bergamo in provincia non è stato un ridimensionamento, anzi: “Possiamo tranquillamente dire che Cisano è una delle chiavi del nostro successo di quest’anno, e non solo per una questione di contenimento dei costi. Qui, anche se non possiamo ospitare pubblico in questa stagione così atipica e difficile, siamo davvero a casa: abbiamo a disposizione un impianto tutto per noi. I ragazzi possono allenarsi, fare palestra o piscina quando vogliono organizzandosi sulla base delle esigenze di giornata“.
    In un periodo in cui amministrazioni e istituzioni brillano per assenza nel sostegno allo sport di base il piccolo comune di Cisano Bergamasco, seimila abitanti e spiccioli, è un’eccezione preziosa: “Qui ci vogliono bene, ci hanno voluto, sostenuto, aiutato e alle nostre partite non manca mai qualcuno del comune a vederci. La gente ci dimostra affetto e attenzione. Un peccato che l’impianto debba restare vuoto“.
    Nel frattempo il settore giovanile cresce, l’angolo di Brianza tra Como e Bergamo si dimostra un bacino interessante per lavorare con le scuole e le polisportive più piccole. L’Atalanta calcio, pur mangiandosi una gran fetta delle sponsorizzazioni, resta un modello: “Vogliamo crescere e lo faremo a Cisano. Se – parola che Agnelli sottolinea con moltissima evidenza, un po’ per pragmatismo e un po’ per scaramanzia – concretizzeremo un futuro in Superlega, resteremo comunque qui. Abbiamo in programma investimenti importanti sul palasport del comune: lo amplieremo, alzando il tetto e creando un polo importante tutto dedicato al volley. Se dovremo andare a giocare le gare del massimo campionato altrove, vedremo dove farlo“.
    Bergamo è esclusa. Il vecchio palasport, in attesa che venga costruita la nuova Arena Gewiss, non rispetta gli standard della Superlega. L’alternativa più concreta è Treviglio: “È un’opzione concreta e praticabile – conferma Angelo Agnelli – avremmo un impianto adeguato e sono certo che il nostro progetto possa piacere e coinvolgere il pubblico“. Il PalaFacchetti di Treviglio aveva già ospitato la vecchia Foppa in Champions League e il basket maschile di A2. È omologato per tremila persone, sufficienti anche per la Superlega con qualche piccolo adeguamento.
    Nel frattempo l’Olimpia, in attesa dei playoff, si gode la finale di Coppa Italia. La vittoria contro Cuneo offre alla squadra bergamasca la possibilità di bissare il successo dello scorso anno. L’avversaria sarà la Delta Porto Viro, che ha eliminato la Conad Reggio Emilia, battuta in casa. La finale, gara secca in programma alle 20.30 dell’11 marzo, si dovrebbe giocare a Cisano. In Olimpia tengono molto a questa soluzione e hanno già chiesto alla Lega tutte le autorizzazioni del caso, presentando le documentazioni del Comune che è il proprietario dell’impianto. Il match si svolgerebbe comunque a porte chiuse.
    Per Agnelli sarà la quarta finale consecutiva per puntare al secondo trofeo di fila: “Devo essere sincero – conclude il presidente dell’Olimpia – sono molto legato alla Coppa Italia, vincerla lo scorso anno fu una soddisfazione immensa e in attesa di vedere quello che riusciremo a fare in campionato, la Coppa è il nostro primo e più importante obiettivo. Sono molto orgoglioso di come la squadra ha trasformato sul campo quelle che erano le nostre ambizioni e il progetto di partenza. Possiamo fare grandissime cose“.
