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    Ciclismo, Tour de France: fuga vincente di Kamna, Roglic controlla e mantiene la gialla

    Lennard Kamna è un ragazzo di 24 anni con la faccia di uno di 18 e saggezza di un altro di 40. Ragiona, fa tesoro delle esperienze. Sul Puy Mary aveva accettato il corpo a corpo in salita con Daniel Martinez, illudendosi ma finendo sbranato. Stavolta non ha rischiato quando si è trovato in compagnia di Richard Carapaz: vicino allo scollinamento al Montée de Saint Nizier-du-Moucherotte (lunga come il nome, 11 km), il tedesco piazza la fucilata. Sa che se scollina in testa potrà far valere la sua abilità di passista sia in discesa che in pianura. Gli riesce, fa il vuoto, poi nella salita verso Villard-de-Lans basta sapersi amministrare. Vince Kamna, e finisce un incubo per la Bora, la squadra che aveva lavorato di più (soprattutto per Sagan) e raccolto di meno. Lo stesso Kamna ci aveva provato anche a Lione, ora al terzo tentativo fa centro. “Una lotta dall’inizio per ottenere un posto in fuga e poi è stata anche molto dura. Sapevo che dovevo riuscire a finire da solo per avere la possibilità di vincere. In finale ho visto che Carapaz stava rallentando leggermente e ho attaccato in quel momento – commenta-. È un grande sollievo per la squadra e per me. Non riuscivo quasi a immaginarlo”. La fuga che arriva è il tema principale di giornata. L’attenzione è quello secondario. Serve quella agli abitanti dei piani alti per evitare problemi. Il copione è lo stesso: la Jumbo di Roglic che controlla, Pogacar e gli altri che – per ora- non osano.  Dei piani alti non fa più parte Egan Bernal: la crisi del Grand Colombier sembra avergli spento la voglia di soffrire, e quando la strada sale il suo perdere terreno è un quadro impietoso. Nessuna smorfia drammatica comunque, solo un sorriso verso l’ammiraglia che sa di consapevolezza mentre sale con il passo dei velocisti. Sensazione: proverà ad andare in fuga nella durissima tappa di mercoledì a Meribel per un parzialissimo ma orgoglioso riscatto.  Villard-de-Lans ospita per la settima volta un arrivo del Tour. Ravvicinati i più emozionanti: nel 1988 fu gloria, con il tifatissimo (e molto discusso in quella edizione) Pedro Delgado che vinse la cronoscalata sigillando il suo Tour. L’anno successivo fu illusione: Laurent Fignon staccò Greg Lemond in un giorno in cui poco lasciava presagire che il sabato seguente l’americano si sarebbe preso la gialla per pochi secondi nella drammatica crono di Parigi. Il cambio delle prospettive, questo dice la fuga di giornata. C’è Alaphilippe, uno che a parte le reali condizioni di forma, era nel ventaglio degli ambiziosi. C’è Richard Carapaz (insieme al compagno di squadra Sivakov, vincitore del premio del più sfortunato): l’ecuadoriano era/è il numero2 della Ineos prima di essere trascinato nella sabbie mobili della classifica da capitan Bernal. Si aggrappa alla liana per non sprofondarci anche quel che resta della truppa italiana. In fuga ci sono Oss, Bettiol, Trentin, quest’ultimo particolarmente abile a fare legna per la classifica a punti. E se lui raccoglie punti per la verde, Pierre Rolland si va a prendere quella a pois di miglior scalatore. Una cosa in famiglia, la toglie a Cosnefroy che con furbizia se l’era accaparrata cercando punti attaccando anche sui pianerottoli del condominio.  