NEW YORK – Il futuro del tennis è un uomo che viene dal passato. Novak Djokovic ha ricominciato a vincere il 2 luglio e non si è ancora fermato. Stanotte ha conquistato per la terza volta gli Us Open vincendo in finale contro Juan Martin Del Potro dopo tre ore e diciassette minuti di partita e tre set, 6-3, 6-7, 6-3.
Il serbo di trentuno anni, che ha cominciato il 2018 fuori dai top ten e sempre più lontano dagli immortali Roger Federer e Rafa Nadal, dopo due anni di litigi, sfuriate, ritiri e sconfitte su sconfitte ha ritrovato fiducia in se stesso. Marian Vajda, il suo storico allenatore se n’era accorto a Londra, subito dopo la semifinale vinta contro Nadal. Quel giorno disse: “Ora posso confermarlo. È tornato”. Aveva ragione. In tre mesi Djokovic ha vinto il torneo di Wimbledon, Cincinnati (l’ultimo Master 1000 che gli mancava) e Flushing Meadows. In totale sono 71 titoli in carriera, 14 gli Slam. Come Sampras: “E’ qualcosa di speciale questo risultato, così come l’aver eguagliato Pete Sampras – ha detto dopo la finale -. Speravo fosse qui stasera, ma desidero dirgli che lo amo ed è uno dei miei idoli: mi auguro di incontrarlo presto, magari su un campo da tennis”.
Tre mesi fa Djokovic era numero 22 del mondo, con il successo a New York salirà al numero tre, al posto di Del Potro.
Djokovic consola Del Potro