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    Terremoto ai vertici dell’ATP: Massimo Calvelli lascia dopo cinque anni da CEO

    Massimo Calvelli ex ormai CEO dell’ATP

    L’ecosistema tennistico sta attraversando un periodo di profondi cambiamenti. Le pressioni dei giocatori, manifestate attraverso iniziative come la denuncia della PTPA (Professional Tennis Players Association) e la lettera formale firmata dai top-20 dei circuiti maschile e femminile, stanno iniziando a produrre aggiustamenti e a generare una sensazione di instabilità all’interno di organismi come ATP, WTA e tornei del Grande Slam.Oggi l’ATP ha annunciato l’uscita di scena di Massimo Calvelli, CEO dell’associazione da oltre cinque anni. Un nome forse non molto conosciuto dal grande pubblico, ma una figura chiave nel tennis professionistico maschile. Calvelli aveva assunto questo ruolo nel gennaio 2020, poco prima dell’inizio della pandemia, e ha accompagnato Andrea Gaudenzi, presidente dell’ATP, in modo incondizionato fin dall’inizio del suo mandato, agendo praticamente come suo braccio destro e plasmando molti dei progetti dell’associazione nelle ultime stagioni.
    Il principale contributo di Calvelli durante il suo periodo all’ATP è stato il piano strategico “One Vision”, un’iniziativa che prometteva di cambiare per sempre l’ecosistema tennistico e sotto la quale ricadono la maggior parte dei cambiamenti avvenuti nel circuito maschile negli ultimi anni.Gaudenzi e Calvelli hanno perfezionato questa strategia implementando diverse modifiche significative: hanno aumentato la durata dei Masters 1000, sovraccaricato notevolmente il calendario, incrementato il montepremi dei giocatori e cambiato la strategia commerciale, coinvolgendo la WTA in molte iniziative. Hanno inoltre rivoluzionato l’approccio allo streaming e, in definitiva, posto le basi di ciò che è l’ATP oggi e di ciò che sarà domani.
    Così Gaudenzi ha salutato Calvelli: “Massimo è stato un leader fantastico per l’ATP” si legge nel comunicato ufficiale. “La sua attenzione strategica e la sua instancabile etica del lavoro sono state determinanti nel gestire un periodo complesso per il nostro sport, in cui abbiamo raggiunto una crescita senza precedenti. Sono profondamente grato per la sua leadership e i suoi contributi e gli auguro ogni successo nel prossimo capitolo”.
    Queste invece la parole di Calvelli, sempre dal comunicato ufficiale diramato sul sito ATP: “È stato un privilegio ricoprire il ruolo di CEO dell’ATP negli ultimi cinque anni. Sono orgoglioso dei progressi che abbiamo fatto insieme e profondamente grato al team con cui ho lavorato. Con nuove opportunità in arrivo, me ne andrò con un senso di orgoglio e auguro a tutti all’ATP un successo continuo nel viaggio che verrà”.
    Dopo l’annuncio dell’uscita di Calvelli, il comunicato dell’ATP afferma che sarà lo stesso Andrea Gaudenzi ad assumere, in via temporanea, la posizione di CEO dell’organizzazione. Tutto questo, naturalmente, parallelamente al suo ruolo di Presidente, un’insolita concentrazione di poteri che vedremo per quanto tempo si protrarrà. Sarà interessante, inoltre, vedere se il sostituto di Calvelli sarà italiano: molte delle voci discordanti con l’ATP puntavano all’eccessiva influenza del tennis italiano, che occupa numerose posizioni di potere. Sono state queste voci a provocare l’uscita di Calvelli? È in arrivo un cambiamento ai vertici dell’ATP e questo è solo il primo passo? Molte domande senza risposta che troveranno soluzione nei mesi o negli anni a venire.
    Nel frattempo, lo spettacolo negli uffici sembra essere servito, con il mondo del tennis che attende di vedere quale sarà la prossima mossa in questo scacchiere sempre più complesso e in continua evoluzione.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Nostalgia per il challenge: Ostapenko rimpiange l’adrenalina dell’Hawk-Eye

