Non si smentisce mai. Istrionico, disponibile, vulcanico, mai banale, assolutamente diretto. Luca de Meo, il bocconiano milanese di orgogliose origini pugliesi che governa con il sorriso il volto scoperto della luna francese dell’auto, quello di Renault, si può definire lo specialista dei grandi rilanci. Richiamato a gran voce sul luogo dell’esordio, porta in dote il suo tocco magico, visto che ha partecipato ai trionfi di Toyota Yaris, Lancia Yspilon e soprattutto Fiat 500, quando venne nominato a capo della squadra marketing del Lingotto dal compianto Sergio Marchionne, prima di accettare la corte del gruppo Volkswagen dove ha posto le basi del definitivo decollo dell’Audi e poi della rinascita di Seat, prima della “genialata” Cupra. A Renault non poteva dire di no, nonostante la situazione difficile in cui si trovava il costruttore della Losanga dopo la fuga di Carlos Ghosn, il difficile rapporto con i giapponesi di Nissan e i fragili equilibri con il Governo francese che aveva appena restituito al mittente l’ipotesi di accordo con FCA.
Così, a poco più di un anno di lavoro – ha preso il potere l’1 luglio del 2020 – con l’annuncio di un piano ambizioso come il Renaulution a metà gennaio, eccolo lì, pronto a mettere in atto le sue mosse. Lo abbiamo incontrato al Salone di Monaco, davanti alla prima pietra del suo nuovo edificio, rigorosamente sostenibile: la Renaul Mégane E-TECH Electric. “Per noi è l’inizio di una nuova èra basata su un tema complesso come quello dell’elettrificazione e dopo un periodo molto difficile. Abbiamo studiato e capito esattamente dove siamo rispetto alle scelte dei nostri competitor. Non mi va di fare classifiche, noi non spariamo cifre, ma vi posso dire che siamo molto avanti, perchè i soldi possono comprare molte cose, non l’esperienza. E Renault ne ha accumulata tanta in questi 10 anni”.
Ma come fate a competere con una concorrenza che sembra scatenata?«Anche se non abbiamo le risorse per sparare 46 nuovi modelli (per caso si riferiva al Gruppo Volkswagen? ndr), riteniamo di disporre di tutto l’ecosistema necessario per essere competitivi in questa rivoluzione. Non si può valutare la bontà dei numeri e dei volumi dalle macchine che si lanciano. Perché se poi non creano valore… Piuttosto, possiamo contare sulla partnership con NIssan e godiamo di un grande vantaggio su scala usando lo stesso modulo di batteria e la stessa piattaforma, la CMF-EV, molto flessibile, sulla quale riusciremo a costruire modelli più piccoli come nuova Renault 5 e anche più grandi, tipo Suv di segmento C e D, tipo Nissan Ariya”.
Intanto, la prima pietra della Renaulution, l’avete messa.”Semplicemente, la Mégane elettrica è una nuova partenza, stiamo uscendo dalla rianimazione, ma è una vettura che parla al cuore del mercato europeo, è nativa digitale, dotata di 26 sistemi di ausilio alla guida, ha l’autonomia giusta – 300 o 480 km, ndr – si ricarica in 30 minuti e grazie alla grande collaborazione con Google siamo riusciti anche a tenere conto dell’aspetto più importante, la connettività, evitando la discontinuità tra smartphone e macchina. Sì, penso che nuova Mégane possa diventare una prima auto. E lo dico senza problemi: con questo prodotto siamo sicuri di offrire la migliore tecnologia sul mercato in rapporto al prezzo e vogliamo giocare nella major league del segmento elettrico per dimostrare che queste vetture sanno essere emozionanti e divertenti”.
Ma secondo il vostro business plan quando comincerete a fare profitti all’altezza delle vetture con motori termici?”Per l’investimento che abbiamo fatto sull’elettrificazione serviranno più di 10 anni, ma già oggi su una Zoe elettrica guadagnamo più che su una Clio normale. Diciamo che le curve di rendimento si dovrebbero incrociare intorno al 2025-26, anche perché entro quel periodo prevediamo che le vetture con motori a combustione vedranno raddoppiare i prezzi”.
Il futuro sarà solo elettrico?”No. Non a caso abbiamo convinto il Governo francese di sostenere in ambito Unione Europea la necessità di mantenere la tecnologia ibrida e l’uso dei carburanti alternativi oltre il 2035″.
Com’è nato il lancio della nuova Renault 5 ora solo Prototype?”È stato frutto del caso. Dopo pochi giorni che ero in Renault, avevo già bocciato metà dei progetti di design. Poi, passando per i corridoi vidi un modello messo da parte in una teca di vetro. Era una Renault 5, da tutti valutata retrò. La presi e dissi “dovete fare questa elettrica….” e siamo finiti su tutti i giornali. Non ho reinventato nulla, ma guardarsi dietro non significa essere a corto di idee perchè la gente ha buona memoria. E ora, visto che funziona, pensiamo di fare la stessa operazione con la Renault 4″.
Lei crede ancora nella funzione dei Saloni?”Rispondo così: quando abbiamo deciso di andare a Monaco perdevamo 8 miliardi di euro. Spero che le altre Case facciano lo stesso l’anno prossimo a Parigi. Quella dell’automobile è una bella industria perché ha sempre saputo condividere ricchezza, ora forse è troppo business e meno show, ma i ragazzi si fanno ancora le foto con le Lambo”.
Dacia, Mobilze, Alpine sono gli altri pilastri della strategia del Gruppo: a che punto sono?”L’offerta adesso è completa. Dacia si concentra sulle soluzioni più accessibili. E più Dacia vendo più ci guadagno, sarà l’assicurazione sulla nostra profittabilità, con i motori termici finchè si potrà, anche bifuel, poi dal 2023 l’ibrido. Ma c’è anche la Spring elettrica. Con Mobilize offriamo mobilità a pacchetti flessibili, come Sky, per rendere la mobilità più efficiente. Alpine si è posizionata più in alto grazie all’effetto F.1 che funziona, regala sempre più emozioni e questo ci spinge a riflettere su altre situazione come Le Mans, dove aspettiamo di conoscere l’evoluzione dei regolamenti prima di decidere e sul Mondiale Rally elettrico”.
Quanto peserà l’emergenza figlia della crisi dei chip?”Su di noi tanto, perchè eravamo riusciti a scendere a -2,8 miliardi nel primo semestre, un salto enorme rispetto agli 8 miliardi a cui accennavo prima. E ora è dura. All’automotive è successo di tutto, manca solo l’invasione delle cavallette. Scherzi a parte, è un problema serio che non si risolverà prima del 2022, almeno completamente. È una situazione complessa perché complessa è la catena di lavoro che li produce. Catena che passa da un fornitore all’altro, magari in Paesi diversi. Per fare un esempio, dalla fusione del silicio alla sistemazione dei circuiti possono trscorrere dai 3 ai 5 nesi e rimettere in funzione il meccanismo interrotto dalla pandemia e da altre situazioni non è facile. Per evitare che riaccada qualcosa del genere bisognerà una rilocalizzazione della produzione. meglio se ce li produciamo in casa”. LEGGI TUTTO