Sulla penultima salita scatena l’infermo Caparaz: un paio di accelerazioni brutali, anche troppo. Costano care ai compagni di azione Alaphilippe e Reichenbach, poi in vista del GPM, costano care pure a lui stesso: il ‘saggio’ Kamna saluta e se ne va.ORDINE D’ARRIVO1. Lennard Kamna         (Ger, Bora-Hansgrohe)     in 4h12’52″2. Richard Carapaz       (Ecu, Ineos-Grenadiers)    a    1’27″3. Sebastien Reichenbach (Sui, Groupama-FDJ)        a    1’56″4. Pavel Sivakov         (Rus)                      a    2’34″5. Simon Geschke         (Ger)                      a    2’35″6. Warren Barguil        (Fra)                      a    2’37″7. Tiesj Benoot          (Bel)                      a    2’41″8. Nicolas Roche         (Irl)                      a    2’47″9. Quentin Pacher        (Fra)                      a    2’51″10. Julian Alaphilippe    (Fra)                      a    2’54″20. Miguel Angel Lopez    (Col)                      a   16’48″21. Tadej Pogacar         (Slo)                            s.t.22. Primoz Roglic         (Slo)                            s.t.26. Adam Yates            (Gbr)                            s.t.27. Rigoberto Uran        (Col)                            s.t.30. Tom Dumoulin          (Ned)                      a   16’55″36. Nairo Quintana        (Col)                      a   17’23″127. Egan Bernal           (Col)                      a   27’27″CLASSIFICA GENERALE1. Primoz Roglic         (Slo, Jumbo-Visma)       in 70h06’47″2. Tadej Pogacar         (Slo, Uae Team Emirates)  a     0’40″3. Rigoberto Uran        (Col, Ef Pro Cycling)     a     1’34″4. Miguel Angel Lopez    (Col)                     a     1’45″5. Adam Yates            (Gbr)                     a     2’03″6. Richie Porte          (Aus)                     a     2’13″7. Mikel Landa           (Esp)                     a     2’16″8. Enric Mas             (Esp)                     a     3’15″9. Tom Dumoulin          (Ned)                     a     5’19″10. Nairo Quintana        (Col)                     a     5’43″12. Alejandro Valverde    (Esp)                     a     6’52″14. Richard Carapaz       (Ecu)                     a    17’23″16. Egan Bernal           (Col)                     a    19’04” LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France; Rogla e Pogi, amici-nemici: è la settimana della verità

    C’è il Tour degli sloveni e poi il Tour degli altri. Finora Roglic e Pogacar, primo e secondo della generale, hanno disposto a piacimento degli arrivi in salita e delle tappe dure. A Orcières-Merlette primo il capitano della Jumbo, 2° il giovane della UAE. A Loudenvielle, il giorno dopo la tappa dei ventagli, Pogacar ha inflitto 40″ a Roglic, scalando a tempo di record il Peyresourde. A Laruns vittoria di Pogacar su Roglic. Sul Puy Mary Roglic e Pogacar a braccetto, gli altri distanti. Sul Grand Colombier Pogacar su Roglic con minimo ma significativo vantaggio sul resto della compagnia, e Bernal, il principale guastafeste del party sloveno, eliminato definitivamente. Ha ragione ora Roglic, nell’ultimo giorno di riposo e alla vigilia della tappa di Villard-de-Lans a dire che “il Tour lo vincerà sicuramene uno sloveno”, e non c’è dubbio che, con i 40″ di vantaggio su Pogacar, sia lui il più indiziato del non impossibile gioco dell’indovina chi. Ma Pogi non ci sta, almeno a parole: “Non avrei mai immaginato a Nizza di essere al punto dove sono ora, ma alla maglia gialla ci penso, eccome se ci penso”. Al tempo stesso, il ragazzo teme le crisi da terza settimana: “Facilissimo, abbiamo visto corridori crollare, ed è possibile andare incontro a una giornataccia, e sulle salite che mancano fioccherebbero i minuti”. Roglic ha gli stessi timori, ma anche una squadra capace di accudirlo alla perfezione: “Mi piacerebbe vincere anche per loro, lo meritiamo tutti”.La differenza principale tra Rogla e Tamau è proprio la compattezza di squadra, granitica la Jumbo, praticamente inesistente in salita la UAE. Ma Pogacar sembra non soffrirne. E sembra in grado, lui da solo, se lo volesse, di mandare in crisi l’armata giallo-nera. Come? Di certo senza azioni scriteriate: la Jumbo lo cucinerebbe a fuoco lento se partisse lontano dal traguardo. L’obiettivo di isolare Roglic pare un’utopia. E allora, che fare? Cercare di erodere secondo su secondo negli arrivi duri (la Loze è però l’unico al termine di una salita lunga) e di giocarsi tutto nella cronoscalata della Planche des Belles Filles. Roglic è più forte a cronometro, sulla carta. Nell’unica crono di un grande giro corsa da entrambi, la Jurançon-Pau della Vuelta 2019, Roglic ha inflitto 1’29” al connazionale. Ma era una prova quasi completamente pianeggiante. Invece la Planche premierà davvero lo scalatore più forte. 