    Jelena Ostapenko nella foto – Foto Getty Images

    Jelena Ostapenko è da sempre una delle personalità più caratteristiche del circuito WTA, capace di regalare momenti memorabili dentro e fuori dal campo. La tennista lettone, parlando dal torneo di Charleston, ha condiviso un’opinione nostalgica che sicuramente farà discutere appassionati e addetti ai lavori: le manca l’emozione legata alle richieste di revisione dell’Hawk-Eye tradizionale.
    Con l’adozione sempre più diffusa del sistema elettronico di chiamata delle linee, che ha eliminato la necessità dei giudici di linea e dei challenge, la Ostapenko ammette di sentire la mancanza di quei momenti di suspense che caratterizzavano le partite.“Puoi ancora chiedere una revisione del tuo colpo, ma sai già che il risultato non cambierà. Non è più così divertente”, ha confessato la campionessa del Roland Garros 2017. “Sì, credo che mi mancherà richiedere l’occhio di falco, perché creava un momento in cui aspettavi di vedere il rimbalzo, se era buono o cattivo… era un po’ stressante, ma in modo positivo”.
    Un’opinione che sottolinea come la tecnologia, pur garantendo maggiore precisione e riducendo le controversie, abbia anche eliminato alcuni elementi di teatro e tensione che molti giocatori e spettatori apprezzavano. Quei secondi di attesa mentre sullo schermo si ricostruiva la traiettoria della palla, con giocatori e pubblico con il fiato sospeso, rappresentavano piccoli momenti che arricchivano lo spettacolo tennistico.
    La lettone, nota per il suo tennis aggressivo e il carattere focoso, ha sempre vissuto con particolare intensità questi momenti, diventando protagonista di reazioni memorabili quando il responso dell’Hawk-Eye confermava o ribaltava le chiamate degli arbitri.La dichiarazione della Ostapenko apre un interessante dibattito: la tecnologia che elimina l’errore umano sta anche privando lo sport di alcuni elementi di spettacolo e coinvolgimento emotivo? È un prezzo che vale la pena pagare in nome della precisione e dell’equità, o si sta perdendo qualcosa di prezioso?La domanda che la tennista lettone lascia ai fan è diretta: siete d’accordo con lei?
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Coco Gauff lancia la propria agenzia: addio al team di Federer per un nuovo percorso imprenditoriale

    Coco Gauff nella foto – Foto Getty Images

    Coco Gauff ha annunciato attraverso i suoi profili social la creazione della propria agenzia di rappresentanza: Coco Gauff Enterprises. La giovane stella del tennis americano intraprende così un nuovo percorso imprenditoriale, lasciando TEAM8, l’agenzia fondata da Roger Federer e dal suo storico manager Tony Godsick.La nuova società di Gauff opererà sotto l’ala protettrice di WME, il colosso dell’intrattenimento che possiede anche IMG, l’agenzia che rappresenta alcuni dei più grandi nomi del tennis mondiale come Serena Williams, Carlos Alcaraz, Iga Swiatek ed Emma Raducanu.
    “Sono entusiasta di costruire qualcosa che mi permetta di prendere il controllo della mia carriera e, allo stesso tempo, creare opportunità che si estendano oltre la mia crescita personale”, ha dichiarato Gauff nel suo annuncio sui social media.
    Questa mossa rappresenta un significativo passo avanti nella carriera extra-campo della tennista statunitense, che a soli 21 anni dimostra di avere una visione imprenditoriale ben definita. La decisione di creare una propria agenzia sotto l’egida di WME le consentirà di gestire in maniera più diretta i propri interessi commerciali, mantenendo al contempo il supporto di una struttura di grande esperienza nel settore.L’addio a TEAM8, l’agenzia di Federer, segna la fine di una collaborazione che ha accompagnato Gauff nei suoi primi anni da professionista, contribuendo alla sua crescente popolarità e alla costruzione del suo brand. Ora, con la fondazione di Coco Gauff Enterprises, la tennista americana punta a scrivere un nuovo capitolo della sua carriera professionale, prendendone direttamente le redini.
    Questa iniziativa si inserisce in un trend crescente tra gli atleti di alto profilo che scelgono di creare le proprie strutture di management per avere un maggiore controllo sulla gestione della loro immagine e dei loro affari, seguendo l’esempio di leggende come LeBron James nel basket.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Kasatkina sul cambio di nazionalità: “In Australia tutti vengono trattati allo stesso modo”

