L’ex capitano del Pistoia Basket 2000 dal 2005 al 2013 Fiorello Toppo è stato intervistato da Maurizio Innocenti per La Nazione, edizione Pistoia. Ecco le sue dichiarazioni sul momento attuale della pallacanestro italiana.
Stravolgimento in campo… Credo che ci sarà uno stravolgimento, le misure delle fase 2 e 3 di questa emergenza dovremo mantenerle per diverso tempo e del resto giocatori e staff devono poter svolgere il proprio lavoro in sicurezza e nel basket i contatti in campo ci sono non si possono evitare.
… e finanziariamente. L’indotto era già scarso, ora lo sarà molto di più. La serie A/1 e A/2 che sono categorie professionistiche o quasi e tutte le società sono supportate da sponsor che subendo un ridimensionamento nel fatturato avranno meno soldi da investire nel basket.
Dovranno essere rivisti i costi per accedere a tutti i campionati, così come i costi per giocatori e staff, ma qui nasce un altro problema: se paghi meno non puoi pensare di avere la totale disponibilità dei giocatori e degli allenatori almeno in certe categorie.
Giocare a porte chiuse. Una proposta del genere unita ai costi attuali è credo impossibile da accettare per molte società che, prendo l’esempio di Pistoia, hanno nei tifosi il loro primo sponsor. Togliere abbonamenti e incassi e non i costi che una società deve sostenere vuol dire mettere in ginocchio i presidenti.
Abolire il professionismo. Non ero d’accordo stato proposto in A/2 e non lo sono ora. LA risposta non è quella di tirare la cinghia il più possibile per campare qualche anno, ma fare in modo che arrivino più soldi alle società. L’esperienza del non professionismo in A/2, poi, non ha dato i risultati sperati. Se presti la tua attività devi essere remunerato come qualsiasi lavoro, altrimenti decidi di non fare attività agonistica, scegli i giocatori della tua zona che si allenano nel tempo libero, ma la loro occupazione principale a quel punto è un’altra.
Adesso i giocatori arrivano da tutte le parti d’Italia e del mondo e giocare a basket e la loro unica occupazione per cui è giusto che vengano pagati per ciò che fanno.