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    La Davis potrebbe spostarsi per 5 anni ad Abu Dhabi. Ma che senso ha?

    Coppa Davis

    Scatta la fase finale della “nuova” Davis, e già si vocifera di ulteriori cambiamenti. Questo il destino della più antica competizione sportiva a squadre al mondo, o quel che ne è rimasto dopo che l’ITF l’ha di fatto “svenduta” alla ricca società Kosmos di Pique & C., cercando un rilancio che invece rischia di affossarla definitivamente.
    La considerazione è brutale, ma non tira buona aria per la cara vecchia anacronistica “insalatiera”. Nel 2020, “grazie” alla pandemia, non si è disputata. Pare alla Kosmos abbiano tirato un sospiro di sollievo, come hanno spifferato molti ben informati, visto che l’edizione sarebbe stata sicuramente in perdita dal punto di vista economico, e il non disputarla ha aiutato i nuovi padroni e non rimetterci altri soldi, dopo il bagno di sangue economico del 2019.
    Economico, perché in realtà in campo a Madrid si videro molte bellissime partite. Shapovalov vs. Nadal, per dirne una, ma tantissime altre. Il formato era rivedibile sotto molti punti di vista (orari folli in primis), ma la realtà dei fatti dice che quando i tennisti accettano di giocare e giocano per la propria nazione, spesso giocano partite enormi per qualità, orgoglio e spettacolo.
    Sta per scattare l’edizione 2021. Tre sedi nella fase inaugurale dei gironi. Ottimo per il pubblico italiano e spagnolo, non quello austriaco per colpa delle restrizioni covid; ma gli altri scontri tra nazioni ospiti? Si parla di pochissimi biglietti venduti, sia a Torino che a Madrid, per gli incontri che non vedono i paesi ospitanti in campo. Vedremo come andrà, sperando che sia un successo (ce lo auguriamo per tutti!) e che nostri azzurri ci possano regalare qualcosa di grande, nonostante la dolorosa assenza di Matteo Berrettini. Di sicuro per i nostri incontri avremo una bella cornice di pubblico, ma le altre sfide? Giocare in uno stadio pressoché vuoto è il peggior biglietto da visita per un evento. Meglio stadio piccolo ma pieno, recita sempre un vecchio adagio indiscutibile…
    Per questo la voce – ben accreditata – riportata dal quotidiano britannico The Telegraph è ancor più inquietante. Pare che la Kosmos, a disperata caccia di dollari per non incrementare altre perdite, abbia intenzione di spostare la Davis in un paese ricco, che possa assicurare cinque anni di conti in verde. Abu Dhabi pare la sede scelta. Lì finché traineremo l’economia del petrolio i $ non mancano davvero. Ma se la cosa andasse in porto, che ne sarebbe del valore affettivo e sociale dell’evento? Andrebbe totalmente perso. Spalti quasi sicuramente vuoti, o appannaggio di pochi ricconi che scelgono di unire un po’ di vacanza al tennis in queste nuove mete turistiche, per un evento che diventerebbe ancor più una sorta di ricchissima esibizione, per i giocatori e per chi organizza quest’evento, che a quel punto sarebbe totalmente svuotato del fattore casa e di quel senso di appartenenza che aveva trasformato la Davis in una leggenda, amatissima dal pubblico. 
    I giocatori probabilmente sarebbero stimolati a parteciparvi, grazie a ricchi assegni. Ma allora, quale sarebbe la differenza tra la tanto osteggiata Laver Cup e quel che ne resta di questa possibile Davis tra i cammelli ed emiri?
    La vecchia formula della Davis necessitava di una rinfrescata, era inevitabile. Ma tagliare un pelo incarnito con una motosega non è la cura migliore.
    Per rinvigorirla forse le strade migliori erano due:

    una ITF forte, che impone all’ATP un calendario che premia e aiuta a far diventare la Davis importante, dandole uno spazio migliore (per esempio: due finestre, una dove attualmente ci sono Indian Wells e Miami, e una in autunno, per almeno 6 settimane di Davis da giocarsi su tre turni, più la classica finale a fine anno
    oppure optare per una sorta di campionato del mondo, magari da farsi ogni 2 o 4 anni, con altre 4/6 settimane dedicate solo alle Davis. Sarebbe così attesa e probabilmente molto più interessante per gli stessi tennisti, che avrebbero modo di prepararla a dovere.