40″ sembrano tanti da recuperare, ma se lo svantaggio scendesse intorno ai 20″, la crono del penultimo giorno diventerebbe uno scontro totale. Da non dimenticare che nella cronometro del campionato nazionale sloveno, lo scorso 28 giugno, una cronoscalata verso Pokljuka, Pogacar ha infilitto 9″ a Roglic in 15.5 km. La Planche è divisa in due parti: salita lentissima ma costante per i primi 30 km, impennata negli ultimi 6, con tratti al 20% e una media dell’8.5. In ogni caso, se i due amici dovessero decidere di farsi davvero la guerra, assisteremmo a un’ultima settimana davvero spettacolare. LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: super Ganna nella crono, a Simon Yates la classifica finale

    SAN BENEDETTO DEL TRONTO – La 55esima edizione della Tirreno-Adriatico se la aggiudica il britannico Simon Yates del team Mitchelton-Scott. Il podio finale della Corsa dei Due Mari viene completato dal suo connazionale Geraint Thomas del Team Ineos e dal polacco Rafal Majka della Bora-Hansgrohe. Questi i verdetti finali dopo l’ultimo impegno, la cronometro di 10,1 km di San Benedetto del Tronto vinta dal 24enne Filippo Ganna del Team Ineos, davanti al belga Victor Campenaerts (NTT Pro Cycling) staccato di 18″ e all’australiano Rohan Dennis (Team Ineos) con 26″ di ritardo.Super Ganna a San BenedettoFilippo Ganna, nel 2019 campione nazionale a cronometro e medaglia di bronzo mondiale di specialità, ha ‘polverizzato’ i concorrenti nella crono di San Benedetto. Il verbanese, che ha chiuso con una media di 56,6 km/h, ha cominciato ad assaporare la vittoria quando al traguardo sono arrivati i rivali più temibili, come Campenaerts, l’iridato suo compagno di squadra Dennis (lasciato a 26″), e l’olandese Jos Van Emden. Una grande soddisfazione per il ciclismo italiano e per la Ineos, che invece non riesce a portare a casa la vittoria nella classifica generale perché Geraint Thomas recupera ‘solo’ 22 secondi sul leader Simon Yates della Mitchelton-Scott. Il gallese si deve accontentare di superare in classifica generale Rafal Majka (Bora-Hansgrohe) che chiude al terzo posto finale. Yates si porta quindi a casa la maglia azzurra del vincitore, mentre la maglia arancione (classifica a punti) va Pascal Ackermann della Bora-Hansgrohe, vincitore delle prime due tappe in volata; maglia verde (classifica scalatori) a Hector Carretero della Movistar, visto più volte in fuga; la maglia bianca (miglior giovane) se la aggiudica Aleksandr Vlasov della Astana, quinto in classifica generale avendo perso una posizione da un ottimo Wilco Kelderman della Sunweb. Capitolo italiani. Due hanno chiuso nella top ten: Fausto Masnada (Deceuninck QuickStep) al sesto posto, avendo perso anche lui una posizione da Kelderman oggi, e Gianluca Brambilla (Trek Segafredo) che chiude al nono posto.Yates: “Ho dato tutto, fantastico vincere questa corsa””Sono felicissimo per questa vittoria – ha dichiarato il vincitore finale Yates -. La squadra ha fatto un ottimo lavoro per tutta la settimana. Oggi non ero il favorito quindi questo risultato è ancora più importante per me. Sono andato a tutta e veramente ho dato il massimo in ogni tappa. È fantastico aver vinto questa corsa”. “Sono molto felice della mia performance anche perché ho riportato l’Italia a vincere una tappa alla Tirreno-Adriatico – ha invece detto Filippo Ganna -. Mi dispiace per Thomas che ha chiuso secondo nella generale, speriamo che riesca a fare qualcosa in più al Giro d’Italia”. LEGGI TUTTO

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    I 1000 della Juventus e la guerra dei club per riaprire gli stadi

