More stories

  • in

    La prima intervista di Simone Anzani dopo il rinnovo con la Cucine Lube

    Prima di approdare alla Lube Simone Anzani era già un vincente, ma in questi due anni è maturato, è diventato padre di una bellissima bimba e ha messo le mani su titoli prestigiosi internazionali e nazionali conquistando l’ambiente dentro e fuori dal campo.
    Avevi le idee chiare sul rinnovo?
    “La mia è stata una scelta facile. Quando ho appurato che c’era la possibilità di vestire ancora la maglia biancorossa tutto è avvenuto con naturalezza. Parliamo di una delle migliori società, anche a livello internazionale, che negli ultimi anni ha vinto praticamente tutto. Mi trovo nel team perfetto al momento giusto. Il rinnovo è una nota d’orgoglio per me, significa che ho lasciato il segno. Intendo farlo anche nel prossimo futuro”.
    Ti sei calato perfettamente nella realtà biancorossa e ne sei diventato un pilastro. Cosa incarna per te l’hashtag ‘Noi Siamo Lube’?
    “Questa frase non racchiude solo l’aspetto sportivo, ma anche quello aziendale. Nel suo discorso di inizio anno il patron Fabio Giulianelli ci ricorda sempre che la Lube scende in campo per vincere. Chi entra in questa grande famiglia sa che le pressioni sono tante e che per alleviarle bisogna conquistare titoli. Quindi, è inevitabile collegare a questo motto il concetto di vittoria”.
    Hai assimilato bene i dettami del patron…tante vittorie e salti imperiosi, ma fuori dal campo tieni sempre i piedi per terra. Come riesci a mantenere l’umiltà?
    “Fin da quando ero piccolo mi hanno insegnato che i risultati arrivano con il lavoro sodo. Non mi reputo un talento e, quindi, ho bisogno di lavorare con assiduità. I piedi vanno tenuti sempre ben saldi a terra fuori dal campo, perché ci vuole un attimo a perdere di vista la realtà cadendo rovinosamente. Siamo umani e non si può giocare sempre al top, ma ciò che conta è dare il massimo sapendo di aver sudato le classiche sette camicie”.
    Questo ragionamento è anche alla base dell’alchimia biancorossa? La Lube ha raggiunto obiettivi pazzeschi con un gruppo ben assortito.
    “Il lavoro e la capacità di sacrificarsi in questo team non mancano mai, sono all’ordine del giorno. Alla Lube non conta partecipare, ma è fondamentale inseguire la vittoria dando tutto. Il focus è prevalere sui rivali, la strada obbligata è il lavoro costante che passa anche per la capacità di vendere sempre cara la pelle”.
    La Cucine Lube è in lizza per lo Scudetto e la Champions League! Quali sono i tuoi piani?
    “Abbiamo qualche mese davanti prima di pensare alle fasi calde. Per il momento lavoriamo nel migliore dei modi, ragionando step by step, partita dopo partita. Quando arriveranno gli appuntamenti che contano ci faremo trovare pronti e carichi per lottare fino alla fine”. LEGGI TUTTO

  • in

    Riccardo Piatti: “Io gli parlo delle partite che perde. Quelle che vince sono sue, quelle che perde sono mie”

    Riccardo Piatti con Jannik Sinner

    Jannik Sinner è partito ieri, 26 dicembre, per l’Australia insieme al suo collaudato team: Dilibor Sirola, Claudio Zimaglia e Riccardo Piatti. L’esperto coach comacino ha rilasciato una lunga e molto interessante intervista ad Enzo Anderloni su Supertennis. Ne riportiamo alcuni passaggi significativi (consigliamo di leggerla tutta, ne vale la pena), che spiegano il rapporto tra l’allenatore e Jannik, il loro lavoro, gli obiettivi su cui si concentrerà per la crescita e consolidamento nel 2022. Piatti si dice molto fiducioso per la prossima stagione, l’unica condizione è lavorare, programmarsi bene e continuare ad imparare, soprattutto dalle sconfitte.

