Da Capitale della food valley, incoronata da Unesco ‘Città creativa per la gastronomia’, a Capitale della Cultura Italiana 2020 e, a causa dell’emergenza sanitaria che ha fatto sospendere molti degli eventi programmati, 2021.
Un bel riconoscimento per la ‘piccola Capitale’ dei Farnese e poi dei Borbone, ma anche un’occasione per valorizzare e far conoscere un patrimonio che l’accomuna alle più belle città d’arte italiane.
Dalla Cattedrale, con la cupola dipinta dal Correggio e la Deposizione che, come il vicino Battistero, porta la firma di Benedetto Antelami, al complesso monastico di San Giovanni Evangelista, di cui fanno parte la Chiesa e il Convento e che custodisce opere del Correggio e del Parmigianino. O ancora la città ducale del cinquecentesco Palazzo della Pilotta e del Palazzo del Giardino con il Parco Ducale e l’ottocentesco Teatro Regio, tra i più importanti d’Italia, fatto costruire da Maria Luigia, dove ogni anno si tiene il Festival Verdi.
Il complesso monumentale della Pilotta, fatto costruire dai Farnese, comprende la Biblioteca Palatina, il Museo Archeologico, la Galleria Nazionale, il Museo Bodoniano e il ligneo Teatro Farnese, ricostruito negli anni Cinquanta sui disegni originali del XVII secolo. Vi si accede dal grande Piazzale della Pace, recentemente trasformato dall’architetto ticinese Mario Botta in area verde e diventato un frequentato punto di ritrovo cittadino.
Oggi il complesso è protagonista di un importante progetto di riqualificazione, con nuovi allestimenti della Galleria Nazionale, che custodisce, tra le altre, opere di Beato Angelico, Parmigianino, El Greco, Tintoretto, Tiepolo, Canaletto, oltre a La Scapigliata di Leonardo da Vinci e alla statua-ritratto di Maria Luigia del Canova.
Ma accanto alla città d’arte non bisogna dimenticare la Parma imprenditoriale e innovativa, capace di valorizzare le eccellenze del territorio, un circuito di musei dedicati al cibo e una biblioteca gastronomica, quella dell’Academia Barilla, che conta oltre 8500 volumi e un’importante raccolta di menù storici.
In attesa che siano rimodulati i programmi di Parma Capitale della Cultura Italiana (tutte le news su parma2020.it), tra le principali realtà museali che hanno riaperto i battenti, solo con visite su prenotazione, ci sono proprio i Musei del cibo (museidelcibo.it). Con il neonato Museo del fungo porcino di Borgotaro, sono in tutto sette, dislocati in edifici storici della provincia legati alle diverse zone di produzione. Il Museo del parmigiano reggiano ha sede nell’antico caseificio adiacente al castello di Soragna, mentre il Museo della pasta e quello del Pomodoro si trovano entrambi presso la corte agricola medievale di Giarola, nei pressi di Collecchio, sulla sponda destra del fiume Taro. Nelle suggestive cantine della Rocca di Sala Baganza ha sede il Museo del vino e in quelle settecentesche del castello di Felino il Museo del salame. Il Museo del prosciutto di Parma non poteva che essere a Langhirano, nell’ex Foro Boario, mentre il Museo del culatello di Zibello si trova nell’Antica corte Pallavicina di Polesine Parmense.