    Angelo Agnelli sta vivendo un periodo drammatico per il suo territorio e il suo settore investendo e prendendosi grande responsabilità: “Stiamo pagando a durissimo prezzo scelte sulle quali ci sarebbe da dire e da discutere. Sono un fornitore di ristoranti e ristoratore a mia volta. Il nostro settore esce a pezzi. Ma piangersi addosso non serve a niente. Con il volley stiamo facendo qualcosa per il territorio, qualcosa che risvegli l’orgoglio della nostra gente. Noi siamo pronti e il futuro non ci fa alcuna paura. Faremo pentole e coperchi, e quando le porte dei palasport si riapriranno, sicuramente sapremo offrire al nostro pubblico qualcosa di ghiotto“. LEGGI TUTTO

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    Vita da mamma per Floortje Meijners: “Che bello sapere che Felip mi aspetta”

    Di Francesca Ferretti
    Tra le tante mamme-atlete della nostra Serie A1, Floortje Meijners è forse la più “insospettabile”. Perché vedendo giocare la schiacciatrice olandese, 34 anni compiuti a gennaio e ancora ad altissimi livelli con la maglia della Saugella Monza, è facile dimenticarsi il suo stop di un anno dall’attività agonistica (tra il 2017 e il 2018) per dare alla luce il piccolo Felip. Ma questo non significa che la sua vita non sia cambiata: lo racconta “Flo” in persona a Francesca Ferretti, insieme alla quale ha vissuto emozioni indimenticabili con la maglia della Rebecchi Nordmeccanica Piacenza.
    Innanzitutto come stai? Da mamma, come stai affrontando il difficile momento della pandemia?“Sto bene! Certamente, come mamma, sto sempre molto attenta riguardo alla salute, all’igiene e alle regole, e adesso ancora di più. Per noi la pandemia significa soprattutto che non riusciamo a vedere le nostre famiglie e gli amici: stiamo provando a far sì che nostro figlio sia connesso al meglio possibile con i suoi nonni, zii, cugini e amici, anche a distanza“.
    La tua carriera è cominciata in Olanda, prima nel club della tua città e poi, per 4 stagioni, ad Amsterdam. Quanto ti manca questa città?“Sono rimasta abbastanza legata ad Amsterdam. Mi piace davvero l’atmosfera del luogo, e soprattutto la bellezza dell’architettura. Ho vissuto lì come pallavolista, è vero, ma anche come studentessa, quindi ho dei bellissimi ricordi. Questa estate ho passato tanto tempo lì con la mia famiglia ed è piaciuta tantissimo anche a mio figlio“. 
    Foto LVF/Rubin
    Dal 2010 è iniziata comincia la tua avventura in Italia, due stagioni a Busto e due a Piacenza (con me!) . 3 scudetti e 3 Coppe Italia, con premio di MVP. Non è da tutti arrivare qui e vincere subito così tanto…“Sì, sono state delle stagioni bellissime, con dei bei ricordi che conserverò per sempre. Sono stata fortunata ad avere la possibilità di lavorare con le migliori giocatrici, staff tecnici e, certamente, società“.
    La tua esperienza in Turchia è stata breve, solo un anno, ma molto significativa perché hai conosciuto tuo marito (il giocatore di basket Engin Atsur, n.d.r.). Cosa ti è rimasto impresso di questo paese?“A parte la bellezza di Istanbul, che è indiscutibile, quella città è stata nei secoli il centro di tante diverse culture e religioni, che si sentono ancora fino ad oggi. È stata un’esperienza speciale viverci, sia a livello personale che dal punto di vista professionale. Ovviamente la Turchia fa ancora parte della nostra vita, mi sento a casa lì“.
    Nel 2018 è nato vostro figlio Felip. Come avete fatto a programmare la vostra vita da sportivi con l’arrivo imminente di un bebè?“La nostra priorità è sempre stata la famiglia, il che significa che volevamo vivere insieme. Mio marito, che era in una fase più vicina alla fine della sua carriera agonistica, ha smesso di giocare ad alti livelli pensando anche all’importanza di essere presente per nostro figlio, soprattutto nei primi anni“. 

    Foto LVF/Rubin
    Dopo la nascita di tuo figlio è stata dura riprendere la forma fisica per poter ricominciare a giocare nuovamente ad alti livelli?“Mi mancava moltissimo la pallavolo, quindi ero davvero motivata a tornare in campo e questo è stato un grande aiuto. Non ho trovato difficoltà, sinceramente“.
    Ora che sei mamma vivi diversamente le emozioni e anche lo stress che questo lavoro comporta ?“Il mio approccio alla pallavolo non è cambiato. Come sempre do il massimo insieme alle mie compagne per vincere, e questo non cambierà mai. Ovviamente, però, sapere che a casa mi aspetta mio figlio è una sensazione straordinaria“. 