    Queste sono solo due proposte, tra le tante che si potevano provare ad attuare prima di sminuire così un patrimonio del nostro sport. Con tutti i limiti, problemi, difetti che volete, la Davis era un evento unico. Chi ha vissuto sulla propria pelle qualche lustro di tennis, ricorda perfettamente le emozioni pazzesche di tante sfide dell’Italdavis, anche quando non avevamo esattamente uno squadrone; come di altre finali o incontri tra varie nazioni giocate con una passione ed intensità uniche (la finale Francia – Svizzera, o quelle nei Balcani per esempio).
    La Davis è un torneo anomalo, ma è soprattutto per la gente. Togliere il fattore casa la trasforma in qualcos’altro che non potrà mai convincere. L’unico modo per valorizzare di nuovo questa competizione è darle il giusto peso, una collocazione buona nel calendario e magari, perché no, anche punti per il ranking per chi la gioca. Su questo se ne potrebbe parlare. I modi per rinvigorirla ci sarebbero. Basta volerlo, guardando oltre il portafoglio, perché la passione non si compra, la si vive.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Tartarini all’ATP: “Musetti non si deve complicare la vita con la tattica”

    Lorenzo Musetti a Milano

    Simone Tartarini è molto più di un coach per Lorenzo Musetti. È stato come un padre, uno zio, un confidente, un amico. Lo segue da 11 anni, fin da quando il piccolo Lorenzo si innamorò di questo sport con la racchetta. Tartarini l’ha guidato passo dopo passo, seguendo la sua crescita umana e sportiva, che l’ha portato a vincere l’Australian Open junior e poi fare l’ingresso, fragoroso, nel mondo del tennis Pro. Fragoroso sì, perché il suo tennis non lascia indifferenti. Nel 2021 il toscano ha entusiasmato molte volte: Acapulco, Lione, a Roland Garros, dove ha messo alle corde il n.1 del mondo Djokovic portandosi in vantaggio di due set a zero negli ottavi, prima di subire la rimonta del futuro campione del torneo. Poi un’estate più complicata, tra lo stop per la maturità, la preparazione per Wimbledon improvvisata su di un campo di calcio adattato al tennis, e il viaggio last minute alle Olimpiadi che ha un po’ complicato le cose. Ha passato un periodo non facile Lorenzo, sul piano personale, con una crisi di fiducia che in campo si è riflessa mortalmente. Sì, perché il tennis scorre per davvero nelle vene di Musetti, proprio come quel tatuaggio che ha sul braccio, un battito cardiaco con racchetta, segnale inequivocabile del suo amore totale per questo sport che gli sta dando tanto ma anche costando molto.
    Negli ultimi tornei autunnali si è rivisto un discreto Musetti, che soffre e sta in campo cercando di dare del suo meglio, anche se i fasti di inizio stagione sono lontani. Ieri all’Allianz Cloud di Milano ha messo in campo le ultime energie dopo una stagione lunga e faticosa, arrivando ad una vittoria contro Gaston che gli era quasi scappata via dopo averla sfiorata. Oggi con Korda si gioca l’accesso alle semifinali delle NextGen Finals, ma in palio c’è molto di più dall’anno prossimo. Per Tartarini, Musetti può essere un tennista da top10, uno di quelli più forti. Ma serve lavoro, applicazione, e meno confusione tattica. L’aver talento e tanti possibili schemi per vincere, a suo dire sta complicando le cose, perché oggi per salire in vetta serve un piano tattico più limpido, semplice, diretto.
    Il coach ne ha parlato nel Coach Corner dell’ATP, riportiamo alcuni passaggi del pensiero di Tartarini, che spazia anche su proprio rapporto con il talento 19enne.