    La Juventus vorrebbe tanto fare da apripista: ha chiesto la possibilità di ospitare 1000 tifosi, in uno stadio che ne contiene 41.000, per domenica prossima quando esordirà in casa contro la Sampdoria in campionato. Andrea Agnelli non lo ha fatto per questioni economiche: la Juventus ogni gara casalinga incassa dai 2,5 milioni a quasi cinque. Con mille spettatori non farebbe certo un grosso incasso: ma è una richiesta simbolica per venire incontro ai suoi tifosi, pure in una minima parte, ma anche alle esigenze degli sponsor. I tifosi sarebbero sparpagliati negli stadio senza possibilità di entrare in contatto fra loro. La Juve, che aveva già studiato il problema in giugno, si era accordata con la Regione Piemonte, via libera dal Governatore Cio per 8.000 tifosi a partita. Poi è arrivato il dpcm del governo che stoppa tutto sino al 7 ottobre, quindi zero spettatori per le prime tre giornate di campionato (vedi Spy Calcio del 9 settembre). Molto probabile, quasi certo forse, che alla Juve vengano negati anche i 1.000 simbolici. Bisognerà aspettare il prossimo dpcm, in arrivo dopo il 7 ottobre, bisognerà aspettare per vedere se e quando la curva dei contagi risalirà dopo l’apertura delle scuole. Il Cts è fortemente contrario a riaprire gli stadi, ritiene non solo che le scuole siano una priorità ma che sia impossibile controllare negli stadi i flussi di entrata-uscita e il distanziamento in tribuna. Non basta il fatto che tutti avrebbero le mascherine (che controlla poi se le tengono?) . Se ne riparla quindi verso il 10 ottobre: i club si augurano in una riapertura, seppur parziale, per il quarto turno di campionato, 13 e 14 ottobre quando è previsto il derby di Milano. La Lega di serie A sperava di avere qualche spettatore addirittura nelle ultime due giornate della passata stagione (luglio-agosto), ora ha presentato un piano dettagliato, stadio per stadio, per avere il via libera almeno al 30-40 per cento della capienza. I presidenti sono sul piede di guerra: Aurelio De Laurentiis ha minacciato di denunciare il Cts, ma certo il suo comportamento in occasione della scorsa assemblea di Lega non giova a livello di immagine.Ma ci sono anche altri presidenti che sostengono: “Qualcuno dovrà pure pagare il conto prima o poi… Il Parma ha avuto 1.000 spettatori per un’amichevole, ma non ne può avere 1.000 nello stesso stadio per il campionato, è assurdo”. Ma per il governo, almeno per ora, si può aprire per un singolo evento ma non per una manifestazione continuativa come appunto è il campionato. Certo, se a metà ottobre le cose non cambiassero, allora ci potrebbe essere la rivolta dei club. Anche la Federazione con il suo presidente Gabriele Gravina segue questa situazione con estrema attenzione. “A Mugello c’era un pubblico accettabile, così come a Misano e come ci sarà a Imola per i Mondiali di ciclismo. Per gli stadi invece non si è trovata una soluzione tra le istanze legittime e doverose da parte del mondo del calcio e le istituzioni: il nodo ruota attorno alle indicazioni del Cts”. Sono le parole del presidente del Coni, Giovanni Malagò stamani a Radio Anch’io Sport. “Nel giro di qualche settimana si pensa di poter ottenere qualcosa, ma è difficile fare marketing e sinergia commerciale”. I danni derivanti dalla pandemia del Covid-19 saranno ingenti, a tutti i livelli, dalla serie A alla serie C (disperato Francesco Ghirelli). “L’eventuale danno economico dei club di vertice per questa vicenda del Covid è stato stimato, secondo quanto detto da Andrea Agnelli, in 4 miliardi di euro (in Europa, ndr). A cascata, però, si finisce all’associazionismo sportivo, che è la colonna vertebrale del nostro mondo. Se non c’è il mecenate di turno o viene meno la filiera sportiva, il ‘salta il bancò vale per le società più grandi e piccole. Nel breve termine ci sarà un ridimensionamento anche nel valore di qualche cartellino e ingaggio. Lo ritengo indispensabile”, ha concluso il numero uno del Coni. Malagò: “Una vergogna vietare le palestre scolastiche alle associazioni sportive””E’ una vergogna che molte associazioni sportive non possano usare le palestre scolastiche. Sono state requisite, hanno messo in competizione l’istruzione con lo sport. Noi ci sentiamo offesi per essere messi in secondo piano”. Lo ha detto il presidente del Coni, Giovanni Malagò a Radio il giorno dell’apertura dell’anno scolastico. Malagò, accompagnato dal ct azzurro Roberto Mancini, oggi sarà a Vo Euganeo su invito del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la cerimonia inaugurale del nuovo anno scolastico. “Il Coni non ha i mezzi per fare una impiantistica accettabile come meriterebbe il Paese. Ci stiamo battendo per questo”. In molte Regioni ci sono associazioni sportive, dal volley alla pallamano, in grande difficoltà, non sanno come riprendere la stagione. Molte famiglie non manderanno più i loro figli a fare sport. Molea riconfermato alla guida dell’AicsGiochi amatoriali internazionali del 2021 avranno luogo a giugno in Italia, sulla riviera adriatica. Ad annunciarlo è stato Bruno Molea, appena riconfermato alla presidenza dell’Associazione italiana cultura sport, tra i primi enti di promozione sportiva del Paese. ”Con i dovuti protocolli di sicurezza, AiCS è riuscita a riprendere l’attività sportiva amatoriale: abbiamo dimostrato che con attenzione e determinazione, la ripresa è possibile. Per questo, ci siamo messi al fianco della Regione Emilia Romagna per riportare qui i World sport games della Confederazione internazionale dello sport amatoriale e a giugno i Giochi torneranno in Italia, con oltre 5mila atleti attesi da tutto il mondo. Ripartire, si può”, ha commentato Molea, forlivese, 65 anni, consigliere Coni e membro di Giunta del Comitato italiano paralimpico, oltre che presidente della Confederazione mondiale dello sport amatoriale.   LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France: Pogacar vince sul Gran Colombier, Roglic sempre più leader. Bernal alla deriva

    Trentaquattro giorni fa, non dieci anni, al Tour de l’Ain: Roglic primo sul Gran Colombier, Bernal a quattro secondi, Quintana a sei. Scontato etichettare quell’ordine d’arrivo come un preludio di quello che sarebbe successo al Tour. E invece…  Il Massiccio del Giura con la sua imponenza si erge a primo giudice. Roglic per ora blinda la maglia gialla: forte lui, fortissima la squadra, che replica le dinamiche dei controversi postini di Armstrong o del Team Sky di Chris Froome. Un lavoro estenuante, costante, a tratti violento, in attesa che il leader faccia razzia. Egan Bernal va alla deriva: quando mancano 13 km si spegne la luce, un blackout ben più vistoso della breve interruzione di energia del Puy Mary. Perde oltre sette minuti, processi in vista nel team Ineos dopo la scelta di puntare sul colombiano nonostante la presenza in rosa dello stesso Froome e di Thomas. A proposito di colombiani, male anche Nairo Quintana, che di minuti ne perde 4. E allora Tour finito? Neanche per sogno, perché sul Grand Colombier si conferma la splendida, folle giovinezza di Tadej Pogacar. Aveva già vinto, si ripete e rosicchia 4’’ di abbuono alla maglia gialla. Può insidiarlo? Solo se Roglic accusasse una giornataccia. Caso contrario, portare un attacco contro una squadra che ha 5 fenomeni che scandiscono il ritmo è un problema serissimo. Il discorso comunque sembra tra loro due: Uran, Miguel Angel Lopez, Simon Yates, Richie Porte, Mikel Landa. Tosti, regolari, ma al momento non pronosticabili oltre il buon piazzamento.  La sofferenza di Egan BernalCondividi   LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tirreno-Adriatico: finalmente van der Poel. Simon Yates resta leader