    “A inizio 2021 pensavo che un obbiettivo potesse essere di qualificarsi per il masters e per riuscirci doveva riuscire a giocare tra le 50 e le 60 partite o anche di più. Per il 2022 il discorso è analogo: giocare ancora 55/60 partite, puntando a qualificarsi per le Finals. Se lui riesce a fare quel numero di match, considerato il livello di tornei cui partecipa, è in automatico tra i primi 8 del mondo”.
    “Io gli parlo delle partite che perde. Quelle che vince sono sue, quelle che perde sono mie. Lui nel 2021 ha perso 22 partite in 26 tornei. Ha vinto 4 titoli e giocato la Davis, in cui non ha mai perso. Per esempio: la prima sconfitta dell’anno è stata quella con Shapovalov agli Open d’Australia. Su quella gli ho detto: per me nel momento importante hai risposto da troppo lontano. Dovevi rispondere da più vicino e poi aprirti il campo. Seconda sconfitta, con Bedene (a Montpellier): hai aspettato troppo che sbagliasse lui; dovevi spingere per andare avanti. Con Medevedev (sconfitta nei quarti a Marsiglia): dovevi attaccare. Gli faccio la mia analisi di come sono andate le cose e lui mi deve fare la sua. Sulle vittorie si dicono due parole a caldo e poi non se ne parla più. Dalle sconfitte si impara”.
    “Abbiamo imparato tanto anche dal fatto che Jannik ha giocato 13 tornei del tutto nuovi per lui. In posti dove non era mai stato. Più la Coppa Davis. Questo ha un valore enorme per il prossimo anno, perché saranno situazioni che lui saprà già gestire. Quando arriverà a Wimbledon, almeno saprà già dove sono gli spogliatoi (ride). Sa già come funziona l’organizzazione. Quando arriverà a Madrid saprà già che si gioca in altura e che cosa significa. Nel 2021 ha perso con Popyrin perché non era ovvio per lui che in altura si deve giocare in un modo simile a quello dei tornei indoor, anche se ci si trova sulla terra battuta. Lui a Madrid ha giocato come ha giocato a Barcellona, anche quella una prima volta per lui. Barcellona e Madrid sono due tornei sulla terra battuta e in Spagna ma le condizioni sono diversissime e richiedono due modi diversi di giocare. E’ per questo che aver giocato 13 tornei del tutto nuovi è stato un fattore molto importante e molto utile. E se ti dico che queste prime volte sono arrivate a Miami, Barcellona, Madrid, al Queen’s Club, a Wimbledon, Atlanta, Montreal, Cincinnati, Indian Wells, Parigi Bercy e alle Nitto ATP Finals è facile capire che peso possa aver avuto la novità quest’anno e quanto sarà diverso il 2022 sulla base di questa esperienza”.
    “La sconfitta con Tiafoe? E’ stata importantissima. Avesse vinto sarebbe salito al n.7 nella Race e sarebbe arrivato con tanti punti a Parigi/Bercy mettendo sotto pressione gli altri. Invece l’ha persa. Ma ha capito perché l’ha persa. E la prossima volta non la perde più, di sicuro non così. Magari potrà capitargli di perdere ancora da Tiafoe ma non in quel modo”.
    “Jannik può battere i primi, o giocare al loro livello, ma non è ancora a quel livello. Lui secondo me è già a un livello superiore a Ruud e Hurkacz che gli sono davanti in classifica (anche se sulla terra battuta Ruud è più tosto e Hurkacz lo è altrettanto sul cemento all’aperto). Jannik è più forte di Hurkacz sulla terra e di Ruud sul cemento e indoor”.
    “Stiamo lavorando molto sul servizio. E sul fatto di essere ancora più aggressivo nel gioco. Cambiare di più la palla, aprirsi il campo e venire a rete. Deve far pensare di più l’avversario”.
    “L’unico problema che vedo per il prossimo anno è la programmazione. Bisogna essere molto accorti: se Jannik gioca tante partite dovrà fare pochi tornei perché deve poter riposare e allenarsi. La cosa migliore che lui ha fatto nel 2021, purtroppo andando controcorrente, è stato non andare alle Olimpiadi. Non ci è andato, tengo a ripeterlo un’altra volta, perché è stato molto onesto: non era pronto per andare alle Olimpiadi. Mentre era pronto, e si sentiva pronto, per giocare la Coppa Davis. Infatti si è espresso nel modo che tutti hanno visto. Tennisti come Sinner non possono giocare sempre”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

  • in

    Zverev: “Il miglior coach avuto? Ferrer, oltre a mio padre. Lendl? Non andavamo d’accordo”