    Quando Lorenzo era un ragazzo, lo portavi a guardare il tennis professionistico. Com’è adesso avere persone che vengono a guardarlo?Attualmente c’è grande interesse per i giovani perché in questo periodo ce ne sono davvero di molto bravi nell’ATP Tour. Carlos Alcaraz è il migliore. Rune è un altro giocatore molto, molto bravo. Korda lo stesso, come Brooksby. Credo che in ogni torneo in cui giocano Alcaraz, Korda o Lorenzo, molte persone siano interessate a seguire le partite perché possono scoprire nuovi giocatori. Ora la gente pensa che Auger-Aliassime e Shapovalov siano già vecchi anche se hanno solo 21, 22 anni! A Lorenzo tutto questo piace. Per lui è importante essere in fiducia quando gioca. Nella seconda parte della stagione qualche volta invece non lo era quando è sceso in campo.
    Perché è così importante la fiducia nel suo tennis?Lorenzo è un grande talento. Quando era più giovane, ogni volta che giocava a tennis faceva fin troppe palle corte e pallonetti. Quando aveva 12 anni, moltissimi colpi erano tagliati, palle corte, variazioni. Per me andava bene, ma ora è tutto completamente diverso. Per Lorenzo non è facile, in ogni partita deve cambiare la sua tattica. In una singola partita, ha quattro o cinque soluzioni, ma io voglio più stabilità invece di quattro o cinque alternative possibili. Non è facile quando Lorenzo cambia tutto ogni volta ad ogni punto. Lui ama giocare con varietà, ma ho detto a Lorenzo che deve seguire me al 70% e tenersi un 30% di creatività, non ci serve confusione sul piano tattico.
    Negli ultimi due mesi abbiamo lavorato solo su servizio e risposta. Ci stiamo focalizzando sulla seconda di servizio perché abbiamo bisogno di costruire una strategia più stabile. Stiamo lavorando sulla stessa situazione tattica, giocatore diverso, stessa situazione. Per me questo è importante.

    Lavori con Lorenzo da quando era un bambino, come è cambiato il vostro rapporto?
    La relazione tra di noi è sempre la stessa. Quando aveva 10 anni, io ero come un padre o uno zio, oggi siamo i migliori amici. Ha iniziato con me quando aveva solo 8 anni e ora ne ha 19. È un’enorme soddisfazione vedere cosa è diventato Lorenzo e spero che staremo insieme per tutta la sua carriera da pro, ma non so cosa accadrà in futuro. Lorenzo è un bravo ragazzo. Io credo che possa diventare un Top 10, c’è la possibilità, ma deve lavorare ogni giorno. Vedremo cosa accadrà nei prossimi due o tre anni, mi auguro che possa diventare uno dei migliori tennisti.
    È stato un anno emozionante, come stare sull’ottovolante?È stata una bellissima annata per Lorenzo. Nella prima parte, da gennaio a giugno fino a Roland Garros, abbiamo ottenuto i migliori risultati. Dopo gli ottimi tornei ad Acapulco e Miami, nel mese seguente sulla terra battuta Lorenzo ha giocato molto bene. Credo dia il suo meglio sulla terra rossa perché la sua tecnica lo fa esprimere al massimo. Ricordo la semifinale raggiunta a Lione contro Tsitsipas. Aveva vinto contro Korda, Auger-Aliassime e Bedene giocando in modo eccellente. Dopo Roland Garros, abbiamo avuto alcuni problemi perché Lorenzo si è dovuto fermare per quattro settimane per l’esame di maturità, era importante per lui terminare gli studi. Non ha giocato alcun torneo su erba, ci siamo potuti allenare solo su di un campo da calcio arrangiato a casa. Era tutto troppo diverso. Ha perso al primo turno a Wimbledon contro Hurkacz. L’altro problema è stato l’aver dovuto cambiare tutta la programmazione. Ora però va meglio. Ha giocato bene indoor ad Anversa. Con Gianluca Mager ha fatto un bel match e contro Jannik Sinner ha disputato un buon primo set. Anche contro Monfils a Vienna e poi a Parigi ha giocato un buon tennis. Ha perso quindi l’ultimo match contro Duckworth, ma ha avuto un problema quella mattina prima di scendere in campo. Si è svegliato e non riusciva a muovere la spalla. I mesi scorsi è andata meglio. Ora alle Intesa Sanpaolo NextGen Atp Finals terminiamo questa stagione. È stata lunga, ma è andata bene. LEGGI TUTTO

