TRENTO – Ieri il quotidiano l’Adige, a firma di Maurilio Barozzi, aveva posto 5 domande alla società Trentino Volley sul recente passato, presente e futuro. Oggi – sempre sul quotidiano trentino – ha risposto alle stesse, e anche a qualcosa in più, Bruno Da Re, navigato general manager dell’Itas Trentino.
Non è poco un anno per stabilire se l’investimento fatto dalla società per mettere assieme una squadra competitiva ha fruttato o meno? “Noi avevamo chiuso tutti i contratti a febbraio dello scorso anno. Poi è arrivato il lockdown a causa del Covid e la sospensione del campionato. Non avremmo mai pensato di dover giocare tutta la stagione senza pubblico e di spendere decine e decine di migliaia di euro per tamponi e misure di sicurezza. A differenza di altri club, non abbiamo toccato i contratti dei giocatori e così ci siamo trovati a dover sostenere delle spese ingenti senza un’importante voce di entrata”.
Può chiarire le cifre esatte di cui parliamo? “Il costo complessivo della stagione è stato di 5 milioni e 600 mila euro. Le perdite sono di circa 700 mila. Trai 600 e i 700 mila euro”.
Un ingaggio e mezzo… “Il fatto è che con tali giocatori, quei costi ci sarebbero ogni anno. Dunque il ragionamento è: questa perdita possiamo ripianarla con le cessioni invece, se l’anno prossimo dovessimo tornare ad avere un bilancio così, saremmo costretti a chiudere. II ridimensionamento, che comunque non facciamo a cuor leggero, è proprio mirato a non chiudere battenti, ma a valorizzare la società in modo che non abbia nemmeno un euro di debito. Se la società è sana, nei prossimi anni possiamo pensare di rilanciare. Se siamo morti, addio”.
Resta però la domanda. Non sapevate a febbraio che avreste avuto quelle spese? “Sì, abbiamo fatto un azzardo. Poi, purtroppo, per dirla alla Mourinho, ci siamo trovati con zero tituli”.
Nelle domande che ponevamo, evidenziavamo che pensare di vincere un titolo era comunque difficile, visto che ci sono sempre squadre che investono di più… “Questo è vero. Infatti sono d’accordo sul fatto che questa non sia stata affatto una stagione fallimentare: la “piccola” Trento è pur sempre la seconda squadra d’Europa. Anche se non ci nascondiamo che, arrivati in finale, un po’ ci credevamo alla vittoria”.
Il ridimensionamento sarebbe stato portato avanti anche se aveste vinto la Champions? “Sì. Non potevamo fare altrimenti”.
Visto che il tema è questo, quale sarà il budget per la squadra del prossimo anno? “Pensiamo di investire 4,5 milioni di euro: dunque non proprio un budget basso. Per questo posso garantire a tutti che metteremo assieme una buona squadra. Non da settimo posto: cercheremo di stare aggrappati alle prime tre”.
Un’altra domanda riguardava il valore della società: vendere i giocatori migliori non rende meno appetibile la società? “Non è così. I giocatori – tranne quelli che arrivano dal settore giovanile – non sono asset della società. Di fatto sono solamente oneri. E comunque questo è un ragionamento che può fare qualcuno che intende chiudere. Noi non intendiamo chiudere, anzi”.
Seguo il suo ragionamento: Giannelli è un asset di cui vi siete comunque privati. “Giannelli è con noi da quando ha 13 anni. Non gli abbiamo mai consegnato una squadra fatta per vincere, tranne forse quest’anno. Eppure lui e Lorenzetti hanno ottenuto diversi risultati anche non previsti. Credo che l’unica partita che davvero abbiamo perso male in questi anni sia stata la finale di Cev a Tours. Per il resto abbiamo sempre fatto più di quanto era nelle nostre reali possibilità, considerando il budget nostro e quello degli avversari”.
Dunque: perché l’avete fatto andare via? “Le cose non sono andate cosi. Il presidente ha parlato con Giannelli il lunedì dopo la sconfitta con lo Zaksa. È stato l’unico atleta con cui ha parlato. Gli ha spiegato nei dettagli tutto il ragionamento che ho appena illustrato e gli ha precisato che non avremmo potuto costruirgli attorno una squadra di primissima fascia. Dunque lo ha lasciato libero di scegliere ciò che voleva fare. Era giusto che il ragazzo potesse provare a vincere qualche cosa”.
E Lorenzetti? “Lui resterà di certo. Credo che con una squadra giovane come quella che cerchiamo di allestire ci sia bisogno di una guida illuminata sotto il profilo tecnico e pedagogico. Una persona che abbia a cuore i colori di Trento. E su questo Lorenzetti non può essere criticato: anche adesso sta perdendo gli occhi venti ore al giorno al lavoro per costruire la squadra del prossimo anno”.
L’altro passaggio importante è stato l’annuncio delle dimissioni del presidente Mosna, poi rifiutate. “Non ci sono dimissioni. II presidente ha solo fatto presente di avere 73 anni e che non sa se avrà altri 21 anni di energia da mettere in questa società. Così ha proposto a tutti i soci di impegnarsi a cercare qualcuno che si faccia carico della società in futuro, una governance per dare continuità al lavoro fatto in questi anni. Ma questo futuro non è dietro l’angolo, parliamo almeno di mesi, se non anni. E comunque ciò non significa che Diego Mosna abbandonerà la società. Né lui né le sue aziende”.