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    L’intervista completa al Capitano Dario Monguzzi

    La stagione 2022/2023
    E’ stata molto bella, e per tanti punti di vista entusiasmante. Siamo riusciti, da un gruppo completamente nuovo, a raggiungere risultati storici sia per la società che per tanti giocatori. Si è creato un bel gruppo, e abbiamo avuto un bell’affiatamento: Coach Francesco Denora è stato estremamente bravo sia dal punto di vista tecnico-tattico che dal punto di vista umano a gestire questa squadra, che non era scontato che arrivasse dove poi effettivamente è arrivata. Onestamente il secondo posto non me lo aspettavo, ma ero estremamente speranzoso perché ero molto convinto delle qualità e delle capacità dei miei compagni di squadra. Vivendo tutti i giorni lo spogliatoio e la palestra, vedendo l’affiatamento che si era creato anche con l’allenatore, si percepiva che c’erano un miglioramento e una crescita oltre che dal punto di vista tecnico, anche dal punto di vista caratteriale. Abbiamo avuto una partenza difficile, dovuta a tanti problemi fisici che sono stati egregiamente risolti grazie allo staff medico, che credo che sia il migliore della Serie A, e che probabilmente qualcuno in SuperLega ci invidia. Una volta che abbiamo ricominciato a lavorare tutti insieme, le qualità di ognuno di noi sono state messe in luce nel miglior modo possibile, e abbiamo inanellato una serie di vittorie importanti che hanno fatto morale e ci hanno fatto mettere ‘fieno in cascina’ per quanto riguarda la classifica, fino ad arrivare alla Finale della DelMonte® Supercoppa Serie A2 e alla Semifinale Play Off. A mio parere forse avremmo meritato di più, ma è giusto essere sempre ambiziosi ed affamati, e non accontentarsi di quello che viene perché è la benzina che ci permette di affrontare la prossima stagione.

    La stagione 2023/2024
    Il prossimo campionato sarà altrettanto duro rispetto a quello appena passato: è vero, non ci sarà la ‘superpotenza’ come poteva essere Vibo Valentia, che poi si è ritirata, ma tutte le altre squadre si stanno rinforzando parecchio. Il mercato è ancora aperto, ci sono squadre che sono ancora un cantiere aperto, ma tutte le società, avendo visto il tipo di campionato e il livello, e soprattutto i pochi punti di distacco tra le squadre in zona Play Off, sarà sicuramente un campionato difficile, competitivo, e con tanti giocatori forti che sono migliorati perché reduci da un campionato importante come quello scorso, e quindi ci sarà lavorare, consapevoli di tutto quello che ci portiamo, che non deve essere visto come un punto di arrivo visto che la stagione è passata. Dobbiamo essere pronti e preparati a vivere da protagonisti una stagione dura e lunga. Ci divertiremo noi in campo e spero di far divertire anche le persone che l’anno scorso ci hanno dimostrato affetto e che ci hanno sostenuto in tutte le partite, che sono riuscite a riempire quasi completamente il palazzetto. Anche per noi giocatori è una soddisfazione vedere tanto entusiasmo in tribuna, e ci dà una carica in più: avere un fattore campo importante è sempre una spinta ulteriore a fare bene.

    La squadra – versione 2023/2024
    Sono molto contento che si sia riusciti a mantenere l’ossatura del campionato appena concluso: era importante, a differenza magari di altri anni dove si ripartiva con qualche incognita in più o dover ricostruire da capo sotto tanti aspetti, sia dal punto di vista del gioco che da quello caratteriale del gruppo. È un bene ricominciare con tante conferme, e i presupposti per la prossima stagione non possono essere che molto buoni. Sì, abbiamo perso un elemento importante come Alessio Alberini, che si era dimostrato uno dei palleggiatori più forti della categoria, ma è stato sostituito con Matteo Pedron, che sicuramente saprà dimostrare il suo valore, visto che in Serie A2 ha disputato tanti campionati tenendo molto bene la categoria, facendo anche la Finale Play Off nel 2021/2022, quindi sarà sicuramente un valore aggiunto a questa squadra. Sono contento anche delle altre conferme sia per quanto riguarda la squadra che per quanto riguarda i giocatori: si sono meritati la conferma e la permanenza a Cantù.

    L’evoluzione del Pool Libertas Cantù
    Posso dire in maniera convinta che in questi ultimi campionati è riuscita a fare squadre competitive, ed è una società in continua evoluzione in senso positivo: anni fa eravamo in Serie B1 e c’era una conduzione un po’ più familiare, così come nei primi anni di Serie A2. Ora invece penso che possa dire la sua contro chiunque, confrontandosi anche contro qualunque altra realtà di Serie A. Sono contento per la squadra e per la società. È importante evolversi perché, essendo un campionato estremamente competitivo, è necessario andare avanti anche dal punto di vista logistico-organizzativo. Io penso che a volte ci sono delle situazioni che, guardando altre realtà, sembrano fatte per giustificare la parola ‘Serie A’; io credo che Cantù abbia sempre fatto tutto per il bene dei giocatori e per la propria dimensione senza dover fare il passo più lungo della gamba, come ha sempre detto il Presidente Molteni, e quindi si bada più alla sostanza che alla forma, che poi è quello che paga di più. E questo si è visto l’anno scorso: una squadra nuova, che sulla carta non doveva essere in teoria una squadra da secondo posto, poi ha dimostrato tutto il suo valore. LEGGI TUTTO