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    Archeo Tennis: 15 ottobre 1983, Aaron Krickstein vince a 16 anni un torneo ATP, è record assoluto di precocità

    Aaron Krickstein

    15 ottobre 1983, Tel Aviv. Il torneo Open tornato sul Grand Prix dopo un anno di stop viene vinto dal formidabile teenager statunitense Aaron Krickstein, che a soli 16 anni e 73 giorni diventa il più giovane vincitore della storia in un torneo del Tour maggiore. 
    Classe 1967, Aaron Krickstein è stato uno dei primi talenti emersi della rivoluzionaria scuola di Nick Bollettieri in Florida, insieme a Jimmy Arias (classe 1964). Nel 1983, il 16enne Krickstein si impose in varie competizioni nazionali U18, quindi mosse i primi passi sui tornei del Gran Prix. C’era grande attenzione per questo ragazzo magro e veloce, capace di colpire la palla con forza e precisione, ma soprattutto un anticipo davvero straordinario per quei tempi. Il primo risultato importante lo raggiunse agli US Open, dove sconfisse l’altra stella nascente Stefan Edberg al tiebreak decisivo del quinto set, e poi l’esperto Vitas Gerulaitis (allora n.16 del mondo) rimontando due set di svantaggio. La sua corsa a NY si arrestò agli ottavi, sconfitto dal campione in carica di Roland-Garros (e numero 4 del mondo) Yannick Noah.
    Sull’onda di quell’ottimo risultato, Aaron si presentò a Tel Aviv in grande forma e già con gli occhi puntati da parte di moltissimi appassionati di tennis. Non era passato inosservato quel suo gioco “estremo” per anticipo e velocità. Si sprecavano i confronti con il rovescio in anticipo di Jimbo Connors, ma il giovane prodotto di Bollettieri sparava pallate a ritmi e potenza nettamente superiori, facendo intravedere ampi margini di miglioramento, anche se la “mano” non sembrava tra le più “morbide” e l’incedere un po’ “robotico”.
    Nel torneo israeliano Krickstein iniziò comodamente, eliminando il n. 24 del mondo Henrik Sundstrom (e testa di serie n.1) per ritiro, in vantaggio 6-3 1-0. Al turno successivo, concesse solo 7 game a Schalk Van Der Merwe, quindi nei quarti di finale fu impegnato duramente dal tennista di casa Shahar Perkiss, superato solo 7-6 al terzo set. Aaron mise in mostra una forte capacità di resistenza mentale, nonostante la giovanissima età e poca esperienza di tennis Pro. In semifinale superò con un duplice 6-4 il britannico Colin Dowdeswell (tennista giramondo, che in carriera aveva giocato anche per Svizzera e Rhodesia). Anche nella parte bassa del tabellone ci furono molte sorprese. La seconda testa di serie e favorito del pubblico Shlomo Glickstein si arrese all’esordio, per la delusione dei fan israeliani, tanto che a giocarsi il posto in finale furono due tedeschi poco conosciuti, Rolf Gehring e Christoph Zipf. Prevalse quest’ultimo, classe ’62, discreto talento e vittorioso di buoni titoli a livello junior, per poi non confermarsi ad alto livello tra i Pro.
    La finale, disputata il 15 ottobre, vedeva quindi di fronte due tennisti alla prima chance per alzare un titolo professionistico. Krickstein impose la sua maggior potenza da fondo campo e soprattutto restò più calmo e focalizzato, vincendo 7-6 6-3. Trionfò alla sesta apparizione in un evento Pro, stabilendo il record, ancora imbattuto, di giocatore più giovane a vincere un torneo dell’ATP Tour.
    Krickstein, insieme a Jimmy Arias, divenne un vero “caso” nel mondo della racchetta, sia per la ventata di innovazione del suo tennis che le astute mosse promozionali del suo coach, Nick Bollettieri. La vera generazione di fenomeni del tennis USA, plasmata dalla visione e metodi assai particolari del coach, arrivò da lì a pochi anni: Agassi, Courier, Chang (e Sampras, solo in parte formato da Nick).
    Purtroppo Aaron non riuscì a diventare quel super-campione che la precocità aveva fatto immaginare, frenato da tanti infortuni ma anche da alcune carenza tecniche che non riuscì mai a superare totalmente. Con il suo tennis di sbarramento e pressione, regalò spesso bei match contro i tanti attaccanti dell’epoca. In carriera vinse nove titoli, toccando un best ranking al n.6 nel 1990, pochi mesi dopo aver ottenuto la sua migliore prestazione in un Grande Slam, agli US Open del 1989, dove sbarcò in semifinale (sconfitto di Boris Becker). Terminò la sua carriera nel 1996.
    Krickstein resta il più giovane vincitore di un torneo ATP. Guida una ideale “top10” di precocità che vede a seguire Michael Chang (16 anni e 7 mesi – San Francisco 1988), Lleyton Hewitt (16 anni e 10 mesi – Adelaide 1998), Guillermo Perez Roldan (17 anni e 6 mesi – Monaco 1987), Boris Becker (17 anni e 6 mesi – Queen’s 1985), Andre Agassi (17 anni e 6 mesi – Itaparica 1987), Bjorn Borg (17 anni e 7 mesi – Auckland 1974), Pat Cash (17 anni e 7 mesi – Melbourne 1982), Mats Wilander (17 anni e 9 mesi – Roland Garros 1982) e Andrei Medvedev (17 anni, 9 mesi – Genova 1992).
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Circuito Challenger: I risultati dei giocatori italiani impegnati nelle Semifinali (LIVE- 25 Settembre 2021)

