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    Tour, i forzati dello sprint e il Sagan sparito

    Ile de Ré – I velocisti, razza condannata a vincere per giustificare la propria esistenza. La vittoria per mezza ruota di Sam Bennett su Caleb Ewan all’Ile de Ré, posizioni invertite rispetto all’altro sprint davvero di gruppo di Sisteron, rimette in discussione il primato del piccolo australiano tra gli sprinter del Tour e forse del mondo intero. Totalmente diversi: Bennett velocista più tradizionale, dal fisico imponente e obbligato ad avere un treno a disposizione (qui l’ultimo vagone è il migliore al mondo nella specialità, il danese Michael Morkov), Ewan piccolo, furbo e cattivissimo, capace di infilarsi in spazi minimi o di imporre i suoi ultimi folgoranti 50 metri a tutti. I velocisti sono bomber, le loro vittorie si contano e non si pesano, e dunque nel 2020 tra i due è perfetta parità, 5 vittorie a testa. Gli unici sprinter puri più prolifici in questa stagione sono Dèmare (9) e Ackermann (6, 2 su 2 alla Tirreno-Adratico, ieri e lunedì). A 5 c’è anche Gaviria, a 4 il povero Jakobsen, a 3 fra gli altri Bauhaus e Groenewegen.Chi manca? Esatto, Viviani e Sagan. I due sono fermi a 0 vittorie nel 2020. Viviani non vince dal 21 settembre 2019, Sagan dal 10 luglio dello stesso anno, al Tour. Due nomi pesanti e assenti. Se Viviani è sembrato in crescita (4° all’Ile de Ré), Sagan, terzo ieri ma lontano dai primi due, sembra invece in netta fase calante, intimidito quasi nelle volate e battuto spesso e volentieri anche nei traguardi volanti. Nella corsa alla maglia verde ora lo slovacco, sette su otto negli ultimi Tour, insegue Bennett a -21, un ritardo enorme a questo punto della corsa. Stanno mancando a Sagan le vittorie in tappe intermedie: quella di Lavaur, preparata e confezionata dalla sua Bora, era perfetta, ma anche lì non ha chiuso meglio che 13°. È una stagione strana per lui: ha dovuto rinunciare alle Classiche preferite, Fiandre e Roubaix, per onorare il contratto e il ruolo quasi di uomo-immagine del Giro d’Italia, purtroppo per lui concomitante con le due Monumento, già vinte entrambe peraltro, sempre con la maglia iridata addosso. Del Sagan di un tempo manca l’atteggiamento, anche, la voglia di dominare, di essere protagonista sempre. Perdere la maglia verde sarebbe praticamente una prima volta per lui, che l’ha sempre portata a Parigi meno che nel 2017, quando fu squalificato per la spallata a Cavendish. Oggi a Poitiers la possibilità di tornarne in possesso. Ma battere Bennett, o Ewan, sul loro terreno per il Sagan attuale sembra impossibile. LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France: Sam Bennett vince allo sprint. Roglic resta in maglia gialla

    Il grande stress. Prima l’attesa per l’esito dei tamponi, scampato dai corridori ma non dal direttore della corsa, Christian Prudhomme, positivo al Covid e per sette giorni costretto a mollare il posto a François Lemarchand. Poi 168 km tra le folate dell’Atlantico a incombere minacciose. La tappa delle Isole, da Île d’Oléron a Île de Ré, si risolve in volata: guardando l’altimetria ci stava, vivendo la tappa un po’ meno. Vince Sam Bennett: sprint dei suoi, lineare, di potenza. Al funambolo Caleb Ewan stavolta non riesce la magia, è secondo e precede Peter Sagan. Ai piedi del podio Elia Viviani: non è il massimo, ma rispetto alle prime tappe è un passo in avanti. L’Irlanda torna a far festa dopo due anni -l’ultimo