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    Intervista esclusiva a Lorenzo Sonego: “Quando in partita c’è lotta mi diverto. Il focus è migliorare i colpi d’inizio gioco, in particolare la risposta”

    Lorenzo Sonego (foto ATP tour)

    Se dico che le doti migliori di Lorenzo Sonego vanno ricercate nella semplicità e nell’umiltà, sembra quasi che voglia sminuire la grandezza di “Sonny”. Invece è proprio il contrario.Ecco, adesso vorrei avere qui accanto qualcuno che so io, quello che si inventa qualsiasi cosa pur di non di raccogliere le palle alla fine dell’ora, che si guarda bene dal passare la stuoia: da quando è in odore di passare in “terza”, gli sembra lesa maestà preoccuparsi delle faccende che stanno in coda agli allenamenti.Invece “Sonny”, già 21 al mondo, tre titoli ATP finora in carriera, non attende un “maggiordomo” e fa quello che ha sempre ha fatto, fin dal primo giorno in cui ha calcato un campo da tennis: a sessione conclusa, tappeto. Un dettaglio ma una sorta di mantra, giusto così per continuare a non montarsi la testa.
    Del resto il suo mentore e coach Gipo Arbino ha voluto crescerlo facendogli capire fin da subito che la grandezza sarebbe arrivato a coglierla solo ricordando sempre bene da dove si è partiti ed evitando con cura di bearsi a considerare ciò che aveva ottenuto e dove era arrivato.E di strada Lori e Gipo ne han fatta tanta per poter arrivare.Degli inizi, della militanza nelle giovanili del Toro, la squadra per cui Sonny stravede e stravedeva, si sa, come si sa di come, pur avendo piedi affatto disprezzabili, sia stato indotto proprio da Gipo a mollare definitivamente il calcio per puntare tutto sul tennis.
    Arbino le qualità di Sonego le ha lette subito. Il fisico segaligno, gracile degli inizi non doveva e poteva trarre in inganno: il ragazzo sarebbe cresciuto. Poco, ma sicuro. Piuttosto l’aveva colpito con quale dedizione Lorenzo si applicasse, con quale voglia e determinazione cercasse di migliorarsi ad ogni allenamento. Diceva tanto lo sguardo solare di Sonny: divertito quando gli veniva proposta una nuova sfida, fiammeggiante appena si entrava in lotta. E pazienza se per lungo tempo i palcoscenici erano gli Open di provincia e non i tornei internazionali: Lori non mollava un punto e correva e giocava già come se stesse al Roland Garros. Molto scarsamente considerato, praticamente ignorato, Sonny dovette attendere che Gipo chiamasse direttamente in Federazione perché qualcuno si accorgesse delle qualità del suo protetto e la vita prendesse una piega diversa.
    Lori, cosa vedi se ti volti indietro?“Guardo con tenerezza e orgoglio a tutto il percorso che ho compiuto. Ciò che sono ora è figlio del cammino fatto. Mi dà forza, consapevolezza considerare da dove sono partito.”
    Da ragazzino, quando ti chiamavano “Polpo” per l’incredibile tua capacità di allungarti e rimandare qualsiasi cosa, quando i tuoi avversari si chiamavano D’Anna e Marangoni, e Napolitano e Donati ti sembravano d’un’altra categoria, avresti mai immaginato di arrivare a questi livelli?“Io ci ho sempre creduto. Davvero ho sempre pensato che un giorno ce l’avrei fatta. Non ho mai dubitato ed è per questo che ho accettato di buon grado quello che Gipo via via mi proponeva, cercando di modificare il mio gioco da ‘difensore ad oltranza’ in attaccante da fondo.”
    Quello che continua a entusiasmarmi di te è il modo che hai di stare in campo: contrariamente a molti, tu dai proprio l’impressione di divertirti nella lotta, anzi più ce n’è e meglio è.“Sì, è proprio così. Anzi, devo dirti che quando sono andato in campo con troppa pressione, quando sentivo che non mi stavo divertendo, lì sono proprio giunte le mie prestazioni più insoddisfacenti.”
    Se ti riferisci al periodo prima della vittoria di Metz, quando hai cominciato a perdere classifica, non è che hai pagato lo sforzo prodotto per arrivare a essere 21 al mondo, e che hai cominciato a pensare a che meccanismo perverso s’innesta nella testa quando pensi a come salvaguardare il ranking ottenuto?“Può darsi. Certamente per me era un cosa totalmente nuova. Fino ad un dato momento non avevo fatto altro che salire, che inanellare prestazioni sempre più soddisfacenti; e invece ad un tratto è cominciato il periodo buio, quando, per un motivo o per l’altro, per un’inezia, le vittorie non venivano più. Se mi chiedi come ho fatto, non posso che risponderti che ho cercato di rimanere il più calmo e tranquillo possibile. Più mi agitavo e peggio andava. Dovevo imparare a gestire una situazione nuova, che prima o poi attraversano tutti. A me non era ancora capitato e dovevo imparare ad affrontarla.”
    Hai puntato sul lavoro, per migliorarti e venirne fuori? Guardandoti in TV e prima in allenamento, mi sembra che il tuo dritto sia ancora più buono, più ficcante e pesante. Anche la seconda di servizio, soprattutto quella da sinistra, mi sembra decisamente più efficace, e come effetto impresso, e come traiettorie?“Continuiamo a lavorare davvero tanto e quello che dici si unisce a quanto sono più forte d’un tempo sul rovescio. Il focus però rimane orientato verso il miglioramento dei colpi d’inizio gioco, con un’attenzione particolare sulla risposta al servizio: quelli sono i cardini del tennis moderno, a mio avviso.”
    Innegabilmente sei migliorato in tutto e aveva ragione Gipo nel dirti, nel momento più buio, che dovevi avere fiducia e pazienza perché sì perdevi certe partite inspiegabilmente, ma avevi aggiunto pezzi importanti e stavi giocando meglio di quanto non facessi quando vincevi sempre e comunque. Venendo a ora, cosa senti che ti manca ancora per giocartela e sempre coi migliori? A Roma hai perso da Tsitsipas ma hai avuto le tue chanches… In cosa senti che i più forti sono diversi, in cosa senti che hanno ancora qualcosa in più?“La loro continuità fa la differenza. Non hanno cedimenti, nemmeno per un attimo. Ai massimi livelli sono i dettagli quelli che determinano il risultato. Basta un nonnulla, una frazione di secondo di straniamento e con loro di ritrovi sotto. Ma lavoreremo anche su questo.”
    All’inizio ti ho chiesto che cosa vedevi voltandoti, adesso, ora che hai compiuto ventotto anni, ti chiedo che cosa immagini ci sia davanti a te“Vedo tante altre grandi stagioni da interpretare al meglio. Di sicuro quello che voglio fare è continuare a spostare l’asticella sempre più verso l’alto.”
    Sempre con Gipo a fianco, suppongo…“E ti pare che dopo tutto quello che abbiamo attraversato possa mai cambiare? Avanti con Gipo, come abbiamo sempre fatto.”