    Alexander Zverev

    Alexander Zverev ha chiuso il 2021 con il grande successo alle ATP Finals, dove ha sconfitto uno dopo l’altro Medvedev e Djokovic, i primi due nel ranking. Una vittoria che conferma la sua ottima seconda parte di stagione e lo candida a un ruolo di protagonista nel 2022. Sarà l’anno buono per il suo primo successo in uno Slam? Sasha ha parlato a Tennis Magazine tedesco, rilasciando interessanti dichiarazioni su più temi.
    Ha confermato di essere assolutamente tranquillo relativamente alle accuse di molestie ricevute dalla sua ex fidanzata, “La verità verrà fuori, io so come sono andate le cose”, preferendo parlare di tennis giocato. Nel 2021 crede di esser migliorato nell’efficacia del servizio. I numeri e le impressioni dal campo confermano il salto di qualità del tedesco con la prima e la seconda palla. Quando Zverev prende ritmo con la prima di servizio, diventa a tratti ingiocabile, tutto il suo tennis scorre più veloce e soprattutto offensivo. Con la seconda palla ancora rischia di stazionare in una posizione meno avanzata, scambiando troppo e rischiando di forzare qualche errore soprattutto col diritto, ma il suo tennis è diventato più rapido come tempi di gioco.
    Uno dei passaggi più interessanti dell’intervista è relativo ai molti coach avuti nella sua pur giovane carriera. Passandoli in rassegna, Zverev premia David Ferrer. I due hanno lavorato per un breve lasso di tempo, ma i consigli dell’ex top 10 iberico sono stati a suo dire fondamentali.
    “Con Juan Carlos Ferrero ho condiviso momenti importanti, ma oltre a mio padre che è stato sempre fondamentale credo che David Ferrer sia stato il miglior allenatore che ho avuto nella mia vita. Ma purtroppo lo scorso anno ci siamo dovuti fermare a causa della situazione Covid e non siamo riusciti a ripartire. È l’unico con cui direi ‘dai, riproviamoci’. È una persona speciale, mi ha lasciato molto”. Ferrer ha lavorato con Zverev da metà 2020 fino a gennaio 2021, periodo durante il quale il tedesco ha raggiunto la sua prima finale Slam agli US Open 2020, persa di un soffio contro Thiem, e soprattutto il suo gioco ha fatto uno scatto in avanti in termini di consistenza e aggressività.
    Pessimo invece il ricordo del periodo passato con Ivan Lendl, considerato da molti – Andy Murray in primis – un super coach, ma che invece con Zverev non ha legato. “Lendl era più interessato a parlare di golf e del suo cane che di tennis. Non ha funzionato bene, non è un segreto. Non è mai scattata una buona chimica tra di noi. Abbiamo visto le cose in modo diverso sul campo, durante gli allenamenti. Credo di capire il mio sport, ho una personalità. Non sono uno che dice sì e amen a tutto. Controbatto anche le opinioni molto spesso, chiedo sempre perché la vedi in quel modo e a volte dico, io la vedo diversamente. Non puoi unirti alla mia squadra e capovolgere la mia vita e la mia carriera solo perché hai un’opinione diversa dalla mia”.
    Sasha ha parlato anche del suo rapporto con Federer: “Abbiamo un rapporto eccellente adesso, le cose sono migliorate con la tournée fatta qualche anno fa, come nelle giornate passate in Messico con quel pubblico pazzesco… E anche in Laver Cup. Quando  ero affiliato al suo team 8 invece le cose non andavano così bene, ma non è colpa sua, semmai dei manager che curavano i miei interessi. Ora tutto è ottimo tra di noi”. Infatti Zverev, dopo alcuni anni in cui i suoi interessi erano curati dall’agenzia creata da Federer, ha interrotto i rapporti proseguendo la sua strada da solo.
    Nonostante la stima infinita per Federer che considera “quello che gioca a tennis meglio di tutti, probabilmente nella storia del gioco”, il tedesco non ha dubbi su chi sia il più forte complessivamente. “So che molti fan del tennis sono più per Roger o Rafa, ma non puoi discutere contro le statistiche. Novak ha vinto il maggior numero di Slam, con Roger e Rafa, ma è stato il numero uno al mondo per più settimane di chiunque altro e ha terminato la stagione da numero uno più di Sampras. Ha vinto il maggior numero di titoli Masters e molto di più. Non puoi sempre andare contro i numeri e dire che Roger o Rafa sono migliori perché siamo stati tutti loro fan fin dalla tenera età. Se vuoi esser obiettivo e guardare ai risultati, Djokovic è il migliore”.
    Proprio contro Djokovic il tedesco vanta un bilancio di 4 vittorie e 7 sconfitte, mentre contro Medvedev ha pareggiato i conti a 6 con la vittoria in finale a Torino. Vedremo cosa ci dirà il 2022, se sarà davvero l’anno della consacrazione di Zverev.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

  • in

    Ferrero: “Alcaraz incide in ogni momento della partita, è incredibile”

