Luca Nardi ITA, 2003.08.06 – Foto Stefano Eccel
Sabato “popcorn” a Rovereto: il talentuoso pesarese contro la grande speranza spagnola. Nardi viaggia spedito, Landaluce naviga tra alti e bassi, ma le sue accelerazioni fanno paura. “È un giocatore molto offensivo – dice coach Esteban Carril – di lui adoro la grande ambizione”.
Il match tanto atteso si farà. L’appuntamento è sabato, alle 16.30, presso il PalaBaldresca di Rovereto. Quello tra Luca Nardi e Martin Landaluce sarà quello che gli americani definiscono “popcorn match”. “Mi aspetto una bella partita” dice Esteban Carril, il tecnico che accompagna lo spagnolo a Rovereto, lasciando gli spalti dopo aver studiato il secondo set della facile vittoria di Nardi contro Oleg Prihodko. Punteggio (6-2 6-2) uguale a quello dell’ottavo contro Rehberg, tempistica simile: gli sono bastati sessanta minuti per centrare la semifinale. Ok, l’ucraino è atteso domenica a Firenze per giocare in Serie A2, quindi forse non era al top della motivazione, ma questo non ha influito sull’esito di un match che ha evidenziato la superiorità di Nardi sin dalla prima palla. È salito rapidamente 4-0 per poi chiudere agevolmente il parziale, mentre nel secondo c’è stata un po’ di partita solo nei primi game. “È molto talentuoso, eh?” sussurrava Carril dopo l’ennesimo punto fatto di geometrie perfette. Questa semifinale, tuttavia, non cambia molto in ottica Australian Open. Per nutrire qualche speranza di ammissione diretta al main draw, Nardi deve vincere domani e salirebbe al numero 103 ATP (104 se Fabio Fognini dovesse andare in finale a Montemar). In quel caso sarebbe in bilico: se è vero che gli ammessi di diritto sono 104, il cut-off dell’entry list degli Slam viene abbassato da tanti giocatori che utilizzano il ranking protetto. E allora soltanto vincere il Trofeo Perrel-FAIP di Rovereto (120.950€, Mapei) gli garantirebbe la certezza dell’Australian Open. Calcoli che non interessano a Martin Landaluce, suo avversario in semifinale. Lo spagnolo ha faticato più del previsto per battere Geoffrey Blancaneaux (pure lui atteso da una domenica di impegni italiani: sarà a Roma con il suo ATA Battisti Trento), ma alla fine l’ha spuntata col punteggio di 7-6 6-4.
“STA TROVANDO L’EQUILIBRIO”“Tutte le partite sono difficili, ce lo aspettavamo per lo stile di Blancaneux – dice Carril, 47 anni, ex coach di Roberto Bautista Agut e, soprattutto, di Johanna Konta, portata tra le top-10 – ha iniziato servendo bene e mettendo tante risposte in campo. Ci siamo trovati sotto 3-0 e 0-30, per fortuna Martin ha trovato il modo per girarla”. Dopo aver vinto il primo al tie-break, lo spagnolo ha brekkato il suo avversario sul 4-3 nel secondo. Ha avuto un passaggio a vuoto nel game successivo, ma ha confermato le sue qualità mentali strappando il servizio a Blancaneaux nell’ultimo game, peraltro rimontando da 40-0. Diciannove anni da compiere a gennaio, il madrileno alimenta le suggestioni di un torneo che negli ultimi anni ha lanciato futuri fenomeni. Non è necessario essere super-intenditori per capire che la sua palla ha un altro suono, un altro sapore, rispetto a quelle degli abituali frequentatori dei Challenger. E le accelerazioni di dritto sono fiammate che sembrano farla scoppiare. Nei tre match vinti a Rovereto, tuttavia, ha sempre avuto almeno un passaggio a vuoto. Chiediamo a Carril se è solo questione di gioventù. “Senza dubbio la giovane età spinge un po’ a strafare, a perdere l’equilibrio – racconta – inoltre Martin è un giocatore molto offensivo, dunque il suo gioco sarà sempre soggetto agli errori. Non vediamo i suoi alti e bassi come una minaccia: è il suo stile di gioco che a volte aiuta, a volte danneggia. Quest’anno ha trovato un ottimo equilibrio tra l’essere aggressivo ed essere un po’ più attendista”. I numeri lo certificano: ha vinto il suo primo Challenger a Olbia ed è già intorno al numero 150 ATP dopo aver iniziato la stagione intorno alla 450esima posizione.