    Elis Calegari LEGGI TUTTO

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    Sinner parla prima di Roland Garros: “Devo migliorare tanto, soprattutto nel fisico. Un sogno? Giocare per un giorno come Federer”

    Jannik Sinner si sta allenando sui campi di Roland Garros a caccia delle migliori sensazioni, per disputare un torneo da protagonista. Inserito nella parte bassa del tabellone con la testa di serie n.8, ipoteticamente potrebbe sfidare Daniil Medvedev, uno dei giocatori finora più ostici per lui. Ha rilasciato un’interessante intervista alla rivista tedesca Tennis Magazin, nella quale parla del suo momento, delle aspettative, dei settori in cui crede di dover migliorare, fisico su tutto. E un sogno “impossibile”…

    “C’è molta pressione in Italia su di noi, ma è normale quando sei così in alto in classifica a un’età così giovane, i tifosi si aspettano molto da te. Tuttavia le aspettative più grandi vengono sempre da te stesso, voglio sempre vincere, voglio sempre migliorare. Quello che dicono gli altri o quello che scrive la stampa viene dopo” afferma Jannik.

    Il suo pensiero in merito alla rivalità con Alcaraz, una delle più attese dal pubblico internazionale: “Speriamo di continuare ad affrontarci, la nostra rivalità può diventare davvero buona. Siamo due bravi ragazzi e anche bravi giocatori che possono raggiungere un livello molto alto. Carlos in questo momento è più avanti nonostante sia più giovane, ha un talento eccezionale. È già fisicamente maturo e ha tutti i colpi”.
    Ecco una risposta chiave, dove pensa di dover migliorare: “Devo ancora migliorare molto, soprattutto dal punto di vista fisico. Se fossi un po’ più forte, alcune cose diventerebbero un po’ più facili per me. Nelle settimane senza torneo faccio molto allenamento fisico, lavoro tanto sul servizio, so di avere del potenziale per crescere, proprio come nel gioco di volo. Onestamente devo migliorare in tutte le aree, vedremo dove sarò tra due anni. So di poter vincere i tornei, l’ho già dimostrato, ma se vuoi vincere i grandi tornei hai bisogno di tante partite ed esperienza. Sconfitte come quella di Djokovic a Wimbledon finiranno sicuramente per essere molto utili”.
    Cahill è un valore aggiunto: “Darren è una bravissima persona, tutta la mia squadra è felicissima di lui, questa è la cosa più importante. Ha allenato molti giocatori diversi, dai giovani ai veterani. Entrambi crediamo che da tutto questo possa venire fuori qualcosa di veramente buono, la fiducia viene sempre prima di tutto per noi”.
    Un suo motto è fare le cose che desidera:  “Se hai voglia di fare qualcosa, fallo. Ho sempre seguito questo motto. Quando avevo voglia di sciare, sciavo. Poi ho iniziato a giocare a tennis perché mi piaceva. A volte il percorso per diventare un top player è fare cose che non vuoi fare. Nel tuo tempo libero, invece, dovresti fare quello che vuoi, cercare di vivere il più liberamente possibile, è importante”.
    Un sogno? “Dev’essere meraviglioso essere Roger Federer per un giorno, giocare a tennis con la sua disinvoltura ed eleganza. Mi stupisce quanto fosse sempre rilassato, sia in campo che fuori. Aveva un grande equilibrio tra allenamento e tempo libero, è sempre stato il mio idolo. Speravo che continuasse a giocare per avere l’opportunità di affrontarlo. Purtroppo non accadrà”.
    Il buon momento del tennis italiano: “Stiamo avendo un grande sviluppo con molti eventi, oltre ai grandi giocatori che abbiamo attualmente. Non dobbiamo dimenticare il numero di tornei ATP Challengers e Futures che abbiamo, questo permette ai nostri di giocare ai livelli più bassi stando in casa tutto l’anno, e quindi facilitare il salto nel circuito ATP. I più giovani ricevono wild card ai tornei in Italia così possono condividere con i migliori e migliorare il mio gioco. La struttura continua a migliorare, ogni volta abbiamo allenatori migliori che possono istruire i tennisti”. LEGGI TUTTO