    Daria Kasatkina nella foto – Foto Getty Images

    La numero 14 del mondo spiega dal WTA di Charleston perché ha scelto di rappresentare l’Australia: “È un paese un po’ lontano, ma…”“È una nuova tappa per me, quindi scendere in campo come australiana è stato sinceramente stressante”, ha dichiarato Daria Kasatkina pochi minuti dopo aver ottenuto la sua prima vittoria con la nuova nazionalità. Nata in Russia, l’attuale numero 14 del mondo ha iniziato questa nuova avventura nel migliore dei modi al WTA Charleston 2025, dove ha ancora molta strada da fare, sebbene questo nuovo capitolo della sua vita non sia iniziato in modo semplice.
    “Non ho potuto evitare un sorriso quando lo speaker ha annunciato che ero dall’Australia. È un momento molto speciale per me vincere la mia prima partita come giocatrice australiana. Sono molto felice e non avrei mai creduto che un giorno mi sarebbe successo qualcosa del genere. Questa settimana è stata un po’ stressante, con tutti i cambiamenti e le reazioni a questi cambiamenti”, ha confessato durante un’intervista a Tennis Channel. “Quando una tennista scende in campo, tutto lo stress che sta vivendo esplode, è così che funziona. Sono molto contenta di come ho gestito la situazione oggi, perché sinceramente non è stato facile”.
    Perché l’Australia?“È un paese che è un po’ lontano, ma è un posto fantastico. Le persone lì sono semplicemente diverse, sono molto gentili. Tutti vengono trattati allo stesso modo, senti che nessuno giudica nessuno, puoi essere te stessa. L’Australia è un grande paese. Sono molto felice e grata a tutte le persone che sono state coinvolte in questo processo, sono molto contenta di far parte di qualcosa del genere”.
    La scelta di Kasatkina di cambiare nazionalità arriva in un momento significativo della sua carriera e rappresenta una decisione importante per la giocatrice, che ha trovato evidentemente in Australia un ambiente più accogliente e inclusivo rispetto al suo paese d’origine.
    Marco Rossi LEGGI TUTTO

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    Piatti parla di Sinner: “La rottura con Jannik? Ero rigoroso, a volte rigido, e a un certo punto è stato troppo da reggere. Per il dopo Cahill vedo bene Moya”

    Riccardo Piatti con Jannik Sinner

    Il nome di Riccardo Piatti resterà per sempre legato a quello di Jannik Sinner. L’attuale n.1 del mondo nel febbraio del 2022 scelse – con una decisione allora sorprendente – di interrompere la collaborazione con il coach che l’aveva raccolto bambino a soli 13 anni e portato a diventare prima uomo e poi grande tennista, lavorando in modo eccezionale su fisico e tecnica di gioco. Il dibattito su quel che ne sarebbe stato del tennis e successi di Sinner restando a fianco del suo mentore non avrà mai fine, ma è indubbio che la mano, cultura del lavoro, tecnica di gioco e mentalità del nostro campione è stata forgiata in modo indelebile dagli insegnamenti e anni trascorsi insieme a Riccardo, cosa questa che lo stesso Jannik riconosce. Chi vi scrive restò sorpreso e dubbioso da quella scelta, affermai che si assumeva un enorme rischio; ma allo stesso tempo il volersi costruire un team su misura decidendo in prima persona il proprio futuro era un segnale clamorosamente importante. Il tennista è un atleta solo in campo: la forza di assumersi la totale responsabilità della direzione da prendere e l’impegno per risolvere problemi in campo e fuori, prendendo le redini dalla propria carriera, indicava una voglia totale di autodeterminazione, quella ti porta sicurezza nel gioco e forza mentale. Si chiama maturità, autostima, coscienza di se stessi. Oggi, dopo tre anni, possiamo dire che la scelta di Sinner è stata assolutamente vincente: sulla base solidissima costruita con Piatti, ha costruito un grattacielo ardito e bellissimo, arrivando a toccare il cielo con un dito. Piatti resterà un passaggio decisivo nella costruzione del nostro n.1, e per questo un parere di Riccardo è sempre importante e gradito. Il Corriere della Sera ha intervistato il coach lombardo nella sua Bordighera, dove sta continuando ad insegnare tennis a molti giovani promettenti. Riportiamo i passaggi più significativi dell’intervista, nella quale si ripercorre anche il momento della rottura nel 2022 e si guarda al prossimo futuro tra il rientro in campo a Roma e la scelta del dopo Cahill, per la quale Riccardo ha un nome ben preciso.

