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Coronavirus. Edi Rama, dal basket alla presidenza dell'Albania

Coronavirus. Edi Rama, dal basket alla presidenza dell'Albania

Sulla bocca e nel cuore di tutti, l’iniziativa del presidente dell’Albania Edi Rama di spedire 30 tra medici e personale sanitario in Italia per offrire un contributo nelle corsie degli ospedali sopraffatte dall’epidemia di Coronavirus ha lasciato un segno profondo come dimostrazione di solidarietà e di amicizia, restituito dignità a un continente dove ognuno sembra pensare solo a se stesso, ma sempre pronto a stigmatizzare l’insensibilità altrui.

Edi Rama è stato intervistato da Filippo Conticello per La Gazzetta dello Sport, ed ecco alcune battute compresa la rievocazione dei tempi in cui giocava nella Nazionale albanese di pallacanestro.

Missione. Nasce da una memoria forte: la mia generazione ha vissuto sulla pelle sia i tempi bui della dittatura sia la ferocia del mare della libertà quando uscimmo dal bunker comunista per nuotare verso la nostra America: l’Italia! Ma forse nasce anche dalla paura, dalla consapevolezza che il “catenaccio” di ogni Stato europeo può trasformarsi in un suicidio collettivo, mentre il nemico invisibile ci aggredisce con un pressing mai visto. Guardare l’Italia lasciata sola diventava ogni giorno più imbarazzante: ogni membro della casa europea non può restare chiuso nella sua stanza. E cosi meglio seguire il consiglio di Madre Teresa: invece di maledire il buio accendiamo la nostra candela!”.

Aiutarsi. La prima scintilla l’ho captata dalla reazione di Di Maio quando gli ho accennato l’idea con timidezza: 30 persone sono una candela che non può riscaldare una cattedrale stracolma di sofferenza come l’Italia di oggi nel freddo europeo. Luigi mi ha detto: “Ma scherzi, sarebbe indimenticabile!” Non mi aspettavo questa commozione, che fa piacere e dà i brividi: deriva dalla sofferenza e solitudine italiana. Noi lo facciamo forse proprio perché  siamo poveri. Nella marea dei commenti che ho letto in italiano mi ha colpito quello di un ragazzo del Sud: “L’Albania mi ha ricordato papà. Mi diceva: non dimenticarti dei poveri. Nel momento del bisogno, saranno gli unici ad aiutarti”.

Il Coronavirus in Albania. Combattiamo, come tutti. Coscienti della nostra debolezza, siamo stati i primi a mettere… l’autobus davanti alla porta, come  direbbe il grande José! Toccando ferro, i numeri ci stanno dando ragione finora.

Basket lo sport della vita. Ero troppo alto per gli standard albanesi e cosi sono diventato un pivot troppo piccolo per gli standard internazionali! Domandai alla nostra federazione di fare da traduttore alla grande Scavolini che venne a Tirana per le eliminatorie di Coppa Campioni. Conobbi Valerio Bianchini e il suo giovane vice, un certo Sergio Scariolo. Con il “Vate” siamo diventati poi amici e gli ho fatto visitare l’Albania”.

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