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    La Lube blinda il reparto dei liberi! Francesco D’Amico torna nelle Marche!

    Un altro giovane di talento sta per indossare la casacca biancorossa, anzi la sta per ritrovare visto che ha vinto uno Scudetto U20 e una Del Monte® Junior League con l’Academy Volley Lube.
    A.S. Volley Lube annuncia l’approdo in biancorosso con contratto triennale del libero pugliese Francesco ‘Ciccio’ D’Amico, che nell’ultimo biennio a Bergamo ha dominato due Regular Season conquistando anche la Del Monte® Coppa Italia Serie A2/A3 2021 e le due edizioni della Del Monte® Supercoppa di categoria. Importanti anche le statistiche individuali, che nel torneo 2021/22 lo hanno visto entrare in top five di ruolo durante la stagione regolare, grazie a 187 ricezioni perfette in 81 set, e ai vertici tra Regular Season e Play Off con una media ponderata di 6,34, la più alta.
    Per l’atleta nato a Ostuni (BR) il 9 ottobre del ’99, 183 cm d’altezza e un talento naturale mostrato fin dagli albori, si prospetta un salto di qualità nel roster dei campioni d’Italia dopo essersi fatto le ossa con la GoldenPlast Potenza Picena in A2, nella parentesi in A3 con la GoldenPlast Civitanova (quattro convocazioni in prima squadra nella Lube e un percorso vincente nell’Academy), e forte di due stagioni da protagonista a Bergamo in A2. Esperienze che hanno agevolato la crescita dell’atleta senza intaccare l’amore genuino per il volley coltivato in Serie C (una promozione all’attivo) e in B con la Pallavolo 2000 Ostuni.
    La prima intervista di Francesco D’Amico
    Bentornato a casa ‘Ciccio’!
    “Parole sante! Mi sono trovato bene a Bergamo e sento di essere cresciuto sia come atleta che come uomo, ma sono legato alla Marche e al calore di Civitanova. L’ambiente e l’ospitalità mi ricordano molto la mia Ostuni. Il fattore ambientale ha inciso sulla scelta di tornare…a casa. Ritroverò tanti amici!”.
    Sentirai il peso di passare da una big della A2 ai campioni d’Italia?
    “Devo ancora realizzare quello che mi sta accadendo. Solo pochi anni fa, da spettatore, fermavo Juantorena dopo le partite per avere una foto ricordo e ora faccio parte di questa grande squadra. Un sogno che si realizza! Non sentirò alcun peso, ma so bene che dovrò lavorare sodo e vivere ogni allenamento al massimo per fornire il supporto necessario e fare il mio dovere nel gruppo!”
    Un assaggio lo hai avuto in passato, almeno in allenamento.
    “Sì! Ho svolto la preparazione con i big di SuperLega quando militavo in A3 nella GoldenPlast Civitanova, che all’epoca era la seconda squadra biancorossa. La Lube mi convocò anche per quattro match, ma non ci fu il debutto ufficiale”.
    Pensi di essere cambiato in questi anni?
    “Sicuramente! Ora mi sento più uomo dentro e fuori dal campo. Sono padrone dei miei mezzi, sto perfezionando la mia tecnica di gioco e ho recepito bene l’importanza del lavoro e dei sacrifici nella vita di un atleta per ottenere risultati a questi livelli!”
    Dopo anni da titolare indiscusso, ora avrai come compagno di reparto il campione d’Europa Fabio Balaso. Come vivi la situazione?
    “Gli allenamenti con i campioni di questo calibro saranno formativi. Voglio diventare più forte e dimostrarmi all’altezza. L’idea di essere una riserva mi ha spinto a riflettere, ma davanti ho Balaso, il migliore in assoluto! Un treno così non potevo lasciarlo scappare. Con un triennale la Lube dimostra di credere in me!”.
    Come ha reagito coach Graziosi alla notizia che ti avrebbe perso?
    “Il presidente di Bergamo avrebbe voluto che restassi, ma il tecnico Graziosi e tutti gli altri l’hanno definita un’occasione irripetibile per me!”.
    Tra una ricezione e l’altra come passi il tempo?
    “Appena posso pratico anche altri sport! Fatta eccezione per il periodo del campionato, nei mesi estivi, consultando prima il preparatore, gioco a tennis, padel e basket!”.
    La Lube è attivissima sul mercato. Che effetto ti fa rientrare in un progetto così ambizioso?
    “Indescrivibile! Sarà bellissimo allenarsi con tanti atleti affermati ai massimi livelli! Che bello confrontarsi con senatori che hanno vinto tutto e, al tempo stesso, condividere il percorso con giovani già ai vertici!”.
    Scheda
    Città di nascita: Ostuni (BR)
    Data di nascita: 9 ottobre del 1999
    Ruolo: libero
    Altezza: 183
    Nazionalità: Italiana
    Carriera di Francesco D’Amico
    2022/23 Cucine Lube Civitanova SuperLega Credem Banca
    2020/22 Agnelli Tipiesse Bergamo A2
    2019/20 GoldenPlast Civitanova A3
    2017/19 GoldenPlast Potenza Picena A2
    2016/17 Pallavolo 2000 Ostuni B
    2015/16 Pallavolo 2000 Ostuni C LEGGI TUTTO