    Stefano Travaglia nella foto

    CHALLENGER Braga (Portogallo) – terra battutaQF Monteiro – Arnaboldi (0-0) ore 11:00CH CH Braga Monteiro T.0462 Arnaboldi A.• 0640ServizioSvolgimentoSet 3Arnaboldi A.Monteiro T. 15-0 30-0 30-15 40-15 40-30 40-40 40-A 40-40 A-401-0 → 2-0Arnaboldi A. 15-0 30-0 30-15 40-15 40-30 40-40 40-A0-0 → 1-0ServizioSvolgimentoSet 2Monteiro T. 15-0 30-0 30-15 30-30 40-30 40-40 40-A 40-40 A-405-4 → 6-4Arnaboldi A. 0-15 0-30 15-30 30-30 40-30 40-40 40-A 40-40 40-A 40-40 40-A 40-40 A-405-3 → 5-4Monteiro T. 15-0 15-15 30-15 40-154-3 → 5-3Arnaboldi A. 15-0 30-0 40-04-2 → 4-3Monteiro T. 0-15 15-15 30-15 30-30 40-303-2 → 4-2Arnaboldi A. 15-0 30-0 40-03-1 → 3-2Monteiro T. 15-0 30-0 40-02-1 → 3-1Arnaboldi A. 15-0 15-15 15-30 15-40 30-401-1 → 2-1Monteiro T. 15-0 15-15 15-30 30-30 40-30 40-40 40-A 40-40 A-400-1 → 1-1Arnaboldi A. 15-0 30-0 40-00-0 → 0-1ServizioSvolgimentoSet 1Monteiro T. 0-15 15-15 15-30 30-30 40-30 40-40 40-A4-5 → 4-6Arnaboldi A. 15-0 15-15 15-30 15-403-5 → 4-5Monteiro T. 0-15 15-15 30-15 40-152-5 → 3-5Arnaboldi A. 15-0 15-15 30-15 40-152-4 → 2-5Monteiro T. 0-15 15-15 15-30 30-30 30-402-3 → 2-4Arnaboldi A. 0-15 0-30 15-30 30-30 40-302-2 → 2-3Monteiro T. 15-0 15-15 15-30 30-30 40-301-2 → 2-2Arnaboldi A. 0-15 15-15 30-15 40-15 40-301-1 → 1-2Monteiro T. 15-0 30-0 30-15 40-150-1 → 1-1Arnaboldi A.0-15 15-15 30-15 40-15 40-300-0 → 0-1 CHALLENGER Bucharest (Romania) – terra battutaSF Horansky – Giustino (0-0) ore 10:00Il match deve ancora iniziare SF Travaglia – Lehecka (0-0) 2 incontro dalle ore 10:00Il match deve ancora iniziare LEGGI TUTTO

