TORINO – Fra la Torino dei canestri che ci ha pensato e l’ha aspettato e lui, il santone yankee, che andando per i 78 anni s’è rimesso in pista, a millemila chilometri dalla natìa Brooklyn, non si sa quale sorpresa vinca, allo sprint dello stupore.
Prevale la notizia, ormai ufficiale e parecchio corposa. Larry Brown è uno che ha vinto tutto, sulle panchine del basket d’America: ha trionfato prima nella Ncaa, ossia nel campionato dei college (1988, università di Kansas), e poi nella Nba, quello dei sommi (2004, Detroit Pistons, Billups e i due Wallace, per un flash su chi c’era). Nessun altro nella storia dei cesti vanta questo doppio trofeo.
Un monumento, si direbbe nel modo più banale, ma lì siamo: dal 2002 il coach ha un posto nella Hall of Fame, che è il museo che custodisce le memorie del basket. Adesso, anziché stare lì a impolverarsi come una reliquia, dice di averne ancora voglia: di insegnare, ed anche di imparare, com’è insito nello sbarco in una nuova parte del mondo. Se l’uomo curioso è sempre il miglior acquisto, l’ha dunque fatto Torino, città vogliosa di canestri più grandi, dopo essere stata, l’ultima stagione, sospesa fra estremi bizzarri: un po’ protagonista, con la sua prima Coppa Italia alzata in inverno, e un po’ delusione, già a primavera fuori dai playoff, per via d’un rovinoso finale di stagione.
Brown era stato, prima che un grande allenatore, un eccellente giocatore. Nazionale americano e medaglia d’oro, ai Giochi di Tokyo ’64, quando gli States spedivano ancora i collegiali, e non i Dream Team. Da buon cervello in campo, come playmaker, era poi diventato allenatore di squadre fortissime, sia Ncaa che Nba: 23 stagioni nella lega professionistica, 9 franchigie guidate, 8 portate ai playoff. Da capo allenatore era tornato pure alle Olimpiadi, ad Atene 2004: non fu oro, stavolta.
E adesso l’Italia. Il colpo d’immagine è sontuoso, e non a caso il mandato sulla panchina dell’Auxilium avrà il suo battesimo nella sede della Fiat, coi sottintesi intrecci commerciali che legano la casa all’altra sponda dell’Atlantico. Di là, Brown si porterà un assistente allenatore che il Belpaese lo conosce bene: Dante Calabria vi abitò infatti da giocatore, anche in finali scudetto con la maglia di Milano, e perfino in azzurro, da oriundo, agli Europei 2005.