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    A tu per tu con Isac Santos, nuovo centrale della Lube

    Quando la classe incontra la potenza, un’intelligenza fuori dal comune alberga in un gigante di 208 cm, il risultato è un top player dalla mentalità vincente. Isac Viana Santos, il nuovo centrale della Cucine Lube Civitanova, non è solo muscoli. La scintilla nei suoi occhi, la caratura del personaggio, le sue parole, lo strumento musicale che esercita con costanza e persino il soprannome affibbiato dai suoi ex compagni di squadra sono tutti indizi emblematici. Il giocatore carioca ha la stoffa del leader e le idee chiare, vuole lasciare il segno.
    Cosa ti ha spinto a lasciare il Sada Cruzeiro per una nuova avventura alla Cucine Lube?
    “Nel Sada ho ottenuto grandi risultati vincendo tutto quello che era possibile conquistare a livello di club. Ora voglio nuove sfide nella mia carriera, credo che questo sia il momento ideale per mettermi in gioco nella pallavolo europea sposando il progetto della Cucine Lube”.
    Cosa ti aspetti dalla prossima stagione con la maglia dei campioni d’Italia?
    “Non vedo l’ora di affrontare un’annata di grande crescita personale e di risultati positivi sul campo. Arrivare in un Club abituato a vincere è bello, ma porta tante responsabilità. Alla fine sono abituato, anche a Cruzeiro avevo delle responsabilità importanti nell’economia del team!”.
    Cosa dicono di Civitanova gli atleti brasiliani che hanno giocato qui?
    “Sono tutti concordi! La Lube ha una grande struttura e una mentalità vincente! Le premesse per sentirmi a casa ci sono!”.
    Credi di poterti affermare in un campionato come la SuperLega?
    “Questa è la mia volontà, penso di potermi levare delle soddisfazioni con la Lube. Mi attende un grande team e sarò vincente anche in Italia!”.
    L’eredità di Simon è pesante! Il percorso è simile, l’idea di essere il suo successore ti stimola?
    “Simon è un punto di riferimento di livello assoluto! Ciò che ha fatto alla Lube rimarrà impresso nella storia del Club e del volley. Io cercherò di giocare la mia migliore pallavolo per lasciare il segno, ma lo farò a modo mio!”.
    Nella finale del Mondiale per Club hai rovinato la festa alla Lube con una grande prova. Cosa ha fatto la differenza per la vittoria finale?
    “Per vincere è necessario giocare al massimo delle prestazioni nelle partite chiave. Servono concentrazione e tanto equilibrio mentale per prendere scelte in campo e sfidare i fuoriclasse. Avere un piano di gioco ben eseguito è essenziale! Questi sono i fattori principali per vincere il Mondiale per Club!”.
    Cosa si può dire di Isac fuori dal campo?
    “Ho un debole per la musica e durante la pandemia mi sono dedicato allo studio del sassofono. Mi sono appassionato e continuo a esercitarmi!”.
    Sei un ragazzo molto arguto e questo ha spinto i tuoi ex compagni di squadra a darti un soprannome…è giunto il momento di svelarlo!
    “Molti atleti con cui ho condiviso il campo hanno iniziato a chiamarmi Newton, Isa(a)c Newton, come lo scienziato!”. LEGGI TUTTO

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    Botta e risposta con il nuovo centrale biancorosso Barthelemy Chinenyeze