    LORETO – Alla vigilia della decisiva cronometro di San Benedetto del Tronto di domani, la settima e ultima tappa della Tirreno-Adriatico, da Pieve Torina a Loreto, se la aggiudica Mathieu van der Poel della Alpecin – Fenix che si è imposto sul traguardo dopo 181 chilometri davanti a Ruben Guerreiro della EF Pro Cycling e a Matteo Fabbro della Bora – Hansgrohe. Simon Yates della Mitchelton – Scott ha mantenuto la maglia azzurra di leader della classifica generale.La tappaMathieu van der Poel, che nei giorni scosi aveva fatto vedere poco, ha vinto una delle tappe più difficili della Tirreno-Adriatico, quella ‘dei Muri’. La fuga decisiva parte al chilometro 58 con 14 corridori: l’uomo di punta è proprio l’olandese, ma ci sono anche gli italiani Alessandro Tonelli (Bardiani-Csf-Faizanè), Davide Ballerini (Deceuninck-Quick Step), Giovanni Visconti (Vini Zabù Ktm) e Matteo Fabbro (Bora-Hansgrohe). Il distacco massimo supera di poco i 5′, ma il gruppo, guidato dalla Astana e dalla Mitchelton-Scott della maglia azzurra Yates, forza e riporta il distacco sotto i due minuti a poco meno di 40 chilometri dal traguardo. A 22 chilometri dall’arrivo è Fabbro a provarci in completa solitudine: arriva arrivare all’ultimo chilometro con 17 secondi di vantaggio sugli inseguitori. Proprio nella fase conclusiva, però, il giovane friulano esaurisce le energie, mentre alle sue spalle arriva van der Poel, che lo raggiunge assieme a Ruben Guerreiro (EF) e lo supera a soli 300 metri dal traguardo, andandosi a prendere il successo di tappa davanti al portoghese e allo stesso atleta italiano. Dietro, la spinta del gruppo verso Loreto impedisce attacchi da parte degli inseguitori di Yates: alla vigilia della cronometro finale di San Benedetto del Tronto, il britannico della Mitchelton-Scott resta così in maglia azzurra, con 16 secondi di vantaggio su Rafal Majka (Bora-Hansgrohe) e 39 su Geraint Thomas (Ineos).van der Poel: “Tappa incredibile””E’ stata una tappa incredibile, molto più dura di quello che mi aspettassi – ha dichiarato van der Poel, subito dopo l’arrivo -. La squadra ha fatto un gran lavoro anche per farmi entrare nella fuga. Sapevo di dover recuperare sull’ultimo strappo prima dell’arrivo con Fabbro che era davanti a me e quando l’ho passato ho capito che avrei vinto. Sono felicissimo per questa vittoria che ho cercato dall’inizio della Tirreno-Adriatico”. “E’ stata una tappa difficile, la squadra ha fatto un ottimo lavoro controllando la corsa – le parole della maglia azzurra Simon Yates -. La Tirreno-Adriatico sarà decisa dalla cronometro di domani. I miei principali contendenti sono Thomas e Majka, penso che entrambi siano molto forti nelle prove contro il tempo”. LEGGI TUTTO

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    MotoGp, doppietta italiana a Misano: vince Morbidelli davanti a Bagnaia, Rossi è quarto. Dovizioso in testa al mondiale

    MISANO – Gli Allievi e il Maestro, trionfo italiano in MotoGP. Sembra una favola, invece è tutto vero. Vince Franco Morbidelli, campione timido e dolce, mamma brasiliana, casco dedicato all’Eguaglianza e al Black Lives Matter: anni fa Valentino lo ha letteralmente adottato, portandolo sui banchi di scuola della sua Academy di Tavullia. Sul traguardo, dietro ‘Franky’ passa la Ducati Pramac di un secondo scolaro da 30 e lode, quel ‘Pecco’ Bagnaia che – come l’altro – nelle stagioni passate ha vinto il titolo di Moto2 ma ora vuole molto di più. Anche il Doc oggi stava per salire sul podio, all’ultimo è stato beffato dallo spagnolo Mir: chiude 4° e un po’ deluso, qui a casa sua, però in fondo non importa. Il pesarese ha dimostrato di essere un esempio e un insegnante straordinario. Dopo Rossi, il motociclismo italiano può dormire sonni tranquilli: ci sono questi due straordinari ragazzi. Nel frattempo un altro pilota tricolore, protagonista di una gara anonima, può comunque festeggiare: Dovizioso approfitta dei capitomboli di Quartararo e grazie al 7° posto sul circuito romagnolo va in testa alla classifica del mondiale.  >Morbidelli: “Scusatemi, che emozione” “Non so che impressione faccia, vincere qui a Misano: devo ancora rendermene conto”, spalanca gli occhioni Morbidelli. “Sono felice, mi godo il momento. E vorrei ringraziare la squadra, i miei, tutti quelli che mi aiutano da tempo. Negli ultimi giri della corsa, in testa, pensavo a 7 anni fa: quando correvo su questa pista, nella Super Stock: anche allora avevo vinto, e la situazione era lo stessa. Anzi, no, adesso è molto meglio. Scusatemi, sono sopraffatto dall’emozione”. Moto GP LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Tour de France: Andersen, assolo capolavoro. Roglic resta in giallo

