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    Ciclismo, Giro d'Italia: Ganna domina la cronometro e conquista la prima maglia rosa

    Mai cambio di maglia fu più dolce. L’iride sostituito dalla rosa. Filippo Ganna è il primo leader del Giro d’Italia: la sua prestazione è tanto perfetta da sembrare banale, quasi fosse il risultato inevitabile di una convergenza di situazioni. Il cronoman più forte del momento (non si domina un mondiale per caso) che si misura su un percorso disegnato per esaltarne classe e potenza, una media di 58,8 km/h, sbriciolata qualsiasi velleità altrui. Detta così sembra semplice, ed in effetti Ganna dà l’idea di passeggiare lì dove in parecchi rischiano. Chad Haga è uno che una crono al Giro l’ha anche vinta, eppure in una curva rischia il fuoristrada. Miguel Angel Lopez è uno che aveva nelle potenzialità il podio a Milano: basta una distrazione, un avvallamento stradale mentre toglie una mano sul manubrio. Caduta bruttissima, il suo Giro d’Italia finisce praticamente prima di cominciare dentro una ambulanza.    “Ero uno dei favoriti, ho cercato di sfatare il mito che il favorito non vince e di portare a casa questo risultato. Spero sia di buon auspicio per i prossimi giorni. Indossare questa maglia è una grande emozione. Voglio mandare un saluto alla mia regione, il Piemonte, che ha avuto dei problemi col meteo. Anche oggi, qui, c’era molto vento, ma sono riuscito a gestirlo”, ha spiegato la maglia rosa. LEGGI TUTTO

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    L'Eroica non c'è ma.. si corre lo stesso. I ciclisti ci saranno

    La notizia era stata pubblicata dall’agenzia AdnKronos qualche settimana fa, e appariva come una incredibile curiosità: L’Eroica, una delle manifestazioni più famose (e sognate) al mondo tra gli appassionati di bicicletta (soprattutto dello spirito puro della bici) era da tempo stata annullata causa Covid, ma quasi nessuno degli oltre settemila che da tutto il mondo avevano conquistato il diritto a partecipare aveva ancora annullato la sua prenotazione alberghiera. Lo faranno, hanno pensato in molti. E invece no. La passione per la bici e per una faticosissima pedalata in compagnia sui durissimi duecento km delle colline senesi (quasi la metà su strade bianche, tutto con bici d’epoca) sembra non essersi piegata nemmeno alla pandemia: a due giorni dall’appuntamento di domenica 4 ottobre – che poi è un “non appuntamento”, visto che da mesi è stato annullato – in migliaia (sembra circa duemila) hanno confermato il loro arrivo agli albergatori.“Sono sicuro che ci saranno in molti, anche se abbiamo detto in tutti i modi e le salse che quest’anno non-si-fa. Noi le regole le rispettiamo. Ma come si fa a impedire che la gente venga a prescindere? Ormai L’Eroica è una specie di Mecca personale di questo tipo di ciclismo, e anche un po’ una Woodstock della bicicletta”, dice Giancarlo Brocci, l’ideatore della manifestazione. E dunque ormai a Gaiole, Montalcino, Castelnuovo Berardenga o Buonconvento iniziano ad attendersi un popolo di pedalatori in marcia per una irripetibile (si spera) Eroica autogestita. Forse solo l’avverarsi di catastrofiche previsioni meteorologiche potrà metterli in crisi, ma intanto sono già tantissimi – soprattutto stranieri – ad essere già in giro con le loro magliette vintage per le strade del Chianti.Dunque la partenza non c’è, non c’è l’arrivo, non ci sono le consuete manifestazioni collaterali, niente organizzazione sul campo, punti ristoro, feste: però c’è il percorso, ormai stranoto e anche segnalato stabilmente lungo le strade del Chianti, e ci sono i ciclisti. Tra i quali una coppia tedesca che lo aveva programmato ed è venuta a mantenere la promessa che si erano fatti: si sono sposati in Chianti, ciliegina romantica sulla torta.Infine, ad aggiungere suspense alla vicenda – scrive sempre l’AdnKros -, c’è un neanche troppo criptico post del barone Francesco Ricasoli, uno dei maggiori sostenitori della manifestazione tanto da aver aperto un locale dedicato, l'”Eroica Caffé”, punto di ritrovo e partenza per le migliaia di appassionati di polvere e colline che ormai dal ’97 si ritrovano a pedalare per i 209 chilometri del massacrante percorso toscano. “Aspettando l’Eroica”, scrive Ricasoli sul suo sito il 25 settembre scorso. O, meglio, “aspettando la non-Eroica”, con la curiosità affascinata di vedere quanti alla fine decideranno di… “non-correrla”.  LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Giro d'Italia al via dalla Sicilia: Ganna a caccia della prima maglia rosa

