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Che Bellezza la nostra Primavera

Bellissimo stare qui a rimirare ciò che sta vivendo il nostro tennis di vertice. Quello maschile, soprattutto. Anche se Jasmine Paolini, grazie allo straordinario lavoro che ha fatto con lei Renzo Furlan, si diverte e ci diverte in un modo che mai lontanamente avremmo potuto ipotizzare anni fa.
Al contrario, invece, ci diverte assai meno la conclusione frettolosa della carriera di Camila Giorgi, ma questa è un’altra storia. Forse e probabilmente una brutta storia.
Ma torniamo a bomba, a dire quanto sia bellissimo guardare di cosa sia capace quella nostra “brigata gioventù” che ogni settimana si propone sui courts.
Dopo anni e anni passati a invidiare gli Spagnoli, capaci di sfornare giocatori di livello a iosa, i Francesi, per come sapevano non omologare ma anzi valorizzando appieno le differenze, sfruttando al meglio la rete formata dai centri tecnici federali e la collaborazione con l’iniziativa privata, da un bel po’ di tempo sta fiorendo ciò che negli anni, con lavoro durissimo e competenze ora evidentemente palesi, ha cominciato a saper produrre il nostro tennis.
In ere geologiche lontane, c’eravamo probabilmente convinti che, per diritto divino o germinazione spontanea, ogni generazione ci avrebbe regalato almeno un campione. Mal ce ne incolse.

Intanto non c’eravamo accorti di come e quanto il tennis stesse rapidamente cambiando e poi i primi tentativi di modernizzazione lanciati da gente come Piatti, Castellani e l’invocazione di Roberto Lombardi per creare un centro di formazione e ricerca vennero quantomeno bollati d’eresia.
Invece su quei tentativi caparbi e straordinari è nata una stirpe di tecnici, poi confortata da un diverso e finalmente produttivo atteggiamento della FIT, tutti capaci e capaci di capire come e cosa si dovesse fare per tirare su un giocatore.
L’ultima generazione perduta e venuta su un po’ così – Fabio Fognini è stato un caso a parte, e per talento indiscusso e per modalità di costruzione – è stata quella dei Quinzi e dei Baldi, ma da lì in avanti la musica è cambiata, sia nella capacità di fornire giuste competenze tecniche e tattiche, sia nei metodi d’allenamento fisico e mentale, soprattutto nella programmazione e nella gestione della possibile carriera.
Sinner, Berrettini, Sonego, Musetti, poi ora Arnaldi, Darderi, Cobolli, Nardi, Gigante, Zeppieri, Vavassori, Napolitano, Pellegrino, Maestrelli, Agamenone, Passaro, e tutti gli altri che colpevolmente ometto, non sono frutti del caso ma di una strategia comune, omogenea nelle disomogeneità, prodotti di una miriade di scuderie private in grado di creare campioni e di dare sfogo ai sogni dei ragazzi. E adesso sulla scia di questi sono tantissimi quelli che “ e perché no?” studiano e vogliono provarci.
Tra questi c’è anche il mio “Beauty”, Gianluca Bellezza, classifica 2.2 per ora, e che ieri ha esordito nel Challenger 175 di Torino.
Dico “mio” perché Gianlu, dopo pochi mesi passati in un altro club, venne da noi con una racchetta che era più grande di lui, per trascorrere tutti gli anni della formazione sui campi del Tennis Club Caselle, forgiato dalle mani sapienti di Alessandro Riba.
Gianluca, simpatico, estroverso e casinista come pochi, divenne in poche settimane la mascotte e per tutti soltanto“ Beauty” e ci fu un serio concorso di tanti per cercare di istruirlo al tennis che sarebbe venuto e al meglio.

Con “Beauty” era bellissimo stare e lavorare, un po’ per la sua innata curiosità, un po’ perché intuivi che in quell’abbozzo c’erano potenziali qualità da sviluppare. Mordeva il freno, voleva bypassare passaggi, faceva anche fatica a capire perché gli chiedessimo competenze delle quali non voleva saperne. “Dimmi un po’, ma quando giocherai in un torneo internazionale e dovrai dialogare con un giudice di sedia, visto che l’inglese non vuoi impararlo, come ti rivolgerai a lui, in piemontese che è la tua vera lingua-madre?”, lo pungolavo. Allora a lui interessava giocare e poi ancora giocare. Aveva una grande capacità imitativa e potevi chiedergli di mostrarti in sequenza il servizio dei primi dieci al mondo, il dritto o il rovescio di questo o di quello e lui era in grado di fartelo alla perfezione. Stage da Riccardo Piatti e Bob Brett ci confermarono che “Beauty” qualità ne aveva, oltre che una notevole faccia tosta, mostrata come quando, quatto quatto, si avvicinò sempre di più a Marin Cilic, allora allenato da Brett, fino a sedersi sulla panchina accanto al croato e non riuscire a non parlargli, fino a dirgli con un bell’accento canavesano: “ Ma tu sei di Medjugorje? Ma lo sai che anche mia nonna è andata a pregare lì?” Aveva poco più di dieci anni, ma già ben chiaro che lui in quel mondo voleva starci. E quantomeno alla pari. Poi “Beauty” crebbe e, ferma per un infortunio serissimo l’altra nostra speranza Lorenzo Moja, ci trovammo a non avere sparring e campi a sufficienza per allenarlo al meglio e così, prima a mezzi e poi in toto, lo affidammo alle cure di Gipo Arbino, dov’è tuttora, ma non prima d’avergli detto:
“ Gianlu, a casa nel cassetto della mia scrivania c’è una lettera che ti darò quando la tua carriera tennistica si sarà conclusa. Lì c’è la mia previsione di quello che potrai fare. Se saprai affrontare passo passo le cose, se non sbaglierai troppe scelte, secondo me raggiungerai una cerca classifica ATP. Te lo scrivo ora e sarà divertente vedere tra quindici anni se la mia previsione sarà stata azzeccata.”
Un paio di traslochi, due scrivanie cambiate e la lettera non la trovo più, ma intanto “ Beauty” ha esordito in un Challenger. Il match giocato contro Matteo Gigante non poteva che finire in un modo solo: non si diventa 139 ATP per caso e a Gianlu mancano ancora troppi pezzi, match di questo livello per poter sperare di poter competere a certi livelli. Non è una questione di velocità di palla, perché il suo dritto e il suo servizio “schioccano”, prima e seconda rimbalzano lungo e alto dopo aver toccato terra, è la gestione degli scambi, dei dettagli che fa la differenza.
Se saprà farne tesoro, si avvererà la mia previsione. Tra dieci anni sapremo.
Intanto me lo guardo, me lo godo e penso che l’abbiamo cresciuto e che se oggi è lì, beh, qualcosa di buono a Caselle l’abbiamo saputo fare.
E di Caselle in giro per l’Italia per fortuna adesso ce ne sono a migliaia, dove ci sono ragazzi che sognano e tecnici e dirigenti che sanno dare forma ai sogni.
Bello recitare come una litania, come una formazione di calcio: Sinner, Berrettini, Musetti, Arnaldi,; Sonego, Darderi, Cobolli; Nardi, Gigante, Zeppieri, Vavassori, Pellegrino, Maestrelli, Agamenone Passaro…Bellezza.
Bella la nostra Primavera.

Dal nostro inviato a Torino, Elis Calegari


Fonte: http://feed.livetennis.it/livetennis/


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