    Tanto carattere, ma lo stato di forma dei giorni migliori è un ricordo. Peter Sagan perde ancora, ma la voglia matta di riprendersi la maglia verde di leader a punti rende piacevole una tappa che – nonostante 5 GPM- poteva risolversi in mero trasferimento, schiacciata tra l’arrivo di venerdì a Puy Mary e quello di domenica al Grand Colombier.  Sagan mette alla frusta i compagni sul Col du Beal (salita tosta, prima di giornata), si libera di Sam Bennett (il suo vero obiettivo), ma anche di un cliente inquietante come Caleb Ewan. Ma alla fine per lui sono briciole: un quarto posto, preceduto sia da Mezgec che da Simone Consonni (in tempi di vacche magre teniamoci stretto un bel podio) nella volata di consolazione. Loro sprintano è uno già festeggia. E’ Søren Kragh Andersen, danese, 26 anni: sublima con la sua fucilata da finisseur la splendida azione tattica della squadra, il team Sunweb. Hanno tre pallottole in canna, le usano magistralmente in un finale che prevede due GPM Côte de la Duchère e Côte de la Croix-Rousse (di fatto dei cavalcavia). Benoot è il primo a scattare, ripreso. Poi tocca all’astro nascente Hirschi, ripreso. Quindi è la volta di Andersen che fa bingo. In mezzo c’è anche lo scatto di Leonard Kamna, il tedesco della Bora, già protagonista il giorno prima in salita. E’ un compagno di squadra di Sagan, con il senno del poi la scelta di farlo andare fa sorgere qualche dubbio. Al buon Peter viene infatti a mancare una pedina chiave nel momento della verità. In classifica generale non cambia nulla: Roglic resta in giallo, la Jumbo tiene sempre le antenne dritte e non si fa sorprendere quando Egan Bernal prova sull’ultima salitella. Perché lo ha fatto? Un messaggio psicologico al leader oppure un tentativo di chi sa di essere battuto e prova a tendere trappole in ogni dove. La risposta si avrà già domenica. Arrivo a Lione, città legata a doppia mandata al Tour, presente 100 volte su 117 edizioni. Vi si concluse la prima tappa in assoluto, nel 1903. Partenza da Parigi, arrivo dopo 467 km: vittoria di Maurice Garin, valdaostano che già da un paio d’anni da italiano era diventato francese. Garin, che poi quel Tour lo vinse, impiegò 17 ore e 45 minuti alla media di 26 km/h. Le cronache dell’epoca lo dipinsero all’arrivo in ‘’incedibile stato di freschezza’’. La stessa cosa non si disse di Eugéne Brange, l’ultimo, che arrivò quasi 21 ore dopo. Cenni di cronaca. Con la Bora di Sagan scatenata nel fare selezione, è difficilissimo andare in fuga. Per questo la tenacia di Stefan Kung, la cui capacità di cronoman gli permette di resistere abbastanza a lungo in testa, gli vale il premio del combattente di giornata.  L’ultima volta a Lione, nel 2013, a vincere fu Matteo Trentin (oggi settimo). E’ anche per questo che la CCC del vicecampione del mondo coopera con la Bora nel tenere in mano la corsa. Poi però tutto diventa incontrollabile. Tutti quelli che scattano danno la sensazione di farcela. A parte il vincitore, quello che parte meglio è Alaphilippe, perfetto per un finale così. Fuori classifica, la Jumbo di Roglic se ne fregherebbe di andargli dietro se non fosse per il fatto che proprio in quei frangenti tenta Bernal… E Andersen ringrazia: “Non ho parole, che grandi emozioni. Ho sempre sognato di vincere, ma non sapevo sarei stato in grado di fare una cosa del genere. Credo di avere delle buone gambe. La situazione è cambiata da quando ha vinto Hirschi: ha dato la svolta. Siamo il team più giovane del Tour”. LEGGI TUTTO