    Una volta chi si chiamava Ganna il Giro lo vinceva. Luigi da Induno Olona, trionfatore della prima edizione nel remotissimo 1909. Filippo da Verbania non potrà emularlo, visto che madre natura non lo ha attrezzato per andare forte su tutti i terreni e, come se non bastasse, per tre settimane. Su una cosa però Filippo potrà superarlo: conquistare la maglia rosa, che Luigi non indossò mai essendo in voga solo dagli anni trenta. L’occasione è ghiotta, una crono di 15,1 km da Monreale a Palermo che darà il via al Giro d’Italia numero 103. Distanza dimezzata rispetto a quella che lo ha visto protagonista al Mondiale di Imola, primo azzurro a vincere la maglia iridata contro il tempo, più vicina alla decina di km di San Benedetto nel giorno della chiusura della Tirreno-Adriatico. Due gare che hanno visto proprio nel dominio dell’italiano il punto di convergenza. Il percorso siciliano sembra inoltre fatto apposta per esaltarne le caratteristiche, anche se ci sono tante varianti: quella impazzita è il meteo, che con partenze spalmate su un crono abbastanza ampio, può fare la differenza. L’altra, più ‘controllabile’, sono gli avversari.Prima di Ganna, che scatterà alle 14,58, toccherà al belga Victor Campenartes (13,18), all’olandese Jos Van Emden (14,35) e soprattutto all’australiano Rohan Dennis, anche lui due volte campione del mondo a cronometro ma nettamente battuto a Imola (deludente quinto posto). Parecchio dopo sarà la volta del tedesco Tony Martin, alla ricerca di rispolverare antichi splendori in prove di questo tipo. Ma non basta, perché Ganna il nemico potrebbe avercerlo in casa. Geraint Thomas, il suo capitano della Ineos, arrivato in italia con il progetto più ambizioso: vincere il Giro. Missione possibile, sia per la squadra – che alla corsa rosa, quando si chiamava Team Sky ha rotto il ghiaccio nel 2018 con Froome dopo anni di disastri – e per la voglia di rivalsa dopo essere visto accantonato a favore di Bernal per un Tour de France rivelatosi fallimentare.Ciclismo LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Giro d'Italia: Nibali lancia l'assalto al tris. “Thomas e Fuglsang da battere, ma più di tutti temo il freddo”

    PALERMO – Lo sguardo è quello di sempre, timido e fiero. Dalla sua Sicilia, Vincenzo Nibali lancia l’assalto al Giro d’Italia, già vinto due volte (2013-2016): il tris lo accosterebbe a Bartali, Gimondi, Brunero, Magni e Hinault e soprattutto farebbe di lui, a quasi 36 anni (li compirà il 14 novembre) il più anziano vincitore di sempre della corsa rosa. “La condizione” sottolinea nella conferenza stampa della vigilia, “è più o meno quella del Mondiale”. Non ottimale, ma nemmeno lacunosa come quella mostrata alla Tirreno-Adriatico di metà settembre. L’azione sulla prima delle due salite del circuito iridato aveva mostrato un buon Nibali, su un percorso non adatto a lui: “Il mio giorno migliore dell’ultimo mese” aveva detto nel dopo gara.  Gli avversari Sono due gli aspetti del Giro che preoccupano maggiormente Nibali. Uno, è scontato, sono gli avversari: “Thomas e Fuglsang sembrano gli uomini da battere, e la Ineos sarà la squadra di riferimento della corsa, perché è probabilmente la più forte e ha il capitano più in forma”. Quanto alla sua Trek-Segafredo, Nibali spiega come “gli uomini che ho accanto a me sono gli stessi con i quali ho iniziato a lavorare a inizio stagione su questo obiettivo, quelli scelti dai direttori”. Sarà da testare soprattutto la condizione di Giulio Ciccone, sulla carta l’ultimo uomo di Nibali, nella realtà un corridore in ricostruzione fisica e mentale dopo il Covid, che l’ha colpito a fine agosto. Un buon Ciccone è ipotizzabile però solo “nella terza settimana” ammette lo stesso abruzzese, maglia gialla al Tour 2019.  Le condizioni meteo Il vero grande spettro del Giro, soprattutto per Nibali e per le sue caratteristiche di scalatore adatto alle grandi quote, è rappresentato dal clima: freddo a oltre 2000 metri, a ottobre significa quasi sempre neve, con l’altissimo rischio che le vette di Stelvio e Agnello possano non essere transitabili. Rcs ha piani alternativi, ma ovviamente nessuno di essi potrebbe sostituire i 2700 e più delle due salite simbolo delle due tappe regine del Giro: “Sì, è la mia preoccupazione principale, il freddo che potremmo trovare e la possibilità che le tappe vengano stravolte. Vedremo via via”. Lo scorso anno la sua rincorsa a Carapaz venne frenata dalla cancellazione del Gavia dalla tappa con finale ad Aprica, vinta proprio da Ciccone. Il caso Simmons Gli umori in casa Trek sono stati rovinati dal caso Simmons: il 19enne corridore americano, neopro e campione juniores in carica, è stato sospeso dal team per aver pubblicato tweet di stampo razzista e trumpiano: a un giornalista che chiedeva di prendere le distanze dal presidente americano, Simmons ha risposto con una manina nera che saluta e con altri tweet di stampo sovranista. Simmons non era comunque tra i convocati del Giro. Il general manager Guercilena ha confermato che “con ogni probabilità Simmons non correrà più con noi fino a fine stagione, e poi vedremo con la proprietà se sia il caso di proseguire il nostro rapporto anche nella prossima stagione”. L’ultima gara del giovane americano è stata la Freccia Vallone di mercoledì.   LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, tweet razzisti: Trek-Segafredo ferma Simmons

