Jannik Sinner e Novak Djokovic nella foto – Foto Getty Images
Qual è il messaggio più alto che possiamo trarre dai recenti successi tennistici nostrani? Mentre dovunque dilaga la “sinnermania”, forse è il momento giusto per un richiamo a dare valore ai veri valori educativi e culturali dello sport: comprensione, accettazione delle diversità, spirito di amicizia, solidarietà e fair play.
I giornalisti sportivi hanno la responsabilità di indicare ai lettori i valori dello sport, di non instillare odio trattando gli eventi sportivi come fossero battaglie militari e, parallelamente, di non presentare carneficine come fossero match sportivi, additando protagonisti per cui tifare, come troppo spesso accade nelle pagine dei quotidiani. Questa confusione non fa bene allo sport e lo snatura, spogliandolo di quello che meglio rappresenta. Mentre ci approssimiamo alle Olimpiadi di Parigi 2024, fa bene rileggere la Carta Olimpica che considera “lo sport al servizio dello sviluppo armonico dell’uomo, per favorire l’avvento di una società pacifica, impegnata a difendere la dignità umana” (principio fondamentale 3) e propone uno stile di vita basato sulla gioia dello sforzo, sul valore educativo del buon esempio e sul rispetto dei principi etici fondamentali universali (principio 2). Dall’Olimpismo moderno nasce il Movimento Olimpico che ha come scopo quello di “contribuire alla costruzione di un mondo migliore e più pacifico educando la gioventù per mezzo dello sport”(principio fondamentale n. 6).
Per un ritorno ai veri valori olimpici basti prendere esempio da alcuni noti atleti, campioni del bellissimo gioco del tennis, che sono di ispirazione per un mondo migliore, non solo sportivo.
-In primis il nostro Jannik Sinner, così solido ed equilibrato nella sua mente, umile e schivo come può esserlo un ragazzo cresciuto in un rifugio dolomitico chiamato Talschlusshütte, ovvero “capanna di fondovalle”, restio ad esporsi troppo al rumore della notorietà e che ha scelto un team che è una famiglia; con la sua tensione volta al miglioramento mentale oltre che fisico, che persegue in modo ossessivo. Un ventiduenne che nel discorso di premiazione agli AO rivolge il suo pensiero ai giovani, a cui augura di avere la libertà di scegliere senza pressioni;
-Novak Djokovic, che alla fine di ogni partita, prima di tutto, con grande rispetto, riconosce il merito all’avversario sia nelle vittorie che nelle sconfitte, evidenziandone largamente gli aspetti positivi;
-Daniil Medvedev, che non molla e dà tutto e di più, fino allo sfinimento, per potersi sentire orgoglioso di sé;
-Victoria Azarenka, che recentemente non ha esitato ad esporsi per criticare l’introduzione di nuove insensate regole, anche rispetto ai comportamenti degli spettatori, che stanno cambiando il tennis;
-Casper Ruud, sempre leale e corretto nel suo gioco, calmo, educato e signorile anche con gli avversari più “scomposti”;
-Andrey Rublev, “l’adolescente” che si rammarica di non riuscire ancora a controllare le emozioni, nella speranza di “rendere il nostro mondo un po’ migliore” crea un suo marchio, Rublo, il cui ricavato è interamente destinato ai bambini bisognosi. Il ragazzo russo che gentilmente, con le sue mani, mette in salvo la temeraria cavalletta volata sul campo di Melbourne, è lo stesso che agli ATP Finals di Torino del 2022, mentre infuria la guerra russo-ucraina, scrive sulla telecamera il grido, già petrarchesco, “peace peace peace dimostrando che anche il tennis può farsi ambasciatore di pace nel mondo, perché solo la pace è il fine dell’umanità.
Rattrista pertanto che il normale gesto sportivo di fair-play di una sedicenne tennista ucraina di stringere la mano all’atleta avversaria russa abbia scatenato una bufera di proteste in patria, con l’intervento del ministro dello Sport del governo di Kiev, al punto da indurre il padre della ragazza a fare pubblicamente ammenda e professione di patriottismo. Dalla fine della seconda guerra mondiale in poi ci hanno sempre ripetuto che lo sport supera tutte le barriere e che non solo le Olimpiadi, ma ogni evento sportivo dove si confrontano atleti di diverse nazioni, può favorire l’apertura di nuove vie per la pace e l’unità tra popoli che vivono conflitti che hanno come causa, ma anche come conseguenza, la violazione dei diritti umani.
Molti, soprattutto giovani, in questi giorni metteranno per la prima volta piede in un campo da tennis e proveranno sulla loro pelle quanto sia bello questo sport, molti scopriranno di avere una passione che forse li accompagnerà per tutta la vita: un “dritto al cuore”, partito dalla racchetta di Sinner, che speriamo faccia emergere la migliore versione di loro stessi. Per questo, sull’onda della rinnovata passione tennistica, dobbiamo aiutarli non solo investendo nella costruzione di nuovi impianti e in una -tante volte annunciata- copertura del Centrale del nostro Foro Italico, ma soprattutto favorendo con ogni mezzo lo sviluppo e la diffusione dei valori olimpici negli sport e nella società.
Ce n’è tanto bisogno. Per volare alto anche noi, come Sinner!Gisella Bellantone LEGGI TUTTO