    Sei da due stagioni a Monza: come ti trovi? E pensi che potreste essere voi la squadra che potrà dare fastidio a Conegliano?“Mi trovo molto bene con il Consorzio Vero Volley, che è una società molto professionale e allo stesso tempo un ambiente familiare. Ogni anno abbiamo alzato l’asticella dei nostri obiettivi. Come squadra lavoriamo tanto e cerchiamo di sfruttare il nostro potenziale per vincere ogni partita“.  LEGGI TUTTO

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    Insalata: “non mi nascondo, Bergamo gioca la miglior pallavolo della serie A2”

    Di Giovanni Saracino
    C’è un pizzico di Puglia nella nordica Bergamo del volley. Vito Insalata, 43 anni, direttore sportivo dell’Agnelli Tipiesse, squadra capace di vincere 15 gare su 15 e di issarsi in vetta al torneo di A2 con ben 13 punti di vantaggio sulla seconda, è originario di Castellana Grotte in provincia di Bari ed ha cominciato la sua carriera di giocatore (giocava al centro) proprio nella sua città natale.
    La notizia del rinvio del big match della quinta giornata di ritorno tra Prisma Taranto (seconda in classifica) e Agnelli Tipiesse Bergamo è giunta proprio alla vigilia della partenza per la difficile trasferta in Puglia.
    “Purtroppo dobbiamo abituarci ad aspettare sino all’ultimo momento l’esito dei tamponi ed in questo caso è toccato a Taranto chiedere il rinvio” – afferma il diesse dei lombardi – “ Mi spiace perché ci saremmo confrontati contro una squadra forte, forse la più forte sulla carta del torneo. Per noi sarebbe stato un ulteriore test per capire la nostra tenuta psico-fisica”.
    A proposito di Covid, la sua squadra è quella che ha patito meno le conseguenze del ritorno all’attività agonistica, ripartendo, a suo tempo, subito forte. Fortuna o altro?
    A fine ottobre scorso abbiamo avuto otto positivi e siamo stati fermi trentacinque giorni. Forse il contraccolpo è stato attutito dal fatto che abbiamo iniziato un mese prima la preparazione rispetto alle altre squadre e questo ci ha un po’ favoriti dal punto di vista fisico. Poi non lo so se siamo stati bravi o fortunati o tutti e due. Fatto sta che siamo riusciti a tornare in poco tempo ad una buona condizione fisica ma le squadre forti alla vigilia del torneo erano altre.
    C’è quasi questa sorta di scaramantico giochino mediatico volto ad indicare come favorite compagini diverse dalla propria. Però alla fine tutte vogliono vincere, non crede?
    Sicuramente in partenza Bergamo non era a livello di Taranto o Siena come nomi. La nostra è un buona squadra, con l’età media di 23 anni che è la più bassa in assoluto ma non era la favorita principale per la promozione alla vigilia della stagione. Certo con il lavoro in palestra ed il talento di questi ragazzi eravamo convinti di poter dire la nostra in questa stagione. Sicuramente, attualmente, non mi nascondo, Bergamo gioca la miglior pallavolo della serie A2. Non capita tutti gli anni di perdere soltanto cinque set in quindici incontri. Sinora abbiamo fatto qualcosa di straordinario.
    Qual è il segreto della costanza di rendimento della sua squadra?
    Il gruppo,. E’ composto da ragazzi talentuosi che hanno una fame incredibile e voglia di migliorarsi ogni giorno il più possibile, coordinato da un allenatore che per la categoria rappresenta un lusso.
    E poi avete un Finoli in più. Un palleggiatore che in tanti vi invidiano…..
    Avevo già avuto modo di vederlo a Catania e ne avevo tratto un’ottima impressione. Appena c’è stata l’opportunità di ingaggiarlo non me la sono fatto sfuggire perché lui in questa categoria è un fuoriclasse. Lo reputo uno dei palleggiatori più forti della A2 e credo che lui possa ben figurare anche in Superlega. Senza nulla togliere agli altri nostri giocatori, lui è il nostro valore aggiunto.
    Che tipo di campionato ha visto sinora? A vedere le prime quattro-cinque posizioni in classifica pare che i valori si stiano allineando alle previsioni della vigilia.