    Carlos Alcaraz alle NextGen ATP Finals

    Juan Carlos Ferrero ha parlato del suo giovane pupillo Carlos Alcaraz al media greco Gazzeta, esaltando le qualità del classe 2003, soprattutto la sua capacità di essere incisivo in ogni fase del match e contro ogni tipo di avversario. Ecco alcuni passaggi dell’intervista.
    “Obiettivo per il 2022? Mantenere il livello di gioco che ha raggiunto nell’ultima parte della stagione, essere competitivo contro i migliori tennisti, quindi lavorare sulla sua prestazione. Con questo, potrà avvicinarsi ai primi 15 della classifica mondiale”.
    “Il suo diritto è il colpo che i suoi avversari temono di più. Tuttavia, penso che abbia anche molta varietà nel modo in cui colpisce la palla, questa è un’altra delle sue grandi armi. Può passare da un colpo in spinta molto potente a un back o una variazione in modo incredibilmente naturale. Ha imparato a incidere in ogni momento della partita, è qualcosa di straordinario”.
    “Non vedo all’orizzonte una nuova epoca come quella dei Big 3, anche se penso che i tennisti di oggi siano più equilibrati di prima. È difficile avere tre giocatori che vincono tutto per così tanto tempo, non credo che lo rivedremo. Vedremo tennisti ai vertici per anni, come Medvedev, Zverev o Tsitsipas, ma anche giovani come Sinner o Korda. Speriamo che anche Carlos possa raggiungere quel livello”.
    “Oggi il tennis va molto più veloce di prima, la condizione fisica è fondamentale e i social hanno decisamente stravolto questo sport, è un grattacapo in più. Ai miei tempi non ci preoccupavamo delle pubbliche relazioni, avevamo molti meno contatti, ma la nostra quotidianità ci dava la possibilità di pensare molto di più al tennis. Oggi i ragazzi sono coinvolti in più fattori e la gestione complessiva non è facile”.
    “Confronto con Nadal? È inevitabile ma diciamo sempre che Carlos è Carlos, ha il suo percorso, il suo lavoro e il suo livello. Ovviamente Rafa è uno dei suoi idoli e ha imparato molto guardandolo giocare. È molto competitivo, ha quella mentalità e sa come comportarsi in campo. Se ricorda Rafa in qualcosa non è nel suo tennis, semmai nel linguaggio del corpo. E la passione li accomuna, è fondamentale per il resto della sua carriera”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

  • in

    Fontang: “Felix è un ragazzo educato e con la testa sulle spalle”

    Fontang con Auger-Aliassime

    Con la stagione ATP terminata, i tennisti non impegnati nella Davis tirano il fiato, rimettono a posto testa e fisico pensando già alla trasferta australiana che come sempre darà il via al nuovo anno. Il coach di Felix Auger-Aliassime, Frederic Fontang ha rilasciato una interessante intervista al portale TennisActu, dove racconta il 2021 del suo assistito (che segue dal 2016) e le prospettive per il nuovo anno. Chiaro l’obiettivo: mettere una coppa, finalmente, in bacheca. Quella del vincitore dopo 8 finali perse.

    “È bello essere in vacanza. Dopo il torneo di Stoccolma, abbiamo concluso la stagione. Felix avrebbe dovuto giocare in Coppa Davis ma considerando quanto ha giocato nell’anno e il fatto che aveva un’infiammazione al ginocchio, aveva bisogno di riposo. Quando il giocatore che alleni ha fatto una buona stagione, vai in vacanza di buon umore”.
    Per Fontang, l’aver mancato le Finals per poco, non è una grande delusione: “Lo sapevamo che non ce l’avremmo fatta, anchg se per poco. Tsitsipas era in difficoltà dopo il suo ritiro a Bercy, quindi avevamo in mente la possibilità di prendere il posto Sinner. Devo ammettere che Jannik Sinner merita di essere entrato, in casa poi. Felix è riuscito a entrare nella Top 10 ed è stato un grande passo avanti per noi”.
    “Dopo aver aggiunto Toni Nadal alla nostra squadra all’inizio della stagione, sapevano che avrebbe fatto un salto in avanti. All’inizio non è stato facile me l’idea era quella di dotarlo di una consistenza maggiore. La grande soddisfazione è la costanza avuta nei tornei del Grande Slam, con una vera crescita: ottavi in Australia, quarti a Wimbledon e semifinale agli US Open”.
    Lavorare con Toni Nadal è stato un momento di crescita anche per il coach: “Toni aveva già avuto risultati eccezionali con il nipote. Abbiamo assorbito il più possibile dall’esperienza. I risultati non c’erano all’inizio ma non si possono fare collegamenti diretti. Ci ha dato indicazioni per lo sviluppo, ha confermato la mia metodologia e aggiunto novità grazie al metodo Nadal. La delusione in stagione viene dai risultati nei Masters 1000, troppe sconfitte nei primi turni. L’obiettivo ovviamente resta conquistare un primo torneo dopo diverse finali giocate”.
    Ecco il tasto dolente… perché non è ancora riuscito a vincere un torneo?
    “Il tennis c’è. Lo aveva già anche a Rio durante la prima finale contro Djere. E’ stata la prima per entrambi e la partita si è giocata in tre set. Dopo di che ha perso contro i Top 10 o tennisti forti. L’aspetto mentale ed emotivo ora è più pesante. Ha comunque fatto 8 finali. Dobbiamo creare le condizioni perché ciò accada e lui ha delle cose da imparare nella gestione mentale delle sue finali. Sta sviluppando strumenti che gli permetteranno di farlo. All’inizio dell’anno, contro Dan Evans, non ha fatto una buona finale dal punto di vista tattico. È importante capire che quando ci sono difficoltà da affrontare, devi metterti ad imparare”.

