VERONA – Alla fine sono stati 11 anni di passione per la pallavolo. Stefano Magrini, ex presidente della pallavolo veronese, racconta così la sua storia alla guida del club di A1 maschile veronese, prima come socio, poi alla guida. Lo ha fatto a L’Arena di Verona, in una intervista con Marzio Perbellini.
La cessione del titolo “Una decisione maturata da parte dei soci dopo un anno di pandemia, complicato. Per quel che mi riguarda posso dire che dopo 11 anni, 5 da socio e 6 da presidente, era arrivato il momento di lasciare. Anni belli, entusiasmanti, dove sono state fatte tante belle cose, magari anche tanti errori. Però 11 anni sono tanti. Ho tolto risorse alla mia famiglie e tempo alle mie aziende. E arrivato il momento di cambiare. Non posso più dedicare tutto mio tempo, ed è stato tantissimo, alla pallavolo”.
L’errore più grande? “Purtroppo è stato quello di rompere con Piero Rebaudengo. All’epoca Giani voleva avere mano libera sulla parte sportiva ma Rebaudengo, giustamente, voleva poter dire la sua anche per contenere un po’ le ambizioni della società. L’ingaggio di Djuric creò la frattura costava troppo per le casse di Verona. Col senno di poi Rebaudengo aveva ragione. Bisognava procedere per piccoli passi, gestire meglio gli investimenti”.
La rottura con Giani. “Intanto parliamo di un amico. All’epoca aveva tutta la squadra contro, cosa bisognava fare? Si erano create tre fazioni tra i giocatori, c’erano grandi tensioni all’interno dello spogliatoio e anche lui si era reso conto che non poteva gestire una situazione del genere. È stata una scelta condivisa”.
Il cambio Grbic-Stoytchev “Non lo rifarei, terrei Grbic. Come è maturata la decisione? C’era troppo permissività all’interno dello spogliatoio. Alcune situazioni creavano tensioni tra i giocatori”.
Main sponsor che sarebbe dovuto arrivare… “DHL. Era praticamente fatta. Avevamo l’ok dei country manager Italia e Europa. Mancava solo l’ok di quello mondiale, che ha bloccato l’operazione per via della pandemia”.
Il bilancio economico con il volley? “Personalmente ci ho rimesso quattro milioni di euro, carte alla mano. Io e Corsini ci abbiamo rimesso tanto”.
Il ricordo più bello? “La semifinale a Lisbona in Challenge contro il Benfica, in un palazzetto incandescente, in un centro sportivo storico. La vittoria e poi la cena coi tifosi. Indimenticabile”.
Quello più brutto? “Sono due: l’addio di Giani dopo la sconfitta contro Sora. E i play off con Perugia: due match point per andare in semifinale falliti e quell’errore dell’arbitro. Saremmo andati sull’8-4. C’erano 5400 persone al palazzetto. Eravamo all’apice. Da lì in poi il declino. Aver fallito il passaggio del turno causò una perdita di investimenti di 500mila euro”.