    Si, con il passare del tempo i valori stanno venendo fuori. Le squadre piano piano si stanno assestando e credo che più ci si avvicinerà alla fine della stagione regolare e più la classifica sarà veritiera. Noi, ripeto, stiamo facendo qualcosa di straordinario ma sappiamo bene che i play-off saranno un’altra storia e dobbiamo continuare a lavorare bene per arrivare preparati quanto più possibile. Il torneo è sicuramente di buon livello ma c’è un abisso tra la serie A2 e la Superlega, molto più di quando ero giocatore.
    Rispetto a quando giocava, la pallavolo quanto è cambiata?
    Tanto. E’ meno tecnica e più fisica, non lo scopro certo io. Giocatori come Giani, Bernardi o Papi, faremo fatica a rivederli sul campo. Ora il gioco è sicuramente più spettacolare grazie alla maggiore velocità ma purtroppo gli allenatori, specie quelli dei settori giovanili, stanno mettendo da parte sempre più la tecnica per la potenza fisica. Si allena sempre meno la tecnica e questo è un peccato.
    Il coach di Taranto, Vincenzo Di Pinto, parlando di lei ha detto che da giocatore avrebbe meritato qualcosa di più mentre da dirigente è già diventato molto scafato…..
    Mi fa piacere. Lui ha speso sempre delle belle parole per me e lo ringrazio. Per me sono motivo di orgoglio e mi stimolano a far sempre meglio con grande umiltà.
    Da buon pugliese che cosa può dire di Taranto e Castellana?
    Castellana ormai sono anni che disputa stagioni di buon livello. La società investe sempre tanto, da parte mia c’è massimo rispetto anche perché un pezzo del mio cuore è lì dove ho vissuto per tanti anni. Riguardo Taranto posso dire che sono contento che si sia riaffacciata perché una piazza che ha visto disputare tanti buoni campionati di serie A e spero che per il futuro riesca ad ottenere degli ottimi risultati anche perché il nostro movimento ha tanto bisogno di gente appassionata, come la famiglia Bongiovanni. LEGGI TUTTO

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    Elizabet Inneh-Varga, la grande speranza dell’Ungheria

    Di Alessandro Garotta
    La pallavolo ha una storia relativamente giovane, i movimenti nazionali che più l’hanno nutrita hanno avuto alti e bassi nei circa 120 anni della sua esistenza, ma quasi nessuno di loro è davvero scomparso. Quasi nessuno ha vissuto un declino tale da non poter essere più considerato competitivo per decenni in un torneo internazionale. Tra le pochissime eccezioni troviamo l’Ungheria. 
    Magari qualcuno ricorderà la selezione femminile ungherese di Ágnes Torma, Éva Sebők-Szalay e Gyöngyi Bardi-Gerevich a cavallo degli anni ’70 e ’80, proprio come si fa con le civiltà perdute e le epoche storiche così lontane nel tempo da risultarci indecifrabili. L’ultima volta che questa Nazionale si è qualificata alle Olimpiadi era il 1980 e non era stato ancora introdotto il sistema 5-1 (un solo alzatore); l’ultima volta che si è spinta fino al podio europeo era il 1983 e non era ancora crollato il muro di Berlino.
    Negli ultimi trent’anni, però, il paese ha praticamente smesso di produrre grandi talenti, come se avesse all’improvviso disimparato una cosa che gli riusciva con naturalezza. Ma oggi c’è una nuova speranza: si chiama Elizabet Inneh-Varga, è l’opposta del Fatum-Nyíregyháza e un giorno sogna di vestire la maglia dell’Ungheria per riportarla sulla mappa del volley mondiale. Prima, però, deve attendere che si risolva la contesa tra la Federazione magiara e quella della Romania, paese in cui è nata e che rivendica la sua nazionalità sportiva. Nel frattempo, la giovane giocatrice si è espressa in esclusiva ai microfoni di Volley NEWS. 

    Ci racconti qualcosa di lei. Chi è Elizabet Inneh Varga? 
    “Sono una ragazza di 21 anni, nata a Budapest, e cresciuta tra la capitale ungherese e Oradea in Romania. Sono un po’ timida con le persone che non conosco, ma allo stesso tempo molto cordiale. Cerco di essere sempre diligente e dare il massimo in tutto quello che faccio, soprattutto per quanto riguarda la pallavolo“. 