    Chiedono se ha l’impressione che Felix sia diverso domenica mattina prima di una finale…
    “Realmente no… Prima di ogni partita ci sono piccole fluttuazioni. Rispetto alle sue finali non abbiamo avvertito alcun nervosismo particolare. Essendo un giocatore giovane e molto aggressivo, le sue opzioni sono un po’ più lente da sviluppare rispetto a chi ha un tennis più definito, il suo è ancora in evoluzione. Ci vuole un po’ più di maturità ed esperienza ed è lì che ha fatto davvero molta strada, sono fiducioso per il prossimo anno, l’obiettivo è continuare a fare bene negli Slam, vincere il primo torneo e possibilmente cercare di arrivare alle Finals nel 2022”.
    Il coach è molto contento di Felix come persona: “L’aspetto più importante di Felix è la sua educazione. Ho conosciuto i suoi genitori e posso vedere la forza della sua educazione. I fondamenti ci sono perché l’istruzione è stata molto ben fatta. Ha la testa sulle spalle, è una persona posata. Cos’è il talento? Ci sono molte definizioni. La miglior qualità di Felix è quella di essere calmo e lavorare ogni giorno. Per un allenatore della mia età è bello poter interagire con un ragazzo così, discutere di filosofia, politica, geopolitica. È fantastico! È una persona interessante che ha interessi oltre al tennis. Discussioni? È molto raro. La serenità è nel nostro carattere. Momenti di tensione ce ne sono sicuramente, normale quando si lavora insieme, ma si risolve col confronto senza diventare uno scontro. L’allenatore è lì per tenere la rotta. Il giocatore vuole vincere e noi allenatori lavoriamo per far arrivare i risultati”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

  • in

    Camila Giorgi intervistata a Tenerife: “Col tennis ho una splendida relazione, ma complicata”