irish a vincere era stato Daniel Martin al Mur de Bretagne due anni or sono- e Bennett si commuove: “Ho sempre sognato di vincere una tappa al Tour ma non riuscivo a immaginare come sarebbe stato. Ho anche pensato che non sarebbe mai successo. In volata ho aspettato a partire perché c’era vento contrario, ho pensato che forse avevo aspettato troppo, e invece ho vinto. So che non dovrei piangere ma in questi momenti è difficile trattenere le lacrime”. Tappa difficile, unisce località poco battute dal Tour. Oleron sede d’arrivo solo nel 1983: vinse Riccardo Magrini, attualmente apprezzatissimo commentatore per Eurosport. Non nascose il fatto che quello fosse il punto più alto della carriera, anche con un paragone ‘scomodo’ (“Una tappa al Tour ne vale 5 al Giro). Île de Ré, l’arrivo, ha invece messo a dura prova gli storici: tracce solo una kermesse, nel 1975, con Bernard Thevenet a sfoggiare la maglia gialla dopo aver posto fine alla tirannia di Merckx.   Il tracciato non presenta neanche un cavalcavia, di quelli spacciabili per GPM di 4° categoria. Ma si vive su quanto successo nel vento verso Lavaur, un ricordo alimentato dalle folate atlantiche. Lavaur è costata secondi d’oro a Tadej Pogacar che, ironia della sorte, va giù anche stavolta. Insieme a lui, tra gli uomini di classifica, anche Guillaume Martin: rientrano, ma soffrono. Sta peggio Sam Bewley, costretto all’abbandono. Ma in generale di acciaccati ce ne sono tanti: tra loro Davide Formolo, che arriva con più di un quarto d’ora di ritardo. Per l’ex campione d’Italia la sospetta frattura della clavicola.  Skuijns, uno dei coinvolti nelle caduteCondividi   LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: Ackermann concede il bis

    FOLLONICA – Un bis e una conferma per Pascal Ackermann. Il tedesco della Bora-hansgrohe, in maglia blu di leader della generale, dopo aver trionfato nella prima tappa della 55esima Tirreno-Adriatico a Lido di Camaiore, vince anche la seconda, disputata da Camaiore (Lucca) a Follonica (Grosseto) e lunga 201 chilometri, confermandosi così il principe dei velocisti in questa edizione. Ackermann oggi ha preceduto per pochi centimetri il colombiano Fernando Gaviria e il tedesco Rick Zabel. Quarto, e primo degli italiani, Davide Ballerini.Prima la fuga, poi vince Ackermann in volataLa tappa è stata caratterizzata dalla fuga di Geoffrey Bouchard della Ag2r La Mondiale, Nicola Bagioli della Androni-Sidermec, Umberto Orsini della Bardiani-CSF-Faizanè, Marco Canola della Gazprom e Edoardo Zardini della Vini Zabù-KTM, con il corridore francese che si è però subito rialzato, mentre Canola lo ha fatto dopo il GPM di Castellina Marittima, vinto da Bagioli. Orsini è stato l’ultimo dei fuggitivi ad arrendersi, ripreso a soli 15 km dall’arrivo. La volata è stata lanciata dagli uomini della Israel e Deceuninck, ma ancora una volta il più forte è stato Ackermann. “Anche oggi la squadra ha corso veramente bene, nel finale i miei compagni mi hanno pilotato e lanciato alla perfezione – ha commentato il vincitore al traguardo – E’ stata una volata lunga e credo di aver lanciato lo sprint nel momento giusto. Le prossime tappe sono troppo difficili per me, potrei riprovare sabato, per il momento sono molto contento”. Domani è in programma la terza tappa, da Follonica a Saturnia (Grosseto), lunga 217 chilometri.Ordine di arrivo e classifica generaleQuesta la top 10 sul traguardo di Follonica: 1. Pascal Ackermann (Bora-hansgrohe) 