Le ultime tracce sportive di alto livello lasciate da Mark Cavendish nel mondo del ciclismo risalgono ormai a un paio di anni fa. L’ultima vittoria del corridore britannico, originario dell’Isola di Man, risale all’8 febbraio 2018, una tappa del Dubai Tour. A 34 anni, con 146 successi dietro le spalle, per il mitico Cav, uno dei più forti velocisti di ogni tempo, è l’ora dei bilanci, ma anche delle spiegazioni: «Ho sofferto di depressione, ero al buio. Ne sono uscito con un aiuto, ma senza farmaci» ha confessato al Sunday Times. Il male oscuro lo ha accompagnato dall’estate 2018 sino a poche settimane fa. «Sono riuscito ad uscire da questo periodo molto doloroso. Ora riesco a vedere gli aspetti positivi della vita» prosegue Cavendish, colpito in passato dal virus di Epstein-Barr e costretto a lunghi periodi di stop che ne hanno minato certezze e spunto veloce. È proprio l’inseguimento delle antiche sensazioni in bici ciò che forse ha innescato i meccanismi mentali della depressione.
Ora è tardi, forse, per tornare il Cannon Ball dei tempi d’oro, quelli delle 30 vittorie di tappa al Tour, a sole 4 lunghezze dal record di Eddy Merckx, quelli della maglia iridata conquistata nel 2011 a Copenaghen, o dell’argento dietro Peter Sagan e davanti a Tom Boonen a Doha 2016, o dei tre titoli mondiali su pista. Solo Merckx e Cipollini hanno vinto più tappe di Cavendish nelle grandi corse a tappe: per il corridore dell’Isola di Man ben 48 centri di giornata. E la spettacolare Milano-Sanremo del 2009, vinta alla sua prima partecipazione di un millimetro sul tedesco Haussler. I due ora sono compagni di squadra alla Bahrain-McLaren, uno dei team messi maggiormente in difficoltà dall’avvento del coronavirus, col blocco delle gare e la conseguente richiesta di sacrifici economici ai propri corridori. Problemi che però sfiorano Cavendish, nonostante il suo contratto scada a fine 2020 e le possibilità di rinnovo siano strettamente legate alla ripresa dell’attività agonistica: «L’incertezza del presente riguardo quando potremo tornare a correre è qualcosa che ho già vissuto per due anni. Non credo ci saranno corse quest’anno. Eventualmente, bisognerebbe dare priorità ai Mondiali e al Tour de France. Comunque, ci sono persone per le quali la situazione è decisamente peggiore. Nel ciclismo viviamo in una specie di bolla». Una carezza ai suoi bambini, poi: «Poter vivere questa situazione come genitore mi rende davvero felice Mi dà altre motivazioni e mi permette di rimanere sano».