    Camila Giorgi

    Camila Giorgi è una delle stelle in campo al WTA 250 di Tenerife. Il collega Fernando Murciego l’ha intervistata per il media iberico puntodebreak, una chiacchierata a 360° che va oltre al puro torneo, toccando il suo rapporto col tennis, col padre, con le sue varie attività extra tennistiche. Riportiamo alcuni passaggi dell’interessante intervista.
    “Mi piace molto la Spagna, ho vissuto per un periodo a Valencia, Villena e Palma di Maiorca. Della Spagna amo i costumi, il cibo, mi piace tutto, è sempre molto bello tornare”
    “Dopo il successo al 1000 di Montreal? Tutto è rimasto lo stesso per me. Ovviamente è una cosa molto bella vincere un torneo del genere, ma nella mia testa mi dicevo: ‘Devo continuare a lavorare per vincere di più’. È stato molto bello, ma nel tennis devi sempre continuare, non c’è molto tempo per festeggiare perché dopo pochi giorni hai già un altro torneo. Si festeggia in quel momento, e via, poi si guarda avanti”.
    Le ricordano che in dicembre compirà 30 anni, Camila non ha ancora una idea su quando appenderà la racchetta al chiodo: “La verità è che non lo so. È chiaro che continuerò per altri anni ma non so per quanto tempo ancora. Amo lo sport, amo questo ambiente, il corpo mi dirà quando è il momento di fermarsi e cambiare tappa nella vita. Al momento sto bene così”.
    Qualche anno fa fece scalpore una sua dichiarazione, in cui affermava che il tennis fosse solo il suo lavoro. Oggi riflette così in merito al suo rapporto col tennis: “È un rapporto molto bello, ma allo stesso tempo complicato. Tempo fa dicevo che era il mio lavoro, perché ovviamente è il mio lavoro, ma è un lavoro che mi piace, che amo, ma a volte hai quei giorni brutti e quegli alti e bassi che rendono tutto molto complicato. In quei giorni devi aver la forza per restare lì, nonostante tutto. Per fortuna la mia famiglia mi ha sempre insegnato che dopo il tennis ci sono altre cose, c’è una vita, gli amici e altre passioni. Dopo il tennis mi piacerebbe fare altro, ci sono tappe per tutto”.
    Le chiedono se ha amiche sul tour, Camila risponde così: “L’atmosfera è molto buona, mi piace, ma tutti i miei amici fanno altri tipi di lavoro. Li ho incontrati in tutto il mondo e questa è una delle cose che mi piace di più. Quando finisco di allenarmi ed esco per il fine settimana con i miei amici, mi piace che si parli di altre cose, di altri progetti, di cose che non sono tennis. Sono tutti artisti, sono strettamente legati all’arte, appena possiamo scappiamo a vedere i musei. Sul tour siamo qui per gareggiare, è normale, ma penso che ci sia un buon rapporto tra noi. Sono una persona molto socievole, amo parlare con tutti. Certo che buone relazioni anche nel tennis”.
    Non poteva mancare la domanda sul rapporto col padre, con in quale condivide da tutta la vita il lavoro il campo. Per Camila, suo padre è insostituibile: “Prima di tutto, è mio padre. Nessuno ti sosterrà come tuo papà, nessuno crederà così in te, l’idea di cambiare allenatore non mi è mai passata per la testa. Per me è il migliore anche in campo perché vede tutto, è un saggio di sport, non solo nel tennis. Mi ha portato da zero ad essere 26° al mondo, quindi non capisco molto bene le critiche, dovrebbero valorizzare molto di più il lavoro che ha fatto con me. Adoro lo sport grazie lui, questo è l’insegnamento che mi ha dato, quindi starò con lui fino alla fine della mia carriera, non lo cambierò mai. La cosa più curiosa delle critiche che riceve, è che tutte quelle persone che se la prendono con lui, poi quando lo vedono di persona non dicono niente, questa è la cosa più triste”.
    Continua sul rapporto quotidiano col padre Sergio: “Dal mio punto di vista è un rapporto che negli anni è migliorato, con il passare del tempo ci siamo conosciuti meglio. Una volta che conosci te stesso, sai com’è l’uno e com’è l’altro, il rispetto è massimo. L’allenamento è il lavoro, stabile, sai cosa devi fare in campo, e dopo essere stato un allenatore in campo quando si finisce di lavorare, diventa papà. È un rapporto molto completo, mi sento fortunata ad averlo. Penso che non potrei mai stare con un altro allenatore perché so che non lo fanno per amore, lo fanno per qualcos’altro e questo non mi piace”.
    Le chiedono sul tema “caldo” di questi giorni, la vaccinazione obbligatoria per la trasferta 2022 in Australia. Per “Cami”, nessun problema: “Sono vaccinata, quindi non ho problemi. Già quest’anno c’erano molte restrizioni, abbiamo dovuto anche vivere nella bolla, credo che alla fine sarà simile. Per me, se si può giocare, va bene. Devi essere felice e grato di poter gareggiare, per fortuna il calendario 2022 sarà già più completo e molto più organizzato. Non è giusto lamentarsi. Djokovic? Non ne ho idea, io penso a me stessa e nessun altro, andrò a giocare e sono felicissima di farlo”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

  • in

    Prime parole di Djokovic dopo US Open: “Giocherò nel 2021, non so in Australia. Non voglio partecipare alla guerra sui vaccini”