5h01’53”; 2. Fernando Gaviria (UAE-Emirates) s.t.; 3. Rick Zabel (Israel Start-Up Nation) s.t.; 4. Davide Ballerini (Deceuninck-QuickStep) s.t.; 5. Tim Merlier (Alpecin-Fenix) s.t.; 6. Davide Cimolai (Israel Start-Up Nation) s.t.; 7. Lorrenzo Manzin (Total Direct Energie) s.t.; 8. Luca Pacioni (Androni-Sidermec) s.t.; 9. Florian Veermersch (Lotto Soudal) s.t.; 10. Mike Teunissen (Jumbo-Visma) s.t.. La classifica generale: 1. Pascal Ackermann (Bora – Hansgrohe) 7h59’28”; 2. Fernando Gaviria (UAE Emirates) +8?; 3. Magnuss Cort Nielsen (EF Pro Cycling) +16?; 4. Rick Zabel (Israel Pro Cycling) +16?; 5. Davide Cimolai (Israel Pro Cycling) +20?; 6. Lorrenzo Manzin (Total Direc Energie) +20?; 7. Imerio Cima (Gazprom) +20?; 8. Silvan Dillier (AG2R-La Mondiale) +20?; 9. Florian Senechal (Deceuninck-Quick Step) +20?; 10. Luca Pacioni (Androni Giocattoli-Sidermec) +20?. LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, nessun positivo al Covid: il Tour de France può ripartire

    CHATEAU D’OLÈRON – Si riparte, il Tour è Covid-free, almeno per quanto riguarda i corridori. Nessuno dei 165 atleti in gara è stato testato positivo al virus nel giorno di riposo, ma sarebbero quattro i membri degli staff delle squadre allontanati: ognuno dei quattro appartiene a team diversi. Per il regolamento del Tour, due positivi nella stessa squadra avrebbero causato il ritiro in blocco della squadra stessa. Ma ci sarebbe un fatto clamoroso: Christian Prudhomme, direttore del Tour, sarebbe stato trovato positivo. Nella tappa di Laruns, Prudhomme aveva ospitato nella sua ammiraglia il primo ministro francese Castex. È stata un’attesa snervante nel villaggio di partenza, cadenzata dai tweet dei team che uno dopo l’altro hanno postato la situazione dei propri corridori. Il comunicato ufficiale era previsto per le 10, ma i tempi si sono dilatati. L’arrivo dei primi pullman delle squadre è stato il segnale atteso. La partenza della tappa è prevista per le 13.30. Frazione piatta tra l’Ile d’Oléron e l’Ile de Re, occhio però al vento: si corre lungo l’Atlantico su strade strette e abbastanza pericolose. Ciclismo LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France; Caruso: “La bolla funziona. Ma tifosi, sosteneteci da lontano”

    LARUNS – Col il suo 16° posto nella generale a 3’42” da Roglic, Damiano Caruso è di gran lunga il miglior italiano del Tour. Per trovarne un altro in classifica bisogna scendere al 56° posto di Formolo. Da Bettiol in poi siamo già oltre l’ora di ritardo. Ma non è solo questo: il ragusano Caruso sta mostrando una volta di più le sue qualità di uomo squadra. In questa occasione è la spalla fondamentale di Mikel Landa nella Bahrain-McLaren. Entrambi, senza il 1’21” beccato nella tappa dei ventagli di Lavaur sarebbero molto più su in classifica. Intanto, però, in questo lunghissimo giorno di riposto c’è lo scoglio dei tamponi da scavalcare. Ansia, Caruso? “Un po’, ma giusta, sono consapevole di aver fatto tutto perbene, a mio giudizio la storia della bolla sta funzionando. Domani sapremo”. Com’è andata con il tampone? “L’abbiamo fatto al mattino presto, in una struttura simile a un museo, non era un ospedale ma c’erano comunque medici e infermieri, in pochi minuti avevamo finito”. Si sente con la coscienza a posto insomma. “All’inizio ero un po’ scettico, ma siamo molto attenti, dal personale a noi corridori, evitiamo anche contatti inutili. Lavorando tutti insieme e facendo tutto quello