    “Ho smesso di vivere la vita degli altri” racconta Riccardo al Corriere. “52 settimane all’anno in trasferta, la famiglia che ruota intorno alle esigenze del giocatore: Gasquet, Ljubicic, Raonic, Djokovic, Sinner. Quando ho finito con Jannik ammetto di aver avuto qualche mese di stordimento, poi sono andato verso quello che piace a me: insegnare tennis. Il Piatti Center non è un supermarket: qui si fa un processo di crescita. L’ho fatto anch’io. È stato un clic mentale, sono cambiate le priorità ma il tennis rimane in cima ai miei pensieri. Ora inseguo i sogni dei ragazzini”.
    Le settimane di tennis senza Jannik hanno visto i suoi principali rivali deludere invece di approfittare della chance per avvicinarlo nel ranking, e nuovi talenti – molto giovani – hanno spiccato il volo, come Mensik e Draper. Così la vede Piatti: “Vedo un momento di passaggio. In vetta c’è un Sinner molto cresciuto. Alcaraz insegue, ma non crocifiggetelo: ha già quattro Slam, è solo del 2003, si sta costruendo vita e carriera. Arriverà anche la maturità. C’è un cambio generazionale in atto. Joao Fonseca, a 18 anni, ha giocato solo 33 match ATP. Io a Jannik dicevo che ne doveva fare 150 prima di poter aspirare al salto di qualità. Lui aveva fretta: al 139° è diventato n.9 del mondo. Diamo tempo a Fonseca, riparliamone quando arriva a quota 80 partite. Mensik ne ha giocate 69, e ha già vinto a Miami. Lo trovo interessante però anche nel suo caso risentiamoci tra 60/70 match. Non conosco la motivazione di questi talenti, conoscevo bene quella di Jannik: mi ricordava molto Novak Djokovic. Un’arroganza agonistica rasente alla cattiveria“.
    Non sono molti i contatti di Riccardo e Jannik: “Lo sento di rado. Però l’8 novembre mi ha mandato gli auguri di compleanno. Eravamo alla vigilia delle ATP Finals. Divertiti e facci divertire, gli ho scritto. Andrà bene, ha risposto. Sapeva già tutto. Sapeva che avrebbe vinto”.
    Ecco il passaggio forse più interessante dell’intervista. Piatti ripercorre quei giorni del gennaio 2022, quando si è consumata la rottura clamorosa con Jannik dopo il ritorno dall’Australia. “Tutti ricordano il match con Daniel, a Melbourne, nel gennaio 2022, quando ha detto: stai calmo, cazzo. Ce l’aveva con me per cose di campo, era già successo altre volte: è normale dinamica tra coach e giocatore. Non è quello il problema. Ho sempre voluto che Jannik diventasse indipendente, sapevo che un giorno se ne sarebbe andato. Ma con lui dovevo essere l’allenatore rigoroso, a volte rigido: era il mio ruolo. Ljubicic mi rimprovera che gli dicevo: decidi pure tu, Ivan, ma poi fai come dico io. Per Jannik questo rigore, a un certo punto, è stato troppo da reggere. Se rifarei tutto? Sì. Era l’unico modo per arrivare in alto. Dovevo dire di no, dare regole. L’ho preso a 13 anni, se n’è andato a 20. In quel momento, sentivo di dover fare così. Come oggi con Dhamne: un giorno mi manderà anche lui a quel paese. Ci sta. Ivan invece era differente: all’inizio gli vietai di portare la moglie agli Slam, lui non batté ciglio. Ognuno è diverso. Certo il rigore può diventare un difetto, a volte esagero. So essere duro“.
    Se fosse rimasto a guidare Sinner, molto probabilmente Piatti avrebbe vinto quel titolo Slam che gli è sempre mancato… “È un’idea che avevo in testa, ma non credo di valere meno come coach perché non l’ho ancora vinto. E comunque in Jannik e nei suoi tre titoli Slam, senza nulla togliere al suo team, rivedo molto del lavoro che abbiamo fatto insieme a Dalibor Sirola, Andrea Volpini e Claudio Zimaglia. Fondamentale, per me, fu allenare Djokovic ma non ebbi il coraggio di abbandonare Ljubicic per andare a tempo pieno dietro a Novak”.
    Chiedono a Riccardo chi vedrebbe bene al posto di Cahill: “Carlos Moya, che avevo già preso in considerazione. È stato numero 1, conosce il circuito. Umanamente è un’ottima persona, come Darren. Renzo Furlan, ora che ha smesso con Paolini, è libero. Ljubicic è molto valido. Oppure Becker, che avevamo contattato; però lavorare con Boris è più complicato. I nomi sono questi”.
    Secondo Piatti lo stop di tre mesi non avrà un forte impatto sul gioco del n.1, che vede pronto a vincere appena rientrerà: “Sarà subito forte. Io credo davvero che quest’anno possa fare il Grande Slam. La sospensione gli ha allungato la vita: arriverà a fine stagione fresco. Si gioca troppo, mentalmente non ci si ferma mai. Lui tornerà carico e motivato. Lo è sempre stato. In pandemia molti ne approfittavano per non allenarsi, Gasquet nello stop per doping ha preso otto chili, Jannik non ha perso un giorno. Sa perfettamente dove vuole andare”.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    I top player si ribellano: lettera congiunta agli Slam per chiedere un aumento dei montepremi