    Dal ritiro della nazionale francese in Canada, a pochi giorni dal debutto nella VNL 2022, il centrale transalpino Barthelemy Chinenyeze ha affrontato la sua prima intervista dopo l’ufficialità del trasferimento alla Cucine Lube. Da aspirante dottore a stella del volley, il miglior centrale delle Olimpiadi dimostra di avere le idee chiare e di essere pronto per abbracciare Civitanova…a caccia di una colonna sonora vincente!
    La Lube è un treno che non passa tutti i giorni! Non pensi?
    “Assolutamente! Significa che ho lavorato bene e ne raccolgo i frutti!”
    Credi che la tua prova nella sfida di Coppa Italia abbia influito?
    “Nella gara secca dei Quarti contro la Lube all’Eurosuole Forum disputai proprio una bella gara, ma certe valutazioni si fanno nell’arco di tutta una stagione e penso di essermela cavata bene tra Nazionale francese e Allianz Milano”.
    Cosa ti aspetti dalla prossima annata? Avrai lo Scudetto sul petto!
    “Non è facile arrivare nel team che ha vinto il titolo, intanto perché è un’impresa confermarsi e Civitanova ha vinto tre Scudetti di fila stravolgendo tutti gli equilibri. Persino quest’anno che era durissima. Oltre a me ci saranno altri innesti, quindi ci dovremo ambientare. Sarà una bella sfida personale! Ho buone sensazioni, sento che potremo fare grandi cose insieme!”.
    Conosci bene la SuperLega! Quanto ti sono serviti questi tre anni?
    “La SuperLega è il torneo più bello e difficile del mondo. Se riesci a farti strada in Italia puoi giocare ovunque! Sono cresciuto molto e non poteva essere altrimenti visto che tutti i match sono complicati e allenanti. Persino le sedute in palestra con i miei stessi compagni mi hanno aiutato, il livello era davvero alto!”.
    Hai affrontato la Lube più volte! Cosa ti ha colpito da rivale?
    “Senza dubbio la completezza. Non c’era un singolo giocatore da limitare ma tutti gli effettivi! Quando ti misuri con tanti fuoriclasse insieme, le insidie possono arrivare da ogni singolo avversario. Non mi riferisco solo ai titolari, ma anche alla panchina. Inoltre, la Lube è forte tanto in casa quanto in trasferta!”.
    Raccogliere l’eredità di Simon al centro ti mette pressione o ti stimola?
    “Mi motiva molto arrivare in un reparto che annoverava un campione di fama mondiale capace di vincere tutto alla Lube. I tifosi ne sono innamorati! Io sono qui per dare un grande contributo! Mi voglio mettere alla prova! Anche se non sono Simon, posso fare la differenza in campo e lavorerò affinché avvenga!”
    Sei giovane, ma hai già fatto la differenza! La tua più grande gioia?
    “Vincere un oro olimpico non ha paragoni. Per me è stato bellissimo farcela al primo colpo e chiudere la manifestazione da MVP nel mio ruolo!”.
    Hai poco tempo libero, qual è la tua passione fuori dal campo?
    “Amo la musica! La mia vita deve avere per forza una colonna sonora. Sento canzoni quando mi alleno, quando guido e se sto solo a casa. Con la musica italiana devo ancora migliorare, ma se serve un dj lo avete trovato!”.
    Dj alle feste, ma anche medico mancato! Sei pieno di sorprese!
    “Prima di farmi strada come pallavolista sognavo di diventare un medico, in effetti. Poi la vita mi ha messo davanti a una scelta. Sono contento così! Non vedo l’ora di giocare con la nuova maglia e conoscere la tifoseria marchigiana!” LEGGI TUTTO

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    Robredo si ritirerà al 500 di Barcellona. “Se potessi tornare indietro, farei scelte diverse. Oggi poca tattica in campo”