    Come ha scoperto il suo talento per il volley? 
    “Ho iniziato a giocare a 11 anni, dopo aver provato un sacco di altri sport, come l’atletica, la pallamano e il basket; però, il volley aveva qualcosa di speciale e mi piaceva di più. Da quel momento la mia passione è diventata più grande giorno dopo giorno. Ricordo bene i miei primi tornei, la prima volta a vedere una partita delle ‘grandi’ di A2 al palazzetto, ma soprattutto ricordo che non mi perdevo le partite trasmesse in TV per nulla al mondo: ammiravo quelle giocatrici e il mio sogno era di diventare brava come loro. Così ho cominciato a prendere la pallavolo molto seriamente e non mi sono mai fermata“. 
    È considerata un grande talento: per lei è uno stimolo a fare sempre meglio? 
    “Sicuramente fa piacere questa buona considerazione, ma io cerco sempre di dare tutta me stessa indipendentemente dalla partita o dagli stimoli esterni“. 
    Come mai non è ancora stata convocata nella selezione ungherese? C’è una ragione particolare? 
    “Il mio percorso come giocatrice è iniziato in Romania e al momento la mia Federazione di Origine è quella rumena; tuttavia, spero presto di avere l’onore e l’opportunità di rappresentare il mio paese natale, l’Ungheria“.  
    Qual è la sua migliore qualità quando è in campo? E dove crede di poter migliorare?
    “Sono una persona molto positiva, quindi cerco sempre di sostenere e aiutare le mie compagne, mettendo la squadra prima di tutto. Penso di avere grandi margini di miglioramento in tutti i fondamentali, senza dimenticare che l’aspetto mentale è altrettanto importante: a volte, mi capita di innervosirmi troppo prima delle partite, ma per fortuna sto imparando a gestire queste situazioni“. 
    Questa è la sua quarta stagione al Fatum Nyíregyháza. Come si trova e quali sono le sue sensazioni dopo questa prima parte di campionato ungherese? 
    “Sono molto contenta di far parte di questo club: qui ho trovato una seconda famiglia e vissuto tanti bei momenti. Per quanto riguarda il campionato, abbiamo avuto un buon avvio e siamo al secondo posto, avendo perso solo una volta. In generale, c’è grandissimo equilibrio, con tante squadre dello stesso livello: ogni partita è interessante e avvincente“. 
    Qual è stato il momento più bello della sua carriera finora? 
    “Conservo nel mio cuore tanti ricordi positivi legati alla pallavolo, ma se proprio dovessi sceglierne qualcuno direi le vittorie della Coppa di Ungheria con la mia squadra nel 2018 e nel 2019. In quelle occasioni ho provato emozioni indescrivibili“. 
    Dove si vede tra cinque anni? 
    “Ora è difficile da dire, ma senza dubbio farò del mio meglio per fare più strada possibile nel prosieguo della mia carriera“. 
    Un sogno nel cassetto? 
    “Il mio sogno più grande è arrivare a giocarmi un titolo in una fase finale di una competizione internazionale o un campionato importante“.  LEGGI TUTTO

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    Jenny Barazza: “Mi emoziona ancora vedere mia figlia in palestra”

    Di Francesca Ferretti
    Con Jenny Barazza ho condiviso gli anni più belli e vittoriosi della nazionale Seniores. Silenziosa ma presente, pungente, cinica e sempre pronta nel momento che conta, oggi Jenny è anche mamma della splendida Luisa e di questo (ma non solo) abbiamo parlato nella nostra intervista!
    Partiamo dal presente: da 3 anni hai scelto di tornare a “casa” in Sardegna e continuare a giocare in Serie A2 con l’Hermaea Olbia. E’ stata stata una scelta di vita?
    “Diciamo di sì, visto che, concluso il mio contratto con Conegliano, ho deciso di iniziare un nuovo percorso di vita a Olbia, dove avevo costruito casa e dove mia figlia avrebbe iniziato la prima elementare. È arrivata, subito dopo, la proposta di giocare nell’Hermaea Volley Olbia, che ho accettato con molto entusiasmo, sicura di poter conciliare al meglio la carriera sportiva, quella di mamma e quella di collaboratrice nella nuova azienda di mio marito“.