    ROMA – Quinn Simmons l’ha combinata grossa. Il più giovane atleta del World Tour è stato sospeso dalla sua squadra, la Trek-Segafredo, per razzismo. Il 19enne corridore statunitense, campione del mondo juniores un anno fa, è finito nella bufera nella serata di ieri quando su Twitter ha manifestato il proprio supporto al presidente Donald Trump in risposta a un messaggio scritto dalla giornalista belga, José Been, che invitava i sostenitori del presidente americano a non seguirla più. Simmons ha salutato provocatoriamente con un “bye” accompagnato da una manina di colore che saluta, simbolo questo che, usato in simili circostanze, assume per convenzione connotazioni razziste.Stagione finita?Immediata la reazione della formazione a stelle e strisce. “Trek-Segafredo sostiene il diritto di libera espressione, ma al contempo tiene in considerazione le persone per le loro parole e le loro azioni. Purtroppo il ciclista Quinn Simmons ha pubblicato online frasi che riteniamo divisive, incendiare e dannose per il team, per il ciclismo, per i suoi tifosi e per il futuro positivo che speriamo di aiutare a creare. Per questo, non correrà per la nostra squadra fino a nuove comunicazione”. Simmons avrebbe dovuto correre domenica la Liège-Bastogne-Liège per poi chiudere con la Scheldeprijs, la Ronde van Vlaanderen e la Parigi-Roubaix, ma molto probabilmente ha già chiuso la stagione. LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, Freccia Vallone: capolavoro di Hirschi sul Muro du Huy

    E’ stato già detto quando al Tour de France ha dominato la tappa che arrivara a Sarran Correze, ma ripeterlo non guasta: è nata una stella, una delle tante in questo ciclismo che assiste ad un tumultuoso ricambio generazionale. Marc Hirschi, 22 anni, svizzero, pupillo di Fabian Cancellara, uno degli enfant prodige in circolazione. Si prende la prima classica della carriera: gestisce l’arrampicata impossibile sul Muro di Huy (pendenze che toccano il 25%) con forza e freddezza e conquista la Freccia Vallone. Con lui la Svizzera interrompe un lunghissimo digiuno di vittorie nella corsa della Vallonia: l’ultimo, unico, a vincere, era stato Ferdi Kubler con la sua doppietta nel 1952 e 1953.”Bisogna essere forti nelle gambe, ma soprattutto bisogna esserlo nella testa per sopportare e superare le difficoltà”: le prime frasi del vincitore sembrano pronunciate da un veterano. Invece sono di uno che si è appena affacciato nel ciclismo che conta e che è freschissimo di podio mondiale (il bronzo di domenica scorsa a Imola). A proposito di Mondiale, mancava il neo iridato Julian Alaphilippe (vincitore delle ultime due edizioni), così come era assente il decano del gruppo, Alejandro Valverde, che a Huy aveva fatto l’abbonamento vincendo 5 edizioni, 4 consecutive dal 2014 al 2017. Questo però non toglie nulla alla bravura di Hirschi, che a questo punto diventa uno degli uomini da battere anche per la Liegi di domenica prossima. Ma non ci sarà comunque possibilità di trittico delle Ardenne, vista la cancellazione della Amstel Gold Race, la classica olandese prevista per domenica 10: l’emergenza Covid ha consigliato gli organizzatore ad alzare bandiera bianca.   LEGGI TUTTO

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    Ciclismo, van der Breggen vince Freccia Vallone femminile per la sesta volta di fila

    HUY (Belgio) – L’olandese Anna van der Breggen, neo campionessa del mondo, ha vinto la Freccia Vallone femminile per la sesta volta consecutiva, dopo aver sbaragliato il campo in cima al terribile Muro di Huy. Quattro giorni dopo aver conquistato la maglia iridata a Imola, Van der Breggen è stata in grado di seguire un attacco della connazionale Demi Vollering sulla ripida salita fino al traguardo. Vollering ha esaurito le energie negli ultimi metri e Van der Breggen ha superato anche la danese Cecilie Uttrup-Ludwig vincendo allo sprint. Vollering ha completato il podio.Domenica la Liegi-Bastogne-LiegiPrima delle azzurre Elisa Longo Borghini (Trek-Segafredo), che ai Mondiali di Imola aveva conquistato la medaglia di bronzo. ”È stata senza dubbio la più sofferta di tutti i miei successi. Ho aspettato gli ultimi cento metri per dare tutto quello che mi restava e cercare la vittoria”, le parole della van der Breggen, che sta vivendo un momento a dir poco strepitoso: da fine agosto ha vinto i campionati dei Paesi bassi, poi la prova a cronometro all’Europeo di Plouay fino alla storica doppietta della settimana scorsa a Imola (crono e strada) e appunto alla Freccia Vallone. L’olandese ora è la favorita d’obbligo per la Liegi-Bastogne-Liegi di domenica prossima. Principale avversaria la sua connazionale e detentrice del titolo, Annemiek van Vleuten, che ha ormai recuperato definitivamente dall’infortunio al polso. LEGGI TUTTO

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    Malvaldi: “Il mio Toro piacerebbe anche ai vecchietti del BarLume”