che si deve si riduce drasticamente il pericolo di contagio”. Lei è solo in camera? “No, dormo con Sonny Colbrelli. Ora a La Rochelle ci è andata male, ne abbiamo avuto una affacciata su uno scalo merci, alcuni compagni invece hanno la vista sul porto e sulla ruota panoramica. Scherzi a parte, siamo molto concentrati e non commettiamo errori, la mascherina fuori corsa la portiamo sempre”. Il problema, forse, è proprio la corsa. “Sui Pirenei c’è stato qualche problema, me ne sono reso conto vedendo delle foto e i filmati. Quando ero in salita ero talmente concentrato da non aver notato che tante persone non indossassero la mascherina correttamente, o non l’avessero affatto. Mi aveva impressionato sì la quantità di gente, come se niente fosse, come se il virus non esistesse. Ma è un modo positivo di reagire. Ancor di più sarebbe però applaudirci a distanza, con la mascherina messa bene”. E se il Tour finisse così, per Covid? “Non voglio pensarci. Ma non ho mai avuto paura di ammalarmi in corsa. Se l’avessi avuta, sarei rimasto a casa”. Sarebbe un peccato per lei, ottimo 12° a Laruns, e per Landa, 5° nell’ultima tappa e ora 10° in classifica e in grande ascesa. “Landa sta andando bene, peccato per il ventaglio di Lavaur. Siamo stati anche abbastanza sfortunati dall’inizio. Valls si è ritirato, Poels ha una costola incrinata. Landa sui Pirenei, comunque, ha dato la sensazione di esserci. Stiamo lottando. Io mi sento molto bene, è uno dei miei migliori Tour”. Come definisce il suo ruolo? “Io sono un operaio specializzato, ho il compito di stare accanto al capitano e di scortarlo il più possibile sulle salite dei grandi giri. L’ho fatto con Nibali, ora lo faccio con Landa. Lo faccio da sempre. Spazio personale ce n’è poco, è vero, ma ormai sono diversi anni che mi sono ritagliato questo ruolo. Mi diverte, quando sto bene in salita mi esalto e poi a sera vado a letto contento. Lo stress lo lascio a quelli che devono vincere il Tour. Per me è bello essere importante per il capitano”. Ha qualcosa di antico, tutto questo. “Nel ciclismo i Caruso ci sono sempre stati. Non li troviamo negli albi d’oro, è vero. Ma in questo sport c’è spazio se hai l’umiltà di capire chi sei e cosa puoi fare”. Il 2 agosto ha vinto in Spagna, al Circuito de Getxo, la sua seconda corsa da professionista, sette anni dopo la prima. Perché ora non va fuori classifica, si getta in una fuga e prova a vincere una tappa? “Perché Landa ha bisogno di me, e io ho il dovere di stare con lui”. Che pensa della crisi di Aru? “Gli ho mandato un messaggio ieri, dopo la tappa. Gli ho detto di resettare tutto e di rispondere al telefono solo ad amici e parenti. Ripartire dalle piccole corse, ritrovare il gusto del piazzamento: questo deve fare. E non pensare a quando vinceva ed era un idolo per tanti. Deve pensare al presente e al futuro, e a ricostruirsi piano piano”. E se facesse un passo indietro e si ritagliasse un ruolo simile al suo, per un capitano? “Non è facile, non è un ruolo che si inventa dall’oggi al domani. Bisogna averlo nella testa”. Un giorno si ritirerà a Punta Secca, la spiaggia del commissario Montalbano, a pochi passi da casa sua, e metterà giù due ombrelloni? Ci pensa al futuro? “Non ancora. Ho 32 anni, finché il fisico regge tengo duro e vado avanti. Al futuro penserò quando arriverà. Non penso ad altro che alla bicicletta. Se pure mettessi su un negozio di cioccolatini, ora, dovrei stargli dietro, e non ho tempo”. E al Mondiale di Imola ci pensa? In azzurro ha corso una fantastica Olimpiade a Rio, nel 2016. “Stamattina ho parlato con Cassani. Mi ha spiegato il percorso. Sarebbe stato meglio per me se fosse rimasto quello di Martigny. Questo mi pare più adatto a scattisti come Alaphilippe o Van Aert. Ma se dovessi essere chiamato, risponderò presente. Ci mancherebbe”.   LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: sprint 'impossibile' di Ackermann, battuto Gaviria

