Bonus maggiorato allo sport al via, ma le associazioni sportive e le società sportive dilettantistiche a responsabilità limitata (Ssdrl) sono a rischio di revoca delle agevolazioni pre-esistenti. Questo emerge da uno dei convegni organizzati da Business Mind all’interno di Rimini Wellness, la kermesse dedicata al wellness che si è tenuta dal 30 maggio al 2 giugno 2019.
Bonus sport. Come anticipato su ItaliaOggi del 2 giugno, è stato pubblicato il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri su il credito di imposta per le erogazioni liberali in denaro effettuate nel corso dell’anno solare 2019 a favore dello sporto. Aumentano gli investimenti ammissibili rispetto all’anno precedente, oltre agli interventi di manutenzione e restauro di impianti sportivi pubblici sono ammessi anche quelli per la realizzazione di nuove strutture sportive pubbliche. Il contributo sale al 65%, rispetto al 50% precedente previsto. L’utilizzo rimane in tre quote annuali di pari importo.
I benefici per le Ssdrl e le associazioni sportive. Le associazioni sportive dilettantistiche (Asd) e le società sportive dilettantistiche a responsabilità limitata (Ssdrl) che nel corso del periodo d’imposta precedente hanno conseguito proventi derivanti da attività commerciali non superiori a 400 mila euro possono accedere alla determinazione forfettario del reddito imponibile e dell’Iva, nonché a semplificazioni sul fronte di adempimenti fiscali, di certificazione dei corrispettivi e dichiarativi. La speciale classificazione consente loro di pagare compensi ad allenatori, istruttori, preparatori, collaboratori in genere ed anche atleti, usufruendo di una totale esenzione da imposte dirette o sostitutive sui redditi, fino ad un massimo annuo di 10 mila euro, che vengono dichiarati come redditi diversi. Il soggetto può richiedere di essere remunerato in questo modo se non ha altri redditi, altrimenti l’attività deve rientrare in quella di arti e professioni, compresi contributi Inps e ritenuta alla fonte.
Gli aspetti sottovalutati che possono portare a revoche e sanzioni. Il sempre crescente numero di strutture e le offerte low cost portano i gestori a fare marketing per promuovere le loro iniziative. Spesso questi dimenticano di essere nati come attività sportive; ciò significa, ad esempio, che non possono fare pubblicità per iniziative commerciali. Questo è chiarito dalla circolare n. 18/E pubblicata dall’Agenzia delle entrate il 1° agosto 2018, la quale specifica che le attività commerciali che rientrano nel regime forfetario previsto dalla legge n. 398/1991 sono solo quelle «connesse agli scopi istituzionali» dell’associazione o società sportiva dilettantistica senza scopo di lucro. L’Agenzia sottolinea che restano di conseguenza escluse da questo regime le cessioni di beni o la prestazione di servizi effettuate adottando forme organizzative tali da creare concorrenza con gli altri operatori di mercato (ad es. avvalendosi di strumenti pubblicitari o comunque di diffusione di informazioni a soggetti terzi o di altri strumenti propri degli operatori di mercato). Altro aspetto fondamentale e spesso sottovalutato è ciò che implica l’iscrizione al Coni, peraltro autocertificata. È il soggetto che dichiara, tra l’altro, che lo statuto è appropriato, quindi senza scopo di lucro e, in caso di società, che contiene il divieto di cessione delle quote. Il relatore specifica che non è sufficiente lo statuto a norma; è infatti necessario che ci sia il supporto effettivo. I soci che si iscrivono non dovrebbero essere accolti solo come soggetti che pagano un’iscrizione, ma dovrebbero esser accettati con delibera del direttivo, a meno che non rientrino nella categoria di «tesserati». I soci devono partecipare alla vita della struttura o, almeno, all’approvazione del bilancio e devono essere eleggibili. Ma, portando come esempio un’associazione che ha 300 soci e vede solo 5 soggetti ad approvare il bilancio, ci si domanda come possa sostenere che trattasi di associazione senza scopo di lucro e non di una sdf occulta. Se è una sdf, è un’impresa commerciale, quindi viene attratta nella sfera commerciale. Per restare affiliati, salvo piccole deroghe, l’attività da svolgere deve essere solo sportiva. Purtroppo ci sono attività che sono borderline. Il relatore, ad esempio, ha evidenziato i corsi di pilates che non rientrano nell’attività sportiva, mentre quelli di yoga sì.
I rischi. Se l’associazione entra nella sfera commerciale, in sede di controllo, verrà richiesto il pagamento dell’Iva standard come prestazione di servizi, verrà richiesto il versamento dei contributi sulle prestazioni e verrà sancita l’irrogazione di pesanti sanzioni.