    Tommy Robredo

    Tommy Robredo ha gravitato negli ultimi anni nei tornei minori, sceso in classifica e affrontando ragazzi che potevano essere suoi figli (farà 40 anni il prossimo 1° maggio). Fino a poco fa tuttavia, guai a parlargli di ritiro. Intervistato nei Challenger, anche dopo brutte sconfitte per un ex top10, rispondeva quasi stizzito alla solita domanda… perché dovrei smettere, se ancora mi diverto? Il periodo difficile della pandemia e la paternità hanno cambiato le cose, tanto che il catalano ha deciso di appendere la racchetta al chiodo dopo il torneo di Barcellona, a cui è molto legato e che disputerà grazie ad una wild card. È stato intervistato dal quotidiano nazionale AS, con alcune dichiarazioni interessanti sulla propria carriera e sul mondo del tennis in generale. Ne riportiamo alcuni estratti.
    “15 anni fa non mi potevo immaginare di arrivare così avanti… A quel tempo i colleghi andavano “in pensione” assai prima, difficilmente si superavano i 30 anni, ora molti lo fanno quando ne hanno quasi 40 anni. Tutto è migliorato: ci sono i preparatori fisici, i medici… Mi sono preso molta cura di me stesso da qualche anno“.
    “Perché oggi il ritiro? Diverse cose che si uniscono. Non mi sento più a posto né fisicamente né mentalmente, e poi c’è la mia posizione in classifica. Inizi a perdere e tutto questo pesa, il fuoco si spegne. Ho accettato che sarebbe successo, ma ho giocato perché mi piaceva. ‘Finché non trovo qualcosa che mi soddisfa di più, non ci rinuncerò’, mi dicevo. La pandemia ha accelerato tutto. Sono stato a casa con mia figlia, e non voglio perdermi perché sono in giro in torneo la prima volta che mi chiamerà papà, il primo gattonare, quando cammina… Volevo smettere l’anno scorso, ma non volevo che il mio ultimo match lo dovessi giocare da solo. Volevo vedere mio padre, mia madre, mia moglie e mia figlia sugli spalti, ecco perché sono arrivato fino ad oggi”.
    “Il mio momento migliore? Non ne trovo uno in particolare, ma direi nel 2006 o nel 2007, quando ero quinto o sesto al mondo. Per assurdo credo che oggi sono un giocatore migliore di allora, ma la sfortuna del tennista è che a 17 o 18 anni inizi a fare il professionista e non sai niente della vita. È come se fossi il direttore di un’azienda e ti arrivassero botte e problemi da tutte le parti, devi adattarti e farlo in fretta. E quando hai 30 o 35 anni e vai in pensione, è allora che conosci davvero il mondo e sapresti come gestire quelle cose che hai subito in gioventù. Cosa cambierei in particolare? Farei quasi tutto in modo diverso. Meno tornei, li preparerei meglio, sceglierei questo allenatore, l’altro fisioterapista, ecc. Andrei a vivere da qualche altra parte… Con l’esperienza si impara, penso che la stessa cosa accada nella vita”.
    Ha già iniziato una carriera come coach: “Adesso alleno un ragazzo di 16 anni e lo guiderò, ma non significa che gli vada bene perché quello che potrebbe andare bene per me non necessariamente andrà bene per lui. Vedremo”.
    Secondo Robredo, il tennis di oggi è peggiore rispetto a quello dei suoi momenti d’oro. Nessuna nostalgia, ha una spiegazione a questa preferenza: “Non credo che oggi ci sia meno talento di qualche anno fa, quello no. Se analizzi i giocatori migliori di adesso, ma anche una larga fetta di loro, alle fine trovi qualcuno che va più diretto al vincente, un altro ha più servizio o gioca dentro il campo… C’è ancora oggi varietà, ma quel che manca è la tattica, sono pochissimi i tennisti che lavorano il punto, che fanno correre l’avversario, che cercano il punto debole. I giovani colpiscono vincenti da ogni parte del campo, a volte pensi ‘come ci riescono’… Sono un guerriero dei tempi antichi. Mi piace giocare a Risiko più che tirare direttamente una bomba per spaccare lo scambio. Mi piace la tattica, la maggior parte dei giocatori ne usa poca e tira solo forte”.
    Viste le sue parole, facile capire chi sia oggi il suo preferito: “Medvedev è spettacolare: serve tremendamente bene, risponde benissimo e tutti i colpi sono profondi. Ha una bella mano, gioca anche di volo e recupera il campo, Tsitsipas è intelligente, usa più tattiche, sa come usarle. Rublev invece è molto solido. Zverev ha talento, ma troppi alti e bassi. Sinner è un giocatore straordinario, può arrivare molto in alto, come Alcaraz. Non so se sarà il numero uno, due, sette, ma vedi qualcosa di diverso in lui. Quello che possiamo fare adesso non è mettergli addosso il marchio di “nuovo Rafa”, ma solo di essere Alcaraz”.
    Nessun fastidio per esser stato all’ombra di Nadal, anzi: “Geloso di Nadal? Nient’affatto. Avendo avuto un campione così in Spagna si parla di più di tennis, quindi ci sono più sponsor, più soldi e interesse… Quando ho iniziato, in un Grande Slam se ti eliminavano al primo turno vincevi 6.000 euro e ora sono 60.000. E questo grazie a Nadal e Federer, uno come me può solo ringraziarli, anche se ci ho perso tante volte”.
    Una bella intervista, ad un tennista molto corretto, estremamente lucido e positivo, che per anni ha tirato la carretta raggiungendo ottimi risultati. Chiuderà la carriera con 12 tornei vinti, su cui spiccano i successi al “Godò” di Barcellona nel 2004 e il Masters 1000 di Amburgo nel 2006. Negli Slam ha raggiunto i quarti agli Australian Open, US Open e ben 5 volte a Roland Garros. Gli è mancato proprio l’acuto in uno Slam, una semifinale, ma vinto la Davis con il team iberico.
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    Coric torna ad Indian Wells: “Niente racchetta per sette mesi. Dico ai giovani, attenti al proprio corpo”