    LIDO DI CAMAIORE – Pascal Ackermann ha vinto la prima tappa della 55esima edizione della Tirreno-Adriatico, frazione di 133 chilometri svoltasi a Lido di Camaiore. Il 26enne tedesco della Bora-Hansgrohe ha beffato in volata il colombiano Fernando Gaviria (UAE Team Emirates) e Magnus Cort Nielsen (EF Pro Cycling). Uno sprint ‘impossibile’, visto che Gaviria ormai sembrava avviato a dominare la volata, Ackermann però è stato abilissimo, trovano un pertugio strettissimo a ridosso delle transenne.”Ho vinto grazie al colpo di reni”La tappa è stata caratterizzata da una caduta, a poco più di un chilometro dal traguardo, che ha coinvolto fra gli altri Haussler, Merlier e Dainese. Grazie a questo risultato, Ackermann veste la prima maglia azzurra di leader della generale. “E’ stata una vittoria incredibile nella prima tappa di una corsa bellissima – le parole del tedesco dopo l’arrivo -. Grazie a tutta la squadra, che ha lavorato per me: sono molto felice. Ho fatto una buona volata, ho vinto soprattutto grazie al colpo di reni finale”. Ackermann indossa inoltre la maglia arancio di leader della classifica a punti, l’australiano Natal Haas quella verde di leader degli scalatori. Infine, al polacco Szymon Sajnok va la maglia bianca di miglior giovane. LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour e tamponi: solo martedì i risultati dei test

    LA ROCHELLE – Giornata campale per il Tour, anche se oggi non si correrà. Negli hotel delle squadre, concentrati intorno a La Rochelle, e via email a tutti i corridori arriveranno gli esiti dei tamponi anti-Covid ai quali ognuno dei rimasti in gara deve obbligatoriamente sottoporsi. Oltre agli atleti, devono essere testati anche i membri degli staff delle 22 squadre, in tutto circa 650 persone. C’è però una novità importante. Il Tour ha predisposto una sorta di secondo giro di test per colori i quali dovessero essere trovati positivi al Covid. Questa seconda tornata, quasi fossero delle controanalisi, verrà effettuata entro martedì mattina e i risultati saranno disponibili prima delle 10. In questo modo verrebbero evitati con buone probabilità di successo i casi di falsi positivi, un fatto accaduto di recente a diversi corridori, tra i quali Leonardo Basso e il canadese Hugo Houle, quest’ultimo in corsa al Tour con la maglia della Astana. Una tutela per i corridori, ostaggio nelle giornate pirenaiche delle manifestazioni d’affetto troppo ravvicinate dei tifosi, buona parte dei quali privi di mascherina, o con mascherine indossate nel modo sbagliato. Loro, i corridori, sono molto attenti: prima del via indossano mascherine che poi vengono ritirate da un addetto e deposte in un grande sacco. Dopo il traguardo gli uomini dei team porgono altre mascherine agli atleti, che quindi non affrontano un metro di strada extra-corsa privi di protezione. Anche sul palco delle premiazioni grande attenzione. Primoz Roglic ha indossato da solo la maglia gialla, una prassi divenuta indispensabile.Ciclismo LEGGI TUTTO