    Nel 2010, poco prima del Mondiale in Giappone, hai scoperto di essere incinta. Cosa ricordi di quei momenti?
    “È stato sicuramente un momento indimenticabile carico di emozioni. Una sorpresa bellissima che ha reso me e mio marito pazzi di gioia“.
    Quanto è stato difficile, una volta diventata mamma, conciliare il tutto, palestra, bimba e famiglia?
    “Come ogni mamma, ho semplicemente cercato di organizzare il mio tempo in funzione di mia figlia… Ho avuto una grossa mano da mio marito, che era sempre presente nonostante gli impegni, e poi da una fantastica babysitter, che mi aiutava soprattutto nei primi mesi in cui ho ricominciato a giocare. Non nascondo che sia stato molto difficile, soprattutto all’inizio, ma poi ho trovato il giusto equilibrio. Insomma, ho cercato di fare del mio meglio, come tutte le mamme!“. 
    Foto Instagram Jenny Barazza
    Che sensazioni ti suscita il poter abbracciare la tua bimba a bordo campo a fine partita, e soprattutto che lei veda la sua mamma giocare?
    “È sempre emozionante vederla sugli spalti. Ancora oggi i suoi sorrisi mi spiazzano sempre come se li vedessi per la prima volta“.
    Luisa sta seguendo le orme della mamma nello sport?
    “A Luisa piace stare in palestra ed è una grande tifosa, ma ancora non ha deciso quale sport intraprendere con costanza. La pallavolo per lei è il lavoro di mamma, non ancora una passione tutta sua“.
    Hai indossato la maglia della Foppapedretti Bergamo per 6 anni, vincendo 2 scudetti, 2 Coppe Italia, 1 Supercoppa, 1 Coppa CEV e 3 Champions League: forse gli anni più belli della tua carriera, che ti hanno consacrata a livello mondiale come una delle centrali migliori in circolazione. Cosa significa Bergamo per te?
    “Bergamo è stata una tappa importante e indimenticabile della mia carriera, non solo per i titoli vinti, ma per la possibilità di giocare, allenarmi e condividere momenti con giocatrici fortissime, da cui ho imparato tanto. Ho trascorso 6 anni in quella bellissima città, e non posso far altro che portarla nel cuore e mantenere i contatti con persone del luogo e tifosi bergamaschi che non hanno mai smesso di starmi vicino“.
    Dal 2013 al 2017 hai indossato la maglia dell’Imoco e anche lì hai ottenuto tantissimi successi: scudetto, Coppa Italia e Supercoppa. Com’è stato tornare a giocare e vincere a casa tua, dove tutto era partito, dalla piccola cittadina di Codognè?
    “L’esperienza con Conegliano è stata molto emozionante, perché giocavo a casa, tra la gente con cui sono cresciuta, e sentivo per questo una grande responsabilità. È stata una escalation di successi e io ho dato il mio contributo fin quando ho potuto esserne all’altezza“.
    Agenzia Uffici Stampa DirectaSport
    Hai fatto parte del ciclo vincente della nazionale di Barbolini. Qual è il ricordo più bello? E il rammarico più grande?
    “La parte della mia carriera in nazionale con Barbolini è quella che ricordo con maggiore gioia, perché abbiamo vinto tanto insieme, ma tutta quanta la mia esperienza con la maglia azzurra è stata fondamentale per la mia crescita come persona e come atleta. Sarà difficile dimenticare ogni secondo del primo Europeo vinto, e allo stesso tempo non potrò mai scordare quella maledetta partita delle Olimpiadi di Pechino contro gli USA“.
    Oltre a quella, esiste una partita che, se ci ripensi, ancora oggi fa male?
    “Non c’è una sconfitta che ricordi che non bruci ancora…“.
    Quali sono i tuoi progetti futuri? Sono sempre legati alla pallavolo?
    “Ce ne sono tanti, alcuni legati alla pallavolo, altri no. Ma di sicuro non potrò mai smettere di guardare una piccola pallavolista giocare senza emozionarmi e rivedere in lei la grande passione per questo sport che mi ha accompagnato in tutti questi anni“. LEGGI TUTTO