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“La pallavolo è la mia vita”. Intervista esclusiva alla leggenda russa Lyubov Sokolova

Cosa ricordiamo di una giocatrice? Quando pensiamo a lei, andando indietro con la memoria, quando magari ha smesso di giocare, cosa ci viene in mente? Di una palleggiatrice ricorderemo le magie per smarcare le attaccanti, di una centrale i grandi muri, di una schiacciatrice i punti migliori. Può darsi che sia così, diciamo pure che è molto probabile. Poi, però, ci sono anche le fuoriclasse e le icone che hanno fatto la storia come Lyubov Sokolova.

Pensare a lei vuol dire fare un tuffo nel passato e uscirne con un sospiro nostalgico, consapevoli di essersi lasciati alle spalle una delle nazionali più forti di sempre. L’ex giocatrice di Bergamo e Jesi ne è stata protagonista scrivendo capitoli importanti della storia della pallavolo russa: dagli ori europei nel 1999 e nel 2001 a quelli mondiali nel 2006 e nel 2010, senza dimenticare le medaglie olimpiche e tanti successi di prestigio a livello di club nella sua splendida carriera.

Con il tempo, il volley è cambiato, ma non abbiamo dubbi che campionesse come Sokolova resteranno per sempre nei cuori degli appassionati. Ecco la sua intervista esclusiva ai microfoni di Volley News.

Lyubov Sokolova, una delle più grandi pallavoliste di sempre: cosa provi quando ti guardi indietro e ripensi alla tua carriera?

Se guardo indietro e rifletto su ciò che è accaduto, posso dire di essere grata per tutto ciò che ho vissuto. Sono felice di aver vinto quasi tutto durante la mia carriera da giocatrice. Certo, mi dispiace un po’ non aver messo al collo la medaglia d’oro alle Olimpiadi, ma comunque sono contenta di aver vissuto tanti momenti belli“.

Quando hai capito che saresti diventata una grande giocatrice?

Ho capito di voler fare della pallavolo il mio lavoro a 14 anni, quando sono stata ingaggiata da una squadra professionistica, il CSKA Mosca. Lì ho iniziato a lavorare con la prima squadra; era una prospettiva entusiasmante e ho realizzato che avrei voluto giocare a pallavolo nella mia vita e che avrei potuto farlo con successo“.

Sei stata una delle schiacciatrici più complete di sempre. Qual è stato il segreto per diventare così forte? Cosa è stato più importante per te: il talento o la dedizione?

Per me, è stato importante un mix di talento e dedizione. Puoi avere talento, ma senza allenamento e senza voglia di migliorare, non potrai mai crescere e diventare un giocatore forte. Dentro di te deve esserci la passione per la pallavolo, il desiderio di migliorare e la determinazione per diventare più bravo degli altri. Se possiedi questi elementi, sei sulla strada giusta per diventare un buon giocatore“.

In campo hai sempre messo in mostra una grande autorevolezza. Da dove arrivava il fuoco che avevi dentro? Fuori dal campo eri più timida?

No, io non sono mai stata timida. Anche fuori dal campo, sono sempre stata una persona positiva e piena di energia, a cui piace parlare, divertirsi e ballare. La mia personalità si è manifestata anche quando ero una giocatrice. In campo, non puoi nascondere la tua vera natura; non puoi decidere di mostrarti in un modo piuttosto che in un altro. No, non puoi… Il campo non è il palcoscenico di un teatro. Quando giochi, emerge chi sei realmente, ciò che hai dentro di te, e non puoi fare nulla per nasconderlo“.

Nel corso della tua carriera, hai lavorato con tanti allenatori. Quali sono gli insegnamenti più importanti che hai ricevuto?

Ho lavorato con molti allenatori e posso affermare che ognuno di loro mi ha lasciato un insegnamento prezioso. Ad esempio, l’allenatore che ho avuto da piccola mi ha trasmesso la passione per la pallavolo. In seguito, altri mi hanno insegnato la tecnica, alcuni mi hanno fatto capire l’importanza dell’allenamento, come dovevo lavorare e come dovevo giocare, e altri ancora mi hanno aiutato a sviluppare la giusta mentalità. Sono grata ai miei allenatori e li ringrazio, poiché ciascuno di loro mi ha insegnato qualcosa di utile per la mia carriera“.

Com’è stato lavorare con Nicolay Karpol? Pensi che spingere le atlete al limite in ogni momento sia il miglior modo di allenare?

Nicolay Karpol è stato un allenatore molto importante per me, il primo a convocarmi in nazionale, a mettermi in campo e a credere nelle mie capacità di giocare ad alti livelli. Sono estremamente grata per questa opportunità. Tutti conoscono Karpol e sanno che ha un modo di relazionarsi alla squadra molto diretto. Non posso definire questa caratteristica né positiva né negativa. Certamente, non è bello quando un uomo urla a una donna. Tuttavia, quando un allenatore urla a una propria atleta, lo fa per spronarla a dare il massimo. Lavorando insieme, mi sono abituata al suo stile. Per questo motivo, sono convinta che lavorare con lui sia stato importante per la mia carriera“.

Hai fatto parte di tante squadre forti. Ma, secondo te, cosa distingue una grande squadra da una buona squadra?

Penso che la differenza sia data dalla capacità delle giocatrici di collaborare in campo. È questo elemento che rende una squadra migliore di un’altra“.