    Novak Djokovic

    Novak Djokovic torna a parlare dopo la dolorosissima sconfitta patita a US Open. Dopo un allenamento in patria, è stato intervistato dal media Blic, informando sulle proprie condizioni e sul suo prossimo programma. Si è detto sicuro di rientrare per il 1000 di Bercy, ATP Finals di Torino e Coppa Davis, mentre non ha ancora certezze per l’Australian Open, viste le restrizioni per i non vaccinati e la sua nota posizione no-vax. Ecco alcuni estratti del pensiero del n.1 del mondo, intervistato dopo un allenamento con Olga Danilovic.
    “Ho iniziato ad allenarmi oggi. Era passato molto tempo dall’ultima volta in cui avevo preso in mano una racchetta. Sì, ho allenato il mio fisico, ma oggi è stata la prima volta di nuovo in campo”. Come se Novak avesse bisogno di staccare, totalmente, dopo la rincorsa al Grande Slam, stoppata all’ultimo passo, a tre set dall’impresa leggendaria.
    Ecco il programma per il resto della stagione 2021: “Ho intenzione di giocare a Parigi, le ATP Finals a Torino e la Coppa Davis. Starò qui tutta la settimana, a Belgrado, e la settimana prima di Parigi lascerò la Serbia per dedicarmi di più all’allenamento. Il compleanno di Stefan è tra pochi giorni e noi saremo qui, a festeggiarlo con la famiglia. Ho trascorso la maggior parte del mio tempo qui a Belgrado. Sono impegnato nello sviluppo del Tennis Center e della mia futura Academy. Questo progetto mi dà molte soddisfazioni. Il mio desiderio è quello di trasmettere la storia della mia vita e carriera ai più piccoli”.
    Il capitolo più lungo è quello relativo alla delicata questione Australian Open. Ricordiamo che lo stato di Victoria dallo scorso 15 ottobre ha stabilito che solo atleti vaccinati possono competere in tornei e campionati professionistici. Un ostacolo enorme per ogni persona che rifiuta il vaccino anti-covid. Ecco il pensiero di Djokovic: “Sto seguendo quello che sta succedendo in Australia e credo che tra due o tre settimane verrà presa una decisione definitiva. Non credo che le condizioni cambino molto rispetto a quanto già sappiamo. Ci saranno molte restrizioni. Stanno cercando di migliorare le condizioni quest’anno. Il problema è che viaggi in aereo con una persona positiva, vaccinata o meno, e devi passare una quarantena di 14 giorni in camera tua. È successo a 70 giocatori quest’anno. Vorrei che tutti i giocatori si riunissero di più e fossero coinvolti nel processo decisionale. Mi sembra che non ci venga chiesto nulla. La verità è che non so se giocherò gli Australian Open. La situazione non è affatto buona”.
    Continua Novak: “Quest’anno in Australia non è stata una bella esperienza. Passare così tanto tempo nella stanza e poi dover giocare al meglio dei cinque set… Se queste decisioni vengono mantenute, penso che molti giocatori si chiederanno se andranno o meno, se vale la pena andarci… Non ho ancora deciso se giocherò a Melbourne. Ci sono molte speculazioni. I media speculano molto. C’è molta divisione nella società, tra chi è stato vaccinato e chi no. Questo, per me, è terrificante. Che qualcuno venga giudicato se vuole capire e decidere se vaccinarsi o meno… mi fa sentire deluso dalla società. Non rivelerò se sono vaccinato o meno. È una questione privata. Qualunque cosa tu dica, i media diffonderanno la paura tra la gente. Non voglio partecipare a questa guerra. Voglio andare in Australia, ma non so se lo farò. Al momento posso dire solo questo”.
    Parole importanti quelle di Djokovic, in cui conferma la propria delusione per la situazione generale, la volontà di capire come muoversi prima di prendere una decisione definitiva, ma vista la fermezza mostrata “down Under” dall’inizio della pandemia, pare difficile che possa essere offerto una sorta di “salvacondotto” a chi volesse giocare agli Australian Open da non vaccinato.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

  • in

    Opelka tuona: “I russi domineranno presto, Brooksby può essere un n.1 I media? Pessimi, come le critiche per toilette break”