    I top player si ribellano: lettera congiunta agli Slam per chiedere un aumento dei montepremi

    La tensione tra i giocatori di tennis e le istituzioni che governano questo sport continua a salire. Secondo quanto riportato dal quotidiano francese L’Équipe, i rappresentanti delle top 20 mondiali ATP e WTA hanno firmato e inviato una lettera congiunta ai quattro tornei del Grande Slam, chiedendo un aumento sostanziale dei montepremi.Questa iniziativa arriva a meno di due settimane dalle azioni legali intraprese dalla PTPA (Professional Tennis Players Association) contro ATP, WTA, ITF e ITIA, segnando un’ulteriore escalation nella battaglia tra giocatori e vertici del tennis mondiale.
    I giocatori chiedono una maggiore equitàLa lettera, firmata dai migliori venti tennisti e tenniste del mondo, richiede essenzialmente una più equa ripartizione dei profitti generati dai quattro pilastri del circuito a beneficio degli attori principali: i giocatori, senza i quali lo spettacolo non avrebbe luogo.I firmatari motivano la loro richiesta anche facendo un confronto con altri sport di alto livello, come la NBA, dove i giocatori hanno la garanzia di ricevere il 50% dei ricavi generati dalla lega durante una stagione. A titolo di esempio, il montepremi complessivo del Roland Garros lo scorso anno era di 53,478 milioni di euro, ovvero poco meno del 16% dei ricavi del torneo, stimati in 338 milioni di euro al termine dell’edizione 2024.
    Un aumento già significativo, ma non abbastanzaSotto la pressione dei giocatori, la griglia dei montepremi aveva già conosciuto un’inflazione significativa nel 2022. L’assegno assegnato ai vincitori dei singolari maschili e femminili era aumentato del 54%, quello dei semifinalisti del 60%, mentre i vincitori del primo turno avevano ricevuto il 40% in più rispetto all’anno precedente. Lo scorso anno, il montepremi del Roland Garros era ancora in aumento (+7,82%), con 2,4 milioni di euro versati ai vincitori dei singolari, quasi quattro volte di più rispetto al 2000.Complessivamente, i montepremi versati ai giocatori e alle giocatrici nei quattro tornei del Grande Slam hanno raggiunto 254 milioni di dollari lo scorso anno, contro i 231 del 2023. Va ricordato che durante le tre settimane di un Grande Slam, non meno di 700 giocatori scendono in campo.
    Una crescita dei ricavi non proporzionalmente condivisaNonostante questa crescita incessante, i giocatori ritengono che la loro parte della torta non sia sufficientemente indicizzata sui profitti realizzati dai Grandi Slam, che hanno accumulato un’audience di oltre 2 miliardi di persone in più di 200 paesi nel 2024, con un pubblico presente negli stadi che ha raggiunto un totale di 3.360.000 spettatori, in aumento del 10% rispetto al 2023.
    Non c’è dubbio che la lettera di rivendicazioni, firmata dai migliori giocatori del mondo e dai loro rappresentanti, poiché il board dell’ATP si è associato a questa iniziativa, rischia di far storcere il naso agli organizzatori dei quattro Major. La pubblicazione del montepremi del prossimo torneo di Roland Garros, generalmente programmata un mese prima del primo colpo di racchetta del torneo, sarà sicuramente attesa con impazienza dai firmatari della lettera.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Panatta e un curioso elogio a Sinner: “Forse è troppo perfetto”

    Adriano Panatta ultimo italiano vincitore a Parigi (1976)

