In un recente post su LinkedIn, Patrick Mouratoglou, rinomato coach di tennis, ha sollevato importanti questioni riguardo la gestione dei casi di sospensione nel tennis professionistico. Pur riconoscendo che il caso di Jannik Sinner è stato gestito adeguatamente, Mouratoglou ha evidenziato una marcata disparità di trattamento rispetto alla vicenda che ha coinvolto Simona Halep, atleta da lui allenata al momento del controverso test antidoping nel settembre 2022.
Il tecnico francese ha puntato il dito contro la comunicazione dell’ITIA (Agenzia Internazionale per l’Integrità del Tennis), criticando l’uso improprio del termine “tribunale” in riferimento all’organo che ha revocato la sospensione di Sinner. “Non si tratta affatto di un tribunale,” ha precisato Mouratoglou. “Tecnicamente, è solo un’azienda privata ingaggiata dall’ITIA.”
Mouratoglou ha quindi sottolineato la differenza fondamentale con il caso Halep: “Il vero tribunale è il TAS (Tribunale Arbitrale dello Sport), quello a cui si è rivolta Simona Halep. È stato il TAS, dopo un’indagine approfondita e un vero confronto, a stabilire la sua innocenza.”
Il coach ha poi delineato il tortuoso percorso affrontato dalla Halep: “Simona è stata sospesa provvisoriamente, le è stato negato il diritto di appello per mesi, poi è stata nuovamente sospesa, e solo alla fine ha potuto presentarsi davanti al TAS per essere dichiarata innocente. Tutto questo è avvenuto sotto gli occhi del pubblico fin dall’inizio.”
Il dibattito sull’uniformità di trattamento degli atleti in situazioni simili sembra destinato a continuare, con potenziali ripercussioni sulla credibilità del sistema antidoping nel tennis professionistico.
Francesco Paolo Villarico