Alla fine di giugno 2020 scadrà il contratto tra Legabasket e Eurosport per la trasmissione delle partite del campionato di serie A. Alla presentazione della nuova stagione il presidente Bianchi ha sviscerato in lungo e largo le percentuali di successo della comunicazione di Legabasket sui social media, ma di successi televisivi è stato alquanto assente.
Ha chiosato anche sull’aumento del pubblico senza fornire dati, ma qui piaceva vincere facile, visto che numericamente il confronto tra il pubblico di Trieste e quello di Capo d’Orlando non si pone proprio. In realtà ci siamo fatti l’idea, come abbiamo già scritto altre volte, che l’aumento reale non ci sia stato anche perché non siamo stati smentiti. Il successo televisivo, così sbandierato, del Christmas Day di Natale 2018 non aiuta le trattative di rinnovo.
Adesso, che voci di corridoio mormorano che dalla prossima estate Legabasket diventerà il produttore dei contenuti televisivi che la riguardano, siamo ancora più perplessi. Scrivono che il presidente della Dinamo Sassari Sardara sia favorevole propugnatore, sulla scia della sua Dinamo TV (di cui peraltro i risultati li conosce solo lui). E ogni squadra dovrà produrre i propri, a cominciare dalla cronaca delle partite con registi, cameramen e teleconduttori di qualità. Perché c’è da garantire almeno la qualità dell’instant replay.
Eurosport? Nessuna dichiarazione ufficiale, solo la decisione di diminuire i suoi costi nell’ultimo anno di contratto evitando di mandare una partita in diretta sul satellitare di Sky. Se il prodotto tirasse sarebbe una scelta suicida. Il silenzio ancora una volta è assai loquace.
17 squadre di pallacanestro dotate di troupe, preparazione, organizzazione nel settore della riproduzione audiotelevisiva da inventare in un amen in un ambiente dove la stragrande maggioranza degli addetti stampa lavora gratis. Desiderio e realtà stridenti come nella storia del palazzetto da 5.000 posti. Un grande impegno di trasformazione di mentalità, investimento, cultura; ma per guadagnare cosa?
La produzione di una partita costerebbe sui 5.000,00 euro per un totale di 85.000 a stagione per club, meno dei 120.000 euro che attualmente le squadre ricevono come diritti televisivi. E qui arriva il chiodo.
Legabasket quest’anno non ha il main sponsor del campionato. Bianchi ha glissato sull’argomento, e tutti sono stati zitti.
Chi curerà la ricerca della pubblicità, il motore che muove la televisione? Ci si affiderà ancora agli amici – domenica non ha funzionato il play by play della gara Pesaro-Virtus Bologna ma nessuno ha chiesto pubblicamente scusa – oppure a esperienze recenti ma già vecchie televisivamente parlando o sono in arrivo nuovi manager?
Poi ci saranno da fare contratti televisivi per la distribuzione delle gare. Con chi? A che prezzo? Trasmesse dove: in chiaro o sul satellite? Perché il primo problema è che rimanere sul web con ancora meno partite sul satellite (Eurosport sarà selettiva come non mai) significa diminuire ulteriormente la platea televisiva.
Faremo come la famosa canzone di Alberto Radius “Lasciatemi nel ghetto ancora un pò”? Una canzone dall’andamento rock che si avvita su se stesso, a indicare che non c’è via di scampo. Tutte le scelte degli ultimi dieci anni almeno sono un auto-avvitamento del sistema pallacanestro in Italia, di cui Legabasket è lo specchio. Numeri e silenzi ce lo dicono.
Soltanto per pareggiare con il regime attuale del contratto Eurosport, occorreranno ricavi per almeno 3.500.000 euro. Prima di sognare di diventare produttori di contenuti televisivi sportivi, sarebbe bene pensare a come finanziarsi. E alla svelta. Potrebbe succedere che a luglio i tempi e le situazioni siano maturi, e che Olimpia Milano e Virtus Bologna abbandonino Lega A e traslochino definitivamente in EuroLeague, dove Bertomeu ci mette cinque minuti a prendere una decisione.