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    Thiem: “Gli Slam restano il massimo, ma gli altri tornei sono sotto stimati”

    Dominic Thiem

    Dominic Thiem è stato il grande assente agli ultimi US Open. L’austriaco non ha potuto difendere il titolo 2020 per via dei gravi problemi al polso che l’hanno costretto ad una lunga e difficile riabilitazione, forzando la chiusura anticipata della sua travagliata stagione.
    Dominic ha parlato ad Eurosport di vari temi, soffermandosi su come a suo dire il valore dei tornei Masters 1000, ma anche ATP 500 e 250, sia sottovalutato. Vincere sul tour è molto difficile, per tutti, anche nei tornei considerati – a suo dire – ingiustamente minori.
    “Non so com’era 20 anni fa, ma da quando sono diventato professionista, se è vero che i tornei del Grande Slam sono molto importanti dall’altro tutti sanno, e noi giocatori in primis, quanto sia difficile vincere sul tour ATP. È difficile vincere un Masters 1000, un ATP 500 o anche un ATP 250, ancor più le Finals di fine stagione. Credo che in effetti questi tornei siano sottovalutati”.
    Continua Thiem nel suo pensiero: “I Grandi Slam esistono da anni e anni, c’è una tradizione fortissima intorno a loro, questi sono i quattro tornei più importanti al mondo e lo resteranno. Molte persone che non sono particolarmente appassionate di tennis lo sono diventate o possono diventarlo guardando proprio i tornei del Grande Slam. Sono davvero così speciali, per questo capisco la mania che c’è intorno ai quattro Slam, ma dobbiamo anche saper apprezzare gli altri tornei che sono molto difficili da vincere e per noi giocatori restano importanti”.
    L’austriaco ha dovuto ingoiare più di un boccone amaro nel 2021: “New York sarà sempre speciale per me: lì ho vinto il mio primo titolo del Grande Slam, e ho sempre amato New York come città. Di solito negli Slam le persone sono simpatiche, c’è un’atmosfera unica. Questi sono i più grandi tornei della stagione per noi, quindi vogliamo esserci sempre. Allo stesso modo mi è dispiaciuto non giocare a Wimbledon quest’anno, penso che questo sia il primo che mi sono perso da diversi anni. Ho provato di tutto per giocare ma devo pensare alla mia salute, al mio polso, voglio tornare in campo al meglio per ricominciare a vincere”.
    Sembra che il lungo processo di riabilitazione dell’austriaco sia procedendo, anche se più lento del previsto e di quel che lui sperava. Del resto il polso è una delle parti del corpo più delicate per un giocatore, sia a livello meramente funzionale che di sensazioni alla ripresa dell’attività. La sua tabella di marcia vede la trasferta australiana come possibile rientro, gli auguriamo che i tempi siano, stavolta, rispettati. Potrebbe essere un gennaio 2022 segnato dai grandi rientri da parte dei molti giocatori che hanno chiuso anticipatamente l’annata, da Nadal in giù.
    Marco Mazzoni LEGGI TUTTO

