MODENA – È stata eletta miglior muro della Serie A1 femminile nel 2013 e nel 2015. Grazie al volley ha maturato l’interesse verso quella che è la sua professione attuale, la mental coach. Raffaella Calloni, ex centrale che conta tra le sue esperienze Novara, Villa Cortese, Baku e Conegliano, sa bene quanto sia importante allenare il corpo, ma soprattutto la mente. Un’intervista nella quale Raffaella racconta di sé stessa e dell’amicizia che la lega a Sara Anzanello.
Innanzitutto, come stai e come procede la tua vita lontana dai campi da gioco? “Procede bene. Mi sto godendo tutte le cose alle quali ho dovuto “rinunciare” durante gli anni da professionista. La mia famiglia, i miei amici e tutte quelle semplici cose, come un weekend a passeggiare in montagna o un pranzo domenicale, che mi rendono tanto felice”.
Lo scorso anno, hai detto addio alla pallavolo giocata. Come hai maturato questa decisione e qual è stata la motivazione principale che ti ha portato a dire addio al volley giocato? “La decisione in realtà la stavo maturando da un paio di anni. Le motivazioni principali che mi hanno portato a dire addio al volley sono state due: il bisogno di dedicarmi alla mia famiglia e la necessità di dare un pò di tregua al mio corpo. Non sapevo più cosa volesse dire non avere male a qualcosa”.
La tua carriera è stata minata da tre gravi infortuni: la rottura del legamento crociato nel 2006 e 2018 e la rottura del tendine d’Achille nella stagione 2013/2014. Sono stati tre recuperi completati con consapevolezze diverse? “Ogni infortunio è stato diverso. Nel primo infortunio il recupero è stato veloce e ottimale. Non avevo dubbi che lavorando bene sarei tornata come prima. Il secondo è stato il più tosto. Avevo 30 anni e il tendine d’Achille penso sia una delle paure più grandi per ogni atleta. Nel mio caso poi non si era rotto, si era disinserzionato. Hanno dovuto reinserirlo nell’osso con una vite e le probabilità che non potessi tornare a giocare erano davvero molto alte. Il recupero è stato lungo e pieno di ostacoli ma essere riuscita a tornare mi ha dato un’enorme consapevolezza: quando hai un ‘perché’ abbastanza grande per raggiungere un obiettivo, un ‘come’ lo trovi sempre. Il recupero dell’ultimo infortunio invece è stato una storia a sé, molto difficile, un pò perché il ginocchio è messo davvero maluccio e un pò perchè non avevo l’obiettivo di tornare in campo”.
Oggi hai intrapreso un nuovo percorso. Ci racconti cosa ti ha affascinato del mondo del mental coaching e come ti ci sei avvicinata? “Mi sono avvicinata nel 2011, quando a Villa Cortese ebbi la fortuna di lavorare con due professionisti straordinari, Pasquale Acampora e Alessandro Mora. La cosa che mi ha affascinata da subito è stata la semplicità di applicazione e i risultati straordinari che puoi ottenere allenando la tua mente a lavorare correttamente. Questo tipo di formazione non era nei miei programmi post-volley, ma negli ultimi anni ho capito che mi sarebbe piaciuto fare questo da grande”.
Quanto il tuo vissuto sportivo ti aiuta in questo nuovo ruolo da mental coach? Ti consente di vedere le situazioni da una prospettiva diversa? “Il mio vissuto sportivo mi aiuta tanto quando lavoro con gli atleti. Mi permette di vedere le cose non da una prospettiva diversa, ma da una prospettiva preferenziale. So cosa significa essere un’atleta, quali problematiche e sfide sei chiamato ad affrontare in quel ruolo e quali dinamiche si innescano, perché le ho già vissute sulla mia pelle”.
Raffaella Calloni tra Paola Cardullo e Sara Anzanello
Andando a curiosare sul tuo sito (), a primo impatto, l’elemento che colpisce e non può lasciare indifferenti è il tuo sorriso. Un sorriso che compare in tutte le foto presenti nell’home page volte a descrivere il tuo presente e il tuo passato. C’è stato un momento particolare nella tua vita in cui questo sorriso ha rischiato di essere offuscato? “È stato offuscato dalla morte di Sara e, ad essere onesti, ogni tanto si offusca ancora. Il dolore che provi quando perdi qualcuno che ami, così ingiustamente e precocemente, è davvero una cosa difficile da gestire e metabolizzare. Però, come mi ha insegnato lei, la vita è preziosa anche quando non è come te la eri immaginata. Così mi sfogo, piango, butto fuori tutto il brutto e faccio posto a tutto il bello che c’è stato e che nemmeno la morte può cancellare. E all’improvviso mi ritrovo a sorridere nuovamente con lei”.
Oltre al mental coaching, stai portando alto il ricordo di Sara Anzanello occupandoti della promozione del suo libro. Qual è il messaggio che volete diffondere? “Il messaggio che vogliamo far arrivare alle persone è quello che Sara ci ha insegnato con il suo esempio: anche se la vita è ingiusta, e non è come l’avevamo immaginata, è comunque preziosa e degna di essere vissuta ed assaporata. Dobbiamo combattere per quello in cui crediamo e capire che un sorriso è in grado di cambiare in meglio anche le cose più spaventose”.
Cosa rappresenta per te questa avventura? “Significa tenere viva Sara, continuare a darle voce, rendere onore alla sua vita e alla sua straordinaria persona. Significa condividere con gli altri le sue strategie perché penso davvero possano essere di stimolo ed aiuto a tante persone, come lo sono state per me”.
Se dovessi pensare ad una colonna sonora della tua vita, quale canzone sceglieresti e perché? “Sceglierei Shine On di Eric Bibb. Una canzone blues che racconta di come vivendo nel presente, nell’amore e guardando ai nostri obiettivi possiamo brillare come esseri umani e affrontare ogni sfida”.