A quella età non tutti hanno il carisma e la leadership di Andrea Pecchia, un esterno del ’97 che – nonostante debba compiere ancora 22 anni – appare sia dentro che fuori dal campo un autentico veterano. Uno sportivo vero. Un agonista che, quando chiamato in causa, di gettare la spugna sul parquet non ne ha proprio la minima intenzione. L’ultimo a mollare, il primo a crederci. Il neo acquisto della Pallacanestro Cantù targata Acqua S.Bernardo, sapientemente plasmata dietro la scrivania dal general manager Daniele Della Fiori e dal capo allenatore Cesare Pancotto, è davvero questo: un concentrato di fosforo, energia e… attributi.
«Non mi sono mai nascosto dietro a niente e nessuno» racconta Pecchia, travolgente per un entusiasmo non comune e per una grinta che definire contagiosa sarebbe quasi limitante. «Tutti mi considerano un veterano – prosegue il nativo di Segrate – ma la maggior parte di loro dimentica che io ho solo 21 anni. Tuttavia, se nell’ambiente mi ritengono un giocatore esperto sono solo che contento»
L’ex leader della Remer Treviglio, che da bambino aveva come unico idolo Kobe Bryant, si racconta soffermandosi particolarmente sui suoi valori e sul suo diktat: «Vado fiero della mia filosofia, che è quella di lavorare duramente in palestra, perché nessuno ti regala niente. Può sembrare forse scontato ma, davvero, credo che senza sacrifici non si possa ottenere alcun risultato. Certo, il talento fa tanto, oltre alla testa che è fondamentale, ma il lavoro quotidiano in palestra è tutto. E non bisogna accontentarsi mai».
Ovviamente Pecchia non nasce leader, però lo diventa con il passare del tempo. Prima capitano della Nazionale azzurra Under 17, poi capitano anche della Blu Basket Treviglio, che trascina letteralmente ad un passo da una clamorosa promozione nella massima serie, sfidando nei playoff di Serie A2 piazze storiche del basket italiano come Verona e Treviso. Pecchia è cresciuto in fretta, sia come giocatore (miglior U22 della scorsa stagione di A2) che come uomo. La prestigiosa chiamata di Cantù è arrivata al momento giusto per l’esterno milanese, nel pieno della sua maturità.
«Ripeto, ho solo 21 anni ma non ho paura di prendermi le mie responsabilità. Così come non mi lascio intimorire da nessuno, che sia un compagno di squadra di trenta e passa anni di età o che sia un giocatore americano con un curriculum importante. Se c’è qualcosa che non va, io parlo e mi confronto con chiunque. In faccia. Anzi, non sopporto chi si nasconde. Nello sport, o più nello specifico in uno spogliatoio, parlarsi è fondamentale».
Cresciuto a pane e basket, oltre a mamma e papà anche il nonno Nixi giocava a pallacanestro. É proprio grazie alla sua famiglia se Andrea si è avvicinato da giovanissimo alla palla a spicchi. «Mio nonno aveva fatto anche l’allenatore. È scomparso due anni fa ma dentro di me ha lasciato il segno. Quando era in vita riusciva a darmi una carica incredibile e, seppur sia difficile da spiegare, in un certo senso riesce a farlo ancora oggi. Quando sono in campo mi sembra di averlo al mio fianco e di combattere insieme a lui».
E, in campo, Pecchia sa farsi apprezzare eccome, con doti per nulla comuni. Un lottatore vero. Un piacere per gli occhi, per abnegazione difensiva ma anche per un po’ di sana spavalderia che lo contraddistingue nella metà campo offensiva. Non è forse un caso, dunque, se il giocatore preferito (ancora in attività) di Pecchia sia nientepopodimeno che Draymond Green, asso dei Golden State Warriors e tra i migliori difensori della NBA. Pecchia si ispira proprio a giocatori con un profilo e con delle caratteristiche simili a quelle di Green. Difesa, punti, rimbalzi. E ancora: palle recuperate, assist, energia. In una sola parola: agonista. Agonista e trascinatore.
Come è giusto che sia, anche se non sempre così scontato, Pecchia riserva solo parole al miele per la sua ex squadra: «Lascio a Treviglio un pezzo di cuore, una città e un palazzetto che mi hanno sempre supportato, trasmettendomi tanta passione. Sui social ho di recente ringraziato tutti, società e tifosi. Rinnovo i miei ringraziamenti ad una piazza che mi ha dato tantissimo, dove sono arrivato con tanta umiltà, in punta di piedi». La chiosa di Pecchia è tutta in una simpatica battuta: «Ovviamente dico grazie anche a Treviglio per avermi fatto conoscere la mia attuale fidanzata, Beatrice, con la quale sono insieme da un anno e mezzo. In realtà lei è di Caravaggio, sempre nel bergamasco, ma se non fossi andato a giocare alla Remer non l’avrei mai conosciuta. È il mio punto di riferimento e cerco di dedicarle tutto il mio tempo libero».
Dalla dedica amorosa di Pecchia per la fidanzata Beatrice a quella per il padre: «Se oggi gioco a basket, oltre a mio nonno, lo devo a lui. Da piccolo lo seguivo sempre, ai tempi giocava all’Urania Milano e non mi perdevo una partita. Vestiva la maglia numero sei, motivo per il quale ho finora sempre fatto in modo di giocare con quel numero. A Cantù so che quella maglia l’hanno ritirata ma sto già pensando a qualche soluzione alternativa» ha concluso Pecchia, carichissimo per l’imminente sfida con i colori canturini.