Abedallah Shelbayh
Dici Giordania e la mente corre veloce alle bellezze di Petra, incredibile sito archeologico patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, o ai deserti lussureggianti, agli splendidi resti di epoca romana e alla modernità di Amman, città che riesce convivere nella modernità con la forte impronta del mondo arabo. Il tennis è forse l’ultimo dei pensieri. Forse, qualcosa sta cambiando, grazie al giovane Abedallah Shelbayh. Il 19enne nato ad Amman da qualche anno si allena presso la Academy di Nadal a Maiorca, e proprio questa settimana ha raccolto il risultato più prestigioso della sua carriera e dell’intera storia tennistica del suo paese. Infatti ha superato le qualificazioni del torneo 250 di Banja Luka ed è diventato il primo giordano a vincere una partita sul tour maggiore, sconfiggendo lo svedese Elias Ymer (6-1 7-5 lo score). Al secondo turno lo attende una partita molto complicata, contro Miomir Kecmanovic, ma intanto l’impresa resta, un successo che gli regala grande fiducia e conferma la bontà del lavoro svolto da qualche anno in Spagna.
La vittoria del mancino Shelbayh ha dell’incredibile anche per come è arrivata. Il 19enne si stava allenando a Barcellona, in vista dell’ATP 500, dove era Alternate per le qualificazioni. Ma quando si è trovato a un passo dall’entrare nel tabellone cadetto, si è iscritto anche per le qualificazioni all’ATP 250 Srpska Open, che iniziava il giorno dopo, anche lì come Alternate. Ecco dove è partita la sua rincorsa, premiata col successo, al main draw in Bosnia. L’ha raccontato al sito ATP: “È stato pazzesco”, ha detto Shelbayh. “Siamo arrivati a Barcellona giovedì. Mi stavo allenando e tutti pensavano che sarei entrato nelle qualificazioni. Ma sabato pomeriggio, all’ultimo minuto, abbiamo pensato di cancellarmi come Alternate a Barcellona quando abbiamo scoperto che ero il primo Alternate a Banja Luka e l’accesso alle qualificazioni era molto probabile. Bastava che Norbert Gombos vincesse la semifinale al Challenger in cui era in gara, e io sarei entrato al suo posto nelle qualificazioni. Ha vinto! Così l’ho sostituito, sono volato all’ultimo secondo disponibile”.
In modo a dir poco rocambolesco è partito il suo viaggio, un volo di due ore e quindi due ore e mezza in auto per arrivare in tempo per la sua partita di qualificazione al primo turno in Bosnia il giorno successivo. Una vera corsa contro il tempo, ma ce l’ha fatta.
“All’ultimo secondo, ho preso un volo da Barcellona a Zagabria”, continua Shelbayh. “Poi qualcuno del torneo è stato gentile, è venuto a prendermi. Abbiamo guidato per due ore e mezza fino a Banja Luka, siamo arrivati alle 2 del mattino della domenica, dovevo giocare lo stesso giorno, la seconda partita. Si è rivelata una buona decisione, siamo stati fortunati. Non ho dormito molto perché avevo paura di perdere l’allenamento prima della partita. Ho detto al mio allenatore ‘Con tutte le cose che stanno accadendo, non voglio rovinare tutto non svegliandomi!’. Il mio riscaldamento doveva essere alle 10. Non siamo riusciti a farlo perché i campi erano coperti, pioveva. Le partite sono iniziate alle 11:30, ho trovato un campo dove allenarmi solo per 15, 20 minuti prima della partita condividendo il campo con un altra coppia che si allenava nell’altra metà del campo. La partita è iniziata verso le 13:00, è andata bene”.
Il 2023 è un’annata importante per Shelbayh. Lo scorso febbraio è diventato il primo giordano e il più giovane tennista arabo a raggiungere una finale a livello Challenger al Manama Challenger. Ora lo sbarco nel mondo ATP, ancora teenager (compirà 20 anni il prossimo novembre).
“È un onore per me rappresentare il mio paese in ogni torneo. La Giordania purtroppo non è un paese noto per il tennis, spero che un giorno lo diventi. È un risultato importantissimo per me stesso, ma devo riconoscere che prima me non ci sono stati molti giocatori ad avere questa opportunità”.
Infatti Shelbayh è riuscito a formarsi al di fuori del suo paese grazie all’intervento di un componente della famiglia reale della Giordania. Una storia che davvero sembra una favola. Il piccolo Abedallah guardava in tv uno dei rari tornei trasmessi nel paese, Roland Garros. Il padre, vista la passione del figlio per questo sport, decise di comprare una racchetta e di avviarlo al club locale, dove ben presto mise in mostra un’abilità fuori dal comune per i coetanei del suo paese. Il suo nome iniziò a girare come potenziale talento nello sport, tanto da entrare nella lente dell’associazione “Rise for Good”, gestita dalla principessa Lara Faisal, moglie di Faisal bin Ra’ad che, a sua volta, è figlio del principe di Giordania, Ra’ad bin Zeid. L’associazione fornisce supporto e aiuto ai giovani talenti giordani che hanno bisogno di mezzi e sostegno economico per far fruttare il proprio talento nello sport e nelle arti, un progetto che ha come scopo finale quello di creare modelli di successo nel paese, personaggi che possano ispirare le nuove generazioni.
“Zio” Toni Nadal fu chiamato in Giordania proprio dall’associazione, quando Shelbayh aveva solo 13 anni, e l’anno seguente il talento giordano si è trasferito a Maiorca presso l’Accademia Nadal, dove è cresciuto dal punto di vista sportivo e umano. “Toni e la principessa Lara si sono conosciuti a Doha nel 2016”, racconta Shelbayh. “Toni ha invitato la principessa Lara all’accademia, mentre lei lo ha invitato a un festival che si è tenuto in Giordania. Toni è potuto venire nel 2017. Gli ha parlato un po’ di me e lui ha voluto vedermi. Quando mi ha visto, mi ha chiesto andare all’accademia appena mi fossi sentito pronto. Sapeva che non sarebbe stato facile perché ero ancora un ragazzino, ma alla fine sono andato”.
Una scelta coraggiosa ma saggia. Sui campi della famiglia Nadal Shelbayh si è formato e questa settimana in Bosnia ha raccolto i primi importanti frutti di un lavoro partito da lontano, in tutti i sensi.
Marco Mazzoni LEGGI TUTTO