Un grande saggio più di una volta ha detto: «Tre set su cinque è un altro sport». In effetti soltanto nel tennis succede che una partita ne contenga non una, non due, non tre, ma ben quattro, una dentro l’altra.
Il riferimento è ovviamente al match di secondo turno tra Alexander Zverev e Sebastian Baez al Roland Garros. Chiunque avesse visto come era andata tra di loro a Roma un paio di settimane fa, sapeva di non potersi aspettare una vittoria in tre comodi set per il tedesco, ma neanche il più affamato di colpi di scena si sarebbe immaginato di vedere Sascha sotto 2-6, 0-4, con palla per mandare l’argentino a servire per il 6-0 nel secondo parziale. La prima “partita nella partita” è durata fino a qui, con uno Zverev che dal 40-0 nel primo game di servizio della sua partita si è ricordato di giocare in uno Slam ed è andato in un cortocircuito mentale prolungato, tradito dalla pressione che non ha ancora imparato a scrollarsi di dosso dopo quasi dieci anni di professionismo. Da un paio di splendidi riflessi a rete in poi, Zverev ha dato il via alla seconda “partita nella partita”, il match che ha interpretato come gli chiede la classifica di numero 3 nel ranking ATP, tra servizi velocissimi e rovesci lungolinea da manuale del tennis. Agli albori di quinto set, però, si sentiva nell’aria come la situazione fosse di nuovo cambiata. La “partita nella partita” numero 3 è stata interpretata dal tedesco con un mortifero iper-difensivismo, per colpa di cui è andato sotto 2-4 prima di recuperare il break grazie a quattro rovesci vincenti fotocopia del game con cui aveva iniziato la rimonta contro Djokovic nella semifinale alle Olimpiadi di Tokyo. Inutile dire che la quarta “partita nella partita” è andata in scena dopo il match point annullato da Zverev sul 4-5, 30-40: come nella più classica legge non scritta nel tennis, andare a un punto dalla vittoria e non approfittarne ti resta così in testa da non vincere più neanche un game a seguire. Se Baez sta ancora cercando qualcosa che possa confortarlo, si appoggi proprio alle parole di Zverev: sconfitte così ti danno la consapevolezza di poter prima sopportare e poi superare ogni delusione in campo.
Tutto facile per Djokovic e Nadal
Tutto facile per Novak Djokovic, che si qualifica per il 3° turno del Roland Garros. Battuto lo slovacco Molcan, che ha fatto soffrire il campione in carica solo nel terzo set. Bene anche Nadal, che supera il francese Moutet.
Alcaraz salva un match point con Ramos Vinolas
A proposito di un tennis che cambia fisicamente e psicologicamente da tre a cinque set, per la prima volta in carriera Carlos Alcaraz ha sperimentato cosa vuol dire essere un top player che deve compiere il decisivo salto di qualità. Eppure, neanche a dirlo, questo teenager spagnolo tira sempre fuori una qualità nuova dal proprio infinito arsenale di armi tattiche e mentali. Oggi, per esempio, Alcaraz ha annullato un match point e ha recuperato un break di svantaggio nel quinto parziale all’eroico Albert Ramos Vinolas, già finalista nel Masters 1000 di Montecarlo nel 2017. Adesso, però, iniziare con i discorsi secondo cui lo spagnolo è un po’ meno fenomeno di prima perché si è permesso di avere qualche piccola paura al secondo turno di uno Slam sarebbe stucchevole. Anche perché gli effetti permanenti che tali commenti iper-critici ed esasperanti possono avere sulla mente e sulla fiducia di un ragazzo di 20 anni erano proprio andati in scena sul Philippe Chatrier qualche ora prima.
Roland Garros femminile, fuori Raducanu e Kvitova
Dal circuito WTA, la lezione di oggi è che non si vince uno Slam per caso, anche se poi non si riesce necessariamente a superare il secondo turno al Roland Garros.
Emma Raducanu aveva dominato la partita per un set contro Sasnovich, ma poi ha scoperto a proprie spese che non basta prendere il pallottoliere per contare i “come on”, se poi non si ha esperienza a livello professionistico sulla terra rossa: naturale che alla distanza vengano fuori i suoi 19 anni. Viktoria Azarenka e Angelique Kerber, invece, sembravano aver agevolmente chiuso le proprie partite rispettivamente contro Andrea Pektovic ed Elsa Jacquemot, prima di balbettare un po’ e di dover riscoprire dentro se stesse la qualità di incutere timore grazie alla propria bacheca di trofei. E per una Sloane Stephens che sembra essersi riscoperta guerriera sulla terra rossa di Parigi dove ha già raggiunto una finale nel 2018 e un quarto di finale nel 2019, Petra Kvitova non riesce a ritrovare fiducia, tradita da una condizione fisica tutt’altro che ideale. Infine, Bianca Andreescu non si abbatta: per quanto ammirevole sia stata la grinta messa in campo contro la Bencic, vincere contro una rivale con più partite nelle gambe è impresa impossibile per chiunque. Dovesse la svizzera disegnare sempre geometrie e pitturare sempre gli angoli come oggi, non ci sono dubbi che vincerà uno Slam prima o poi. Per questa volta le paure al momento di chiudere la partita sono perdonate.