    La leggenda del tennis italiano Adriano Panatta ha analizzato la situazione attuale di Jannik Sinner, che si appresta a tornare in campo dopo tre mesi di pausa forzata. In un’intervista a La Gazzetta dello Sport, Panatta non ha risparmiato elogi per il giovane talento di San Candido, sottolineando come questo periodo di stop, dovuto alla sanzione della WADA per un controverso caso di doping, potrebbe essere stato un’opportunità preziosa per migliorare ulteriormente il suo gioco, specialmente sulla terra rossa.
    “Jannik è pronto per Roma, un po’ di riposo fa sempre bene. Sono convinto che abbia sfruttato questi mesi per lavorare moltissimo, migliorando soprattutto il suo gioco sulla terra battuta. Mi riferiscono che non abbia mai perso la condizione fisica, anzi, la sua preparazione atletica è migliore di prima”, ha dichiarato Panatta, dimostrando grande fiducia nelle possibilità di Sinner di brillare già al Masters 1000 di Roma 2025.
    L’ex campione italiano ha voluto sottolineare quanto sia ottimista riguardo al futuro del suo connazionale, definendolo maturo e pronto a conquistare i grandi tornei del circuito: “Prima o poi vincerà anche questi tornei importanti su terra come Roma o Roland Garros. Se non dovesse accadere quest’anno, succederà sicuramente il prossimo. Ha tutte le qualità e la maturità necessarie per farlo”.
    Panatta si è inoltre soffermato sul controverso accordo di Sinner con la WADA, definendolo “molto intelligente e maturo”: “Jannik non ha niente a che vedere con la sanzione, ha fatto bene a firmare quel tipo di accordo. Non ci si può mai fidare completamente della WADA, meglio proteggersi. È un esempio per tutti gli sportivi per il suo comportamento esemplare. Anzi, forse è addirittura troppo perfetto”.
    Un commento ironico e pungente, che conferma la grande stima della leggenda del tennis azzurro verso Jannik Sinner. Il ritorno in campo del giovane altoatesino, previsto per l’ATP di Roma tra un mese, è atteso con grande entusiasmo dai tifosi italiani, desiderosi di rivedere il loro numero uno in azione e, chissà, di festeggiare insieme a lui nuovi prestigiosi traguardi.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO

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    Bernet sulle orme di Federer: un altro svizzero al vertice del tennis junior

    Henry Bernet classe 2007 nella foto – Foto Getty Images

    I parallelismi tra Henry Bernet, una delle grandi promesse del tennis mondiale, e la leggenda Roger Federer sono davvero impressionanti. Il giovane svizzero, fresco campione junior degli Australian Open 2025, sta vivendo una stagione straordinaria coronata da un nuovo importante traguardo nella sua carriera: è diventato il numero 1 del mondo nella categoria junior.
    Questa impresa assume contorni ancora più suggestivi se si considera che anche il suo illustre connazionale occupò la stessa posizione esattamente 27 anni fa. Una coincidenza che fa sognare gli appassionati svizzeri e che alimenta le speranze di vedere nascere un degno erede del maestro di Basilea.Bernet sta mostrando un talento cristallino che gli ha permesso di dominare la categoria giovanile, proprio come fece Federer prima di spiccare il volo nel tennis professionistico. Il successo a Melbourne è stato solo la conferma più evidente di un percorso che lo sta portando a imporsi come uno dei prospetti più interessanti del panorama tennistico mondiale.
    La Svizzera, paese che ha già dato al tennis campioni del calibro di Federer e Stan Wawrinka, guarda con grande interesse alla crescita di questo giovane talento, nella speranza che possa raccogliere l’eredità dei suoi predecessori e riportare il tennis elvetico ai vertici del ranking mondiale nei prossimi anni.
    Naturalmente, la strada per emulare i successi di Federer è ancora lunga e irta di ostacoli. La storia del tennis ci insegna che non sempre chi raggiunge il numero 1 del mondo junior riesce poi a trasferire quel dominio nel circuito professionistico. Numerosi sono i casi di giovani promesse che, nonostante l’eccellenza mostrata nelle categorie giovanili, hanno faticato a imporsi tra i “grandi” per vari motivi, dalle pressioni mentali ai limiti tecnici emersi ad alti livelli, fino ai problemi fisici.Detto questo, la base di partenza di Bernet appare solida e il percorso tracciato sembra seguire coordinate sorprendentemente simili a quelle del 20 volte campione Slam. Sarà fondamentale per lui la gestione della transizione dal tennis junior a quello professionistico, fase delicata che ha segnato la carriera di molti talenti.
    Francesco Paolo Villarico LEGGI TUTTO