    Borna Coric, finalmente torna in campo

    Il Masters 1000 di Indian Wells quasi sicuramente dovrà fare a meno di Novak Djokovic, ma di sicuro riabbraccia Borna Coric. Proprio in California il croato ha ottenuto uno dei migliori risultati in carriera, la semifinale del 2018 (sconfitto dopo una dura battaglia da Roger Federer). Nel novembre di quell’anno toccò il best ranking, n.12. Il suo gioco era in piena evoluzione, anche quel diritto che sempre l’aveva fatto penare iniziava a diventare più stabile ed efficace. Poi sono iniziati mille problemi fisici, che l’hanno costretto a continui alti e bassi. A Rotterdam 2021 quasi non riusciva più a servire, per questo ha scelto di sottoporsi ad un delicato intervento alla spalla. Di lui si erano perse praticamente le tracce, ma la sua voglia di tornare è stata più forte del dolore e di una lunga riabilitazione.
    Nel main draw del torneo ha pescato lo spagnolo Davidovich Fokina, uno tosto ed in buona forma, non sarà un rientro agevole. Ma per Borna già esser di nuovo in torneo è un grande successo. L’ha intervistato Tennis Major, una lunga chiacchierata in cui Coric racconta i momenti difficili molto altro. Ecco alcuni passaggi del suo pensiero.
    “Come mi sento? Non posso paragonare questa sensazione a nient’altro, dal momento che questa è la prima volta che sono stato costretto a farsi da parte per un anno intero. La mia ultima pausa così lunga risale a quando avevo 12-13 anni e ho subito un intervento chirurgico al polso. Ho ripreso gli allenamenti il 1° novembre, ancora senza servire. Le cose ora vanno molto meglio, è una sensazione splendida essere qui”.
    Il dopo intervento non è andato liscio come sperava, ma non ha mai avuto davvero paura di non farcela: “Quando un atleta professionista subisce la chirurgia, non è mai garantito che torni come prima. Ho avuto complicazioni dopo l’intervento chirurgico, perché il dolore è stato presente più a lungo del previsto. Parlando da questo punto di vista, forse c’era da aspettarselo, ma in quel momento mi sembrava di essere piuttosto in ritardo con la mia riabilitazione. Non mi sentivo sicuro, stavo servendo con leggerezza e sentivo ancora dolore, insieme a uno spasmo muscolare, che mi era stato detto che a quel punto doveva essere sparito. I dubbi si sono insinuati, ma sapevo che dovevo fare la mia parte ogni giorno in modo da poter tornare al posto in cui ero, fisicamente e dal punto di vista del servizio. Il medico che ha eseguito l’intervento mi ha detto che c’era una possibilità che potessi essere pronto per gli US Open. Quando è arrivato quel momento, non avevo ancora preso in mano una racchetta, quindi era normale avere dei dubbi… ce la farò? Per fortuna, ora sto bene”.
    Il suo fisioterapista è stato fondamentale in tutto il processo, non solo dal punto di vista medico: “Il mio fisioterapista Yiani Louizos, sottolineo sempre il suo contributo. Senza di lui, di certo non sarei qui dove sono ora. È molto devoto, un esperto nel suo campo, e ha sempre scelto le parole giuste da dirmi. Non è stato facile, perché la riabilitazione è durata dagli otto ai nove mesi con molti alti e bassi: faceva male, non faceva male e così via… Yiani ha gestito tutto molto bene e non mi ha abbandonato in un momento in cui non c’erano garanzie per il futuro. È rimasto con me, ha creduto nel nostro lavoro e nella mia capacità di tornare al 100% fisicamente e che la mia spalla sarebbe stata migliore di prima. Anche quando non ci credevo, lui ci credeva, e mi rassicurava, spingendomi a mettermi all’opera anche quando non ne avevo voglia. L’etica del lavoro non è mai stata un problema per me, ma sono abituato alla pratica del tennis e agli allenamenti pesanti. E poi, all’improvviso, tutto ciò che ho dovuto fare per due ore è stato muovere delicatamente la spalla su e giù e avanti e indietro. È stato davvero impegnativo per me mentalmente”.
    Coric rientra con un nuovo team: “Il mio nuovo allenatore è Mate Delic (ex numero 150 del mondo), siamo solo io, Yiani e lui. Mate mi ha aiutato negli ultimi quattro anni, da quando ha smesso di giocare a livello professionistico. Mate ed io ci conosciamo da molto tempo, lui mi conosce davvero nei dettagli: il mio gioco e come sono, la mia personalità. È relativamente nuovo nell’allenamento, ma siamo ottimi amici e ho sentito che era il momento giusto per lavorare insieme”.
    Ecco il passaggio più interessante dell’intervista. Coric si rimprovera di non aver fatto tutte scelte giuste in passato, e ammonisce i giovani a non lasciar correre certe situazioni, soprattutto sul lato fisico, perché possono diventare molto problematiche quando meno te lo aspetti… “Guardandolo dalla mia prospettiva attuale, mi dispiace di non essere stato in grado di formare una squadra migliore quando ero più giovane. D’altra parte, è un circo molto popolato – tante persone, tanti allenatori – quindi è davvero difficile valutare chi sia il vero affare e chi non va bene. Non posso davvero incolpare me stesso, soprattutto perché ero molto giovane, ma me ne pento comunque. Ecco perché ritengo che per i giovani giocatori sia fondamentale essere consapevoli di dove potrebbero nascondersi i problemi futuri. Ad esempio, se avessi fatto una scansione adeguata della mia spalla quando avevo 18 anni, non credo che si sarebbe arrivati ​​a questo. Se avessi saputo cosa stava succedendo alla mia spalla, avrei fatto gli esercizi di conseguenza. Sono quasi sicuro che questo non sarebbe successo, o sarebbe successo in dieci anni, e ho problemi alla spalla da quando avevo 23 anni. Il corpo di tutti ha un punto debole e la mia è sicuramente la spalla. Non me ne sono preso cura nel modo giusto quando ero più giovane. Il tennis è uno sport molto impegnativo in termini di programmazione: ho capito qual era il problema quando avevo 23-24 anni, ma non ho mai avuto il lusso di prendermi 10-12 settimane di pausa per dedicargli tutta la mia attenzione. E poi peggiora”.
    “Ormai non mi pongo più obiettivi. Nel 2018, quando ero arrivato molto in alto, certo che ne avevo. Poi le cose sono girate male, ho rischiato di smettere, ho convissuto col dolore. Quindi, basta programmi di lungo termine. Quello che posso dire è che questa pausa mi ha fatto capire quanto amo il tennis, mi è mancato così tanto. Negli ultimi sette o otto anni mi è sembrato di essere schiacciato, con tutta la pressione e le aspettative. Quindi, in un certo senso, quello che è successo è stato positivo, perché ho avuto la possibilità di resettare, rinnovare la mia passione e rendermi conto di quanto mi godo la mia vita di tennista”.
    Coric compierà 26 anni il prossimo 14 novembre, è ancora un tennista estremamente giovane. Rientrare dopo i suoi problemi non sarà affatto facile, ma gli auguriamo tutto il meglio.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO