NOVARA – Chi è, troppo assurdo parlare al passato per una ragazza di appena 18 anni, Julia Ituma?
Una ragazza nata a Milano l’8 ottobre 2004, da genitori di origine nigeriana. Qui aveva iniziato a praticare sport giocando a basket, per poi passare alla pallavolo su preferenza della mamma. Qui i primi passi, le prime schiacciate, in una palestra parrocchiale, all’oratorio San Filippo Neri. Con quella fisicità viene subito messa nel taccuino dei tecnici della Fipav che quando la scoprono e leggono “2004” nei suoi documenti la portano subito in quel gioiello che è il Centro Federale Pavesi per vestire la maglia del Club Italia.
Iscritta al Liceo Ettore Conti dove studia scienze applicate, il suo idolo è un centrale, Robertlandy Simon, anche se tutti tracciano il suo futuro come quello della nuova Egonu. Chi l’ha conosciuta bene parla di lei come di una perfezionista con le idee chiare. Quando arriva a Novara, il primo giorno posa con quella che sarà anche la sua compagna di stanza nella trasferta della tragedia, la centrale spagnola Lucia Varela Gomez.
E’ cresciuta, come tante amiche e compagne con tanta qualità, al Club Italia (“una palestra di vita”), vivendo nelle ultime tre stagioni al Centro Pavesi, culla della pallavolo nazionale femminile italiana e, a suo dire: “per sempre la mia casa”. Quindi la scorsa estate la decisione di passare al campionato nazionale con un club quotato come l’Igor Gorgonzola Novara.
Di Paola Ituma era considerata dai più come una delle eredi, ma al suo arrivo a Novara lei stessa, a Tuttosport, confidò che “siamo giocatrici con caratteristiche tecniche differenti. Come ogni ragazza della mia età sogno un domani di poter indossare la maglia della nazionale italiana seniores e magari poter giocare insieme a loro”.
Ituma con la nazionale azzurra giovanile la scorsa estate aveva vinto l’Europeo Under 19 e l’European Youth Olympic Festival, l’anno prima l’argento al Mondiale Under 18.
Julia Ituma come detto ha vestito la maglia azzurra del Club Italia per tre stagioni, poi ecco Novara come vice della turca Ebrar Karakurt, fino alla trasferta di Istanbul. L’ultima, inspiegabile. Sede di un gesto che non conosce risposte alla domanda “Perché?”.