    Marco Malvaldi, scrittore e chimico, noto tifoso granata, da cosa nasce, per uno come lei, nato a Pisa, il fascino del Torino?”Ma me lo chiedo spesso anche io. Avrei potuto nascere milanista, oppure interista, o magari tifare per la Fiorentina. Per la Juve no”.Tifare Torino è come stare con Ettore contro Achille: fin troppo facile come similitudine. Da scrittore quali altri esempi le vengono in mente?”Tifare Torino è come corteggiare una suora: possibile, per carità, e se ci riesci è il genere di cosa che racconterai per tutta la vita. Ma anche se rimedi un comprensibile due di picche, è una cosa da raccontare. Come facciamo noi. Fin troppo spesso”.Come ha cominciato a seguire il calcio? A che età? E ci ha mai giocato?”Ho cominciato come tutti, da bambino. Da bambino però tifavo per la Nazionale, principalmente. Mi ricordo ancora i mondiali del 1982, uno dei momenti più coinvolgenti della mia infanzia. Giocare ho giocato tanto, come tutti ai campetti di fronte alla chiesa, in piazza San Paolo, a Pisa. Sui campi veri ho giocato poco. In entrambi i casi, ero in porta. Credo la dica lunga su quanto so giocare a pallone…”Quali sono i suoi eroi calciatori? E perché secondo lei il calcio è così capace di produrre miti e memorie collettive?”Come detto, il mondiale spagnolo è uno dei miei momenti preferiti, e i miei eroi sono da quel punto di vista Gentile e Zoff. Il mio eroe torinese è Riccardo Maspero, credo che per i torinisti non ci sia bisogno di ricordare perché”.Chi è l’Artusi del Torino?”Senza dubbio Sergio Vatta, allenatore della primavera del Torino per un tempo immemorabile: c’è stato un momento in cui praticamente ogni squadra di serie A aveva in organico un giocatore della primavera del Toro, compresa la Juventus… Vatta era uno che si sforzava di fare il meglio con il materiale a sua disposizione”.Cosa sa del 1976 e del giorno dello scudetto di Radice? All’epoca aveva due anni: ha rivisto qualcosa di quel periodo?”Ho letto il bellissimo libro di Eraldo Pecci, Il Toro non può perdere. La mia storia preferita è quella di Luciano Castellini, il portiere dell’ultimo scudetto. Castellini era un emotivo, come me, e metteva di nascosto nella borraccia la birra mescolata con la gazzosa. Una volta Graziani la assaggiò per sbaglio e la sputazzò. Radice, sergente di ferro, arrivò e assaggiò anche lui. Luciano, questa è birra, disse. Ma prima che scattasse la punizione Claudio Sala si gettò ai piedi di Graziani: ‘Miracolo! Ciccio ha trasformato l’acqua in birra! Mister, è un presagio, quest’anno vinciamo lo scudetto’. E ho visto non so quante volte il gol di Pulici a Boranga”.La fine del Grande Torino, Superga, sono la Storia nella storia. Come la racconterebbe in un romanzo?”Non la racconterei, semplicemente. Oltre alla storia della squadra, e dei giornalisti e delle persone che erano su quell’aereo, c’è il dolore privato dei familiari e di tutti quelli che gravitavano intorno a quel mondo. Io sono uno scrittore umoristico, e mi sembrerebbe una mancanza di rispetto parlare di quell’accadimento in maniera romanzata. Non ne sarei capace in nessun modo”.Meroni poteva giocare solo nel Torino?”No, avrebbe potuto giocare anche nel Manchester United. Però oltre non si va”.Quali sono i derby che ricorda di più?”Quello della stagione 1994-95, che fra l’altro si è giocato poco prima del mio compleanno, quello di andata, anche se abbiamo vinto pure quello di ritorno. E poi l’ultimo vinto, visto negli studi di sky accanto a Ciro Ferrara: ironia della sorte, uno dei pochi juventini che mi sta simpatico, è un gran signore. Non ho nemmeno potuto esultare troppo”.Non c’è troppa nostalgia nell’epica del Torino? I suoi vecchietti del BarLume che commento farebbero a tutti questi ricordi epici?”I vecchietti del BarLume seguono più che altro il ciclismo, il calcio è uno sport troppo ricco per loro. Però, senza dubbio, si dividerebbero e ci litigherebbero sopra. E farebbero bene, perché i miti servono per fare appassionare le persone, ma nessuno ha mai vinto una partita raccontando una bella storia”.E Belotti che fa il gallo ci starebbe bene con i suoi anziani? È davvero il simbolo del Torino?”Ora come ora sì. Segna, si sbatte e prova giocate difficilissime in momenti decisivi: come quella rovesciata, tentata in un momento cruciale per arrivare in Europa, un anno fa, contro il Sassuolo. Pochi l’avrebbero fatto, lui l’ha fatto due volte, e la seconda è anche andata bene”.Quale maglia, anche del passato, indosserebbe, con che nome e che numero, e perché?”Vorrei la maglia numero 10 di Abedì Pelé, uno dei grandissimi, arrivato in un anno disgraziato, ma che ci fece vincere il derby del 1995 insieme a Rizzitelli. Una classica partita contro la Juve, con tanto di rigore inventato – e parato. Ero allo stadio, mi ero dimenticato gli occhiali e ogni tanto me li facevo prestare dalla moglie di mio cugino…”.Lei ha detto: scrivere per lo stesso editore di Camilleri, Sellerio, è come giocare nel Torino.”È esattamente quella sensazione lì: giocare per la squadra della quale sei tifoso. Credo capiti a pochissimi. È un onore, è un colpo di fortuna. Di quelli da tenere stretti”.La parola tifoso e la sua etimologia cosa ci dicono di noi?”Che ci sono momenti in cui non ragioniamo. Scientemente. E va bene così, una vita fatta solo di razionalità ci condurrebbe alla depressione in maniera inesorabile. Bisogna sapere quando spengerla, e tenere bene presente gli effetti nefasti che questo può avere. Solo l’umorismo, secondo me, può aiutarci a effettuare la transizione inversa tornando persone razionali. Ci aiuta a tornare singoli, e staccarci dal contagio della massa di cui abbiamo scelto di fare parte poco prima. Cosa che deve avvenire anche quando qualche idiota, con la scusa del tifo, insulta”.Che cosa vorrebbe festeggiare in questa stagione da tifoso del Torino?”Faccio finta di non aver capito la domanda. L’anno scorso mi aspettavo l’Europa, ci siamo salvati per un pelo…”.Brutta partenza, sì. Cairo deve fare altri acquisti? Che giocatori servono?”Il Toro ha bisogno disperato di un regista, e soprattutto di coerenza. Non si prende un allenatore come Giampaolo se non si hanno i giocatori giusti”. LEGGI TUTTO