Il Gruppo Volkswagen è molte cose. Distribuisce un bagaglio tecnologico enorme tra i suoi marchi garantendo a ciascuno di essi una autonomia stilistica che significa personalità e riconoscibilità netta rispetto agli altri. Facile a dirsi, ma basta guardare agli equilibri tra Volkswagen, Skoda e Seat, il bilanciamento tra Lamborghini e Porsche, il rapporto tra Audi e la sua “gemella maggiore” e inglese, Bentley. Un incastro sofisticato che poi una vettura come la nuova Flying Spur rende evidente.
L’idea della berlina sportiva di rappresentanza è tutta qui, con 532 centimetri di lunghezza e una distanza record tra le ruote anteriori e posteriori a quota 319 cm. Un look disteso e muscoloso, con un frontale che evolve in chiave moderna la storia sportiva del marchio e in cima alla calandra la sfida, Flying B, la lettera alata che contraddistingue il marchio e che per la prima volta diventa rettrattile, come accade alle cugine Rolls-Royce, separata da Bentley nel 2002 per confluire nel Gruppo BMW.
Oggi le parentele più illustri sono evidenti altrove, per esempio nei gruppi ottici Led Matrix di scuola Audi A8 e resi ancora più eleganti, così come gli interni, ricercati nei materiali e nelle finiture, con una piattaforma informatica che rappresenta il meglio di scuola Volkswagen, a partire dallo schermo da 12,3″ a scomparsa collocato al centro della plancia fino all’impianto audio da 2.200 Watt. La meccanica non si discute, resta fedele al motore 12 cilindri a V doppia 6 litri twin turbo, con una dote di 635 cv di potenza gestita da un cambio ZF 8 marce e da una trazione integrale con distribuzione della coppia variabile tra i due assi, dove anche quello posteriore è sterzante. Il risultato? Un gioiello capace di accelerare da 0 a 100Km/h in 3,8 secondi e raggiungere la velocità massima di 333 orari.