QUELLO SCAMBIO DI 20 MINUTIQuando gli chiediamo cosa apprezza in particolare del suo allievo (che segue insieme a Oscar Burrieza: il team fa base presso l’accademia di Rafael Nadal), Carril non ha dubbi. “Come giocatore, mi piace la sua ambizione. È ambizioso nel modo di giocare e anche in quello di lavorare. Come persona, lo definirei in tre aggettivi: rispettoso, allegro e ‘normale’. In molte cose, essere normali significa essere eccezionali”. Sul piano tecnico, invece, non pensa che Landaluce abbia un colpo che spicca sugli altri. Anzi, lo spera: “Ce ne sono vari: ha un buon servizio, un gran dritto (il colpo maggiormente migliorato), un bel rovescio… ma io vorrei che il suo “signature shot” fosse il gioco nella sua interezza. Per esempio, vorrei che impari a utilizzare lo slice, a giocare delle splendide volèe e correre come se fosse un po’ più basso, visto che supera i 190 centimetri”. Tutto fa pensare che il madrileno riuscirà nell’obiettivo, se non altro perché è la stessa persona che Carril ha conosciuto quando aveva appena dodici anni. “E ricordo perfettamente un aneddoto: il primo palleggio del primo allenamento insieme… durò 20 minuti. Mi sono subito reso conto che era un giocatore capace di sviluppare molte cose sul campo, ma soprattutto possedeva la capacità mentale di restare concentrato e di svolgere i compiti. Al di là delle qualità tecniche e fisiche (era ancora molto piccolo), ho subito capito che era un ‘tennista dentro’”. Sette anni dopo quel progetto è più vivo che mai, anche se Carril non sa quando arriverà la piena maturazione. “Ha ancora bisogno di tempo e va bene così – conclude – non corriamo e gli diamo quello di cui ha bisogno. Prima di tutto ha bisogno di tempo per svilupparsi, sia fisicamente che mentalmente. È già molto forte, ma ci vorrà qualche anno per fornirgli tutto quello di cui ha bisogno. Non saprei ancora dire quanto”. Parole che sanno di saggezza, ottime per evitare i paragoni con la precocità di Carlos Alcaraz, numero 1 del mondo ad appena 19 anni. Ma una cosa è certa: Martin Landaluce contro Luca Nardi può essere un match molto spettacolare. E che potremo rivedere tra qualche anno, in palcoscenici ancora più importanti.
HOLMGREN PER IMITARE RUNENella sua lunga storia, il Trofeo Perrel-FAIP ha lanciato anche Holger Rune. Vincitore nel 2021, nella stessa settimana dell’anno successivo ha addirittura vinto il Masters 1000 di Parigi-Bercy. Proverà a emularlo, magari a livelli più bassi, August Holmgren. Il danese ha fatto scelte di carriera molto diverse da quelle di Rune, baby-professionista sin da bambino. Al contrario, Holmgren ha tardato il suo ingresso tra i professionisti per andare a studiare negli Stati Uniti. Ha rappresentato l’Università di San Diego nel Campionato NCAA e a fine 2021 è diventato il numero 1 della classifica di tutti i college americani. Cinque mesi dopo (con la laurea in tasca) ha intrapreso l’attività full-time e in due anni è entrato tra i top-200, regalando alla Danimarca un altro giocatore “vero”. Intanto è in semifinale grazie al doppio 6-4 contro Alexey Vatutin. Un match “pulito”, in cui ha fatto valere la sua maggiore pesantezza di palla. Non possiede un gioco particolarmente elegante, ma sa essere concreto. Rovereto sarà l’ultimo torneo della sua stagione e proverà a fare il tris dopo i successi a Pozoblanco e Porto. Comunque vada, a gennaio farà il suo esordio nei tornei del grande Slam, giocando le qualificazioni a Melbourne. Laddove potrà incrociare il più illustre connazionale.
Center Court – ore 14:30N.Sriram Balaji / Rithvik Choudary Bollipalli vs Theo Arribage / Francisco Cabral Martin Landaluce vs Luca Nardi (Non prima 16:30)Francesco Maestrelli vs August Holmgren LEGGI TUTTO