SARRAN – Si chiama H7379 Hemoglobin Human, ha un effetto simile all’EPO, non è disponibile sul mercato farmaceutico ma i ciclisti la conoscono eccome. L’indagine penale austro-tedesca, che sta indagando sui risultati dell’Operazione Aderlass, nata dal blitz ai Mondiali di sci nordico 2019 a Seefeld, ha informazioni riguardanti l’utilizzo nel ciclismo di microdosi di H7379 nel 2016 e 2017. I campioni, relativi al Tour 2017 in particolare, sarebbero già stati riesaminati dalla Cadf, la fondazione antidoping, e l’Uci sarebbe in possesso di una lista di corridori, forse una cinquantina. La svolta nell’indagine un mese fa, quando, ha rivelato il giornale belga Het Nieuwsblad, è stato arrestato un commerciante croato che fungeva da fornitore di Mark Schmidt. Nel maggio 2019 l’inchiesta, partita dallo sci di fondo, ha portato a galla i casi di ciclisti ed ex ciclisti come Stefan Denifl, Georg Preidler, Alessandro Petacchi, Danilo Hondo, Kristijan Koren, Borut Bozic e Kristijan Durasek.
A dispetto del nome H7379 Hemoglobin Human sarebbe un prodotto sintetico, prodotto in laboratorio. L’effetto è lo stesso dell’uso dell’EPO: l’ossigeno assorbito nei polmoni viene trasferito più rapidamente ai tessuti che ne hanno bisogno e le prestazioni ne trovano giovamento. H7379 non è disponibile sul mercato farmaceutico, è un prodotto sperimentale, ma sul mercato nero del web può già essere acquistato al prezzo di 56,8 euro per 1 grammo e 314 euro per 10 grammi.
C’è un problema economico, però: l’Uci è a corto di denaro e non ha i controlli antidoping in cima alla lista delle priorità. Per questo l’operazione di smascheramento dei colpevoli va a rilento. La sostanza non era rintracciabile allora, con i normali controlli dell’epoca 2016-2017, lo è invece adesso. In genere i casi di doping presunto vanno in prescrizione dopo un periodo di tempo di 8 anni. Qui saremmo ampiamente nei limiti. Il Tour 2017, il cuore di tutta questa vicenda e su cui sono puntati i fari dell’indagine, fu vinto da Chris Froome su Uran e Bardet.