(di Giorgio Gandolfi). Sabato scorso sui notiziari sportivi televisivi americani è stato trasmesso un filmato del ritorno di Bobby Knight ad assistere ad una partita dell’Università di Indiana, da lui allenata per 29 anni. È entrato con passo lento, sorretto e scortato da decine di suoi ex giocatori, che erano finalmente riusciti a convincerlo a tornare, dopo che era stato licenziato in tronco nel 2000 e dopo che aveva giurato che non sarebbe mai più tornato.
Perché vi chiederete scrivo di un allenatore che non allena più da anni? Fatemi prima parlare di lui e poi vi racconto il mio contatto di persona con “the General”, come era stato soprannominato. Grande allenatore, tre titoli di college, un oro olimpico, terzo ancor oggi nella classifica ogni tempo per partite vinte, Knight è stato un grande innovatore negli anni 70 ed ’80. Le sue motion offense e difesa a uomo erano per gli allenatori di tutto il mondo esempi unici.
Gli avevo scritto e lui mi aveva regalato i suoi due libri su questi argomenti, e che conservo ancora, come anche la lettera accompagnatoria ed una sua foto autografata. Alcuni dei suoi giocatori hanno giocato in Italia, da Scott May a Brescia, Torino, Roma e Livorno, a Kent Benson e Steve Green. Ma. accanto ad un palmares unico ed un approccio innovativo al basket, l’immagine negativa della sua carriera sono state le tante liti, che lo hanno portato ad essere licenziato dopo un ennesimo alterco, questa volta con uno studente, e numerosi comportamenti sopra le righe, aspetti che sono stati una costante nella sua carriera.
A dir poco irascibile, pronto allo scontro verbale e non solo, sono rimasti famosi il lancio di una sedia in campo dopo una decisione arbitrale (anni dopo dirà, scherzando, che lo aveva fatto perché aveva visto una signora anziana in piedi in un angolo), un arresto a Portorico per aver litigato pesantemente con un poliziotto, come l’aver preso per la gola un suo giocatore ed altri episodi.
Dopo queste premesse il quadro è quindi quello di una persona da prendere con le molle ed ora vi racconto un episodio che mi è successo con lui. Mi chiedono di fare da traduttore ad un suo Clinic in Svizzera e lui si ricorda che gli avevo scritto e che mi aveva regalato i suoi libri. Durante una lezione io ero alla sua sinistra e traducevo dall’inglese all’italiano ed alla sua destra il traduttore dall’inglese al francese. In un’occasione si volta a parlare verso il traduttore dal francese, io non riesco a capire esattamente cosa dice e gli chiedo gentilmente di ripetere. Knight mi guarda e dice, quasi urlando, di fronte a tutti: «Capisco meglio io l’italiano che tu l’inglese!». Mi monta la rabbia, ma non dico niente. Poi, mentre andiamo in aula per vedere un filmato, a voce alta dico: «Adesso capisco perché molti tuoi giocatori hanno cambiato università». Lui mi guarda stupito per le mie parole. Si ferma un secondo, ride e mi prende sottobraccio. Che rischio che ho corso con “the General”.
Giorgio Gandolfi