Di Paolo Cozzi
Un bellissimo week end di grande volley quello andato in scena nella tre giorni modenese, anticipo di quella che sarà la grande festa per il mondiale italiano e che porterà i tifosi a stretto contatto con i gradi campioni in tutta Italia. Ma se da un lato lo spettacolo sugli spalti è stato coinvolgente e trascinante, non si può dire lo stesso dei risultati ottenuti dai nostri ragazzi che hanno dovuto subire due pesanti tre a zero, intervallati dalla vittoria su una Francia già qualificata. Se la nostra qualificazione era già precaria, il trittico modenese ci ha estromessi del tutto dalle Final Six. Riflessione: a parte Juantorena, i nostri big in questo appuntamento erano presenti.
Il bicchiere mezzo pieno.
Dopo la debacle asiatica, i nostri azzurri hanno mostrato grinta, voglia di lottare e l’atteggiamento giusto, prestando molta attenzione anche nei fondamentali più oscuri come la copertura e la difesa. E’ vero che non abbiamo vinto neanche un set contro USA e Russia, ma non abbiamo mai ceduto di schianto e ce la siamo giocata a viso aperto fino al 20-21 di ogni set. Anche il nostro gioco è migliorato, stiamo provando ad inserire con maggior frequenza l’attacco al centro per creare valide alternative ai nostri laterali e Ivan sta ritrovando meccanismi importanti da opposto dopo due anni da ricevitore puro.
Note negative.
Sono ancora tante le problematiche che minano la sicurezza in campo degli azzurri. In primis i troppi errori in battuta, alcuni ormai diventati routine e che non permettono di mettere sotto pressione la ricezione avversaria e di dare continuità alle strategie a muro. Non mi sono mai piaciute le squadre che puntano tutto e subito sulla battuta perché se è vero che nelle giornate positive risolvono tanti problemi, è anche vero che nelle giornate di luna storta, e capitano a tutti statene certi, lasciano la squadra in difficoltà perché magari non si è allestito e allenato un “Piano B” fatto di scelte a muro e difesa per contrastare il gioco avversario.
Il problema dei giovani.
Un altro tasto dolente rispetto agli altri squadroni che a settembre punteranno al Mondiale è che noi facciamo fatica ad inserire giovani (e per giovani intendo 18-22 anni max) in prima squadra. Preferiamo portare a fare “esperienza” giocatori ormai consolidati e non ne approfittiamo per coloro che nei prossimi anni dovranno diventare le nostre punte di diamante.
Ma qui sorge il secondo problema: abbiamo i giovani da inserire? Se penso al centro qualche nome mi vengono in mente Galassi e Ricci. Ma se al centro qualcosa di futuribile sembra esserci, in altri ruoli sembra davvero tardare il ricambio generazionale. Mancano giovani da poter inserire nelle rose di Superlega e della Nazionale, ed è inutile nascondersi dietro le solite frasi di circostanza “prendiamo solo giovani stranieri” , “gli stranieri costano meno”, “i giovani vanno fatti giocare per forza” perché se ci fossero davvero questi giovani, state sicuri che le società li farebbero giocare, perché non sono matte e sanno anche loro l’importanza di avere giocatori italiani come traino del movimento.
Non voglio entrare ora nel dibattito sul perché i giovani in Italia facciano fatica a compiere l’ultimo step da promessa a bella realtà, anche perché sono innumerevoli e riguardano una miriade di sfaccettature e ambienti diversi. Posso solo osservare che la società di oggi in generale tende a glorificare ed esaltare sin da subito i risultati facendo sentire i ragazzi già arrivati e facendo loro dimenticare cosa serva davvero per diventare Atleti e Campioni a tutto tondo.
LA FAME DI ARRIVARE, LA FAME DI VINCERE.