Al passo d’addio siamo tutti buonisti, anche nei confronti di chi s’è (sportivamente, professionalmente) odiato. Ma stavolta è diverso. Perché Valentino Rossi è diverso. Unico. Insostituibile. Icona vivente. Patrimonio dell’umanità al punto da essere riuscito a mettere d’accordo pure tutti i rivali. Impensabile, fino ad oggi, quando verso le tre di pomeriggio taglierà per l’ultima volta il traguardo di una gara del Motomondiale. E verrà celebrato con una sorpresa da parte dei colleghi.
Già il fatto che ci abbiano pensato, che abbiano trovato un punto comune è qualcosa che definisce la portata del personaggio Valentino. Cannibale in pista di record e avversari, con rivalità finanche acerrime al limite del venire alle mani (vedi Max Biaggi, che ora dice: «Con Valentino Rossi si ritira anche una parte di me»), il Dottore s’è preso cura delle due ruote, dandole linfa vitale e futuro (non ultimo con i ragazzi della sua Academy) e per questo oggi verrà celebrato come nessuno mai. Forse con una messa in scena spettacolare, la giusta apoteosi per chi ha trasformato una gara di moto in uno spettacolo planetario per grandi e piccini, per appassionati e per chi i centauri, fino a lui, li considerava solo pazzi pericolosi. L’eterno Peter Pan che ha portato in pista bambole gonfiabili, cessi da cantiere, nani e tante altre gag indimentibabili diventerà come John Keating, il professore interpretato da Robin Williams nel capolavoro L’Attimo Fuggente, che dovendo lasciare la sua cattedra venne salutato da un gesto eclatante dei suoi studenti. Tutti in piedi sui banchi a pronunciare “O capitano, mio capitano”, i versi scritti da Walt Whitmann per salutare Abraham Lincoln. Perché di questo stiamo parlando: di poesia pura, di uno leader che è andato oltre a tutto. E che oltre ci ha portato tutti. Anche in piedi sul divano.