    Reilly Opelka

    Reilly Opelka spara cannonate, non solo col suo terrificante servizio. Il gigante statunitense ha rilasciato qualche giorno fa, appena prima di Indian Wells, una “colorita” intervista ad Inside Tennis, spaziando a 360° sull’attualità, sulle prospettive dei suoi giovani connazionali, non disdegnando qualche stoccata anche ai media tennistici, soprattutto del suo paese. Per Opelka, il tennis USA ha trovato alcuni ottimi prospetti, tra cui spicca Jenson Brooksby, quello che a suo dire ha il maggiore potenziale. Ecco alcuni estratti del suo pensiero.
    “Credo che i russi siano la maggior forza nel tennis attuale, sono in vetta per dominare per un po’. Da dove viene la disparità con gli europei? Guarda, la verità è che oggi noi americani siamo solo una manciata di ragazzi… È solo una piccola parte del campione degli sportivi nel paese. In Europa o è calcio o tennis. Negli Stati Uniti è il football, il baseball o il basket. Il football è assai più importante del tennis negli Stati Uniti, anche il lacrosse lo è. I migliori atleti del mondo sono americani, ma giocano a basket e football. E perché no? Vorrei aver giocato a basket…. Penso di essere un grande atleta, il mio corpo si muove bene per essere un 7 piedi. Se fossi diventato un giocatore di basket, uno dei primi 20 giocatori NBA, guadagnerei 28 milioni di dollari all’anno. Invece mi sto sbattendo in giro per il mondo per guadagnare molto meno. Potrei starmene a casa per molti mesi all’anno, giocare nel paese e incassare grandi assegni per 12 anni. Se sei l’ottavo uomo dei Bulls, guadagni più del numero 8 del mondo nel tennis…”.
    Una foto impietosa, ma piuttosto fedele di come negli States i principali sport di squadra stiano – da tempo – reclutando i migliori atleti. Tuttavia, secondo Opelka i nuovi giovani a stelle e strisce hanno un talento e mezzi superiori a quelli della sua generazione.
    “I giovani sono migliori di noi, se devo essere onesto. Korda è un giocatore eccezionale… Brooksby è brutale… Diventerà uno che se la gioca nella seconda settimana (degli Slam, ndr). Nakashima è un attaccante puro come ce n’è pochi. I giovani saranno i ragazzi da battere per noi connazionali. Il padre di Korda era un grande giocatore, senza offesa per Seb, ma è un grande aiuto, è cresciuto con una grande mente tennistica ed è un bravo ragazzo. Ha una bella corporatura, un bel telaio da tennis moderno… Tuttavia io scommetto su Brooksby. È speciale, potrebbe essere il numero 1. La sua mente funziona in modo diverso, ha una visione del gioco differente. Porta in campo un tennis unico, vede le cose in anticipo e produce un tennis complicato. Dietro la linea di fondo mi ricorda Djokovic. Ha una grande profondità, è un grande attaccante, un grande “motore”, buona struttura fisica. Ha l’X-Factor, una mentalità che potrebbe renderlo un futuro campione del Grande Slam”.
    Non manca una stoccata ai giornalisti di tennis, in particolare quelli del suo paese… “Ci sono in giro dei pessimi giornalisti, gente buona solo a criticare, solo super negativi. Ragazzi che non sanno nulla di tennis. Penso che abbiamo i peggiori media di qualsiasi sport, francamente. Voglio dire, ci saranno di sicuro buoni professionisti, ma quelli che io vedo in giro o che mi intervistano chiedono cose assurde. Sono in finale a Toronto e questi ragazzi mi chiedono ‘Cosa c’è che non va nel tennis americano? Perché non ci sono giocatori americani tra i primi 30?’. Stessa cosa a Roma: sono in semifinale e loro trovano il lato negativo. Ho 23 anni e gioco contro Rafa. Credo che le cose vanno abbastanza bene, no? Invece niente, solo a chiedere perché ci sono problemi”.
    Ricordano a Reilly il pensiero di McEnroe, ossia che il pubblico USA attuale si è formato con le vittorie di Agassi, Sampras e Serena, e ora queste mancano… Ecco come replica Opelka: “Il problema è che il pubblico deve godersi quello che ha, i ragazzi che sono qui. Perché criticarli così tanto? Non paragonateci a Sampras e Agassi. Divertitevi e sosteneteci. Non sai niente su di me, come sono arrivato qua, la fatica per esserci. Ci sono così tante persone negative là fuori. Potrei fare nomi ma non voglio. In realtà vorrei proprio farlo, ma allo stesso tempo non voglio nemmeno che sappiano che me ne frega un c**** di loro perché non hanno voce in capitolo nella mia vita”.
    Anche su lunghi toilette break, Opelka “non le manda a dire”… “Si, anche io ho fatto lunghe pause per il bagno a Toronto e sono stato criticato, ma, ancora una volta, non conoscono la situazione, ecco perché i media del tennis fanno schifo. Mi ci sono voluti sei minuti per raggiungere un bagno. Mi ci vogliono dai tre ai quattro minuti per togliermi i calzini sudati e indossare quelli asciutti, cambiare i miei plantari con un paio di scarpe diverse e poi riallacciare quelle scarpe. Agli US Open, ho cambiato molto velocemente contro Basilashvili in due minuti e lui si lamentava, allora gli ho detto in faccia: ‘Amico, cosa vuoi che faccia?’, della serie chi ***** sei tu per lamentarti? Ti stai solo lamentando perché Murray si è lamentato ed è la cosa bella da fare ora”.
    In chiusura il suo sogno: “Sono molto vicino ai top in classifica. Lavoro per vincere uno Slam, è il mio sogno”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO