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    Juventus Stadium: tamponi rapidi nel parcheggio auto

    TORINO – Da venerdì potrebbe essere attivo il primo drive-in per i tamponi rapidi di Torino e del Piemonte. L’hot spot è stato allestito davanti all’Allianz Stadium della Juventus e si stima che sarà in grado di eseguire 1000 test antigenici al giorno e chi vi accederà sarà sottoposto al tampone senza nemmeno scendere dall’auto. Dopo circa 15 minuti sarà possibile ritirare il risultato e, in caso di positività, bisognerà attendere per avere la conferma del tampone molecolare, il cui risultato arriverà dopo 24-48 ore. Il drive-in aprirà con un orario sperimentale, dalle 8 alle 14, ma l’obiettivo è quello di ampliare l’apertura a tutto l’arco della giornata. Inoltre, inizialmente verrà aperta una sola corsia dedicata a chiunque abbia ottenuto la prenotazione online dal proprio medico, mentre presto verrà aperta anche una seconda corsia dedicata a tutti.
    Il drive-in comincerà ad essere allestito già da oggi, martedì 10 novembre, grazie alla collaborazione di ASL Città di Torino, il Comune, Arpa e Juventus Stadium. Altri hot spot di questo tipo potrebbero essere attivati presto anche in altre città del Piemonte, tra cui Cuneo, Alessandria e Novara.
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    Scomparso a 53 anni Andrea Merloni, ex presidente Benelli

    Andrea Merloni, ex presidente di Benelli, è morto a soli 53 anni. Un addio molto sofferto per il mondo delle due ruote e per lo storico Marchio italiano. Ancora non ci sono notizie ufficiali sulla causa del decesso, ma è l’arresto cardiaco l’ipotesi più accreditata. 
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    Con Benelli dal 1995

    Andrea era uno dei figli di Vittorio Merloni, noto imprenditore e presidente della Indesit Company. Carica che ricoprì fino al 2010, anno in cui cedette la presidenza proprio al figlio.La strade di Andrea Merloni con quelle della Benelli, però, iniziarono ad incrociarsi già da molto prima del suo ingresso in Indesit. Nel 1988, infatti, la Casa pesarese iniziò a subire grandi stravolgimenti economici nonostante l’ingresso dell’industriale Giancarlo Selci, che rilevò la società nel 1989. Il nuovo proprietario, senza poter investire molto, riuscì a tenere a galla la società, proponendo sul mercato ciclomotori di bassa cilindrata, come il Devil e lo Scooty.
    Ma, nonostante gli sforzi, in Benelli non si respirava una buona aria. Fu proprio in questo scenario, che Andrea Merloni iniziò il suo interessamento per la storica Casa italiana e già nel 1995 a salire in sella alla Benelli fu il gruppo Merloni guidato da Andrea, che ne rilevò il pacchetto di maggioranza.
    Il rilancio del Marchio
    Andrea è sempre stato animato da una fortissima passione per le moto. Ha gareggiato nel cross, per poi passare sull’asfalto nel campionato di Superbike sia come pilota, che come Team Manager. Proprio la sua vena motociclistica fu una vera e propria benedizione per Benelli, che riuscì a rilanciarsi sul mercato grazie alle idee dell’imprenditore romano di origini marchigiane. Nacquero, così, nuovamente progetti ambiziosi, tra cui vari modelli di scooter e diversi modelli di motociclette con cilindrata superiore, come: Tornando(una tre cilindri 900 cc che scenderà in pista anche in SBK) e la TnT.
    Ma, nonostante il periodo di nuovo brillante, lo spettro della crisi torna a farsi sentire e nel dicembre del 2005 la Benelli diventa proprietà del gruppo Qianjiang, una corporation cinese capace di sviluppare una produzione quasi impensabile. Finisce in questo modo l’esperienza di Andrea Merloni come Presidente della Benelli, che oggi a pensarci ci ha lasciato forse troppo presto.
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    MotoGp, Pernat: “Sentenza Iannone precedente pericoloso”

    ROMA – “Penso che sia una sentenza scandalosa”. Carlo Pernat, ex manager di Andrea Iannone, non usa mezze misure quando analizza la sentenza del Tas che ha deciso di sospendere fino a dicembre 2023 il pilota di Vasto.
    Precedente pericoloso
    Una delle figure più conosciute nel Motomondiale non usa mezzi termini quando analizza la situazione: “La Wada ha gestito molto male questa operazione: si occupa di Giochi Olimpici, quattro anni si danno a chi è dopato sul serio” le parole di Pernat ai microfoni di Skysport24. “Qui si parla di alimentazione, di intossicazione alimentare: è un precedente bruttissimo per il nostro mondo, significa che ogni pilota deve essere molto attento a cosa mangia e a dove va”.
    L’ex manager chiede una presa di posizione netta in difesa dell’italiano: “Questa secondo me è una sentenza che non ha nulla a che vedere con lo sport, credo il nostro mondo dovrebbe prendere posizione a cominciare dai piloti e dalla federazione italiana. È un precedente, purtroppo per Iannone, bruttissimo e pericolosissimo, con una pena sproporzionata. Diciotto mesi erano già troppi, una stagione probabilmente sarebbe stato il giusto” conclude Pernat. LEGGI TUTTO

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    MotoGp, Pernat: “Scandalosa la sentenza di Iannone”

    ROMA – “Penso che sia una sentenza scandalosa”. Affonda il tackle Carlo Pernat, ex manager di Andrea Iannone, nel commentare la sentenza del Tas di Losanna che ha squalificato per quattro anni il pilota di Vasto.
    Precedente pericoloso
    Una delle figure più conosciute nel Motomondiale non usa mezzi termini quando analizza la situazione: “La Wada ha gestito molto male questa operazione: si occupa di Giochi Olimpici, quattro anni si danno a chi è dopato sul serio” le parole di Pernat ai microfoni di Skysport24. “Qui si parla di alimentazione, di intossicazione alimentare: è un precedente bruttissimo per il nostro mondo, significa che ogni pilota deve essere molto attento a cosa mangia e a dove va”.
    L’ex manager chiede una presa di posizione netta in difesa dell’italiano: “Questa secondo me è una sentenza che non ha nulla a che vedere con lo sport, credo il nostro mondo dovrebbe prendere posizione a cominciare dai piloti e dalla federazione italiana. È un precedente, purtroppo per Iannone, bruttissimo e pericolosissimo, con una pena sproporzionata. Diciotto mesi erano già troppi, una stagione probabilmente sarebbe stato il giusto” conclude Pernat. LEGGI TUTTO

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    MotoGp, Dovizioso: “Adoro le gare: tornerò in pista”

    VALENCIA – Andrea Dovizioso ha parlato. Come spesso accade ha utilizzato i social per comunicare ufficialmente una verità ormai conosciuta da tutti: si fermerà nel 2021 in attesa di rientrare in pista.
    Passione per le gare
    Il pilota di Forlì, che a fine stagione dirà addio alla Ducati dopo otto stagioni insieme in MotoGp, ha deciso di fermarsi nonostante il corteggiamento di altre case, compresa l’Aprilia, appena rimasta priva di Andrea Iannone, squalificato per quattro anni per doping. “Nel corso degli ultimi mesi ho ricevuto le proposte di alcune Case per partecipare nel 2021 come test rider al lavoro di sviluppo dei loro progetti in MotoGP” le parole di Dovizioso sui suoi canali social. “La cosa mi ha fatto molto piacere e sono grato per la considerazione ricevuta. Nonostante queste opportunità ho deciso di non prendere nessun impegno e di rimanere libero per ora da accordi formali”.
    L’attuale numero 4 della Rossa di Borgo Panigale però non vuole dire addio al Motomondiale: “Ho un’immensa passione per le gare e ho ancora l’ambizione di voler correre e lottare per la vittoria. Tornerò quindi in MotoGP se e quando troverò un progetto guidato da altrettanta passione e ambizione e all’interno di un’organizzazione che condivida obiettivi, valori e metodo di lavoro. Ora sono focalizzato nel terminare il Mondiale nel miglior modo possibile e ho già iniziato a sviluppare alcuni progetti con i miei partner per il futuro”. LEGGI TUTTO

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    MotoGp, Dovizioso: “Tornerò con un progetto ambizioso”

    VALENCIA – Alla fine ha parlato il diretto interessato confermando, di fatto, ciò che tutto il paddock già sapeva: Andrea Dovizioso ha deciso che il suo 2021 sarà un anno sabbatico.
    Progetto ambizioso
    Il pilota di Forlì, che a fine stagione dirà addio alla Ducati dopo otto stagioni insieme in MotoGp, ha deciso di fermarsi nonostante il corteggiamento di altre case, compresa l’Aprilia, appena rimasta priva di Andrea Iannone, squalificato per quattro anni per doping. “Nel corso degli ultimi mesi ho ricevuto le proposte di alcune Case per partecipare nel 2021 come test rider al lavoro di sviluppo dei loro progetti in MotoGP” le parole di Dovizioso sui suoi canali social. “La cosa mi ha fatto molto piacere e sono grato per la considerazione ricevuta. Nonostante queste opportunità ho deciso di non prendere nessun impegno e di rimanere libero per ora da accordi formali”.
    L’attuale numero 4 della Rossa di Borgo Panigale però non vuole dire addio al Motomondiale: “Ho un’immensa passione per le gare e ho ancora l’ambizione di voler correre e lottare per la vittoria. Tornerò quindi in MotoGP se e quando troverò un progetto guidato da altrettanta passione e ambizione e all’interno di un’organizzazione che condivida obiettivi, valori e metodo di lavoro. Ora sono focalizzato nel terminare il Mondiale nel miglior modo possibile e ho già iniziato a sviluppare alcuni progetti con i miei partner per il futuro”. LEGGI TUTTO

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    Iannone, le bistecche del Tas non sono buone