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    Challenger Tulln, Siviglia, Cassis, Banja Luka, Kiev: I risultati con il dettaglio del Primo Turno di Qual. In campo diversi azzurri (LIVE)

    CHALLENGER Bagnaluca (Bosnia & Herzegovina) – 1°Turno Qualificazione, terra battuta Centre Court – Ora italiana: 11:00 (ora locale: 11:00 am) 1. [3] Aldin Setkic vs Marco Bortolotti 2. [1] Elmar Ejupovic vs [WC] Andrej Nedic 3. [WC] Danijal Muminovic vs [6/WC] Marko Tepavac Court 1 – Ora italiana: 11:00 (ora locale: 11:00 am) 1. Nicolae […] LEGGI TUTTO

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    Salsomaggiore under 18: Daniele Minighini vince il torneo

    Daniele Minighini nella foto

    Prosegue il momento magico del tennis maschile italiano anche a livello giovanile . Sui campi del TC Salsomaggiore il 17 enne romano Daniele Minighini si aggiudica il Torneo Bayer superando in finale il belga Gilles Arnaud Bailly dopo una partita molto lottata ma non bellissima come spesso accade per le finali. Anche qui i due giocatori hanno sentito il peso di una gara dove la componente nervosa ha prevalso sul bel gioco. Questo ha creato una continua alternanza di punteggio almeno per quanto attiene ai primi due set risoltisi al tie break . Minighini ha meritato il successo perché è riuscito a girare a suo favore alcune situazioni molto complicate. Il primo set malgrado avanti per 3 a 1 si è fatto rimontare e il belga ha giocato meglio nel tiebreak staccandosi sino a 5 a 1 per poi chiudere 7 punti a 3. Sull’onda del primo set Bailly è andato 4 a 2 ma qui Daniele non si è scomposto. Ha ripreso il belga sul 4 pari poi è stato bravo a salvarsi da 15-40 sul proprio servizio. Il belga andava a servire per il match sul 6 a 5 ma Daniele teneva i nervi a posto rifugiandosi nel tiebreak . Qui Bailly ha visto il match scappargli via e il match andava al terzo set dove l’equilibrio si rompeva del tutto. Minighini si era ormai rinfrancato di fronte ad un avversario completamente svuotato di energie. Finiva 6 a 1 in poco più di 15 minuti. Minighini iscrive così il suo nome in un albo d’oro che annovera 8 successi italiani nelle ultime 10 edizioni e se due di questi appartengono a Matteo Berrettini e Lorenzo Musetti allora Daniele può ben sperare per il suo futuro. Malgrado le norme anti covid ,rispettate alla lettera dagli organizzatori , abbiano visto un numero contingentato di spettatori il tifo c’è stato eccome e il successo azzurro è stato onorato al meglio . La premiazione è stata affidata a Mauro Provezza della Bayer Italia , al consigliere regionale Pasquale Gerace e all’Assessore allo Sport di Salsomaggiore Marco Trevisan che ha premiato il vincitore con una settimana di training offerta dalla Accademia di Riccardo Piatti. La finale femminile tra le due prime teste di serie del torneo ha visto prevalere la turca Melisa Ercan ,tre anni fa vincitrice dell’Orange Bowl , sulla tedesca Steur . Una partita bella e combattuta fino alla fine con scambi interminabili e finita sotto le luci artificiali ma che avrebbe sicuramente meritato un pubblico più numeroso.
    Risultati Finale Maschile : Minighini (Ita) b. Bailly (Bel) 7/6 (3) 6/7 (3) 6/1.Finale Femminile : Ercan (Tur) b Steur (Ger) 6/1 4/6 6/4.Doppio Maschile Finale : Bailly/Basile b Ciavarella/Minighini 6/3 6/4. LEGGI TUTTO