Cosa ha reso speciale la nazionale russa che ha vinto i Mondiali nel 2006 e nel 2010, e le medaglie di argento alle Olimpiadi del 2000 e del 2004?

Il discorso è lo stesso della domanda precedente. La nazionale russa di cui ho fatto parte era una squadra unica, in cui tutte condividevano le stesse idee e volevano fare bene, vincere e giocare sia per se stesse sia per le compagne. Per questo motivo siamo state una squadra forte, la più forte del mondo“.

Qual è il ricordo più bello della tua carriera?

Non dimenticherò mai i momenti belli della mia carriera, quando vincevo con le mie squadre e provavo felicità ed emozioni positive. Non è facile elencarli tutti. Come è normale, ci sono stati anche momenti brutti. Tuttavia, in generale, quando si vince si vivono sempre momenti belli, mentre quando si perde si affrontano quelli brutti“.

C’è stato un torneo o una stagione che ti ha lasciato l’amaro in bocca?

Nel corso della mia carriera, mi dispiace non aver vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi. È un grande rammarico. Tuttavia, non cambierei nulla del mio percorso e di quello che ho vissuto“.

Hai giocato in Russia, Croazia, Giappone, Italia, Spagna e Turchia, per un totale di 12 club diversi. Non avresti preferito una maggiore ‘stabilità’? In che modo ti hanno formato le esperienze all’estero?

Sì, ho giocato in molti paesi all’estero, a partire dalla Croazia. In quel caso, non era stata una mia scelta; era stato Nicolay Karpol a dirmi di andare a giocare lì, e così ho fatto. Successivamente, ho avuto molte occasioni di giocare al di fuori della Russia. Mi faceva piacere ricevere proposte dai club stranieri e, alla fine, ho vissuto tante esperienze interessanti, viaggiato in molti paesi e conosciuto nuove culture e persone da tutto il mondo. Anche mio figlio ha avuto l’opportunità di accompagnarmi e imparare le lingue dei posti in cui giocavo. Penso che sia stato bello anche per lui. Perciò, non cambierei nulla della mia carriera“.

Foto Lega Volley Femminile

Come descriveresti le tue esperienze in Italia con Bergamo e Jesi? Cosa ti piace di più del nostro paese?

Le mie esperienze in Italia sono state bellissime. A Bergamo mi sono trovata molto bene: abbiamo vinto, abbiamo perso e qualche volta è andata così così. Tuttavia, porto ancora con me tutte le emozioni che ho vissuto. Anche a Jesi ho trascorso due stagioni interessanti. Nel primo anno abbiamo sfiorato la vittoria, arrivando in finale. Dopo un periodo in Spagna e in Russia, ho riflettuto su dove avrei voluto giocare e ho scelto di tornare a Jesi. Così, ho vissuto un’altra bella stagione. In generale, giocare in Italia è stato fantastico, anche perché ho trovato tanti amici. Inoltre, il vostro paese è meraviglioso: si mangia bene, ci sono tante cose che lasciano a bocca aperta, avete il mare, il sole… È stato davvero piacevole“.

Come descriveresti le sensazioni che provavi quando giocavi? E cosa ha sostituito l’adrenalina che ti dava la pallavolo?

Non ricordo bene cosa pensassi prima delle partite. Sicuramente, come ogni giocatrice, mi preparavo in base alla squadra che avremmo affrontato e, a volte, sapevo già se quel giorno avremmo vinto o perso. Per quanto riguarda l’adrenalina, posso dire che nella mia vita non manca di certo. Ovviamente, ha assunto forme diverse da quando giocavo: mio figlio mi dà adrenalina, così come mio marito, la mia famiglia e il mio lavoro. Dunque, nella mia vita c’è ancora tanta adrenalina“.

Dopo il tuo ritiro sei rimasta nel mondo della pallavolo. Come mai hai scelto di diventare direttore sportivo? È stato difficile passare dal campo alla scrivania?

Dopo aver concluso la mia carriera da giocatrice, mi sono presa un po’ di tempo per riposarmi e mi sono chiesta: ‘Cosa posso fare adesso?’. La risposta è stata immediata e mi ha riportato alla pallavolo. Ho inizialmente provato a lavorare come manager, per poi diventare direttore sportivo. Ho compreso di voler rimanere nel mondo della pallavolo, che conosco bene e di cui posso parlare, trasmettendo le mie conoscenze ad altre persone. La pallavolo è la mia vita, e credo di aver fatto la scelta migliore per me“.

Foto: VFV

Cosa ne pensi della nuova generazione di giocatrici russe? La vostra nazionale avrebbe potuto ottenere grandi risultati senza il ban internazionale?

Penso che le nostre giovani stiano crescendo in modo molto positivo e rapido. Abbiamo tante giocatrici desiderose di competere ai massimi livelli, ma al momento non possiamo farlo. Tuttavia, quando avremo l’opportunità di partecipare a competizioni internazionali, mostreremo tutto il lavoro svolto in questi anni. Credo che, se avessimo avuto l’opportunità di partecipare a questi tornei, saremmo stati in grado di andare a medaglia. Siamo pronti a dimostrare che il nostro impegno è stato proficuo, che abbiamo molte giocatrici forti e che siamo competitivi”.

Un’ultima curiosità: per cosa ti piacerebbe essere ricordata?

Vorrei essere ricordata come una persona allegra, positiva e sempre con il sorriso sulle labbra!“.

Di Alessandro Garotta


Fonte: http://www.volleynews.it/feed/


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