    Scandalosa. Intollerabile. Inaccettabile. Non ci sono aggettivi più appropriati per bollare il verdetto del Tribunale per l’Arbitrato Sportivo che a Iannone ha tirato una mazzata senza logica, emettendo una sentenza che sa di emmenthal, tanti sono i buchi scavati in questa assurda vicenda. Iannone è innocente e lo sapevamo sin da prima che il 17 dicembre 2019, la Corte Disciplinare Internazionale della federazione internazionale motociclistica gli comminasse l’iniziale squalifica di 18 mesi. Dite voi come si potesse affermare che il pilota fosse comunque colpevole, nonostante egli ignorasse palesemente che nella bistecca malese addentata a Sepang ci fosse una sostanza proibita. Dite voi come fosse possibile conclamare una simile facezia, assodata l’assenza di colpe di Iannone, punito per il solo fatto di essere risultato positivo.
    Bella forza: se il drostanolone rientra nella lista dei dopanti è evidente che scatti la sanzione, una volta acclarata la sua presenza dalle analisi. Ma credere alla buona fede di Andrea, no? Ma a nessuno del collegio giudicante è passato per l’anticamera del cervello che Iannone di mestiere fa il pilota, non il cuoco, non lavora manco in un ristorante della Malesia e non cucina mai di persona le bistecche servite al suo tavolo? Macché. E siccome quando si tocca il fondo, c’è sempre qualcuno che comincia a scavare, il Tas ha usato pala e piccone, recependo in toto il ricorso della Wada e stangando Iannone senza pietà. Che razza di lotta al doping è mai questa? Com’è possibile calpestare la solare, evidente, marchiana assenza di dolo del campione dell’Aprilia? E come mai ci sono bistecche contaminate che in marzo vengono digerite dal Tas e in novembre al Tas restano sullo stomaco? Vogliamo parlare del precedente di Jarrion Lawson? Ventisei anni, americano, nel 2016 è entrato nella storia dell’atletica collegiale per avere eguagliato un’impresa firmata dal mitico Jesse Owens: nelle finali nazionali della lega collegiale americana, Lawson vince 100, 200 e salto in lungo (10.22 con -2,3, 20.19 con -0,2 e il lungo con 8,15 con +1,6).
    Nello stesso anno, egli si piazza quarto ai Giochi di Rio, nel 2017 diventa vicecampione del mondo di salto in lungo dietro al sudafricano Luvo Manyonga. Il 3 agosto 2018, Lawson viene fermato «temporaneamente» dopo il controllo antidoping cui era stato sottoposto il 2 giugno precedente; nel giugno 2019, l’atleta è sospeso per 4 anni dal tribunale indipendente dell’atletica in quanto trovato positivo all’epitrenbolone, uno steroide anabolizzante. Inutilmente, i legali dell’americano presentano ai giudici il conto di un ristorante giapponese dell’Arkansas dove Lawson aveva mangiato un piatto a base di carne («Teriyaki Beef Bowl»), diciannove ore prima del controllo. Di più: gli stessi avvocati documentano il possibile uso dello steroide nell’allevamento di provenienza della carne. Niente da fare, il tribunale sentenzia: «Lawson ha stabilito una possibile, ma non sufficientemente probabile causa di contaminazione e quindi di positività».
    Il 9 marzo 2020, il Tas ribalta tutto: all’atleta non può essere addossata «nessuna colpa o negligenza», perché la bistecca dell’Arkansas era contaminata a sua insaputa. Esattamente com’è capitato a Iannone. Naturalmente, nessuno ha risarcito il campione americano per i 19 mesi vissuti nel limbo dell’attesa. Iannone, invece, è stato messo sulla graticola per «soli» undici mesi: agli augusti guardiani del tempio bisognerebbe chiedere come mai ci mettano sempre così tanto tempo per decidere, a costo di compromettere le carriere di chi giudicano. Inquietante, poi, è lo scenario dischiuso dalle parole dell’avvocato De Rensis, raccolte da Mirco Melloni e pubblicate nella pagina accanto: «Riporto quanto hanno dichiarato gli avvocati della Wada nell’udienza: “Se la sentenza che ha condannato a 18 mesi Iannone, dovesse passare in giudicato, per la Wada sarebbe una catastrofe”. Penso sia arrivato il momento di privare la Wada dello strapotere con cui partecipa ai processi nei confronti degli atleti». Iannone è stato sacrificato sull’altare del Sistema Antidoping. Per questo noi saremo sempre dalla parte di Iannone.  LEGGI TUTTO

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    Nba, muore a 86 anni la leggenda dei Celtics Tommy Heinsohn

    BOSTON – Tommy Heinsohn, leggenda dei Boston Celtics, si è spento all’età di 86 anni. Heinsohn è stato giocatore, allenatore e infine, anche commentatore delle partite della squadra. In carriera ha contribuito alla vittoria di ben 8 titoli da giocatore sui 17 totali del roster biancoverde, mentre da allenatore ha portato a casa due anelli della Nba. Inoltre, ha vinto il premio di rooky dell’anno della Nba nel 1956. Questi numeri gli hanno permesso di entrare nella Hall of Fame del club si acome giocatore che come coach.  LEGGI TUTTO