La Rod Laver Arena, teatro di alcuni dei più grandi trionfi di Novak Djokovic, si è trasformata in uno scenario amaro per il campione serbo. I fischi che hanno accompagnato il suo ritiro nella semifinale contro Zverev hanno provocato una risposta pacata ma significativa del dieci volte campione degli Australian Open.
Parlando ai media serbi presenti a Melbourne, Djokovic ha affrontato la questione con la maturità di chi ha vissuto mille battaglie: “Non so cosa dire. Il pubblico ha pagato il biglietto aspettandosi un grande match che non ha potuto vedere. Da questo punto di vista, posso capirli, faccio tutto il possibile per giocare, almeno questo”.
Ma dietro il tono diplomatico si nasconde una profonda delusione: “Non sono sicuro che loro capiscano me o che vogliano farlo. So come funziona il mio corpo e cosa ho fatto per questo torneo negli ultimi 20 anni”. Parole che risuonano come un promemoria del suo straordinario legame con Melbourne Park, dove ha scritto pagine indelebili della storia del tennis.
La frase finale – “Preferisco tacere per non dire qualcosa di cui potrei pentirmi” – rivela quanto lo abbiano ferito i fischi del pubblico. Una reazione che stride con il suo status di recordman del torneo, dove ha trionfato dieci volte, spesso superando condizioni fisiche precarie, come nel 2021 quando vinse nonostante un serio infortunio agli addominali.
Il ritiro di Djokovic, arrivato dopo aver perso il primo set al tie-break, è stato il risultato di un problema muscolare che si trascinava dalla battaglia nei quarti contro Alcaraz. Una decisione presa per preservare il suo fisico, comprensibile per un atleta di 37 anni che ha sempre dimostrato una profonda conoscenza del proprio corpo.
La reazione del pubblico australiano, sempre complesso nel suo rapporto con Djokovic, dimostra come anche i più grandi campioni non siano immuni dalle critiche, anche quando le loro scelte sono dettate dalla saggezza e dall’esperienza. Un episodio che aggiunge un nuovo capitolo al rapporto di amore e odio tra il campione serbo e Melbourne Park.
Francesco Paolo Villarico