La grinta di Clark
Proprio roba da Cinelandia, il marchio che per la passione di Paolo Petazzi si è aggiunto sulle maglie di Cantù a quello dell’Acqua San Bernardo, consentendo il ritorno in Brianza di Joe Ragland. Sì, perché la vittoria in rimonta su Treviso ha seguito l’esatto copione di quei film rigorosamente a lieto fine che non possono mancare in sala durante le feste di Natale. Sotto di 19 punti (37-56, con facile appoggio di Fotu) all’inizio del terzo quarto, gli eroi di casa paiono ormai irrimediabilmente condannati a una dura sconfitta. Quando ecco che per magia (e anche perché la De’ Longhi la considera vinta un po’ troppo presto) l’inerzia della partita viene del tutto ribaltata: da lì in avanti gli uomini di coach Pancotto iniziano a dannarsi come matti in difesa, mentre in attacco lasciano finalmente perdere i tiri da oltre l’arco (5/23 il bilancio finale) per attaccare il canestro con una furia ritrovata. E con il rullo di tamburi degli Eagles a far da colonna sonora già udita in passate battaglie, ecco così arrivare a metà dell’ultima frazione il pareggio e quindi il sorpasso. Poi, ovviamente, non può mancare la suspense del punto a punto finale e dei liberi (quelli del conclusivo 77-74) che Clark infila a 2” dalla sirena subito dopo un clamoroso errore di Tessitori (autore comunque di una prestazione da 15 punti e 12 rimbalzi) e subito prima della definitiva resa dalla lunetta di Cooke (top-scorer avversario con 15 punti). Ultima scena: tutto il PalaDesio in festa, mentre sulla linea di fondo i ragazzini delle giovanili saltano come impazziti. Trama già vista, certo, ma questa volta per nulla scontata. E con un interessante intreccio di vecchi e nuovi personaggi per il Campionato di Cantù…
Joe Ragland, nei panni del campione che torna in città per dare una mano a un gruppo di giovani giocatori in difficoltà. La forma non può essere la migliore, ma è abbastanza per rimanere 28′ sul parquet e far vedere con la penetrazione del 60-64, proprio nel bel mezzo della rimonta, che il tempismo nel battere la difesa non è venuto meno nel tempo. Così come uguale è rimasta la leadership e la capacità di infondere fiducia ai compagni nei momenti più delicati, proprio come avviene per la tripla del 72-70 che replica nel finale all’eguale prodezza di Logan che aveva riportato avanti Treviso. Il tabellino del ritorno a Cantù dice 7 punti, 3 assist, 4 rimbalzi e 3 palle perse (frutto delle incomprensioni con i nuovi compagni). Ma la sensazione è che il play abbia già ripreso il suo vecchio posto e che Cantù non possa che beneficiarne nella corsa alla salvezza.
Wes Clark, nei panni del talento ritrovato proprio grazie alla mano offertagli dal più esperto campione. E per questo attore protagonista del match: dopo l’ennesimo inizio balbettante, con a fianco Ragland ritrova la sicurezza (il coraggio non l’ha davvero mai perso) per attaccare il canestro con tutt’altro profitto rispetto a un recente passato, specie nei momenti chiave. Top-scorer assoluto con 24 punti, è infatti anche il maggiore protagonista del break che riporta in vita Cantù e – come i 5 precedenti – infila anche i due liberi che chiudono i conti con Treviso. Alla fine gioisce come avesse vinto lo scudetto: a un passo dal taglio, trova la miglior prestazione stagionale proprio quando si sta giocando il tutto per tutto. E per coach Pancotto, come per i tifosi canturini, non può esserci notizia migliore.
Kevarrius Hayes, nei panni del dinoccolato e sorridente ragazzone che sotto la spinta dei compagni sfodera finalmente la faccia da duro e mette insieme una doppia doppia da 11 punti e altrettanti rimbalzi. Soprattutto, quando finalmente decide di chiudere l’area non solo affidandosi alle stoppate, per l’attacco di Treviso si fa molto più dura. E immaginiamo che lo staff di Pancotto non mancherà di farglielo notare anche per il futuro…
Jason Burnell e Andrea Pecchia, nei panni dei migliori attori non protagonisti: 30′ sul parquet per l’americano (7 punti, 5 rimbalzi), 32′ per l’italiano (8 punti, 10 rimbalzi), tutti all’insegna di uno spirito da lottatori che non può non fare la differenza. Proprio come accaduto contro Treviso.
Paolo Corio