Novak Djokovic classe 1987, n.1 del mondo
IL DISCORSO DI DJOKOVIC
“Posso anche dire che l’età è solo un numero, e non mi sento vecchio, ma la realtà biologica è che arrivato a quasi 34 anni devo centellinare le mie energie e programmare la mia stagione in modo da raggiungere la forma migliore negli Slam, perché sono questi gli appuntamenti che contano. Quelli e il numero uno del mondo.Non sono ancora arrivato al record di Nadal a Parigi, ma c’è una storia d’amore con Melbourne e con gli Australian Open che ogni anno si autoalimenta.È difficile spiegare da dove nasca questo feeling, ma ogni anno torno in questo posto, in questo stadio, faccio il pieno di fiducia e rivivo certe sensazioni.È difficile dire se questo sia stato il più difficile, certamente è stato quello che dal punto di vista emotivo ha richiesto molto per le circostanze nelle quali si è svolto il torneo, per il fatto che all’inizio noi tennisti non sembravamo benvenuti da parte del pubblico australiano. E poi per le mie difficoltà fisiche. Ho dovuto investire molto tempo e molte energie con il mio team per superare le avversità e per arrivare a sedermi qui con il trofeo.”
“Capisco le perplessità di chi pensa che non fossi davvero infortunato, anche se a volte l’ho percepite come ingiuste. Sono un essere umano e certamente mi fanno male certe critiche e certi atteggiamenti, ma l’importante è non permettere a tutti quello che si diceva di influenzare la mia prestazione. E comunque quel che è successo in queste settimane lo vedrete in un documentario che uscirà a fine anno”.
IL DISCORSO DI MEDVEDEV
“Ricordo che qualche anno fa, quando ero 500 o 600 del mondo, a Monaco mi sono allenato con lui. Nole era il numero 1 del mondo, aveva appena vinto Wimbledon e cercava qualcuno con cui palleggiare. Io ero intimidito e non riuscivo a spiccicare parola. Djokovic non solo mi mise a mio agio facendomi un sacco di domande, ma si dimostrò molto più e alla mano di quanto lo dipingessero i media”. LEGGI TUTTO